Codice di Procedura Civile art. 564 - Facoltà dei creditori intervenuti (1).Facoltà dei creditori intervenuti (1). [I]. I creditori intervenuti non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. (1) Articolo così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 23 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo precedente recitava: «[I]. I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti». InquadramentoGli artt. 564,565 c.p.c. e 566 c.p.c. integrano la disciplina generale dell'istituto dell'intervento dei creditori riportata – per espropriazione immobiliare – negli artt. 498-500 c.p.c. La disposizione in esame è stata modificata dall'art. 2, comma 3, lett. e), d.l. n. 35/2005, conv. con modif. dalla l. n. 80/2005, in conseguenza dell'avvenuta abrogazione dell'art. 563 c.p.c. (già commentato). La disposizione, così come riformata, si applica alle procedure pendenti al 1° marzo 2006 per le quali non sia stata disposta la vendita e a quelle instaurate successivamente; mentre per le procedure già pendenti a quella data per le quali si sia già provveduto sulla vendita, si applicano le norme precedentemente in vigore. Dalla lettura combinata delle norme innanzi richiamate si ricava che i creditori intervenuti hanno poteri maggiori o minori a seconda del grado del credito vantato, del tempo dell'intervento e del possesso (o meno) del titolo esecutivo. Tempestività dell'interventoIl presupposto dell'atto di intervento è che vi sia un pignoramento già effettuato (Carnicini, 1989). La norma in esame consente l'intervento tempestivo di alcuni creditori entro un determinato periodo di tempo, il cui termine finale coincide con l'udienza per l'autorizzazione alla vendita. Decorso tale termine, l'intervento è ammissibile ma tardivo. Secondo la previsione dell'art. 564 c.p.c. è tempestivo l'intervento proposto non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita (Mandrioli, 1999). Tale espressione differisce, tuttavia, da quella contenuta nell'art. 499, comma 2, c.p.c. che si riferisce all'intervento proposto «prima che sia tenuta l'udienza». Questo ha portato la dottrina a domandarsi sul termine ultimo per considerare tempestivo un intervento. Al riguardo, vi è chi ha sostenuto la prevalenza della norma generale al fine di accrescere l'efficienza della procedura esecutiva (così, Arieta, De Santis, 2007) e chi ha ritenuto che si debba far riferimento all'indicazione della disposizione speciale (in questo senso, Acone, 2006). Tra questi, poi, si è discusso se il momento per considerare un intervento tempestivo sia l'udienza ex art. 569 c.p.c. (Luiso, 2007; Satta, 1966) ovvero se sia rilevante il momento processuale in cui il giudice emetta l'ordinanza di vendita, che non coincide necessariamente con la prima (De Santis, 2007). In giurisprudenza è prevalso l'orientamento secondo il quale l'intervento è tempestivo se avvenuto anche oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione alla vendita, quando, per qualsiasi causa, questa sia stata differita, sempre che sia avvenuto prima dell'emissione dell'ordinanza di vendita (Cass. n. 6432/2015; Cass. n. 20596/2010; Cass. n. 689/2012). Un breve cenno alla tempestività dell'intervento nel caso in cui il debitore richieda la conversione del pignoramentoexart. 495 c.p.c. Per quanto qui ci interessa, va segnalato che in seguito alla conversione del pignoramento viene meno la distinzione tra creditori tempestivi e tardivi. Il debitore, infatti, per ottenere la liberazione dei beni pignorati, deve versare una somma idonea a consentire la piena soddisfazione dei crediti di tutti gli intervenuti siano essi privilegiati o chirografari, tempestivi o tardivi (così, Verde, 1963). Ci si è chiesti se dopo la conversione sia ammissibile l'intervento di altri creditori. In passato, la dottrina prevalente ritiene che in seguito alla conversione non sia possibile l'intervento di nuovi creditori (Satta, Commentario al codice di procedura civile). Sulla inammissibilità dell'intervento, perché riguarderebbe solo una esorbitanza della somma del tutto eventuale, Verde, Conversione del pignoramento cit. Di conseguenza, a parere di tali autori, un eventuale sopravanzo andrà restituito al debitore. Contra, Soldi, Manuale cit. e