Codice di Procedura Civile art. 514 - Cose mobili assolutamente impignorabili.

Francesco Bartolini

Cose mobili assolutamente impignorabili.

[I]. Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge [1558 1 c.c.], non si possono pignorare:

1) le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto [831 2 c.c.];

2) l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato1;

3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente;

4) [gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore] 2;

5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento di un pubblico servizio;

6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.

6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali  3;

6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli  4.

 

[1] Numero così sostituito dall'art. unico l. 8 maggio 1971, n. 302.

[2] L'art. 3 l. 24 febbraio 2006, n. 52, ha abrogato il n. 4.

Inquadramento

L'art. 2740 c.c. afferma il principio per cui il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i beni presenti e futuri del suo patrimonio. La regola così posta soffre importanti eccezioni, che la norma citata espressamente prevede come consentite. Talune di queste eccezioni trovano la loro giustificazione nella funzione di interesse non esclusivamente privato che alcuni beni rivestono e che di conseguenza ne ha dall'espropriazione forzata in pregiudizio delle utilità collettive. Dottrina e giurisprudenza considerano le relative esclusioni come tassative e insuscettibili di essere estese ad altre fattispecie proprio per il loro effetto di contraddire alla norma di applicazione generalizzata sopra ricordata.

Le disposizioni dell'art. 514 c.p.c. sono di stretta interpretazione perché, in quanto sottraggono all'azione esecutiva alcune categorie di beni del debitore in considerazione della loro particolare natura o destinazione, derogano al principio sancito dall'art. 2740 c.c. in virtù del quale il debitore risponde dell'adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni (Cass. n. 8966/1998; Cass. n. 776/1966).

Le ipotesi di non pignorabilità sono disposte per scelta del legislatore e una nutrita casistica non esaustiva al riguardo è fornita dall'art. 514 c.p.c. che elenca una serie di beni dei quali l'impignorabilità è disposta in modo assoluto. Per chiarezza può farsi distinzione tra: i beni assolutamente impignorabili in ragione della loro appartenenza; tali in quanto non sottraibili alla loro destinazione; e beni dichiarati assolutamente impignorabili per le loro caratteristiche di strumentalità e funzione.

I beni assolutamente impignorabili previsti da particolari disposizioni di legge

Sono beni assolutamente impignorabili in ragione della loro appartenenza: i beni del demanio pubblico (artt. 822,824,825 c.c.: Stato, province, comuni); i beni del demanio militare (artt. 942,946 c.c.); i beni del demanio stradale, aeronautico, culturale, se appartenenti allo Stato; i beni del demanio regionale.

I beni del demanio pubblico sono in linea di principio inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi. La regola consente deroghe nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge (sdemanializzazione).

Sono inoltre assolutamente impignorabili i beni in proprietà di stati esteri destinati all'adempimento di loro funzioni pubbliche.

Sono assolutamente impignorabili i beni appartenenti a stati esteri destinati all'adempimento delle loro funzioni pubbliche (Cass. n. 2041/2010). La destinazione, in concreto, del bene appartenente a uno Stato estero all'adempimento delle sue funzioni pubbliche comporta, in sede esecutiva, l'impignorabilità del bene stesso, che deve essere fatta valere con l'opposizione all'esecuzione (Cass. n. 10652/2010). Il d.l. n. 92/2024, conv. dalla l. 8 agosto 2024, ha disposto il divieto di pignoramento riferito ai beni di Stati esteri. Il provvedimento ha dichiarato inefficaci i sequestri e i pignoramenti di titoli, denaro e valori appartenenti a Stati esteri ed estinti i procedimenti pendenti che li riguardano.

I beni dichiarati assolutamente impignorabili (peraltro, in vario grado e condizionamento di impignorabilità) in quanto non possono essere sottratti alla loro destinazione, e come tali indicati da particolari disposizioni di legge sono, tra gli altri: i beni del patrimonio indisponibile dello Stato (gestiti da Patrimonio dello Stato s.p.a.), delle province e dei comuni (artt. 826,828 c.c.: non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge); i beni del patrimonio indisponibile delle Regioni; gli edifici destinati all'esercizio del culto cattolico, anche se appartenenti a privati, in questo caso, finché non sia cessata la loro destinazione (art. 831 c.c.); i beni gravati da uso civico (Cass. n. 19792/2011); l'usufrutto legale (art. 326 c.c.); i diritti di pubblicazione dell'opera dell'ingegno e di utilizzazione dell'opera pubblicata sino a quando spettano personalmente all'autore (art. 111, l. n. 633/1941); i frutti dei beni di proprietà del figlio minore per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei a quelli della famiglia (art. 326, comma 2, c.c.); i beni del fondo patrimoniale e i loro frutti per debiti che il debitore conosceva essere estranei a quelli della famiglia (art. 170 c.c.); i beni della comunione legale per le obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione; la quota del socio di società di persone, cooperative o mutue assicuratrici nei confronti dei suoi debitori particolari (artt. 2305 e 2531 c.c.). i fondi speciali per la previdenza e l'assistenza costituiti dagli imprenditori (art. 2117 c.c.); i beni della comunione legale dei coniugi per i debiti contratti da uno di loro prima del matrimonio (art. 187 c.c.); i beni del fondo patrimoniale familiare (art. 170 c.c.); l'usufrutto legale del genitore esercente la potestà (art. 326 c.c.); i diritti di uso e di abitazione (art. 1024 c.c.).

In particolare, i beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (artt. 828 e 830 c.c.). Per essi l'impignorabilità si concreta nella non sottraibilità alla destinazione ad un servizio pubblico che li caratterizza e ne connota la funzione. Ne sono esempio gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, i loro arredi, i beni, in genere destinati a rendere possibile un pubblico servizio. Sotto il profilo di una possibile espropriazione forzata, questa è impedita sino a che non viene fatta cessare la detta destinazione pubblicistica. La responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione incontra il limite costituito dalla non espropriabilità del suo patrimonio indisponibile. Ma il principio vale anche per i beni del patrimonio disponibile quando essi debbono essere tenuti e conservati per l'adempimento di un pubblico servizio, come si desume chiaramente dal testo dell'art. 514, n. 5. Ne segue che i limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali della pubblica amministrazione, intesa nel senso più ampio, devono essere individuati caso per caso, concretamente, in relazione alla natura o alla destinazione degli specifici beni dei quali di volta in volta si chiede l'espropriazione (Crescenzi, 205).

I beni di cui all'art. 514 c.p.c.

L'art. 514 c.p.c. aggiunge alle fattispecie di cui sopra alcuni casi di assoluta inespropriabilità determinata in ragione della particolare funzione cui sono destinati i beni:

– le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto, a qualsiasi religione siano pertinenti, nell'ambito della tutela garantita dagli artt. 8 e 19 della Costituzione. Le cose sacre sono quelle specificamente dedicate al culto e ad esso consacrate o benedette. Le cose che servono all'esercizio di un culto sono impignorabili a causa dell'uso religioso al quale sono destinate, indipendentemente da qualsiasi formale consacrazione. L'impignorabilità in questo caso perdura sino a quando si mantiene la relazione strumentale con il culto. Quei beni diventano cose pignorabili allorché perdono questa stretta relazione con il culto. Nel sistema originario del codice civile la disposizione era riferita al culto cattolico, in allora religione di Stato. Attualmente la norma va posta in relazione ai provvedimenti con i quali è stato dato riconoscimento a forme di culto religioso diverse da quella cattolica.

– gli oggetti personali, gli arredi e i beni indispensabili per la vita del debitore e della sua famiglia secondo le indicazioni di cui al n. 2) dell'art. 514. Il criterio che serve a identificarli è dato dall'indispensabilità riferita ai bisogni materiali e di decoro del nucleo familiare, inteso come comprensivo non soltanto degli stretti familiari ma anche dei conviventi e di quanti condividono il medesimo menage familiare (famiglia di fatto). Anche in questo caso il presupposto della non pignorabilità è costituito dalla destinazione effettiva all'utilizzazione domestica. Sono esclusi gli oggetti di valore economico particolarmente rilevante per pregio artistico o di antiquariato, per questo aspetto eccedente la mera utilità per le esigenze minimali di vita del debitore.

– i commestibili e i combustibili necessari al mantenimento del debitore e delle altre persone che ne condividono la loro necessità. Si tratta di una norma riferita a modi di vita profondamente mutati dall'entrata in vigore del codice di procedura civile ma che conserva una residua validità per quanto risulti tuttora applicabile nel contesto attuale.

