Firme elettroniche negli atti processuali: ammissibili solo se l’autorità giudiziaria dispone di adeguati sistemi informatici

13 Dicembre 2024

Nonostante il Regolamento UE n. 910/2014 stabilisca che la firma elettronica non possa essere privata dei propri effetti giuridici per l'unica circostanza di essere redatta in tale forma, gli Stati membri conservano la facoltà di prevedere requisiti procedurali per il deposito, quali l'utilizzo di determinati sistemi informatici.

Massima

“Gli artt. 2, parr. 1 e 3, e 25, par. 1, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un atto processuale può essere depositato presso un organo giurisdizionale, per via elettronica, e firmato elettronicamente, solo qualora tale organo giurisdizionale disponga di un sistema informatico adeguato e il deposito sia effettuato per mezzo di tale sistema”.

Il caso

Un cittadino polacco presenta al Tribunale circondariale di Katowice una domanda di apposizione della formula esecutiva al fine di procedere all'esecuzione forzata su un immobile di proprietà comune del richiedente e delle di lui moglie.

Tale domanda, corredata di una domanda di ammissione al gratuito patrocinio, è stata inviata per posta elettronica all'indirizzo di posta elettronica dell'organo giurisdizionale. Essa era firmata elettronicamente mediante una firma sicura, ai sensi dell'art. 3, punto 14a, della legge sull'informatizzazione delle attività degli enti incaricati di una missione di servizio pubblico.

Poiché l'ausiliario giudiziario incaricato di esaminare la domanda aveva invitato il ricorrente nel procedimento principale a sanare i vizi di forma che la inficiavano, in particolare presentando un modulo ufficiale munito della sua firma autografa, e a completarla con varie informazioni, il 21 gennaio 2023 egli ha inviato al medesimo indirizzo di posta elettronica dell'organo giurisdizionale una dichiarazione contenente le informazioni richieste, nuovamente firmata mediante una firma sicura.

Con ordinanza dell'8 febbraio 2023, l'ausiliario giudiziario ha rigettato la domanda di ammissione al gratuito patrocinio a causa del fatto che i vizi di forma che la inficiavano non erano stati sanati entro il termine indicato, e in particolare a causa dell'assenza di firma autografa di tale domanda.

Il 4 marzo 2023 il ricorrente nel procedimento principale ha inviato per via elettronica al giudice del rinvio una domanda con cui chiedeva di escludere tale ausiliario giudiziario dal trattamento della causa e di avviare un procedimento disciplinare nei suoi confronti, sostenendo che sussistevano seri dubbi sulla sua imparzialità, dal momento che, in violazione del diritto dell'Unione, egli rifiutava di accettare un atto firmato elettronicamente.

Il giudice del rinvio espone che la maggior parte degli organi giurisdizionali polacchi non dispone di un sistema informatico che renda possibile il deposito di atti processuali per via elettronica e che, di conseguenza, essi rifiutano la produzione di atti firmati elettronicamente. Sono quindi accettati soltanto gli atti muniti di firma autografa, per lo meno in un procedimento civile di diritto comune. Dal suo punto di vista, l'effetto giuridico della firma elettronica è, in linea di principio, determinato dal diritto nazionale, salvo per quanto riguarda le firme elettroniche qualificate, per le quali il Regolamento (UE) n. 910/2014 – in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno – prevede che il loro effetto sia equivalente a quello di una firma autografa. Peraltro, l'intenzione del legislatore dell'Unione non sarebbe stata quella di imporre agli Stati membri l'adozione di soluzioni determinate per quanto riguarda l'utilizzo delle firme elettroniche nei procedimenti giudiziari.

Per tali ragioni, il giudice del rinvio considera che, non disponendo di un sistema informatico che consenta, conformemente alla normativa nazionale, di depositare atti processuali firmati elettronicamente, esso non è tenuto ad accettare un atto munito di una firma elettronica inviato per posta elettronica all'indirizzo di posta elettronica dell'organo giurisdizionale.

Il giudice del rinvio, tuttavia, si chiede se non occorra tener conto dell'obiettivo, enunciato al considerando 2 del Regolamento (UE) n. 910/2014, consistente nel rafforzare la fiducia nelle transazioni elettroniche nel mercato interno tra i cittadini, le imprese e le autorità pubbliche. A suo avviso, l'art. 25, par. 1, Regolamento (UE) n. 910/2014 potrebbe essere interpretato alla luce di tale obiettivo nel senso che dal principio di non discriminazione discenderebbe l'obbligo, per gli Stati membri, di accettare un atto processuale firmato elettronicamente. Tale interpretazione condurrebbe ad un'uniformazione delle modalità di deposito degli atti processuali dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati membri.

Esso si chiede, preliminarmente, se le disposizioni del Regolamento n. 910/2014 relative alla firma elettronica si applichino solo agli Stati membri che hanno notificato alla Commissione un regime di identificazione elettronica, conformemente all'art. 9, par. 1, di tale regolamento; il che, a suo avviso, non sarebbe stato fatto dalla Repubblica di Polonia.

La questione

In tale contesto, il Tribunale circondariale di Katowice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'art. 2, parr. 1 e 3, in combinato disposto con l'art. 25, parr. 1 e 2, in combinato disposto con i considerando 12, 13, 18, 21, 22 e 49 del Regolamento (UE) n. 910/2014 debba essere interpretato nel senso che un organo giurisdizionale di uno Stato membro è tenuto ad ammettere un atto processuale depositato presso tale organo giurisdizionale e firmato con una firma elettronica prevista dall'art. 3, par. 10, di detto regolamento, nella situazione in cui la normativa nazionale dello Stato membro non prevede la possibilità di effettuare il deposito di atti processuali presso l'organo giurisdizionale avvalendosi della firma elettronica mediante un mezzo diverso da un sistema informatico».