Crivelli, Questioni controverse in tema di conversione del pignoramento (in collaborazione con Principale) nella Riv. esecuz. forzata, 2/2018, secondo cui «nulla di più logico del soddisfacimento dei creditori tardivi col relativo sopravanzo, e nulla di meno accettabile della restituzione al debitore di somme pignorate in presenza di creditori (pur tardivi) insoddisfatti». Quanto all'individuazione del momento finale da cui sarebbero impediti i successivi interventi. Secondo alcuni, la preclusione scatta dal deposito dell'istanza di conversione del pignoramento (Redenti, 1957). Altri attribuiscono rilevanza all'ordinanza che determina l'importo posto a carico del debitore (Tarzia, 1976). Altri, ancora, ricollegano il divieto alla sola ordinanza che dopo l'integrale versamento delle somme dichiara la liberazione dei beni pignorati (Montesano, 1965). Contra, Scardaccione, La conversione del pignoramento e l'intervento dei creditori nell'espropriazione in Riv. dir. civ., 1960, che ritiene che i nuovi creditori possano sempre intervenire. In giurisprudenza, si è affermato che nel caso di conversione, venendo meno la fase della vendita, il limite temporale per l'intervento tempestivo è costituito dall'udienza che il giudice deve fissare ai sensi dell'art. 495 c.p.c. per determinare l'importo che il debitore dovrà versare. In questo senso, Cass. n. 5867/1983, Cass. n. 940/2012 e Cass. n. 411/2020, quest'ultima, chiamata a decidere sulla possibilità per il giudice dell'esecuzione di includere nell'ordinanza ex art. 495, comma 3, c.p.c. anche il credito di un creditore intervenuto successivamente alla formulazione dell'istanza di conversione e prima dell'udienza fissata per provvedere sulla stessa, ha confermato l'orientamento tradizionale secondo cui «nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tener conto anche dei creditori intervenuti successivamente all'istanza fino all'udienza in cui il Giudice dell'esecuzione provvede (o se si riserva di provvedere sulla stessa) con l'ordinanza di cui all'art. 495-terzo comma c.p.c.». Altro problema da affrontare è se ammissibile il deposito dell'atto di intervento dopo la dichiarazione di rinunzia da parte del creditore procedente ma prima del provvedimento di estinzione della procedura da parte del Giudice dell'esecuzione. Al riguardo, in passato si sono registrate pronunzie secondo le quali l'estinzione del processo esecutivo a seguito della rinunzia si verifica al pari di quella prevista dall'art. 306 c.p.c., richiamato dall'art. 629 c.p.c., solo con l'ordinanza del Giudice dell'esecuzione, per cui fino a quando non è emesso tale provvedimento i creditori possono intervenire (così Cass. n. 6885/2008). Un successivo indirizzo ritiene che l'estinzione del processo esecutivo si verifica per effetto della sola rinunzia da parte creditore, avendo il provvedimento di estinzione del Giudice dell'esecuzione natura dichiarativa, da cui deriva che dopo il deposito dell'atto di rinunzia non è più ammesso l'intervento di altri creditori (Cass. n. 27545/2017). È necessario sottolineare come il carattere di tempestività o tardività dell'intervento rilevi per una sola categoria di creditori, quella dei c.d. creditori semplici o chirografari. Infatti, i creditori con diritto di prelazione, in qualunque momento del processo esecutivo intervengano, vengono soddisfatti secondo l'ordine delle prelazioni previste dal codice civile. Sulle controversie sulla tempestività o meno dell'intervento, si ritiene che esse vadano proposte con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. e risolte dal Giudice dell'esecuzione con ordinanza ex art. 487 c.p.c. Poteri dei creditori intervenutiL'art. 564 c.p.c. disciplina le facoltà dei creditori intervenuti nell'espropriazione immobiliare, chiarendo che tutti i creditori (anche se non muniti di titolo esecutivo) partecipano all'espropriazione, qualora l'intervento sia depositato prima dell'udienza fissata per l'autorizzazione alla vendita. In primo luogo, c'è da dire che la norma in esame costituisce l'applicazione particolare del principio generale stabilito dall'art. 500 c.p.c. secondo cui l'intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, a partecipare all'espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti. Invero, la partecipazione alla distribuzione del ricavato si identifica con la c.d. azione satisfattiva che spetta a tutti gli interventori legittimati, mentre per poter partecipare attivamente agli atti del processo esecutivo, c.d. azione espropriativa, è necessario il possesso del titolo esecutivo. Gli interventori titolati, infatti, godono di un potere più pieno e maggiormente ampio rispetto ai creditori intervenuti sine titulo: possono sostituirsi al creditore procedente nel compimento degli atti necessari alla prosecuzione del processo, possono compiere tutte le attività preparatorie della vendita e depositare l'istanza di vendita. I singoli atti cui si riferisce la norma in esame sono quelli tipici ed essenziali dell'espropriazione. La presenza di un creditore titolato è necessaria per tutta la fase della procedura che va dal pignoramento alla vendita. In caso di inerzia del creditore procedente e in assenza di atti di impulso da parte degli interventori titolati, infatti, il processo esecutivo è destinato alla estinzione. I creditori intervenuti prima della vendita, privi di titolo esecutivo, sono, invece, sforniti di poteri di impulso processuale ma hanno la possibilità di essere ascoltati dal giudice dell'esecuzione, proponendo anche osservazioni e istanze, come per esempio nel caso della riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c. La distinzione tra creditori titolati o meno vale fino all'effettuazione della vendita, dopo la quale (allorquando il bene è trasformato in denaro) la dicotomia si perde. È, infatti, da tener presente – da un lato – che la fase distributiva avviene ex officio, senza necessità di un impulso di parte e – dall'altro – che l'art. 629 c.p.c., in materia di rinuncia agli atti del processo esecutivo, prevede che se la rinuncia è effettuata prima della chiusura della fase liquidativa, è necessario il consenso di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, se essa, invece, ha luogo dopo la vendita, deve provenire da tutti i creditori che sono intervenuti. In altri termini, il processo di espropriazione forzata fino alla trasformazione del bene pignorato in denaro è dominato dal potere dei soli creditori titolari, che possono darvi impulso; successivamente i creditori hanno eguale diritto a soddisfarsi sul ricavato della vendita, salvo cause di prelazione, e sono tutti chiamati a concorrere alla rinuncia. I creditori partecipano alla distribuzione del ricavato secondo l'ordine stabilito dalla norma in esame e dagli artt. 565 e 566 c.p.c., di talché vengono prioritariamente soddisfatti i creditori titolari di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri qualunque sia il momento del loro intervento. Si è discusso della sorte della posizione dei creditori intervenuti nel caso di caducazione della procedura. L'opinione tradizionale era orientata nel senso che l'eventuale nullità del pignoramento si ripercuotesse sulla posizione dei creditori intervenuti anche se muniti di titolo esecutivo, atteso che l'intervento ha come presupposto logico e giuridico che sia stato validamente compiuto il pignoramento senza possibilità alcuna di divenire il fondamento di u autonomo processo esecutivo (Travi, 1962). La dottrina più recente sostiene, invece, che sia necessario distinguere le ragioni che hanno determinato l'improseguibilità del processo esecutivo e, dunque, se questa è dipesa dall'invalidità originaria dell'atto allora la caducazione dell'atto di pignoramento potrebbe travolgere anche gli atti di intervento. Se, viceversa, è dipesa da eventi sopravvenuti, concernenti l'efficacia e l'esistenza del titolo esecutivo in forza del quale il processo esecutivo è stato avviato, allora i creditori muniti di titolo esecutivo potranno sulla base del pignoramento validamente compiuto proseguire l'esecuzione in forza del potere di impulso di cui all'art. 500 c.p.c. (Capponi, 2009). Contra, si segnala Metafora, 2009 secondo cui la facoltà di compiere i singoli atti dell'esecuzione va intesa unicamente nel senso che il creditore titolato può sopperire all'eventuale inerzia del creditore procedente e compiere gli atti necessari al fine di evitare l'estinzione del processo esecutivo in corso, ma non può essere intesa nel senso che i creditori titolati non sono travolti dalla caducazione del titolo originario. Vi è chi ha osservato che la riforma del 2005-2006 ha valorizzato al massimo il possesso del titolo esecutivo, così da mutare il ruolo del creditore intervenuto titolato, che esercita «sin dall'atto d'intervento ... la propria azione esecutiva, fa valere il suo diritto di procedere all'esecuzione forzata, impegna e mette in gioco il proprio titolo» e venendo ad annullarsi del tutto la differenza tra la posizione del creditore intervenuto munito di titolo e quella del pignorante successivo, in quanto al pari del creditore pignorante chi spiega intervento basa la sua domanda sul titolo esecutivo, e allo stesso modo del procedente, il possesso del titolo esecutivo espone l'interveniente al rischio dell'esperimento dell'opposizione all'esecuzione da parte del debitore esecutato (Romano, Espropriazione forzata e contestazione del credito, cit). In giurisprudenza si segnala un primo orientamento che riconosceva rilevanza oggettiva all'impulso del creditore procedente e agli atti che fossero stati posti in essere nel corso della procedura esecutiva, cosicché se il processo esecutivo è improntato alla par condicio creditorum, non vi sarebbe ragione di ritenere che l'inefficacia del titolo del creditore procedente possa travolgere l'intera procedura esecutiva, qualora sussistano altri creditori muniti di titolo esecutivo efficace, considerato il disposto dell'art. 500 c.p.c. (così Cass. n. 427/1978). Nel tempo, questo orientamento è stato superato da quello secondo il quale il venir meno del titolo esecutivo originario travolge ex tunc tutti gli atti esecutivi posti in essere, tra cui lo stesso pignoramento con la conseguenza che il processo esecutivo non può legittimamente procedere, nonostante l'istanza di altri creditori titolati, salva l'ipotesi di un pignoramento successivo (ex pluris Cass. n. 3531/2009). A dirimere il contrasto sono intervenute le S.U., che con la sentenza Cass. n. 61/2014, aderendo all'orientamento giurisprudenziale più risalente, attraverso un'interpretazione sistematica degli artt. 493,500 e 629 c.p.c., 2913 c.c. hanno stabilito che nel processo esecutivo le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente non possono ostacolare la prosecuzione dell'esecuzione sull'impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. In particolare, le S.U., partendo dal presupposto che la procedura sia stata avviata da un pignoramento «originariamente valido», hanno affermato il principio di oggettivizzazionedegli atti dell'esecuzione forzata, cosicché, se dopo l'intervento di un creditore titolato sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l'illegittimità dell'azione esecutiva esercitata dal pignorante, il pignoramento (si ribadisce, se originariamente valido) non è caduto, ma resta quale primo atto dell'iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che prima ne era partecipe accanto al creditore pignorante. In altri termini, si vuole che «una volta iniziato il processo in base ad un titolo esecutivo esistente all'epoca, il processo stesso può legittimamente proseguire, a prescindere dalle sorti del titolo originario, se vi siano intervenuti creditori a loro volta muniti di valido titolo esecutivo. Dell'atto iniziale del processo (il pignoramento) si avvarranno, peraltro, non solo il creditore intervenuto in forza di valido titolo esecutivo, ma anche gli altri creditori, pur se intervenuti successivamente alla sopravvenuta illegittimità dell'azione esecutiva esercitata dal creditore pignorante». Tale principio si riferisce all'ipotesi di sopravvenuta invalidità del titolo esecutivo derivata dalla sua caducazione, che va distinta dal caso di invalidità originaria del pignoramento, sia per difetto originario del titolo esecutivo sia per vizi intrinseci all'atto per mancanza dei presupposti processuali dell'azione esecutiva. In altri termini, il principio di oggettivizzazione presuppone, per la sua applicazione, la validità dell'attività prodromica (esistenza di un valido titolo esecutivo, valida previa notificazione di titolo e precetto) secondo la regola del tempus regit actum (in questo senso, Capponi, Equivocate questioni