Ricorso ex art. 40 c.c.i.i. del debitore con richiesta di esenzione dagli obblighi in materia societariainquadramentoAi sensi dell'art. 2, lett. p), del d.lgs. n. 14/2019 per misure protettive devono intendersi: «le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza». Tra le misure protettive che possono essere richieste vi è il provvedimento di esenzione dagli obblighi in materia societaria contemplati dagli artt. 2446 e ss. c.c. allo scopo di evitare che le azioni da intraprendere ai fini della presentazione del piano possano comportare responsabilità dell'organo amministrativo. FormulaTRIBUNALE DI .... [1] SEZ. .... RICORSO PER L'AMMISSIONE ALLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO, CON CONTESTUALE RICHIESTA DI ESENZIONE DAGLI OBBLIGHI LEGALI IN MATERIA SOCIETARIA Per la Società ...., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ...., con sede in .... ( ....), via/p.zza .... n. ...., C.F. .... P.I. ....), elettivamente domiciliato in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [2], che lo rappresenta e difende giusta procura alle liti in calce al presente atto. CONSIDERATA la propria situazione di crisi aziendale caratterizzata da un forte squilibrio economico e finanziario; la necessità per la ricorrente e la utilità per i creditori di ricorrere ad uno dei procedimenti di regolazione negoziale della crisi di impresa; la necessità ed utilità che ciò avvenga tempestivamente, per evitare il peggioramento della situazione finanziaria; la necessità, in particolare, tra le misure protettive, di ottenere un'esenzione dagli obblighi in materia societaria contemplati dagli artt. 2446 e ss. c.c. allo scopo di evitare che le azioni da intraprendere ai fini della presentazione del piano possano comportare responsabilità dell'organo amministrativo; CHIEDE la concessione del termine massimo o, in via subordinata, compreso tra trenta e sessanta giorni [3], per il deposito della proposta di concordato preventivo con il piano, l'attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all'art. 39, comma 1, oppure per il deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti; la concessione di un provvedimento di esenzione dagli obblighi a carico degli amministratori della Società contemplati dagli artt. 2446 e ss. c.c., nella durata massima prevista dalla legge; chiede, inoltre, che il Presidente del Tribunale voglia fissare, previa designazione del giudice relatore, l'udienza per la conferma o la revoca di tali misure entro il termine di trenta giorni dal deposito della domanda PREMESSA La presente domanda di concordato preventivo è presentata nell'interesse della Società ...., al fine di richiedere a codesto Ecc.mo Tribunale l'assegnazione di un termine per la presentazione della proposta, del piano concordatario e della ulteriore documentazione di legge, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. a) c.c.i.i. Ai fini della concessione del termine, si segnala da subito che nei confronti della Società pende/non pende una domanda per l'apertura della liquidazione giudiziale. Ad ogni modo, la complessità dell'attività da svolgere per la presentazione della proposta di concordato nonché la tipologia del piano da presentare, portano questa difesa a richiedere la concessione del termine massimo di legge. Sulla assoggettabilità ad una delle procedure di regolazione della crisi di impresa La ricorrente è Società di capitali/di persone rispetto alla quale sussistono tutti i presupposti di legge per l'assoggettabilità ad una delle procedure di regolazione della crisi di impresa. In primo luogo, nessun dubbio sussiste circa la natura commerciale dell'impresa, come chiaramente si evince dal suo oggetto sociale (cfr. visura camerale in atti). Inoltre, come emerge dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, la ricorrente ha: – un attivo patrimoniale superiore ad Euro ....; – ricavi lordi per un ammontare superiore ad Euro ....; – un ammontare di debiti anche non scaduti superiore ad Euro ..... Breve descrizione della Società e della sua attività sociale [ .... ] Le cause della crisi di impresa; [ .... ] Tipologia della domanda da presentare e trattamento dei creditori; [ .... ] Incarichi professionali conferiti [ .... ] Deposito della documentazione di cui all'art. 39, comma 3, c.c.i.i. Sulla necessità della concessione di misure protettive .... [4]. Si depositano: – bilanci relativi agli ultimi tre esercizi; – elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; – (visura camerale aggiornata). Luogo e data .... Firma Avv. .... Firma del legale rappresentante della Società .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento, anche per le eventuali fasi di reclamo, in ogni fase e grado dello stesso l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]La domanda deve essere rivolta al Presidente del Tribunale ovvero della Sezione nella quale è incardinata la procedura di crisi che, ai sensi dell'art. 55, comma 1 c.c.i.i. designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento, cui procede direttamente il giudice relatore, se già delegato dal tribunale per l'audizione delle parti. [2]L'atto in questione è equiparabile a quello introduttivo di un giudizio, sicché trova applicazione l'art. 23, comma 50, d.lgs. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. Non deve anche essere indicato l'indirizzo di posta elettronica del difensore: invero, a partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014. [3]Tale termine è prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi comprovati dalla predisposizione di un progetto di regolazione della crisi e dell'insolvenza, fino a ulteriori sessanta giorni. [4]Occorre indicare in modo puntuale i motivi posti a fondamento della richiesta di misure protettive, con specifico riferimento, nella specie, agli obblighi sociali dai quali si richiede, per un certo periodo, l'esenzione. commentoAi sensi dell'art. 2, lett. p), del d.lgs. n. 14/2019 per misure protettive devono intendersi «le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza». In sostanza, le misure protettive sono volte ad evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza (cfr., tra gli altri, Gambi, Le nuove misure protettive nel codice della crisi, in Ilfallimentarista.it). Nell'assetto delineato dal r.d. n. 267/1942 è noto che, per un verso, simili misure erano correlate agli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento da parte dell'art. 51 l.fall., mentre, per un altro, la sola pubblicazione del ricorso per concordato preventivo, anche prenotativo, ovvero dell'accordo di ristrutturazione dei debiti presso il registro delle imprese comportavano effetti analoghi, di c.d. automatic stay. Sussiste una differenza significativa sul piano processuale rispetto alle misure cautelari, a seconda che le stesse vengano richieste nell'ambito della procedura di liquidazione giudiziale ovvero del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione, atteso che gli effetti protettivi, diversamente da quanto avviene per le misure cautelari, si producono, purché il debitore ne abbia fatto richiesta, dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese. È in ogni caso escluso ogni automatismo prolungato, in quanto, come previsto dall'art. 55, le misure protettive devono essere espressamente confermate, a pena di inefficacia, dal tribunale con proprio decreto, nel termine di trenta giorni dall'iscrizione della domanda nel registro delle imprese con decreto reclamabile ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile. La norma specifica che se il deposito del decreto non interviene nel termine prescritto cessano gli effetti protettivi, ferma la possibilità di riproporre la domanda. Come specificato dal cd. correttivo al d.lgs. n. 14/2019, il giudice, nell'accordare una misura protettiva, deve stabilirne la durata, che non può superare i quattro mesi (in conformità all'articolo 6, paragrafo 6, della direttiva UE/2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019). Quanto al contenuto delle misure protettive, se si guarda alla formulazione dell'art. 2, lett. p), c.c.i.i. e si riflette sulla circostanza che le stesse hanno il proprio riferimento, almeno per il concordato preventivo e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, rispettivamente negli artt. 168 e 182-bis l.fall., dovrebbe ritenersi che si esauriscano nell'inibizione alle azioni esecutive e cautelari, nella neutralizzazione dei tempi per il decorso di prescrizioni e decadenze e nella inoffensività delle cause di prelazione non concordate. Secondo alcuni, tuttavia, in vista dell'obiettivo di evitare che azioni dei creditori possano porre a rischio le iniziative per l'accesso ad un concordato o ad un accordo, anche le misure protettive dovrebbero avere un contenuto atipico (Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, in Riv. dir. proc., 2019, n. 3, 849 ss., per il quale, in tale prospettiva, il debitore potrebbe richiedere che non producano effetti, rispetto ai creditori concorsuali, atti e attività dei contraenti, quali potenziali creditori, che incidano sui rapporti giuridici pendenti e ciò anche al di fuori delle inibizioni di cui agli artt. 95,97 c.c.i.i.). Sotto un distinto profilo, il legislatore non aveva sino all'emanazione del d.lgs. n. 83/2022 risolto, inoltre, il problema, già oggetto di ampio dibattito, afferente alla possibilità, ai fini della conservazione del valore dell'impresa, di disporre misure protettive anche con riferimento a beni di proprietà di terzi che siano nella disponibilità dell'impresa stessa. Sul punto, non si può quindi trascurare che, secondo una prima tesi, il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore riguarderebbe i beni e i crediti dell'imprenditore ovvero i beni di cui questi sia effettivamente titolare, e non già quelli di cui per qualsiasi ragione abbia la mera disponibilità (cfr. Trib. Bari III, 6 ottobre 2016, in Ilprocessocivile.it, per la quale, di conseguenza, i beni non appartenenti al debitore concordatario e da questi detenuti possono costituire oggetto delle azioni di rilascio da parte degli aventi diritto). Per altri, invece, sarebbe stato opportuno estendere in via interpretativa la portata del divieto a beni diversi da quelli di titolarità dell'imprenditore, in modo da escludere che il programma di risanamento dell'attività venga compromesso da iniziative esecutive dei proprietari di singoli beni che produrrebbero, così, la disgregazione dell'azienda del debitore, pregiudicandone quindi il patrimonio, con conseguente danno per il ceto creditorio (Pagni, Le misure protettive e le misure cautelari nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Soc., 2019, n. 4, 438 ss., 441). La questione interpretativa è stata risolta in senso affermativo dal legislatore che, con il d.lgs. n. 83/2022, è intervenuta sull'art. 54, comma 2 c.c.i.i. ha precisato che le misure protettive possono avere ad oggetto anche i beni e i diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa. Come già evidenziato, ai sensi dell'art. 55 c.c.i.i. le misure produttive spiegano effetti immediati dalla domanda di concessione pubblicata nel registro delle imprese ma, una volta depositata presso il tribunale la domanda di apertura della procedura di crisi accompagnata dalla richiesta delle stesse, è designato un magistrato cui è affidato il compito di procedere all'istruzione della domanda e, in particolare, di verificare la legittimità dei provvedimenti disposti, il cui effetto protettivo viene meno se il giudice li revoca ovvero se entro trenta giorni dalla domanda non emette la relativa decisione (cfr. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, cit., 849 ss., secondo il quale l'effetto viene meno ma ex nunc visto il tenore letterale della formula «cessano gli effetti»). Il comma 3 dello stesso art. 55 c.c.i.i. stabilisce, in particolare, che il giudice provvede con decreto a confermare ovvero a revocare le misure protettive assunte, ove necessarie, sommarie informazioni. Dalla formulazione letterale della norma sembra quindi doversi evincere che il modello sia mutuato da quello del procedimento cautelare delineato dall'art. 669-sexies, comma 2 c.p.c. per il modulo eccezionale cd. a contraddittorio differito, senza che, tuttavia, sia prevista una convocazione, anche successiva alla conferma o revoca della misura, delle altre parti. Peraltro, il contraddittorio sembra in parte recuperato dal quarto comma dell'art. 55 c.c.i.i., per l'ipotesi in cui il commissario giudiziale, le parti del procedimento o il pubblico ministero, propongano istanza di revoca o modifica delle misure protettive adducendo la ricorrenza di fatti di frode. In questo caso, infatti, il tribunale provvede all'esito del contraddittorio tra le parti. Analogamente il tribunale può disporre – sembra doversi ritenere con il medesimo procedimento e quindi sentite le parti – quando accerta che l'attività intrapresa dal debitore non è idonea a pervenire alla composizione assistita della crisi o alla regolazione della crisi e dell'insolvenza. Sul piano processuale è significativo evidenziare che, se la concessione delle misure protettive, costruita come una sorta di verifica della legittimità delle stesse la cui efficacia si produce sin dall'iscrizione nel registro delle imprese, è demandata al giudice monocratico, la revoca è rimessa al tribunale in composizione collegiale. Le misure protettive sono reclamabili ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. Riteniamo che la strumentalità, anche delle misure protettive, alla conservazione del valore dell'impresa in vista del buon esito di una procedura di crisi implichi che le stesse siano prive di quel connotato di decisorietà che consentirebbe la ricorribilità per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7 Cost., dei provvedimenti resi in sede di reclamo. Le misure perdono efficacia al momento della pubblicazione delle sentenze di omologazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza. Il settimo comma dell'art. 55 c.c.i.i. introdotto dal d.lgs. n. 83/2022 ha precisato che, in caso di revoca o cessazione delle misure protettive, il divieto di acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l'imprenditore, viene meno a far data dalla revoca o dalla cessazione delle misure protettive. |