Relazione del commissario giudiziale ex art. 106 c.c.i.i. (atti in frode)

Antonio Picardi

inquadramento

Il commissario giudiziale se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti in frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, che provvede ai sensi dell'art. 49, comma 2 c.c.i.i., dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. Il commissario giudiziale opera allo stesso modo nel caso in cui il debitore non esegua il deposito cauzionale oppure compia atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulti che mancano le condizioni per l'apertura del concordato previste dagli artt. 84-88. All'esito del procedimento, il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, apre la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore.

Formula

TRIBUNALE DI .....

Concordato preventivo n. ....

Giudice Delegato: Dr. ....

RELAZIONE SULLA CONDOTTA DEL DEBITORE EX ART. 106 c.c.i.i.[1]

Il sottoscritto Dott. ...., con studio in ...., indirizzo PEC ...., nominato commissario giudiziale, con decreto emesso in data ...., nella procedura di concordato preventivo presentata dalla Società ....;

PREMESSO

che la Società ..... è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 47 c.c.i.i., con decreto depositato in data ....;

che le operazioni di voto avranno inizio il giorno .... e termineranno il giorno ....;

ESPONE

1. Il debitore ....: cenni generali

[ .... ]

2. I preliminari adempimenti del commissario giudiziale

[ .... ]

3. La natura della proposta concordataria e del piano

[ .... ]

4. Le attività di verifica del Commissario Giudiziale e l'accertamento di atti in frode

Nel corso della attività di verifica demandatagli dall'art. 105 c.c.i.i., il sottoscritto ha potuto constatare la seguente circostanze [descrivere l'atto che integra la fattispecie di atto in frode]

Tale atto integra, ad avviso dello scrivente, una fattispecie di atto in frode tipico, ossia quello di [indicare l'atto fraudolento] idoneo ad interferire negativamente sul processo formativo del consenso dei creditori, viziando ed alterando, per conseguenza, la regolare formazione delle maggioranze [2] .

Per tale ragione, si ritiene doveroso portare a conoscenza di tale circostanza l'Ecc.mo Tribunale affinché valuti l'apertura del procedimento volto alla revoca del concordato preventivo con conseguente apertura, in presenza di apposite istanze, della liquidazione giudiziale.

Luogo e data ....

Il Commissario Giudiziale ....

[1] La norma, nella versione modificata dal decreto correttivo (d.lgs. n. 147/2020) e dal decreto legislativo di recepimento della direttiva Insolvency, stabilisce che: «1. Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, che provvede ai sensi dell'art. 49, comma 2, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando il debitore non ha effettuato tempestivamente il deposito previsto dall'art. 47, comma 2, lett. d), o compie atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'apertura del concordato previste agli artt. da 84 a 88. 3. All'esito del procedimento, il tribunale, revocato il decreto di cui all'art. 47, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, apre la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore».

[2]Cfr. Cass. I, n. 16856/2018 per cui: «In tema di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, si configurano come atti di frode le condotte del debitore idonee ad occultare situazioni di fatto suscettibili di influire sul giudizio dei creditori, ossia tali che qualora conosciute avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e che siano state “accertate” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperte”, essendo in precedenza ignorate dagli organi della procedura o dai creditori. Rientrano, peraltro, tra i fatti “accertati” dal commissario giudiziale, ai sensi dell'art. 173 l.fall., non solo quelli “scoperti” perché prima del tutto ignoti nella loro materialità, ma anche quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta concordataria e nei suoi allegati, i quali, ancorché annotati nelle scritture contabili, rivelino una valenza decettiva per i creditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della corte territoriale, che aveva qualificato come atto di frode il silenzio serbato nella proposta concordataria e nel piano annesso – ancorché essa fosse annotata nelle scritture contabili – su una operazione di scissione patrimoniale, effettuata dalla debitrice già insolvente e consistita nel conferimento di immobili a una società controllata e nella successiva cessione di quote ad un terzo)».

commento

L'art. 106 c.c.i.i. (così come l'omologo art. 173 l.fall.) costituisce una norma cardine nel sistema del concordato preventivo, prevedendo alcune ipotesi di interruzione della procedura cagionate da comportamenti illegittimi e fraudolenti del debitore prima e dopo l'ammissione.

