Istanza del commissario straordinario al tribunale di conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento (o liquidazione giudiziale)

Giacinto Parisi

inquadramento

Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento. Prima di presentare la richiesta di conversione, il commissario straordinario ne riferisce al Ministro dello sviluppo economico.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

SEZ. SPEC. IMPRESE ....

ISTANZA [2]

Il commissario straordinario, Dott. ...., della Società .... in amministrazione straordinaria, C.F. ...., con sede in ....,

PREMESSO CHE

Con ricorso depositato in data ...., la Società .... ha chiesto al Tribunale di .... di accertare il proprio stato di insolvenza.

Con sentenza in data ...., il Tribunale di .... ha accertato lo stato di insolvenza della Società ...., nominando Commissario giudiziale il Dott. ....

Quest'ultimo ha depositato in data .... la relazione relativa all'esistenza delle cause dello stato di insolvenza e delle condizioni previste per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

In data .... l'ill.mo Tribunale adito ha dichiarato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della Società .... e, successivamente, lo scrivente è stato nominato commissario straordinario.

Nei termini di legge è stato predisposto il programma ex art. 54 d.lgs. n. 270/1999, il quale è stato successivamente depositato presso l'adito Tribunale per gli adempimenti di legge.

Tuttavia, nel corso dell'esecuzione del programma autorizzato sono insorte alcune difficoltà non preventivabili che rendono impossibile la sua attuazione.

La suddetta circostanza è stata già riferita al Ministero dello sviluppo economico con comunicazione del .....

Pertanto, sussistono tutte le condizioni affinché il Tribunale adito disponga la conversione della procedura di amministrazione straordinaria della Società .... in fallimento [o liquidazione giudiziale].

Tanto premesso, lo scrivente

CHIEDE

all'ill.mo Tribunale adito di voler disporre la conversione della procedura di amministrazione straordinaria della Società .... in fallimento [o liquidazione giudiziale].

Con osservanza.

Luogo e data ....

Firma commissario straordinario ....

[1]La competenza spetta al tribunale che ha dichiarato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della Società.

[2]Sui criteri redazionali dell'atto cfr. d.m. n. 110/2023.

commento

Nell'ambito del d.lgs. n. 270/1999, fallimento (o, rectius, liquidazione giudiziale) e amministrazione straordinaria sono visti come due istituti tra loro fondamentalmente “comunicanti”, poiché esistono diversi casi in cui l'uno può subentrare all'altra e viceversa (si vedano gli artt. 11, 25, 77 e 87). Ciò deriva, in ultima analisi, dalla stessa struttura “bifasica” dell'amministrazione straordinaria, dove il fallimento e l'amministrazione straordinaria costituiscono i due possibili esiti alternativi della dichiarazione di insolvenza, a seconda che il dissesto abbia o meno natura reversibile: da qui la reciproca “convertibilità” delle due procedure. “Convertire”, quindi, significa trasformare una procedura (amministrazione straordinaria) in un'altra (fallimento) per ottenere un risultato diverso (la liquidazione fallimentare) da quello perseguito attraverso la procedura originaria (la conservazione o la cessione in blocco del complesso aziendale), peraltro senza soluzione di continuità e con salvezza degli atti compiuti e degli effetti prodotti in precedenza. La conversione da amministrazione straordinaria in fallimento esprime l'approccio economico-pragmatico utilizzato nel d.lgs. n. 270/1999, dove viene abbandonato il principio del “risanamento ad ogni costo”, fatto proprio dalla l. n. 95/1979, per abbracciare quello del “risanamento solo se possibile” (Castagnola, Sacchi, La nuova disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Commentario ald.lgs. n. 270/1999, Torino, 2000, XVII), e si investe il tribunale di una funzione di costante controllo sull'andamento della procedura, al fine di poterne disporre la conversione in caso di sopravvenuta sua inutilità, senza la necessità di dovere reiterare gli atti procedurali legalmente compiuti sino a quel momento. La conversione, intervenuta durante la procedura o al termine di quest'ultima, costituisce quindi una forma, ancorché patologica di cessazione dell'amministrazione straordinaria, il che giustifica il suo inserimento nel capo VII del d.lgs. n. 270/1999.

Da un punto di vista generale, l'amministrazione straordinaria non può più essere “utilmente continuata” quando si raggiunge la ragionevole convinzione che non possa venire recuperato l'equilibrio economico dell'impresa insolvente attraverso il suo risanamento. Nello specifico, tale impossibilità viene diversamente declinata, sotto il profilo fenomenologico ed operativo, in relazione al programma concretamente adottato: cessione o ristrutturazione. Nel primo caso, il presupposto per la conversione è che la cessione dei complessi aziendali non possa avere ragionevolmente luogo entro il termine indicato dagli artt. 27 e 66 d.lgs. n. 270/1999, a nulla rilevando l'eventuale possibilità di alienare separatamente alcuni cespiti, mentre l'esistenza di potenziali interessati all'acquisto dovrebbe indurre alla considerazione opposta. Nel caso della ristrutturazione, la conversione diviene inevitabile allorquando risulti assodato, con adeguato grado di fondatezza, che l'attuazione del programma eccederà il limite biennale, o che gli interventi e le misure previsti dal programma sono inattuabili o, comunque, inadeguati rispetto alla situazione concreta. Si sostiene che l'art. 69 d.lgs. n. 270/1999 andrebbe letto in stretta correlazione con il precedente art. 60 (“modifica o sostituzione del programma autorizzato”), e che non sarebbe quindi possibile fare luogo alla conversione in fallimento dell'amministrazione straordinaria “risanatoria” prima di valutare la possibilità di cessione dei complessi aziendali ai sensi dell'art. 27 d.lgs. n. 270/1999, attuando così una sostituzione del programma originariamente prescelto.

Unico legittimato a chiedere la conversione, in qualsiasi momento nel corso della procedura, è il commissario straordinario (evidentemente ritenuto l'unico soggetto in grado di accertare la sopravvenuta impossibilità del programma), il quale deve peraltro riferirne preventivamente al Ministero, stante la complessità e la rilevanza degli interessi sottesi alla procedura. Viene altresì prevista l'attivazione d'ufficio del tribunale (Trib. Piacenza 13 febbraio 2015, n. 14 e 25 luglio 2014), che ovviamente presuppone una puntuale conoscenza, in capo a quest'ultimo, dello stato dell'amministrazione straordinaria e della situazione dell'impresa, evincibile peraltro dalle relazioni trimestrali depositate dal commissario (qualche diffidenza può nutrirsi sulla fondatezza economico-aziendalistica della valutazione giudiziale, laddove assunta non in consonanza con l'opinione del commissario ed anzi, magari, discostandosi da quest'ultima). L'impulso officioso può ovviamente venire sollecitato da parte di soggetti terzi (creditori, comitato di sorveglianza, pubblico ministero, lo stesso debitore), alcuni dei quali non potranno tuttavia intervenire nel relativo giudizio, pur essendo abilitati a proporre reclamo contro il provvedimento del tribunale che dispone o nega la conversione. Si ritiene che il debitore, prima del deposito del decreto di conversione, possa proporre domanda di concordato ai sensi dell'art. 78 d.lgs. n. 270/1999.

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