Ricorso per sequestro giudiziario di beni

Rosaria Giordano

inquadramento

Tra le misure cautelari che possono essere richieste anche dai creditori per evitare che gli effetti della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale ovvero di omologa del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero del concordato semplificato per la liquidazione dei beni (e delle relative decisioni) siano vanificati l'art. 54 c.c.i.i. fa espresso riferimento anche al sequestro giudiziario di beni. A riguardo occorre considerare quanto ai presupposti della misura il disposto dell'art. 670 c.p.c.

Formula

PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI .... [1]

RICORSO CAUTELARE

Per la Società ...., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ...., con sede in .... ( ....), via/p.zza .... n. ...., C.F. ..... P.I. ...., elettivamente domiciliato in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [2], che lo rappresenta e difende giusta procura alle liti .... Per le comunicazioni riguardanti il presente procedimento l'avvocato ..... indica il numero fax .....

- ricorrente -

CONTRO

Società ...., in persona del legale rappresentante p.t., con sede in .... ( ....), via/ p.zza ..... n. ...., C.F. .... P.I. ....

- resistente -

PREMESSO CHE

– In data .... la Società ricorrente ha depositato dinanzi a questo Tribunale ricorso per accedere alla procedura di concordato preventivo;

– L'odierna istante rivendica la proprietà del bene, costituito da ...., ed attualmente nel possesso della Società resistente, cui era stato concesso in comodato precario;

– La resistente si è opposta alla restituzione del bene già richiesta con atto di messa in mora (doc. 1) e considerato il possibile occultamento dello stesso, trattandosi di bene mobile, nonché la diminuzione di valore che può conseguire ad un'inadeguata manutenzione, trattandosi di un macchinario .... [3];

– In questa situazione, è opportuno per preservare le ragioni del ceto creditorio nelle more dell'emissione della pronuncia di omologa del concordato che venga emesso un provvedimento di sequestro giudiziario del predetto bene, con la nomina di un custode;

Tutto ciò premesso, la Società ...., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,

RICORRE

all'Ecc.mo Presidente del Tribunale di .... affinché, previa nomina del giudice relatore, rigettata ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, Voglia:

– previa fissazione dell'udienza di comparizione tra le parti [4], disporre il sequestro giudiziario del bene sopra indicato.

Con vittoria di spese.

Si allegano:

1) ....

2) ....

3) .....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento, anche per le eventuali fasi di reclamo, in ogni fase e grado dello stesso l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ....

Firma Avv. ....

[1]L'istanza deve essere rivolta al Presidente del Tribunale ovvero della Sezione cui è assegnata la trattazione dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza o della procedura di liquidazione giudiziale che, ai sensi dell'art. 55, comma 1 c.c.i.i. designa il magistrato cui demandare la trattazione del procedimento cautelare. Procederà direttamente il giudice relatore, se già delegato dal tribunale per l'audizione delle parti.

[2]L'atto in questione è equiparabile a quello introduttivo di un giudizio, pur di natura cautelare, sicché trova applicazione l'art. 23, comma 50 d.lgs. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. Non deve anche essere indicato l'indirizzo di posta elettronica del difensore: invero, a partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014.

[3]La prima forma di periculum che può venire in rilievo a fronte della domanda di concessione di un sequestro giudiziario è quella concernente l'opportunità di una custodia o gestione temporanea del bene che, ove lasciato nella disponibilità del convenuto sino all'emanazione della decisione di merito, potrebbe essere danneggiato (v., tra le altre, Trib. Monza 17 aprile 2001).

[4]L'art. 55, comma 1, ultimo periodo, CCI, come modificato dal d.lgs. n. 136/2024, prevede che le udienze si svolgono preferibilmente con sistemi di videoconferenza.

commento

L'art. 2, lett. q), c.c.i.i. definisce le misure cautelari quali «provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza e l'attuazione delle relative decisioni». Si tratta quindi di misure finalizzate ad evitare atti dispositivi del debitore. La regolamentazione sul piano processuale è dettata dagli artt. 54 e 55 c.c.i.i. In particolare, l'art. 54 c.c.i.i. stabilisce, in maniera innovativa, al comma 1, che €In pendenza del procedimento per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche nei casi di cui agli articoli 25-sexies e 44, e per l'accesso alla liquidazione giudiziale, su istanza di parte, il tribunale può emettere i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l'attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza dei quadri di ristrutturazione preventiva e di apertura delle procedure di insolvenza».

La legittimazione a formulare l'istanza è attribuita ai creditori o al pubblico ministero ovvero agli organi di controllo e di vigilanza che instano per l'apertura della liquidazione giudiziale, nonché al debitore, e questo anche nell'ambito dei procedimenti di composizione concordata (così, tra gli altri, Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, in Riv. dir. proc., 2019, n. 3, 849 ss.; Lenoci, Misure cautelari e protettive nella riforma concorsuale, in Ilfallimentarista.it, § 4), ivi compreso, a seguito delle ultime novità normative, il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.

È stata infatti espressamente estesa, pur subordinandola ad un'istanza di parte, a procedure quali il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione e allo stesso piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, la possibilità di ottenere misure cautelari prima dell'omologa, al fine di assicurare provvisoriamente gli effetti del relativo provvedimento, alla medesima stregua di quanto previsto per il procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Quanto al novero delle misure cautelari che possono essere pronunciate l'art. 54 c.c.i.i. conferma l'impostazione dell'art. 15, comma 8, del r.d. n. 267/1942, nel senso di attribuire al tribunale, pur entro i limiti della domanda di parte, un potere cd. innominato di cautela (cfr. Pagni, Le misure protettive e le misure cautelari nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Società, 2019, n. 4, 438 ss., spec. 441).

In particolare, l'art. 54 fa riferimento ai provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l'attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza dei quadri di ristrutturazione preventiva e di apertura delle procedure di insolvenza. Pertanto, come non si è trascurato di osservare in dottrina, possono essere – a titolo esemplificativo – concessi provvedimenti cautelari quali la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, il sequestro conservativo o giudiziario di beni o aziende del debitore, il divieto di compimenti di determinati atti, l'ordine di sospensione o limitazione dei pagamenti ai creditori, la sospensione di azioni esecutive individuali (Spadaro, D.lgs. n. 14/2019: concordato preventivo, liquidazione giudiziale e prededuzioni, Milano, 2019, 24).

Per quanto attiene al sequestro giudiziario di beni, lo stesso è una misura cautelare strumentale alla conservazione ed alla gestione di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni oggetto di una controversia, attuale o anche soltanto potenziale.

Il periculum in mora tipico del sequestro giudiziario di beni costituito dall'opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea del bene controverso. La giurisprudenza ha evidenziato che il periculum in mora a fronte del quale può essere richiesta la concessione di un sequestro giudiziario costituisce una particolare forma di periculum in mora, più leggera di quello “standard” e consistente nel pericolo anche astratto (cfr. Cass. III, n. 854/1982; Trib. Monza 17 aprile 2001, in Gius, 2001, 2292) che i beni controversi subiscano deterioramenti, alterazioni o sottrazioni nel corso del giudizio di merito nonché nella conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato, allo scopo di assicurare l'utilità pratica del futuro eventuale provvedimento sul merito della controversia (Trib. Bari, III, 16 nov. 2014, in Giustiziacivile.com, 2015, con nota di Costabile).

La prima forma di periculum che può venire in rilievo a fronte della domanda di concessione di un sequestro giudiziario è quindi quella concernente l'opportunità di una custodia o gestione temporanea del bene che, qualora lasciato nella disponibilità del convenuto sino all'emanazione della decisione di merito, potrebbe essere danneggiato o disperso, così vanificando la fruttuosità dell'eventuale esecuzione in forma specifica per la consegna del bene al termine della lite. Questa situazione può verificarsi, ad esempio, laddove nelle more dell'emanazione della pronuncia di merito la natura “produttiva” del bene renda opportuna la custodia del medesimo (v., ex ceteris,Trib. Monza 17 aprile 2001; Trib. Napoli 21 settembre 1999, in Gius, 2000, n. 4, 455; Trib. Bologna 13 gennaio 1997; Trib. Pescara 7 agosto 1995, in Giur. Merito, 1996, 242).

Mediante la richiesta di sequestro giudiziario di beni la parte ricorrente può, in secondo luogo, tutelarsi dal pericolo derivante dall'art. 1153 c.c., ossia dalla possibilità che un terzo di buona fede acquisiti il bene a titolo originario dal sequestrato: a riguardo è opportuno ricordare che, sebbene l'art. 111 c.p.c. disponga in via generale che la decisione resa tra le parti originarie ha effetto anche nei confronti dell'avente causa, fa salvo il caso dell'acquisto in buona fede dei beni mobili ai sensi dell'art. 1153 c.c. In altri termini, l'emanazione del sequestro giudiziario è in questo caso funzionale a sottrarre la materiale disponibilità del bene a colui che potrebbe far acquistare ad un terzo l'acquisto a titolo originario a seguito della consegna (Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2020, IV, 244).

In conformità alla generale prospettiva del codice della crisi di impresa, è disciplinata con previsioni specifiche la cornice processuale entro la quale devono essere adottate le misure cautelari e protettive, configurato, rispetto a quello generale per l'accesso alle procedure di regolazione della crisi, in termini di sub-procedimento incidentale di competenza monocratica, la cui apertura è correlata alla proposizione di una domanda di concessione di tali misure unitamente a quella principale di cui all'art. 40 c.c.i.i.