– le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per adempiere a un pubblico servizio. Si tratta di cose che il debitore ha presso di sé, fuori dai locali dell'ente per cui presta il servizio e che deve conservare sino a che permane tale servizio.

– i beni di valore morale in quanto attestazioni di riconoscimenti meritevoli o di pertinenza alla sfera della riservatezza. Esiste un ambito di valori, legati alla persona fisica, che fanno parte della sua individualità, delle sue relazioni e dei suoi affetti e del quale è comunemente riconosciuta come necessaria la tutela. A questo scopo la norma in esame ha inteso impedire l'espropriazione delle cose che di questo ambito sono parte o sono espressione. I manoscritti e gli scritti di famiglia devono avere un valore economico perché ne sia ipotizzabile un pignoramento. Ne è impedita però la sottoposizione a vincolo se non è pignorata l'intera collezione della quale facciano parte.

Si può ricondurre al citato riguardo verso l'individuo-persona il più recente divieto di pignoramento esteso dai commi 6-bis e 6-ter dell'art. 514 agli animali di affezione o di compagnia e a quelli impiegati a fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli. L'esclusione dalla pignorabilità non è riferita agli animali che vengono allevati a scopo commerciale.

L'impignorabilità

In linea di principio l'ufficiale giudiziario è tenuto a non ricusare la sua opera e, anzi, egli deve compiere gli atti che gli vengono richiesti con diligenza, ovvero senza indugi e non oltre il termine che eventualmente sia stato fissato dall'autorità (art. 108 disp. att.). Il relativo obbligo è fonte di responsabilità ai sensi dell'art. 60 c.p.c. ed è sanzionato con la censura e nei casi più gravi con più severi provvedimenti disciplinari. Il medesimo obbligo non è senza limiti. Esso cessa a fronte di istanze palesemente illegittime, prive di titolo o manifestamente infondate. In questi casi, secondo una regola generalissima che caratterizza il diritto amministrativo, l'ufficiale procedente ha il dovere di astenersi dall'eseguire l'atto; e tale dovere di astensione sussiste anche quando il creditore preme perché si proceda comunque all'atto, minacciando, ad esempio, denunce. Per far risultare la sussistenza delle ragioni di impedimento l'ufficiale giudiziario deve farne menzione nel verbale delle sue operazioni. La dichiarazione fornisce a lui un mezzo di tutela e di giustificazione, e rende consentito un sindacato sulle sue responsabilità. L'impignorabilità assoluta dei beni mobili che il creditore chiede siano vincolati costituisce di per sé una cogente ragione perché l'ufficiale giudiziario si astenga dall'eseguire il pignoramento.

Il caso del pignoramento di beni con inosservanza del divieto di cui all'art. 514 c.p.c. pone il problema del rimedio esperibile e del suo rilievo per gli effetti impedienti della prosecuzione della procedura. Il debitore in danno del quale l'atto è stato eseguito può proporre l'opposizione all'esecuzione, trattandosi di far accertare l'insussistenza del diritto del creditore a soddisfarsi sulle cose pignorate. La legittimazione all'opposizione è fornita dall'art. 615, comma 2, che la prevede come finalizzata a contestare la pignorabilità dei beni. Nessun dubbio, quindi, può sussistere per quanto riguarda lo specifico strumento di tutela esperibile. La precisa indicazione legislativa è stata criticata dalla dottrina e considerata incoerente con la situazione disciplinata.

Si osserva al riguardo (Crescenzi, 214) che siamo in una zona di confine tra quelli che sono i motivi relativi all'an dell'esecuzione, caratterizzante l'opposizione ex art. 615 c.p.c. e il quomodo dell'esecuzione stessa, contestabile attraverso l'opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. A ben vedere, però, anche in questo caso si garantisce che vi sia corrispondenza tra l'azione esecutiva e il diritto di procedervi, in quanto si contesta, in relazione a un determinato bene, l'esistenza del diritto del creditore di procedere all'espropriazione. La normativa pone un preciso onere di attivazione in capo al debitore; il quale non potrebbe più opporre l'impignorabilità all'aggiudicatario, neppure con una apposita azione di accertamento (Vullo, 241).

Il problema della pignorabilità dei beni e della proseguibilità della procedura esecutiva, in relazione all'asserito carattere pubblicistico dei beni oggetto dell'esecuzione, configura una questione influente sulla concreta realizzabilità della tutela del creditore, e quindi sul merito dell'azione esecutiva e non già sulla giurisdizione del giudice ordinario, la quale va riconosciuta in esclusiva dipendenza della posizione di diritto soggettivo azionata dal creditore (Cass. S.U., n. 740/1999; Cass. n. 10284/2009). L'impignorabilità di un bene di un comune in ragione della sua appartenenza al patrimonio indisponibile dell'ente, concretando una limitazione della responsabilità patrimoniale ai sensi dell'art. 2740 c.c., può essere fatta valere dal comune soltanto come motivo di opposizione all'esecuzione forzata contro il creditore pignorante ex art. 615, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 576/1991).

Per quanto riguarda i poteri del giudice di rilevare d'ufficio l'inosservanza e di dichiararne le conseguenze la dottrina ritiene di dover operare una distinzione (Vullo, 241). In genere l'impignorabilità non è disposta per la tutela di un interesse pubblico ma nell'interesse esclusivo del singolo in casi in cui tale interesse è ritenuto prevalente su quello collettivo e come tale meritevole di essere protetto. In queste situazioni si nega al giudice il potere di rilevare d'ufficio l'illegittimità del pignoramento e si riconosce solo al debitore la facoltà di chiederne l'accertamento mediante la proposizione dell'opposizione. Quando, per contro, l'impignorabilità consegue all'inalienabilità di un determinato bene, dichiarata dalla legge, la considerazione dovuta alle ragioni di interesse collettivo che hanno motivato la scelta legislativa consente al giudice il rilievo d'ufficio.

Regole in parte diverse valgono per i numerosi casi nei quali l'impignorabilità è superabile a determinate condizioni e in cui gli interessi che si confrontano sono esclusivamente privati.

Ad esempio, l'impignorabilità dei beni facenti parte del fondo patrimoniale può essere eccepita anche da parte di un creditore intervenuto (nella specie, in sede di opposizione distributiva) dal momento che il relativo vincolo è improntato alla tutela di interessi di natura patrimoniale e non costituisce espressione di un diritto personalissimo, esercitabile dal solo titolare (Cass., ord., n. 36312/2023).

Le contabilità speciali e i fondi della pubblica amministrazione

Con le contabilità speciali fu realizzato un sistema di decentramento della spesa pubblica inteso a rendere più celere l'intervento degli organi amministrativi nei settori in cui man mano si rendono necessarie opere e finanziamenti inerenti ai servizi di pubblico interesse. La fattispecie di maggior rilievo era costituita dalle disponibilità poste a favore delle prefetture finalizzate a provvedere autonomamente alle necessità dei loro uffici e di quelli dipendenti. Per vincolare quelle disponibilità alla loro specifica destinazione fu emanato il d.l. n. 313/1994, convertito nella l. n. 460/1994, con il quale fu esclusa l'esecuzione forzata su beni definiti «essenziali» in quanto rivolti a servizi e finalità di protezione civile, di difesa nazionale e di sicurezza pubblica, al rimborso delle spese anticipate dai comuni per l'organizzazione delle consultazioni elettorali nonché al pagamento di emolumenti e pensioni dovuti al personale amministrativo. Il provvedimento (esteso alle contabilità delle direzioni delle forze armate e della Guardia di finanza) faceva eccezione per i casi di rapporti patrimoniali tra coniugi in caso di separazione; nonché di sequestro, pignoramento e cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti pubblici. In queste fattispecie i pignoramenti e i sequestri si eseguono esclusivamente, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, con atto notificato al direttore di ragioneria responsabile presso le prefetture e sono attuati nelle forme di cui al Libro III, Titolo II, capo II c.p.c. Il direttore è tenuto a vincolare l'ammontare sempre che esistano sulla contabilità speciale fondi la cui destinazione sia diversa da quella definita come essenziale. Il creditore deve indicare esattamente i fondi oggetto di esecuzione forzata e individuare con precisione la contabilità oggetto dell'azione esecutiva.

In seguito, il d.P.R. n. 602/1973, ha disposto un sistema di verifiche finalizzato a impedire ingiusti favori per il contribuente moroso: le amministrazioni pubbliche, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, per negare in tal caso la loro prestazione e per segnalare la situazione all'agente della riscossione competente per territorio. Il d.m. n. 40/2008, ha poi istituito il Fondo unico giustizia, impignorabile, sul quale debbono confluire somme, titoli, valori, crediti, conti, libretti da considerare non soggetti ad espropriazione forzata. La l. n. 181/2008 ha precisato che sono vincolate, nel Fondo: le somme sequestrate per le quali non sia stata disposta la confisca o non sia pervenuta una tempestiva richiesta di restituzione; proventi vari derivanti da attività finanziarie a contenuto patrimoniale; le somme e i proventi depositati presso Poste italiane s.p.a., banche e altri operatori finanziari non riscossi o non reclamati; le somme di denaro non riscosse nella procedura fallimentare dagli aventi diritto decorsi cinque anni dal loro deposito presso l'ufficio postale o la banca indicati dal curatore.

Nei casi in cui è consentito, il pignoramento è eseguito nelle forme del pignoramento diretto presso il debitore (Crescenzi, 218).

Le somme ricevute dalla banca quale delegato al pagamento di tributi e oggetto dell'obbligo di versamento alla P.A. non hanno natura tributaria; tuttavia, conservano natura pubblicistica in quanto acquisite in pagamento di imposte e pertanto sono impignorabili (Cass. n. 493/2003). La mera provenienza delle somme da entrate tributarie e la mera iscrizione di tali entrate nel bilancio dell'ente pubblico si rivelano entrambi elementi inidonei a giustificare l'impignorabilità delle somme in questione, la quale può derivare soltanto da uno specifico vincolo di destinazione imposto per legge o da un provvedimento amministrativo. Una volta, infatti che l'entrata tributaria si sia tradotta in danaro, quest'ultimo non si distingue più, nelle casse dell'ente, rispetto ad entrate di natura privatistica, mentre l'iscrizione dell'entrata nel bilancio preventivo dell'ente non può costituire impedimento al soddisfacimento del diritto del creditore (Cass. n. 7864/1997). In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, qualora il giudice dichiari, anche d'ufficio, la nullità del pignoramento, per aver accertato che lo stesso è caduto su somme destinate con delibera dell'organo esecutivo alle finalità di cui all'art. 159, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, il creditore procedente che intende far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione per la sussistenza della condizione preclusiva dell'impignorabilità delle somme prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 211/2003 (consistente nell'emissione, dopo l'adozione della delibera indicata e la relativa notificazione al tesoriere dell'ente locale, di mandati per titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso) assolve l'onere della prova incombente su di lui adducendo circostanze di fatto dalle quali sia desumibile il sospetto della sussistenza dell'indicata condizione preclusiva, né tale allegazione è validamente contrastata dalla produzione di una mera certificazione proveniente da uno degli organi o uffici dell'ente, in quanto, nel processo civile, salvo specifiche eccezioni previste dalla legge, nessuno può formare prove a proprio favore, tanto più che il giudice, specie a fronte dell'impossibilità per il creditore di fornire ulteriore prova, può disporre consulenza tecnica di ufficio (Cass. III, ord., n. 25836/2020). In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione ha l'onere di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all'ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico. (Cass. VI, ord., n. 19103/2020, che ha cassato con rinvio la decisione di merito che, nel rigettare l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal creditore procedente per carenza di prova, lo aveva erroneamente gravato dell'onere probatorio in ordine al rispetto dell'ordine cronologico dei mandati di pagamento gravante sull'ente).

Va ricordato che nell'espropriazione presso terzi intrapresa contro un'amministrazione dello Stato o un ente pubblico non economico, in violazione del disposto di cui all'art. 14 del d.l. n. 669/1996 (convertito in l. n. 30/1997, e successivamente modificato dall'art. 44 del d.l. n. 269/2003, convertito in l. n. 326/2003) e proseguita sino a pervenire alla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, il debitore esecutato può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso tale ordinanza, nel termine previsto dall'art. 617 c.p.c., decorrente dalla sua pronuncia, al fine di far valere la violazione predetta (Cass. III, n. 21838/2013).

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