Al vaglio della Consulta le norme che regolano i c.d. “liberi sospesi” e i tempi di decisione delle misure alternative

04 Dicembre 2024

Il Tribunale di Bergamo (in funzione di Giudice dell'Esecuzione) ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di una serie di disposizioni che regolano la sospensione dell'esecuzione penale.

Massima

Con ordinanza del 18 luglio 2024, la Seconda Sezione del Tribunale di Bergamo (in funzione di Giudice dell'Esecuzione) ha ritenuto non manifestamente infondata e rilevante per il decidere una questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alle norme che disciplinano la sospensione dell'esecuzione della pena da parte del pubblico ministero e, in particolar modo, quelle di cui agli artt. (i) 656, commi 5 e 6 c.p.p. che non prevedono la sospensione dell'esecuzione nel caso in cui il tribunale di sorveglianza chiamato a decidere su più richieste di misure alternative incardinate per il medesimo condannato e per procedimenti esecutivi emessi in periodi diversi non decida nel termine di quarantacinque giorni; e (ii) 47, commi 1 e 3-bis e 47-ter ord. penit. e a seguire nella parte in cui non prevedono la concessione delle misure alternative nei casi di superamento della soglia di pena prevista dalle singole disposizioni in tutti i casi in cui il tribunale di sorveglianza non decida nel termine di quarantacinque giorni a fronte di altre richieste di misure alternative già incardinate.

Il caso

Il caso trae origine da un incidente di esecuzione proposto dal pubblico ministero al Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell'esecuzione, con cui si chiedeva la sospensione dell'ordine di esecuzione e contestuale promovimento di questione di legittimità costituzionale di una serie di disposizioni che regolano la sospensione dell'esecuzione penale e, in particolar modo, degli articoli:

(i) 656, comma 5 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero disponga sospensione dell'esecuzione anche quando il superamento del residuo della pena sia superiore a quattro anni a causa del mancato rispetto del termine di quarantacinque giorni;

(ii) 656, comma 6 c.p.p. in relazione ad una o più pregresse istanze di ammissione a misure alternative alla detenzione al tribunale di sorveglianza;

(iii) 47, commi 1 e 3-bise 47-ter ord. penit. e seguenti nella parte in cui non prevedono la possibilità di ammissione alle misure alternative rispettivamente dell'affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare anche quando – ferma restando la valutazione degli altri presupposti – il superamento del residuo di pena rispettivamente di quattro anni (art. 47, comma 3-bis e 47-ter, comma 2), tre anni (art. 47, comma 1) e due anni (art. 47-ter, comma 3) sia dovuto al mancato rispetto del termine di quarantacinque giorni previsto dall'art. 656, comma 6 del codice di procedura penale in relazione ad una pregressa istanza di ammissione a misure alternative alla detenzione presentata al tribunale di sorveglianza.

Nel caso di specie, si sottoponevano all'attenzione del giudice dell'esecuzione più ordini di esecuzione per pene, singolarmente considerate tutte inferiore ad anni quattro di pena, che erano stati correttamente sospesi e su cui erano state incardinate richieste di misure alternative ai sensi dell'art. 656, comma 5 c.p.p., tra cui il primo ordine di esecuzione per una condanna ad un mese di arresto risalente al 2020, un secondo ordine di esecuzione per una condanna pari ad anni due di reclusione ed euro 1.000 di multa risalente al 2021.

Entrambi i titoli esecutivi risultavano assorbiti in un successivo provvedimento di cumulo del 2021 e su di questo l'interessato aveva presentato richiesta di misura alternativa che era stata altresì trasmessa al tribunale di sorveglianza competente e iscritta con un numero di procedimento.

Successivamente veniva emesso un nuovo ordine di esecuzione con contestuale sospensione per una condanna di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 350 di multa risalente al 2021. Anche in questo caso veniva presentata richiesta di misura alternativa la quale risultava iscritta e riunita alla precedente nel 2022.

Seguivano altri due titoli divenuti nel mentre esecutivi e il provvedimento di cumulo definitivo per una pena complessiva pari ad anni quattro e mesi uno e venti giorni di arresto oltre alla multa pari a 1.350 di multa. Come si evince dalla cronologia degli ordini di esecuzione, la procedura ha inizio nel 2021 con la prima richiesta di misura alternativa e con successiva riunione di una di poco successiva del 2022: dal 2022 al 2024, ultimo provvedimento di cumulo, tuttavia, la situazione è rimasta invariata, con la prima domanda incardinata e iscritta a ruolo e non decisa e un continuo accumularsi di titoli esecutivi, anche per fatti precedenti ma decisi o divenuti irrevocabili in un momento successivo, fino al definitivo cumulo del 2024 con contestuale incidente di esecuzione da parte della procura.

L'ultimo cumulo ha portato con sé inoltre il superamento dei limiti massimi di valutazione delle misure alternative da c.d. liberi sospesi con il meccanismo dell'art. 656, comma 5 c.p.p. e della concessione, anche da liberi, della misura più ampia dell'affidamento in prova al servizio sociale per anni quattro di reclusione. Superati i limiti previsti per legge non è possibile per la procura mantenere il regime di favore della sospensione dell'esecuzione penale se non per il tramite del giudice dell'esecuzione che o favorisca un'interpretazione costituzionalmente orientata di quelle norme che regolano la sospensione dell'esecuzione penale oppure per la via della questione di legittimità costituzionale.

La questione

Il Giudice dell'Esecuzione non ha accolto la richiesta del pubblico ministero sulla sospensione dell'esecuzione penale non potendo addivenire a soluzione interpretativa diversa da quella letterale degli artt. 656, commi 5 e 6 c.p.p. e dagli artt. 47 e seguenti dell'ordinamento penitenziario; tuttavia ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sopra citate nella parte in cui non consentano di sospendere la pena e di concedere le misure alternative in caso di superamento delle soglie di pena massima prevista per ciascuna misura in tutti quei casi in cui non intervenga una decisione del tribunale di sorveglianza nel termine di quarantacinque giorni come indicato dal comma 6 dell'art. 656 c.p.p. e laddove risulti già incardinata una o più richieste di misure alternative per una parte di cumulo divenuto esecutivo nelle more di fissazione di udienza da parte della sorveglianza.

Le soluzioni giuridiche

Secondo il Giudice non può essere addossata all'interessato la responsabilità dei ritardi e delle lungaggini burocratiche degli uffici giudiziari e non può dipendere da queste questioni tecniche la sua sorte di permanenza in libertà o di accesso al carcere. Secondo tale lettura le norme sopra citate violerebbero gli artt. 3, 27, comma 3, 111 e 117, quest'ultimo in relazione agli artt. 5, 6 della CEDU, della Costituzione. Inoltre, preme al Giudice, evidenziare che, in diverse occasioni, la Corte costituzionale ha sancito la non conformità costituzionale di effetti quali l'essere esposto il condannato alla maggiore o minore tempestività dei provvedimenti giudiziali, con lesione del principio di uguaglianza; di fatto  è lo stesso condannato a subire le conseguenze della revoca dello status di libertà a maggiore distanza di tempo, così vulnerando i principi di rango costituzionale relativi all'effettività ed alla ragionevole durata del processo e a quelli afferenti ai valori rieducativi.

Osservazioni

Con tale ordinanza, il Tribunale di Bergamo rimette alla Corte costituzionale quello spinoso tema del numero sempre crescente di c.d. “liberi sospesi” che attendono da anni, se non decenni, di essere giudicati dal competente tribunale di sorveglianza rispetto alla propria esecuzione della pena in forma di misura alternativa. Anche se è vero, che la questione è peculiare e riguarda i casi di più richieste di misure alternative con riguardo al medesimo soggetto, si può dire che la questione delle lungaggini, in parte fisiologiche per l'assenza di organico, in parte forse anche patologiche per alcune falle del sistema giustizia, inizia ad arrivare all'attenzione delle più alte Corti e si inizia a comprendere quanto questo problema possa essere sentito come rilevante sia dalla magistratura di sorveglianza, sia dalle procure sia dai diretti interessati. Il tutto sempre in attesa di una modifica definitiva da parte del legislatore.

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