La previsione di una puntuale regolamentazione processuale colma una lacuna che era stata avvertita rispetto alla generica formulazione in parte qua dell'art. 15, comma 8 l.fall., lacuna a fronte della quale gli interpreti avevano cercato di individuare, in ragione della clausola generale di cui all'art. 669-quaterdecies c.p.c., profili di concreta compatibilità con il cd. rito cautelare uniforme, operazione non scevra di complessità per la strumentalità dei provvedimenti resi ai sensi dell'art. 15, comma 8 l.fall., alla tutela delle posizioni giuridiche soggettive ed agli interessi di tipo pubblicistico propri di una procedura concorsuale piuttosto che a quella di diritti soggettivi individuali (per tutti Santangeli, Commento all'art. 15, in Il nuovo fallimento, a cura di Santangeli, Milano 2006, 79).

L'art. 55 c.c.i.i. modifica la prospettiva mutuando, almeno per le misure cautelari, la struttura del procedimento cautelare uniforme, specie con riferimento all'art. 669-sexies c.p.c., ma optando per una disciplina autonoma del rito volto alla concessione e delle misure cautelari e di quelle protettive.

In particolare, occorre in primo luogo evidenziare che l'emanazione delle misure cautelari non è più demandata, come nel sistema di cui all'art. 15 l.fall., al tribunale in composizione collegiale, bensì al magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento di regolazione della crisi (con conseguente ammissibile, anche nel nuovo regime, di una tutela cautelare ante causam: Pagni, 443).

Inoltre, in conformità all'art. 669-sexies c.p.c. viene previsto, almeno per le misure cautelari, che le stesse siano di regola adottate dopo l'udienza nel contraddittorio tra le parti, salva la possibilità, propria anche della predetta disposizione normativa, di una concessione delle misure con decreto inaudita altera parte, in caso di periculum in mora cd. al quadrato. Nell'ipotesi di provvedimenti concessi con decreto gli stessi dovranno quindi essere vagliati, al fine di una conferma, modifica o revoca, nel contraddittorio tra le parti, e notificate alla parte resistente, unitamente al ricorso, entro il termine perentorio di otto giorni dalla concessione.

Sotto il profilo istruttorio, ancora una volta la norma in esame ricalca il modello previsto dall'art. 669-sexies c.p.c. poiché stabilisce che il giudice «procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione alla misura richiesta».

I provvedimenti conservano efficacia, salvo revoca o modifica, sino alla pronuncia di merito e cioè sino alla apertura della liquidazione giudiziale ovvero all'omologa del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione di debiti ovvero del piano di ristrutturazione.

In dottrina si è osservato, da parte di alcuni, che è invece più complesso stabilire la sorte delle misure cautelari nel caso di accesso al concordato preventivo o di domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in quanto se queste misure dovessero sopravvivere sino alla omologazione, il debitore potrebbe trovarsi nella condizione di non poter disporre del patrimonio (ad esempio in caso di sequestro), ma per converso, gli effetti che si producono col concordato non sempre coincidono con le misure cautelari la cui persistenza potrebbe essere utile per tutti i creditori, sicché dovrebbe patrocinarsi una lettura estensiva anche in virtù della formulazione dell'art. 54, comma 1 ove si evoca come dies ad quem la sentenza che chiude il procedimento unitario e, dunque, la sentenza di omologazione o di diniego di omologazione (Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, cit., 849 ss.).

Per altri, invece, l'assenza di una specifica disciplina che vada a regolare l'efficacia del provvedimento, come avveniva da parte sia dell'art. 15, comma 8 l.fall., induce a ritenere che la disciplina degli effetti nel caso concreto dovrà essere in ogni caso affidata ad una valutazione dell'organo giudiziario (cfr. Pagni, 443 ss.).

Il cd. primo correttivo al codice della crisi di impresa ha espressamente sancito, per chiarire una questione che era stata discussa con esiti non univoci in sede di primo commento al d.lgs. n. 14/2019, che l'ordinanza cautelare è assoggettata a reclamo ex art. 124 c.c.i.i.

Questa disposizione è stata ancora una volta modificata, in coerenza con la natura delle misure in esame, dal d.lgs. n. 83 del 2022 (secondo correttivo) che ha sancito la reclamabilità dell'ordinanza che decide sull'istanza ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. (i.e. con il reclamo cautelare).

Secondo le regole generali, la decisione assunta in sede di reclamo non è invece ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7 Cost., atteso che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza resa in sede di reclamo cautelare ex art. 669-terdecies c.p.c., ancorché affetta da inesistenza, nullità o abnormità, senza che ciò si ponga in contrasto con gli artt. 24,111 Cost., trattandosi di un provvedimento inidoneo a incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale e ininfluente nel successivo giudizio di merito, o con l'art. 6 Cedu, essendo comunque garantita una duplice fase di tutela davanti a un'istanza nazionale (v., tra le più recenti, Cass. n. 12229/2018).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario