Istanza del curatore al giudice dell'esecuzione per la dichiarazione di improcedibilità di procedura esecutiva immobiliare ex art. 150 c.c.i.i.

Giuseppina Ivone

Inquadramento

La questione degli effetti del fallimento sui creditori, pur risalente nella dottrina e nella giurisprudenza, era affrontata nel codice di commercio in poche episodiche norme.

Con la legge del 1942, il Legislatore aveva disposto una disciplina articolata negli articoli da 51 e 63 l.fall. finalizzata a dettare (i) regole a protezione del patrimonio fallimentare dalle iniziative dei singoli creditori per garantire il rispetto della par condicio creditorum; (ii) regole volte a disciplinare il trattamento delle varie categorie di creditori; (iii) regole volte a determinare il credito da ammettere al passivo (artt. 55-60 l.fall.); (iv) infine, regole volte a disciplinare la posizione di creditori o terzi che si trovino in situazione di solidarietà (artt. 61-63 l.fall.). Tale disciplina ha subito nella riforma attuata tra il 2005-2007 solo minime variazioni riguardanti i primi quattro degli undici articoli dedicati; variazioni che, come confermato dalla relazione al d.lgs. n. 5/2006 si erano «rese necessarie da un'opera di coordinamento con le disposizioni innovate, altrove allocate». Una delle regole poste a protezione del patrimonio fallimentare era quella prevista dall'art. 51 che vieta di avviare o proseguire azioni esecutive individuali o cautelari, in questo modo garantendo una liquidazione da parte del curatore ordinata e rispettosa del criterio della par condicio creditorum. L'art. 51 l.fall., come modificato a seguito della riforma attuata tra il 2006-2007, aveva esteso il divieto di procedere o proseguire azioni esecutive individuali anche alle azioni cautelari dato che esse hanno funzione strumentale all'esecuzione e dunque risultano incompatibili con la indisponibilità, a fini liquidatori, del patrimonio fallimentare, e concerne non solo crediti di natura concorsuale in quanto aventi causa in data antecedente la dichiarazione di fallimento, ma anche crediti maturati in corso di fallimento e quindi di natura prededucibile che, al pari degli altri, devono soggiacere a concorso soggettivo pur se si tratti spese che trovano titolo nella amministrazione della procedura. Colpita dal divieto è anche l'espropriazione presso terzi in caso di fallimento del creditore del terzo.

Tale disposizione è rimasta immutata nel c.c.i.i. che all'art. 150 disciplina il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali.

Formula

TRIBUNALE DI ...

ESECUZIONE IMMOBILIARE R.G. N. ...

GIUDICE ESECUZIONE DOTT. ...

ISTANZA PER LA DICHIARAZIONE DI IMPROCEDIBILITÀ DELLA ESECUZIONE IMMOBILIARE EX ART. 150 c.c.i.i.

PER

La liquidazione giudiziale ..., in persona del Curatore ... con studio in ... PEC della procedura ...

Ill.mo Sig. Giudice dell'esecuzione,

il sottoscritto ..., Curatore della procedura di liquidazione giudiziale in epigrafe

PREMESSO CHE

— in data ... è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale della Società ... e dei soci in proprio ..., come da estratto che si allega (all. ... );

— la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale è stata tempestivamente pubblicata sul Registro delle Imprese in pari data (all. ... );

— recentemente la curatela è venuta a conoscenza della pendenza di procedura esecutiva immobiliare avanti a codesto Tribunale, R.G. ... avente ad oggetto l'immobile di proprietà dei soci sottoposti a procedura in proprio sito in ... [1] e della delega al Notaio ... per le operazioni di vendita;

— ai sensi dell'art. 150 c.c.i.i. dal giorno della apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione esecutiva può essere “iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura” e che i procedimenti eventualmente pendenti devono essere dichiarati improcedibili; in ipotesi di violazione della norma la vendita, infatti, sarebbe inefficace nei confronti della massa dei creditori;

— nel caso di specie, essendo l'azione esecutiva stata promossa da ... per un credito di natura concorsuale, la stessa deve essere dichiarata improcedibile ex art. 150 c.c.i.i. [2]

Tutto quanto sopra premesso,

SI CHIEDE

all'Il.mo Giudice dell'esecuzione di dichiarare la improcedibilità dell'azione esecutiva immobiliare pendente R.G. ... ai sensi dell'art. 150 c.c.i.i.

La presente istanza viene trasmessa al Notaio delegato alla vendita e al custode giudiziario nominato

Luogo e data ...

Il Curatore ...

1. Il curatore potrebbe esercitare la facoltà di subentrare nella esecuzione individuale anziché presentare istanza per la dichiarazione di improcedibilità. In caso di subentro il curatore acquista in modo autonomo la legittimazione esclusiva a proseguire quella stessa esecuzione fruendo degli effetti collegati a quest'ultima ma senza continuità con le posizioni giuridiche processuali strettamente personali di chi abbia perduto quel potere di impulso: Cass. 11 novembre 2009.

2. Le azioni che nonostante il divieto siano proseguite o iniziate singolarmente dai creditori nei confronti del debitore sottoposto a procedura di liquidazione giudiziale ove pronunciate andrebbero considerate inefficaci nei confronti della procedura e pertanto valide ed efficaci solo riguardo al debitore dopo la cessazione della procedura.

COMMENTO

In forza dell'art. 150 c.c.i.i. (già art. 51 l.fall.) il curatore, venuto a conoscenza della esistenza di procedure esecutive individuali pendenti, può valutare se presentare immediata istanza al giudice dell'esecuzione per la improcedibilità della esecuzione o alternativamente valutare di intervenire nel procedimento nell'interesse della massa dei creditori. Tale facoltà del curatore è espressamente riconosciuta anche nella fattispecie di procedura esecutiva avviata da creditore fondiario. Va ricordato, infatti, che una deroga al divieto di azioni esecutive individuali è prevista legislativamente per i crediti nascenti da contratto di mutuo fondiario. L'art. 41 d.lgs. n. 385/1993 prevede infatti che l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita anche dopo l'apertura della liquidazione giudiziale di fallimento del debitore. La giurisprudenza ha più volte precisato la natura meramente processuale che si concreta nella possibilità del creditore fondiario di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale. La legittimazione del creditore fondiario a procedere in executivis anche in pendenza della procedura fallimentare era stata riaffermata anche dalla riforma attuata tra il 2005-2007 che aveva tuttavia espressamente sancito, all'art. 52, l'obbligo per il creditore di far verificare il credito in sede di accertamento del passivo; pertanto il diritto del creditore fondiario di trattenere le somme dalla vendita del bene in sede di esecuzione individuale è stato condizionato al definitivo riconoscimento sia dell'an che del quantum del credito sia dall'inserimento integrale del suo credito nel progetto di distribuzione ex art. 110 della legge fallimentare che per l'appunto, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 169/2007 ha previsto che nel progetto siano collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto ex art. 51 l.fall. Tuttavia, come anticipato, è stata data facoltà al curatore di avvalersi di esse (consentendo che l'attività liquidatoria si svolga per loro tramite e partecipando per conto della massa alla ripartizione del ricavato) oppure di procedere direttamente all'esecuzione concorsuale. In particolare la Cassazione con sentenza n. 18436/2011 ha affermato il principio per cui il potere degli istituti di credito fondiario di proseguire l'esecuzione individuale sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di fallimento del mutuatario non esclude che il giudice delegato possa disporre la vendita coattiva degli stessi beni, perché le due procedure espropriative non sono incompatibili ed il loro concorso va risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita.

Tale disciplina è rimasta immutata nell'art. 151, comma 3 c.c.i.i.

Un tema piuttosto dibattuto in dottrina è stato quello dell' ammissibilità del sequestro penale disposto sui beni del debitore, rispetto al quale la Cassazione a Sezioni Unite, aveva affermato i seguenti principi: è pienamente legittimo e vincolante per la procedura il sequestro penale probatorio (art. 354 c.p.p.) disposto sui beni del fallito dopo la dichiarazione di fallimento, così come è valido e opponibile al curatore quello disposto in data anteriore attesa la funzione del provvedimento, quella cioè di mantenere nella disponibilità del processo beni il cui esame è utile ai fini dell'accertamento della verità. Diverso discorso per il sequestro conservativo disposto ai sensi dell'art. 316 c.p.p. che quindi diviene inefficace; sarà consigliabile tuttavia presentare istanza al Tribunale penale per la dichiarazione di inefficacia del sequestro. Quanto invece al sequestro preventivo con finalità di confisca, con n. 22602 del 16 aprile 2019 era stata rimessa alle Sezioni Unite la questione «se il curatore fallimentare sia legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale, quando il vincolo penale sia stato disposto prima della dichiarazione di fallimento»; questione sulla quale era intervenuta altra sentenza (Cass. n. 37638/2019) che riconosceva la legittimità del curatore ad impugnare il provvedimento di sequestro.

Il c.c.i.i. nel titolo VIII ha introdotto una specifica disciplina dei rapporti tra liquidazione giudiziale e misure cautelari penali negli artt. 317, 318 (sequestro preventivo), 319 (sequestro conservativo) prevedendo all'art. 320 la legittimazione del curatore a proporre richiesta di riesame e appello contro il decreto di sequestro e le ordinanze in materia di sequestro.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario