Codice di Procedura Civile art. 546 - Obblighi del terzo.

Maria Ludovica Russo

Obblighi del terzo.

[I]. Dal giorno in cui gli e' notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo e' soggetto agli obblighi che la legge impone al custode relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato di 1.000,00 euro per i crediti fino a 1.100,00 euro, di 1.600,00 euro per i crediti da 1.100,01 euro fino a 3.200,00 euro e della meta' per i crediti superiori a 3.200,00 euro. Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell'assegno sociale; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall'articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge 1.

[II]. Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell'articolo 496 ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell'esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre venti giorni dall'istanza2 (2).

 

[1] Il primo periodo è stato sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. a), d.l. 2 marzo 2024, n. 19, conv., con modif., in l. 29 aprile 2024, n. 56. Il testo del periodo era il seguente: «Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode». Il comma 5 dell'art. 25, d.l. n. 19, cit. prevede che se, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono decorsi almeno otto anni dalla notifica al terzo del pignoramento ed e' stata pronunciata ordinanza di assegnazione, quest'ultima perde efficacia se non e' notificata nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e il terzo e' liberato dagli obblighi previsti dall'articolo 546 del codice di procedura civile. Precedentemente l'art. 13, d.l. 27 giugno 2015 n. 83 conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, aveva inserito il periodo finale e  le parole « e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà » erano state inserite, in sede di conversione, dall'art. 23 lett. e) n. 18.1 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476.

[2] Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 18.2 d.l. n. 35, cit., con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476.

Inquadramento

Con la novella del 2006 (d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005) era stato già quantificato il limite di indisponibilità imposto con il pignoramento presso terzi, risolvendo i dubbi precedenti relativi a sé il vincolo imposto con il pignoramento riguardasse l'intero debito del terzo verso esecutato ovvero solo una parte di esso, parametrato al credito vantato dal creditore.

In proposito, parte della dottrina (Satta, 187), anche per un principio di economia processuale, riteneva che il vincolo si potesse estendere a tutta la somma dovuta dal terzo al debitore, senza che assumesse rilievo la misura del credito del pignorante rispetto all'esecutato, facendo leva anche sulla dizione dell'art. 543 c.p.c., richiedente l'indicazione «almeno» generica» (quindi non specifica) delle cose o delle somme dovute dal terzo. Secondo altro orientamento (Tarzia, 316; Acone, 57), invece, la misura del vincolo pignoratizio era da riportarsi alla domanda esecutiva, ossia alla misura del credito inserita nell'atto di precetto.

Prima della novella, era comunque prevalente l'orientamento, con riguardo all'assetto normativo antecedente, per il quale nell'espropriazione presso terzi di somme di denaro o di prestazioni continuative di somme di denaro, oggetto del pignoramento è la somma, unitaria o frazionata nel tempo, di cui il terzo è debitore (nei confronti del creditore procedente e di quelli intervenuti), non la quota di essa pari al credito per il quale il creditore ha agito in via esecutiva, con la conseguenza che il terzo presso cui è avvenuto il pignoramento di somme di danaro è obbligato a vincolare l'intero suo debito nei confronti del debitore esecutato e non soltanto l'importo indicato dall'esecutante ai sensi dell'art. 543, comma 2, (Cass. n. 1688/2009; Cass. n. 26850/2006, ove si precisa che l'intervento di altri creditori, ai sensi dell'art. 551 c.p.c., che rinvia agli artt. 525 c.p.c. ss., incontra nella distribuzione l'unico limite delle somme dovute dal terzo, ma non anche l'ulteriore limite del credito per il quale ha agito in executivis il creditore pignorante e che tale principio trova applicazione anche a favore del creditore pignorante intervenuto; Cass. 4 gennaio 2000, n. 16, in Riv. esec. forzata, 2000, 640, con nota di Storto; Cass. n. 4584/1995, in Foro it., 1996, I, 3770, con nota di Acone).

Secondo la formulazione della norma citata introdotta nel 2005, il vincolo di indisponibilità imposto dalla notificazione dell'atto di pignoramento presso terzi si estendeva all'importo precettato aumentato della metà. Ciò significa che eravamo già lontani dalla soluzione della giurisprudenza e di quella parte della dottrina che estendeva l'oggetto dell'espropriazione di cui all'art. 543 c.p.c. all'intero credito del debitore; il legislatore però non ha sposato in pieno neanche la tesi di quanti pretendevano di ancorare l'oggetto dell'espropriazione al contenuto della domanda esecutiva.

È stato chiarito che la norma in esame, come modificata dalla l. n. 80/2005, è entrata in vigore il 1° marzo 2006, secondo la disciplina transitoria prevista dall'art. 39-quater d.l. n. 273/2005, conv., con modif., nella l. n. 51/2006, e si applicava anche alle procedure esecutive pendenti a tale data, sicché la nuova formulazione dell'art. 546, comma 1, non era applicabile ove la procedura esecutiva si sia conclusa con provvedimento di assegnazione anteriore al 1 marzo 2006, essendo, appunto, l'ordinanza di assegnazione l'atto che conclude il procedimento dell'espropriazione presso terzi, senza che assume rilevanza che tale atto sia stato oggetto di opposizione agli atti esecutivi, poiché il ricorso ex art. 617 c.p.c. introduce un giudizio di cognizione e non ha l'effetto di protrarre la «pendenza» della procedura esecutiva, venuta comunque meno con la pronuncia del provvedimento di assegnazione opposto (Cass. III, n. 17520/2011).

Più precisamente, l'art. 546 c.p.c. definisce preventivamente il contenuto della domanda esecutiva stabilendo che essa, indipendentemente dalle formule utilizzate dal creditore, dovesse ritenersi pari all'importo precettato aumentato della metà.

Tutti gli interpreti hanno, comunque, convenuto sul fatto che la modifica dell'art. 546 c.p.c. costituisce una scelta di compromesso che mirava a conciliare gli interessi dei creditori con quelli del debitore (che non subisce il blocco della sua intera posizione creditoria); la scelta di delimitare l'oggetto del pignoramento vale, infatti, ad evitare di pregiudicare il debitore con il blocco integrale dei suoi beni.

La Corte costituzionale, infatti, ha ritenuto infondata, in riferimento agli artt. 3,24,97 e 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 546, comma 1, come modificato in parte qua, evidenziando che il legislatore ha effettuato un bilanciamento tra gli interessi contrastanti, e meritevoli entrambi di tutela, del creditore procedente alla piena realizzazione della propria pretesa, e del debitore esecutato a non subire il blocco totale, e di regola per un tempo non breve, di somme ingenti, pure in presenza di un credito azionato di ammontare esiguo, identificando il punto di equilibrio nella previsione di un limite al vincolo esecutivo, costituito dall'importo del credito precettato, aumentato della metà, operando una scelta che non può definirsi incongrua e, tanto meno, manifestamente irragionevole o arbitraria, atteso che il creditore rimasto parzialmente insoddisfatto potrà promuovere un nuovo pignoramento presso terzi per la somma rimasta incapiente, senza subire alcuna menomazione del suo diritto alla tutela giurisdizionale (C. cost. n. 368/2010).

La norma in esame è stata modificata anche dal più recente d.l. n. 83/2015 (conv. in l. 132/2015), al solo fine, peraltro, di coordinarla con il nuovo comma 8 dell'art. 545 c.p.c. che prevede i limiti di pignorabilità degli stipendi, pensioni ed indennità analoghe accreditate sul conto corrente.

In sostanza, per gli importi che superino le quote pignorabili dei suddetti emolumenti – come stabiliti dai commi 7 ed 8 dell'art. 545 c.p.c. – vi è allo stato perfetta simmetria tra l'impossibilità di procedere ad assegnazione di tale somma e inesistenza dell'obbligo di custodia (e dunque di vincolo) da parte dei terzi pignorati. Con ciò eliminando la discrasia pratica tra le norme, che portava i soggetti terzi detentori, a non mettere nella disponibilità dei correntisti debitori, anche la parte degli emolumenti non pignorabili.

Gli stessi principi affermati risultano validi anche all'indomani della novella legislativa del 2024 (d.l. n. 19/2024) che ha però ridotto l'importo pignorabile, secondo diversi scaglioni parametrati in base al valore del credito azionato; nello specifico l'importo che il terzo può vincolare per lo specifico credito portato dal creditor creditoris, soggiace ai seguenti limiti: l'importo del credito precettato aumentato di 1.000,00 euro per i crediti fino a 1.100,00 euro, di 1.600,00 euro per i crediti da 1.100,01 euro fino a 3.200,00 euro e della metà per i crediti superiori a 3.200,00 euro.

Anche in questo caso, l'intenzione del legislatore è abbastanza chiara ed è improntata a ridurre l'importo vincolato in particolare per i crediti di valore più consistente, per non bloccare i conti dell'esecutato, specialmente ove (come di regola) le somme depositate sugli stessi servano allo svolgimento di ulteriori attività (come per le società, enti pubblici economici e non) Sul versante opposto, la novella vuole evitare l'incapienza in sede di assegnazione quando il credito precettato risulti di importo modesto e l'accantonamento effettuato sia assorbito dalle elevate spese di procedura.

Il limite dell'importo precettato

Gli obblighi di custodia del terzo sono operanti nei limiti dei seguenti importi: a) dell'importo precettato aumentato della metà, per i pignoramenti, notificati – in particolare al terzo – prima della data del 2 marzo 2024 e dunque in corso a quella data; b) nei limiti degli aumenti previsti dal nuovo comma 1 per i pignoramenti notificati al terzo dal 2 marzo 2024.

Il decreto legge – e così la legge di conversione n. 56/2024 – non contiene una normativa specifica transitoria in relazione all'applicazione temporali degli istituti compresi nel decreto; pertanto, in applicazione del principio del tempus regit actum e del tenore normativo che lega gli obblighi del terzo alla notifica del pignoramento a lui pervenuta, è tale momento che può definirsi come spartiacque tra le versioni normative applicabili.

Chiarito ciò, occorre stabilire quale sia il comportamento che il terzo deve tenere se egli sia debitore dell'esecutato per un importo superiore a quello cui si estende l'oggetto del pignoramento.

Dalla dizione normativa utilizzata, sembra doversi ritenere che il terzo non possa accantonare somme di importo superiore all'importo precettato aumentato nelle misure previste dalla legge e sia, conseguentemente, obbligato a rendere dichiarazione positiva solo nei limiti indicati.

Anche ove il terzo dovesse dichiararsi debitore di una somma superiore al limite stabilito dall'art. 546 c.p.c., il giudice dell'esecuzione non potrebbe assegnare importi che eccedano l'importo precettato aumentato della metà, atteso che il pignoramento dell'eccedenza dovrebbe ritenersi inefficace (cfr. Cass. 11 giugno 2019, n. 15595).

Qualora il terzo adempia la prestazione a favore del debitore dopo il pignoramento sarà costretto a pagare una seconda volta in ossequio all'ordinanza di assegnazione nei soli limiti del precettato aumentato della metà (o degli importi previsti dalla novella legislativa); nel caso in cui rifiuti di pagare al debitore somme che superino l'importo per il quale è operante il vincolo pignoratizio sarà responsabile nei confronti del suo creditore per l'inadempimento.

Il pericolo che la somma vincolata dal terzo nella misura dell'importo precettato aumentato come per legge non sia sufficiente a garantire la soddisfazione di tutti i creditori intervenuti può essere superato ricorrendo al meccanismo dell'estensione del pignoramento prima previsto dall'art. 527 c.p.c. ed oggi trasformato in rimedio di carattere generale dall'art. 499 c.p.c.

La generalizzazione del rimedio di cui all'art. 499 c.p.c. costituisce, invero, la ragionevole e coerente conseguenza della scelta legislativa di delimitare la misura del vincolo pignoratizio.

Muovendo da questa premessa, giova, però, rilevare che probabilmente restano sprovvisti di tutela solo i casi in cui la via dell'estensione non può essere utilmente praticata dal creditore procedente a causa del fatto che i creditori intervenuti siano privilegiati., poiché l'estensione presuppone che i crediti degli intervenuti abbiano natura chirografaria (Soldi).

La Suprema Corte, sul punto, ha recentemente chiarito che «il limite dell'importo del credito precettato aumentato della metà, previsto dall'art. 546, comma 1, c.p.c., individua anche l'oggetto del processo esecutivo, con la conseguenza che, in mancanza di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, pur se del medesimo procedente, non consente il superamento del detto limite e, quindi, l'assegnazione di crediti in misura superiore» (Cass. n. 15595/2019, conf. Cass. n. 9054/2000). E questo vale anche nell'ipotesi di intervento dello stesso creditore procedente nel processo esecutivo, in base a nuovi titoli; per cui anche in pendenza del processo di accertamento dell'obbligo del terzo, l'oggetto di tale giudizio, circoscritto dalla misura del pignoramento, può essere modificato solo a condizione che il creditore abbia ritualmente esteso il pignoramento, notificando l'atto di intervento al debitore e al terzo, e che, nella sua qualità di attore nel predetto giudizio, abbia formulato rituale istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per modificare la domanda, sempre che ne ricorrano i presupposti (cfr. Cass. n. 1170/2021).

La riduzione del pignoramento

Il medesimo d.l. n. 80/2005 ha risolto in senso affermativo la questione, in precedenza controversa, relativa all'operatività dell'istituto della riduzione del pignoramento nell'espropriazione presso terzi.

Tale istituto è, perciò, assimilabile, come ratio, alla riduzione del pignoramento disciplinata dall'art. 496 c.p.c. e alla limitazione del cumulo dei mezzi di espropriazione disciplinata dall'art. 483 c.p.c.

È stato quindi previsto che sia possibile addivenire a detta riduzione – oggi facilitata dalle nuove regole in tema di competenza per territorio (v. artt. 26 e 26-bis c.p.c.) – quando si determina un eccesso nel pignoramento derivante dai pignoramenti eseguiti presso più terzi, con possibilità anche di declaratoria di inefficacia, con ordinanza, di taluni di essi.

Il principio immanente a tale disposizione, come chiarito dalla dottrina, è quello secondo cui il limite dell'importo precettato più la metà deve essere tendenzialmente rispettato anche nel caso in cui il creditore abbia dato vita a plurimi pignoramenti (Acone, 251), quale limite massimo consentito di sopportazione del vincolo da parte del patrimonio di parte esecutata.

La notificazione di un unico atto di pignoramento nei confronti di più terzi pignorati, ovvero il cumulo di plurimi pignoramenti, ove realizzasse l'effetto di vincolare somme eccedenti nel loro complesso il parametro fissato dal legislatore, condurrebbe a vanificare il limite imposto dalla previsione dell'art. 546 comma 1 c.p.c.

Ma, posto che non è possibile prevedere per legge una riduzione della soglia dell'obbligo di custodia imposto a ciascun terzo pignorato da determinarsi avuto riguardo al numero dei terzi pignorati complessivamente raggiunti dall'intimazione di cui all'art. 543 c.p.c., sembra del tutto coerente che l'art. 546 c.p.c. abbia rimesso al debitore l'iniziativa di invocare un intervento giudiziale di correzione dell'abuso» del creditore.

Dunque, per ovviare all'abuso è possibile intervenire in una duplice direzione assecondando sul punto la scelta del debitore. Più precisamente, il debitore può chiedere: sia che la riduzione venga operata attraverso la diminuzione proporzionale dei singoli importi pignorati, sia mediante la declaratoria di inefficacia di alcuni tra i pignoramenti eseguiti.

Giova, però, precisare che, ove l'unico pignoramento (notificato a plurimi terzi), ovvero i diversi pignoramenti, siano stati compiuti ad istanza di un unico creditore e nel processo, nel frattempo instaurato non siano intervenuti altri creditori, occorre che la riduzione venga operata tenendo conto del fatto che, giusta la disposizione dettata dall'art. 546 comma 1 c.p.c., l'azione esecutiva non può essere estesa oltre il limite dell'importo precettato aumentato nei termini indicati dalla legge

Per contro, nel provvedere sulla richiesta di riduzione avanzata dal debitore, il giudice potrebbe ritenere legittimo il superamento del limite dell'azione esecutiva stabilito dalla legge qualora nell'espropriazione prezzo terzi si sia attuato un concorso tra plurimi creditori.

L'istanza di riduzione può essere presentata in ogni momento e, quindi, anche prima della scadenza del termine per depositare i ricorsi tempestivi di intervento dei creditori.

La valutazione del giudice, tuttavia, va adottata allo stato degli atti, tenendo conto di chi sia intervenuto al momento della decisione anche se non è da escludere che potrebbe essere opportuno tenere in considerazione il fatto che altri creditori potrebbero ancora intervenire tempestivamente nel processo; si tratta di valutazione, sia nell'an che nel quomodo, rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata (v. Cass. n. 58/2023).

Giova, inoltre, tener presente che il giudice può valutare nel merito l'istanza di riduzione del debitore solo a condizione che i terzi abbiano reso la dichiarazione ovvero abbiano riconosciuto «implicitamente o tacitamente» l'esistenza del credito o il possesso delle cose mobili appartenenti al debitore ai sensi dell'art. 548 c.p.c. nel testo modificato dalla l. n. 228/2012, e, successivamente dal d.l. n. 132/2014, convertito dalla l. n. 162/2014.

Se non si conosce esattamente l'obbligo del terzo, è, infatti, difficile ipotizzare che il giudice possa ridurre o dichiarare l'inefficacia dei pignoramenti che non è in grado di stabilire se siano o meno capienti.

Va, però, segnalato che nel sistema attuale la decisione del giudice dovrebbe essere presa quando il contenuto della dichiarazione dei terzi pignorati è già noto. Ai sensi dell'art. 547 c.p.c., invero, il terzo, in tempi brevi dalla notificazione dell'intimazione, dovrebbe inviare al creditore pignorante una lettera raccomandata o un messaggio di posta elettronica certificata recante le sue indicazioni.

Il creditore convocato dal giudice per la decisione in merito alla riduzione o limitazione potrebbe prospettare che la dichiarazione di uno o più terzi pignorati ha contenuto negativo o solo parzialmente positivo.

Occorre, inoltre stabilire se l'art. 546 comma 2 c.p.c. abbia un ambito applicativo esattamente coincidente a quello degli artt. 496 e 483 c.p.c. tanto da potersi ritenere disposizione interamente sovrapponibile a quella dettata dalle disposizioni generali.

La questione ha fatto registrare opinioni contrastanti.

Secondo alcuni l'art. 546 comma 2 c.p.c. sarebbe applicabile solo nel caso di singole procedure esecutive pendenti dinanzi allo stesso giudice, sia perché derivanti da un unico pignoramento eseguito presso più terzi, sia perché conseguenti a diversi pignoramenti tutti incardinati dinanzi allo stesso giudice territorialmente competente e quindi riuniti. In questa ottica la norma sarebbe sovrapponibile alla sola previsione dell'art. 496 c.p.c. che, come anticipato, risolve le problematiche dell'abuso del mezzo espropriativo nell'ambito del singolo procedimento (Acone, 59).

Secondo altri l'art. 546 comma 2 c.p.c. sarebbe destinato a regolare, non solo gli abusi riscontrati nello svolgimento di un unico processo, ma anche quelli registrati per effetto della contemporanea pendenza di plurimi processi non riuniti perché promossi dinanzi a giudici territorialmente diversi (Balena, Bove, op. cit., 260 e Groppoli, op. cit., 251 ss.).

La seconda delle due prospettazioni appare quella preferibile atteso che non vi sono ragioni per escludere che l'art. 546 comma 2 c.p.c. sia applicabile ad ogni ipotesi di abuso nell'impiego dello strumento espropriativo (Soldi).

Muovendo da questa premessa è, dunque, ragionevole sostenere che l'art. 546 comma 2 c.p.c. abbia la funzione di rendere operative, nell'ambito dell'espropriazione presso terzi, le disposizioni dettate dagli artt. 483 e 496 c.p.c.

Sebbene sia difficile ipotizzare che l'art. 546 c.p.c. possa essere impiegato per ovviare all'abuso nell'utilizzo del mezzo espropriativo con riferimento a processi esecutivi instaurati a carico di uno stesso debitore dinanzi a giudici territorialmente diversi, l'art. 26-bis comma 2 – e dunque eccezione fatta per l'ipotesi in cui le espropriazioni siano promosse ai danni delle pubbliche amministrazioni – incardinando la competenza territoriale in base alla residenza del debitore esecutato, ha determinato l'inevitabile concentrazione dinnanzi ad uno stesso ufficio di tutti i pignoramenti presso terzi, eventualmente eseguiti nei confronti di uno stesso debitore.

Bibliografia

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