in tema di azione espropriativa e intervento dei creditori in relazione alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo giudiziale (il tradimento dell'oggettivizzazione) in Judicium.it). Il principio è stato ribadito da ultimo dalla Cass. n. 23654/2023, secondo cui il creditore intervenuto munito di titolo si trova in una situazione paritetica rispetto al creditore procedente, in quanto entrambi sono legittimati all'azione esecutiva nascente dai rispettivi titoli e sono muniti del potere di provocare i singoli atti di impulso della procedura espropriativa. In tale ottica è stato espresso il seguente principio: «Gli atti di impulso del processo assumono rilevanza meramente oggettiva, con totale indifferenza, cioè, del creditore titolare da cui le stesse promanano, siccome tutte dirette a comporre un'unica sequenza che si dipana dal pignoramento per addivenire alla vendita del bene staggito ed alla distribuzione del ricavato. Le vicende (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) relative al titolo azionato dal creditore procedente, posto a base di un pignoramento in origine valido ed efficace, non travolgono la posizione dei creditori titolati e, cioè, non ostacolano la prosecuzione della procedura ad iniziativa dell'interventore munito di idoneo ed efficace titolo esecutivo, a prescindere dal compimento di un pignoramento successivo, a meno che l'intervento non sia stato effettuato dopo la pronuncia di caducazione del titolo procedente o dell'arresto della azione esecutiva». Sulle sorti del creditore pignorante «espulso» dal processo esecutivo da lui stesso avviato, si è espressa Cass. n. 4043/2021, che ha disposto che se il processo esecutivo procede su impulso del creditore intervenuto, il creditore pignorante «espulso», munitosi di titolo esecutivo, potrà certamente rientrarvi, depositando atto di intervento. In tal caso, però, dovrà accettare il processo esecutivo nello stato in cui si trova per effetto della iniziativa nel frattempo compiuta dagli altri creditori senza alcuna possibilità – non prevista dalla legge – di ancorare gli effetti del proprio intervento a quelli del pignoramento da cui è scaturita la procedura. Sulle criticità della sentenza Cass. n. 4043/2021 richiamata, Capponi, Equivocate questioni in tema di azione espropriativa e intervento dei creditori in relazione alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo giudiziale (il tradimento dell'oggettivizzazione) cit. 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Montesano, Arieta, 2007; Barreca, L'intervento dei creditori e il piano di riparto nelle procedure esecutiva immobiliari riformate, in ES, 2007; Capponi, Difetto sopravvenuto del titolo esecutivo e intervento esecutivo e sull'aggiudicazione, in REF 2009; Capponi, Equivocate questioni in tema di azione espropriativa e intervento dei creditori in relazione alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo giudiziale (il tradimento dell'oggettivizzazione), in Judicium.it, 7 maggio 2021; Carnicini, Intervento dei creditori nell'esecuzione forzata, in EG, XVII, 1989; Crivelli, Questioni controverse in tema di conversione del pignoramento (in collaborazione con Principale) nella Riv. esecuz. forzata, 2/2018; De Santis, L'intervento dei creditori, 2022; Luiso, Diritto processuale civile, III, 2007; Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, III, 1998; Metafora, Gli effetti della revoca del titolo esecutivo sui creditori muniti di titolo e sull'aggiudicazione, in Riv. esecuz. forzata, 2009; Montesano, Conversione del pignoramento e distribuzione del ricavato in Riv. dir. proc. 1965; Montesano, Arieta, Diritto processuale civile, III, 1999; Redenti, Diritto civile processuale, III, 1957; Romano, Espropriazione forzata e contestazione del credito, 2008; Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, 1966; Scardaccione, La conversione del pignoramento e l'intervento dei creditori nell'espropriazione, in Riv. dir. civ., 1960; Tarzia, La conversione del pignoramento con versamento rateale, in Riv. dir. proc., 1976; Travi, Intervento dei creditori nell'esecuzione, in NN.D.I., VIII, 1962; Verde, Conversione del pignoramento e intervento successivo dei creditori, in Riv. dir. proc., 1963. |