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Giustizia, nella pronuncia in commento, ricorda che il Regolamento (UE) n. 910/2024 non ha come finalità di disciplinare l'accesso alla giustizia telematica quanto (richiamando il Preambolo del regolamento euro-unitario) di “rafforzare la fiducia nelle transizioni elettroniche nel mercato interno” in vista del miglioramento del commercio elettronico.

Passa, quindi, a rispondere all'interrogativo preliminare del giudice del rinvio sull'applicabilità rationae materiae del Regolamento e-IDAS alla controversia principale, poiché, secondo lo stesso, tale regolamento si applicherebbe solo ai regimi di identificazione elettronica che sono stati notificati dagli Stati membri alla Commissione.

Nel caso di specie infatti, il mezzo di identificazione elettronica utilizzato dal ricorrente nel procedimento principale per il deposito dei suoi atti processuali per via elettronica non rientrava in un regime di identificazione elettronica notificato dallo Stato membro di appartenenza (Polonia).

Tuttavia, secondo i giudici europei, il fatto che un regime sia stato notificato o meno è irrilevante al fine di determinare se le disposizioni del Regolamento (UE) n. 910/2014, relative alla firma elettronica, siano applicabili in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

In particolare, l'art. 2 del regolamento chiarisce che «quest'ultimo ha un duplice ambito di applicazione. Esso si applica, da un lato, ai regimi di identificazione elettronica che sono stati notificati da uno Stato membro e, dall'altro, a tutti i prestatori di servizi fiduciari stabiliti nell'Unione».

Ne consegue che la circostanza che uno Stato membro non abbia notificato un regime di identificazione elettronica, conformemente all'art. 9 Regolamento (UE) n. 910/2014, è irrilevante ai fini dell'applicabilità, in tale Stato membro, delle disposizioni di tale regolamento relative alle firme elettroniche.

Passando al cuore della questione giuridica sottopostale, la Corte di Giustizia UE ricorda che, ai sensi dell'art. 25, par. 1 del regolamento citato, a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l'ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali “per il solo motivo” della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate.

Nell'ottica del bilanciamento di contrapposti interessi, però, la Corte di Lussemburgo chiarisce che, sebbene il regolamento miri a garantire che una firma elettronica non sia privata dei suoi effetti giuridici per il solo motivo che essa si presenta in tale forma, esso non ostacola tuttavia la libertà degli Stati membri di prevedere requisiti di ordine formale: il regolamento non incide sulle formalità procedurali, come quelle che stabiliscono, nel diritto nazionale, le modalità di deposito degli atti processuali presso gli organi giurisdizionali.

Conseguentemente, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale un atto processuale è depositato presso l'organo giurisdizionale per via elettronica, quando quest'ultimo non dispone di un sistema informatico adeguato per mezzo del quale va effettuato il deposito degli atti, tale atto non è quindi rifiutato “per il solo motivo” che la firma di detto atto si presenta in forma elettronica o che non soddisfa i requisiti della firma elettronica qualificata.

In definitiva, non vi è stata una violazione del regolamento nel caso di specie, in quanto le norme euro-unitarie sottoposte alla sua attenzione non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un atto processuale può essere depositato presso un organo giurisdizionale, per via elettronica, e firmato elettronicamente, solo qualora tale organo giurisdizionale disponga di un sistema informatico adeguato e il deposito sia effettuato per mezzo di tale sistema.

Osservazioni

La decisione in commento, se da un lato, punta ad abbattere le barriere informatiche, anche sul terreno (non propriamente oggetto del Regolamento UE n. 910/ 2014) dell'amministrazione della giustizia, dall'altro cerca di trovare un punto di equilibrio (in considerazione della non completata transizione digitale) tra il potere statale di introdurre per legge limiti all'ingresso di atti firmati digitalmente – qualora non abbia a disposizione un sistema informatico adeguato – e il diritto del cittadino che deposita un atto nel procedimento giurisdizionale, sottoscrivendolo elettronicamente, a non vederselo rifiutato solo per tale motivo.

Non viene, pertanto, accolta in toto la prospettiva ermeneutica coltivata dal giudice del rinvio; anche perché risulta che la «firma sicura» utilizzata dal ricorrente nel procedimento principale non è una «firma elettronica qualificata» rispondente alla definizione di cui all'art. 3, punto 12, del Regolamento (UE) n. 910/2014, bensì una firma elettronica semplice, come definita all'art. 3, punto 10, di tale regolamento. Ne consegue che il par. 2 dell'art. 25, relativo all'effetto giuridico di una firma elettronica qualificata («equivalenti a quelli di una firma autografa»), non è pertinente per rispondere alla questione sollevata. Infatti, solo in tali casi, ai sensi dell'art. 25, i giudici degli Stati membri «sono tenuti a riconoscere alla firma elettronica qualificata un valore probatorio equivalente nell'ambito di quanto previsto dal sistema giuridico nazionale pertinente per tale firma autografa» (Corte Giustizia UE, sez. X, 29 febbraio 2024, causa 466/22).

In ogni caso, l'art. 26 del regolamento individua i requisiti della firma elettronica avanzata:

a) essere connessa unicamente al firmatario;

b) essere idonea a identificare il firmatario;

c) essere generata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo;

d) essere collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l'identificazione di ogni successiva modifica di tali dati.

La Corte di Giustizia ha già avuto modo di specificare che indipendentemente dalla qualificazione della firma elettronica fatta dal certificatore, il giudice nazionale ha sempre il potere di accertare l'effettiva corrispondenza del tipo di firma dichiarato dal certificatore rispetto ai tipi legali disciplinati dal Regolamento (Corte Giustizia UE, sez. X, 20 ottobre 2022, causa 362/21).

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