Codice di Procedura Civile art. 676 - Custodia nel caso di sequestro giudiziario.Custodia nel caso di sequestro giudiziario. [I]. Nel disporre il sequestro giudiziario [670], il giudice nomina il custode [65 1], stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti. [II]. Il giudice può nominare custode quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà cauzione [119; 86 att.]. [III]. Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti negli articoli 521, 522 e 560 [334 1-2, 335 c.p.]. InquadramentoLa disposizione in commento stabilisce che, nel disporre il sequestro, il giudice nomina un custode, che può essere individuato in un soggetto terzo ovvero scelto tra le parti coinvolte nel medesimo procedimento cautelare. Lo scopo del legislatore è stato quello di dare al giudice uno strumento che consenta di evitare che il bene sequestrato resti nella materiale disponibilità del soggetto che lo detiene, restando esposto dal rischio di sottrazione e di deterioramento. La scelta del custode è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice. Per effetto della nomina sorge in capo al custode il dovere di diritto pubblico di amministrare il bene oggetto del sequestro a prescindere dal fatto che esso sia un soggetto terzo ovvero una delle parti in causa. In questo caso, infatti, la parte, nominata custode, non eserciterebbe più i poteri privatistici corrispondenti ad una situazione sostanziale. Il custode va qualificato come ausiliario del giudice nell'ambito di un munus pubblicum e risponde direttamente degli atti compiuti in siffatta veste, quand'anche in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell'art. 676 c.p.c. A lui spetta la rappresentanza di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi ed è legittimato ad agire e a resistere nei soli giudizi concernenti l'amministrazione di tali beni o la conservazione in relazione ai rapporti da lui posti in essere o che attengono a circostanze verificatesi in pendenza della custodia cautelare. Così in giurisprudenza, si segnala Cass. n. 8483/2013; Cass. n. 11377/2011; Cass. n. 22860/2007, Cass. n. 10252/2002; Cass. n. 2429/1988; Cass. n. 6115/1984. Contra, nel senso che il custode sequestratario giudiziario non è un ausiliario del giudice, bensì un depositario o un gestore di affari altrui o un custode per conto di chi spetta, la giurisprudenza di legittimità meno recente, Cass. n. 1891/1996; Cass. n. 101/1961. Il custode opera sotto la direzione e il controllo del giudice e, previa autorizzazione di quest'ultimo, può concedere in locazione l'immobile sottoposto a sequestro (come si rinviene dal richiamo all'art. 560 c.p.c. operato dall'art. 676 c.p.c.). Il potere del giudice di autorizzare il custode di un bene sottoposto a sequestro alla locazione del medesimo è assolutamente discrezionale (Cass. n. 15373/2000; conf. Cass. n. 7086/2005). Il contratto di locazione sottoscritto dal custode di un immobile oggetto della misura in esame, senza l'autorizzazione del giudice, non è viziato da nullità assoluta per violazione dell'art. 560 c.p.c. bensì da inefficacia relativa (ed inopponibilità del negozio), essendo la misura cautelare finalizzata alla protezione degli interessi del sequestrante, con la conseguenza che il vizio può essere fatto valere solo da chi ha provocato il provvedimento cautelare e, successivamente, dall'assegnatario del bene (Cass. n. 8462/1994). La legittimazione ad causam del custode cessa laddove venga per qualsiasi ragione meno la sua investitura del custode, ferme restando le conseguenze che sulla sua personale legittimazione scaturiscono da sue violazioni, colpose o dolose, dei doveri inerenti alla custodia, idonee ad impegnarlo personalmente verso i terzi (cfr. Cass. n. 8146/1997; Cass. n. 7354/1991). Nel momento in cui il giudizio si conclude, il custode deve restituire i beni alla parte vittoriosa. Il compenso è liquidato dal giudice con decreto. A norma del combinato disposto dagli art. 521 e 522 c.p.c. – applicabili anche in tema di sequestro giudiziario, atteso il richiamo operato dall'art. 676 c.p.c. – si esclude il diritto al compenso in tutti i casi in cui sia nominata custode una delle parti in lite (cfr. Cass. n. 4870/1997); mentre se il custode è un terzo, il compenso è posto a carico della parte soccombente (Cass. n. 2429/1988). Il provvedimento con cui il giudice nomina il custode non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto si tratta di un provvedimento privo del requisito della decisorietà, che non incide sui diritti soggettivi, con efficacia di giudicato e che esplica i suoi effetti solo sul piano processuale (in questo senso, Cass. n. 6812/1996). Del pari, non è impugnabile l'ordinanza con il quale il giudice rigetta l'istanza di sostituzione del custode (così, Cass. n. 2417/1990). Come tutte le ordinanze, il provvedimento di nomina può essere revocato o modificato in ogni momento. |