In particolare, il primo comma fa esplicito riferimento all'occultamento o dissimulazione dell'attivo, alla dolosa omissione di uno o più crediti, all'esposizione di passività inesistenti ed alla commissione di atti in frode ai creditori. Tale ultima fattispecie si rinviene anche nel secondo comma del medesimo articolo, che prevede la sanzione dell'apertura della liquidazione giudiziale nel caso in cui il debitore abbia compiuto – nel corso della procedura – atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Pertanto, accanto ad atti in frode “tipizzati” il legislatore ne pone altri “non tipizzati”, lasciando così all'interprete il compito di procedere alla loro individuazione.

La dottrina più recente (Graci, La revoca del concordato preventivo: verifica in concreto della natura fraudolenta degli atti non autorizzati, in Dir. fall., 2017, 3-4, 905) ha ben tracciato le caratteristiche generali degli atti in frode, evidenziando che «dalla prassi applicativa se ne ricava una nozione ampia comprendente, sotto il profilo oggettivo, qualsiasi condotta – omissiva o commissiva – di carattere patrimoniale o solo documentale, anche antecedente la presentazione della proposta concordataria, volta ad influire sulle condizioni di ammissibilità della medesima o a comportare un pregiudizio al ceto creditorio (di tipo patrimoniale e/o informativo). Sotto il profilo soggettivo, rileva la necessaria presenza dell'intenzionalità della condotta, (richiamando il concetto di frode un comportamento assistito da dolo), in grado di incidere negativamente sulla garanzia patrimoniale ai sensi dell'art. 2740 c.c.».

La scoperta della frode da parte del commissario giudiziale giustifica l'arresto ipso iure della procedura di concordato e la conseguente sua revoca, a prescindere dall'intervenuta approvazione del ceto creditorio.

È da ritenere, infatti, che il carattere fraudolento della condotta del debitore determini l'illiceità – e di conseguenza – la nullità della causa del concordato exartt. 1343 e 1418 c.c., con conseguente caducazione della fattibilità giuridica della proposta.

Del resto, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il controllo della regolarità della procedura impone al Tribunale la verifica della persistenza sino all'omologa delle stesse condizioni di ammissibilità già scrutinate nella fase iniziale, dell'assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che esigono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione. Ne consegue che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall'art. 173 l.fall., il Tribunale deve respingere la domanda di omologazione nonostante la mancata apertura del relativo procedimento (Cass. I, n. 25165/2016).

Costituisce, dunque, precipuo compito del Tribunale verificare, quale garante della regolarità della procedura, che vengano messi a disposizione dei creditori tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della proposta.

In definitiva, gli atti di frode, per essere rilevanti ai sensi dell'art. 173 l.fall., devono essere suscettibili di condizionare il giudizio dei creditori, mediante occultamento di situazioni che, da un lato, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e che, dall'altro, siano state accertate dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperte”, in difetto di qualsiasi iniziativa del debitore (cfr. Cass. I, n. 16856/2018; Cass. I, n. 15695/2018 per cui «In tema di concordato preventivo, rientrano tra gli atti di frode, rilevanti ai fini della revoca dell'ammissione alla predetta procedura ai sensi dell'art. 173 l.fall., anche i fatti non adeguatamente e compiutamente esposti in sede di proposta concordataria o nei suoi allegati, indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza»).

Similmente, di recente, seppur sempre con riferimento all'art. 173 l.fall., Trib. Taranto II, 7 marzo 2024: la nozione di frode ha valenza funzionale, giacché essa non viene in evidenza per il disvalore in sé della condotta, ma per l'idoneità del contegno a falsare e compromettere la genuina formazione della volontà del ceto creditorio.

Venendo al profilo soggettivo, la frode deve essere intesa come difetto di buona fede, pur non essendo necessario, secondo la Suprema Corte, la dolosa preordinazione dell'atto, essendo, invece, sufficiente la consapevole volontarietà della condotta.

Trattasi di interpretazione coerente con il testo letterale della norma, dove si fa unicamente riferimento al carattere doloso della condotta, senza richiedere anche il requisito della preordinazione.

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