Regolamento - 21/04/2004 - n. 805 art. 4 - DefinizioniDefinizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1. «decisione giudiziaria»: a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, ordinanza, sentenza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere; 2. «credito»: un credito relativo al pagamento di uno specifico importo di denaro esigibile o la cui data di esigibilità è indicata nella decisione giudiziaria, nella transazione o nell'atto pubblico; 3. «atto pubblico»: a) qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità: i) riguardi la firma e il contenuto, e ii) sia stata attestata da un'autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato membro di origine, o b) qualsiasi convenzione in materia di obbligazioni alimentari conclusa davanti alle autorità amministrative o da queste autenticata; 4. «Stato membro d'origine»: lo Stato membro in cui la decisione giudiziaria è stata resa, la transazione giudiziaria è stata approvata o conclusa, l'atto pubblico è stato redatto o registrato, e tali atti sono stati certificati come titolo esecutivo europeo; 5. «Stato membro dell'esecuzione»: lo Stato membro in cui viene chiesta l'esecuzione della decisione giudiziaria, della transazione giudiziaria o dell'atto pubblico certificati come titolo esecutivo europeo; 6. «giudice d'origine»: il giudice o organo giurisdizionale incaricato del procedimento nel momento in cui ricorrono le condizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c); 7. in Svezia, nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento (betalningsföreläggande), il termine «giudice» comprende l'autorità pubblica svedese per l'esecuzione forzata (kronofogdemyndighet). InquadramentoIl campo di applicazione del regolamento sul titolo esecutivo europeo non è individuato esclusivamente sulla base dell'art. 2 del regolamento. Sotto il profilo oggettivo ulteriori, fondamentali precisazioni sono rese agli artt. 3 e 4 del regolamento. L'art. 3, in particolare, oltre ad individuare gli atti suscettibili di essere certificati come titoli esecutivi europei, elenca anche i casi in presenza dei quali è possibile ravvisare la nozione autonoma di credito non contestato. Tratto caratteristico del regolamento (CE) n. 805/2004 è l'applicabilità dello stesso ai soli crediti non contestati. In questo senso si è osservato come tale regolamento disciplini una categoria di provvedimenti più limitata di quella cui ha riguardo il regolamento (CE) n. 44/2001 (oggi, regolamento UE n. 1215/2012). Il rapporto tra tali regolamenti è stato in dottrina ricostruito in termini di coincidenza, nel senso che tutti i titoli certificabili come titolo esecutivo europeo ricadono nel campo di applicazione del regolamento UE 1215/2012, mentre non è vero il contrario (Pozzi, 1098). Provvedimenti ed atti cui è applicabile il regolamentoRispetto al regolamento (CE) n. 44/2001 (oggi, regolamento UE n. 1215/2012) il regolamento (CE) n. 805/2004 offre minori indicazioni quanto ai provvedimenti ed agli atti suscettibili di certificazione (Carratta, 2). La lettura combinata degli artt. 3 e 4 consente di individuare quale decisione giudiziaria suscettibile di certificazione come titolo esecutivo europeo qualsiasi decisione che, nel rispetto delle materie individuate all'art. 2, sia stata emessa (a prescindere dalla denominazione utilizzata) da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio un decreto, un'ordinanza, una sentenza o un mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere. In linea generale, quindi, la decisione deve coincidere con un provvedimento autoritativo di matrice giudiziaria, mediante il quale è (in via conclusiva o interinale) definita una controversia (Farina, 91). La matrice giudiziaria preclude la possibilità di considerare decisione ai fini del regolamento in esame i provvedimenti adottati da autorità che non esercitino funzioni giurisdizionali. In questo senso è opportuna la previsione dell'art. 4.7 secondo la quale, limitatamente alla Svezia, quanto ai procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento, deve considerarsi giudice anche l'autorità pubblica svedese per l'esecuzione forzata. L'ampia nozione di decisione accolta ha indotto la dottrina a ritenere suscettibili di certificazione ai sensi del regolamento n. 805/2004 non solo le sentenze di merito, ma, anche, quei provvedimenti che, secondo la disciplina dello Stato d'origine, sono assimilabili alle sentenze. È il caso, quanto all'ordinamento italiano, delle ordinanze anticipatorie di condanna adottate ai sensi degli artt. 186-bis, ter e quater c.p.c. o dell'art. 423 c.p.c. o del decreto ingiuntivo (Carratta, 2). La provvisorietà e revocabilità dei provvedimenti sommari non può, infatti, secondo la dottrina, ostacolare la certificazione. Tanto si ricava, in particolare, dall'art. 6.1, lett. a) del regolamento e dalla previsione della semplice esecutività (non occorrendo, invece, la definitività) della decisione nello Stato d'origine (Farina, 91 ss.; Carratta, 2). Il riferimento alla mera esecutività comporta il rinvio formale ai singoli ordinamenti d'origine del titolo, con possibili profili di discriminazione tra i cittadini europei in conseguenza della limitata armonizzazione dei titoli giudiziari negli Stati membri. Tuttavia, si è osservato (Seatzu, 3) che una diversa soluzione avrebbe prodotto l'»altrimenti imbarazzante» risultato di consentire la certificazione come TEE (e, quindi, come produttivi nello spazio giudiziario europeo degli effetti esecutivi stabiliti dall'ordinamento d'origine) di decisioni giudiziarie prive di effetti esecutivi interni. Analogamente, si ritengono suscettibili di certificazione in base al regolamento qui in esame il réferé-provision francese o belga ed il Mahnverfahren tedesco (Carratta, 2; De Cesari, 106), nonché il kort geding olandese (Farina, 94). Quanto al problematico caso del default judgment inglese, si vedano le interessanti osservazioni di Farina, 101 ss. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia si è invece esclusa la certificabilità come titolo esecutivo europeo di provvedimenti provvisori o cautelari pronunciati senza che la parte nei cui confronti sono adottati sia stata citata a comparire e destinati ad essere eseguiti senza esser stati preventivamente comunicati al destinatario (Carratta, 2). Ai sensi dell'art. 3.2 sono certificabili anche le decisioni adottate a seguito dell'impugnazione di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie o atti pubblici certificati come titoli esecutivi europei. La norma, nella parte in cui fa riferimento alle decisioni pronunciate all'esito di impugnazione di decisioni giudiziarie già certificate come TEE fa riferimento al caso in cui, nel passaggio dal primo al successivo grado, la decisione giudiziaria (già certificata) subisca modifiche contenutistiche tali da richiedere il rilascio di un certificato sostitutivo di quello precedentemente emesso (e conforme all'Allegato V al regolamento) sempre che la decisione resa all'esito dell'impugnazione sia – secondo l'ordinamento dello Stato d'origine – esecutiva (Carratta, 5). Tanto accadrebbe, ad esempio, nel caso in cui la decisione già certificata come TEE sia impugnata dal debitore e l'impugnazione sia parzialmente accolta. Ove tuttavia l'accoglimento dell'impugnazione comporti integrale annullamento della decisione di primo grado certificata non sarà possibile procedere alla sostituzione del certificato già rilasciato, dovendo invece provvedersi alla revoca del certificato (Carratta, 5-6). In generale, per un approfondito esame dell'art. 3.2 e per un tentativo di rendere tale disposizione coerente agli artt. 6.3 e 12.2. del regolamento che istituisce il TEE, v. Farina, 142 ss. La previsione dell'art. 3.2, nella parte in cui contempla la certificabilità delle decisioni pronunciate a seguito dell'impugnazione, necessariamente negoziale, di transazioni giudiziarie o atti pubblici certificati come TEE è stata ritenuta «problematica» poiché renderebbe plausibile un'interpretazione tesa a riconoscere efficacia di titolo esecutivo europeo alla sentenza con la quale è definito un giudizio di cognizione avente ad oggetto l'invalidità o la risoluzione del contratto di mutuo ricevuto da notaio e già certificato, purché portante una condanna pecuniaria. Il risultato di simili azioni, tuttavia, non potrebbe portare ad una sentenza di condanna relativa allo stesso credito precedentemente considerato come non contestato e, quindi, «sostitutiva» del precedente titolo esecutivo (Farina, 142). Infine, sono suscettibili di certificazione ai sensi del regolamento (CE) n. 805/2004 anche le transazioni e gli atti pubblici. Per l'esame della disciplina relativa a tali atti si rinvia alla trattazione degli artt. 24 e 25. Corte giustizia UE, 9 marzo 2017, C-484/15 , Ibrica Zulfikarpašić, ha escluso che in Croazia, i notai, nell'esercizio delle competenze loro attribuite dalla normativa nazionale nell'ambito dei procedimenti di esecuzione forzata sulla base di un «atto autentico», rientrino nella nozione di «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004. A tale conclusione la Corte è giunta premettendo che le nozioni di «giudice» e di «procedimento giudiziario» accolte dal regolamento devono essere oggetto di interpretazione autonoma ed uniforme e che l'obiettivo del regolamento di assicurare, per i crediti non contestati, la libera circolazione delle decisioni in tutti gli Stati membri senza che siano necessari, nello Stato membro dell'esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione deve essere perseguito senza indebolire, in qualsiasi modo, i diritti della difesa (considerando 10). Ancora, premesso che il regolamento trova fondamento nel principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri, la Corte ha ritenuto di dovere, alla luce del principio del legittimo affidamento, interpretare in senso restrittivo gli elementi che definiscono la nozione di «giudice» ai sensi del regolamento. Il rispetto del principio della fiducia reciproca nell'amministrazione della giustizia negli Stati membri dell'Unione sotteso all'applicazione di tale regolamento presuppone, infatti, in particolare, che le decisioni delle quali è richiesta l'esecuzione in uno Stato membro diverso da quello di origine siano state emesse nell'ambito di un procedimento giudiziario che offre garanzie di indipendenza e di imparzialità nonché il rispetto del principio del contraddittorio. Tale ultima garanzia, in particolare, non è assicurata quanto alla disciplina croata dell'espropriazione forzata la quale attribuisce al notaio (in difetto di contraddittorio) la competenza a decidere con mandato sulle domande di avvio di un procedimento esecutivo fondato su un atto autentico (pur prevedendo che, in caso di opposizione proposta dal debitore avverso il mandato, il notaio debba trasmettere il fascicolo al giudice competente). La nozione di credito non contestatoIl campo di applicazione ratione materiae del regolamento n. 805/2004 è ulteriormente delimitato alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie ed agli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati. Una simile limitazione si spiega con il fatto che proprio in relazione a tali crediti il legislatore comunitario ha ritenuto che, in sede di esecuzione in uno degli Stati membri, al debitore possa essere preclusa la possibilità di rimettere in discussione la fondatezza del credito con la conseguente abolizione dell'exequatur (Pozzi, 1110; Carratta, 4). Una simile scelta, pur comprensibile per esigenze pratiche, ha tuttavia indotto una parte della dottrina a ravvisare un esito paradossale; la circolazione semplificata, infatti, è assicurata a quelle sole decisioni giudiziarie che si fondano su una (apparente) regolare provocazione a contraddire che (per ragioni disparate) il debitore non abbia accolto e non, anche, a provvedimenti «contenziosi» pronunciati nella pienezza del contraddittorio (Pozzi, 1110). La delimitazione della nozione di credito non contestato ha peraltro sollevato difficoltà sin dalla fase di negoziato del regolamento, attese le differenze esistenti nei diversi Stati membri quanto alla non contestazione (De Cesari, 104). Non a caso, ferme le generiche definizioni offerte all'art. 3 (sulle quali ci si soffermerà a breve), l'esatta individuazione tanto dei comportamenti che possono integrare la non contestazione del credito, quanto delle modalità mediante le quali deve essere accertata la mancata contestazione del debitore è dal regolamento rimessa alle (differenziate) legislazioni dei singoli Stati membri d'origine (Carratta 4; Seatzu, 4). Proprio l'individuazione del significato di «credito non contestato» è stata ritenuta il «vero snodo problematico» concernente l'esatta individuazione delle decisioni certificabili come titolo esecutivo europeo (Farina, 107). Di seguito si esamineranno, partitamente, i diversi casi di non contestazione. Il credito non contestato ai sensi dell'art. 3.1, lett. a ).La prima ipotesi di credito non contestato contemplata dal regolamento (CE) n. 805/2004 è quella del credito espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario. Si tratta di casi in cui il debitore ha svolto un ruolo attivo nel procedimento giudiziale (De Cesari, 105; Consalvi, 655). Per la verità, la formulazione della norma nella versione italiana (ma anche in quella inglese e francese) potrebbe indurre a ritenere che la necessità di un espresso riconoscimento nel corso di un procedimento giudiziario sia imposta solo con riferimento alle transazioni giudiziarie. In questa prospettiva, pertanto, sarebbe certificabile come TEE ai sensi dell'art. 3.1 lett. a) anche una dichiarazione resa al di fuori del processo (poiché la «dichiarazione» non risulta direttamente collegata al «procedimento giudiziario»). In senso contrario si è tuttavia osservato come, tanto ragioni di coerenza, quanto la versione tedesca del regolamento, impongano di ritenere operante il riferimento al «procedimento giudiziario» anche per la «dichiarazione» integrante il riconoscimento (Farina, 108 ss.). La valorizzazione della ratio della norma ha indotto a ritenere riconducibili all'ipotesi qui in esame i soli casi in cui dalla dichiarazione del debitore derivi un accertamento del debito definitivo ed insuscettibile di prova contraria (Consalvi, 655). Conseguentemente, quanto all'ordinamento italiano, verrebbero in rilievo i soli casi di confessione giudiziale spontanea o provocata mediante interrogatorio formale e (per effetto di interpretazione analogica fondata sull'equivalente efficacia probatoria) i casi di confessione stragiudiziale resa alla parte o a chi la rappresenta (art. 2735 c.c.). Dovrebbero invece ritenersi non riconducibili all'art. 3.1, lett. a) le ipotesi di confessione resa solo da alcuni litisconsorti necessari (art. 2733, comma 2, c.c.), di dichiarazioni contestate aggiunte alla confessione (art. 2734 c.c.), di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo o contenuta in un testamento (art. 2735, comma 1, c.c.); in questi casi, infatti, lungi dal consentire un accertamento definitivo ed insuscettibile di prova contraria, le dichiarazioni sarebbero solo elementi di prova liberamente apprezzabili dal giudice. Ancora, non sarebbero rilevanti ai fini della norma qui esaminata la ricognizione del debito e la promessa di pagamento (art. 1988 c.c.) che producono solo un'inversione dell'onere della prova quanto ai fatti costitutivi del diritto (Consalvi, 655). In senso più restrittivo si è osservato che, ai fini dell'art. 3.1, lett. a), non è sufficiente la mera confessione giudiziale, spontanea o provocata, relativa a taluni o anche a tutti i fatti costituitivi della domanda (poiché in tal caso, comunque, non necessariamente vi sarebbe il riconoscimento della fondatezza della domanda), occorrendo invece che il convenuto abbia concluso per l'accoglimento nel merito della domanda attorea (Farina, 111 ss., cui si rinvia anche per l'esame della non ostatività alla tesi propugnata della possibilità, per il giudice italiano, di non accogliere la domanda anche in caso di richiesta del convenuto di accoglimento della domanda proposta dalla controparte). Quanto agli ordinamenti stranieri, si sono ritenute certificabili ai sensi dell'art. 3.1 lett. a) la sentenza francese pronunciata in caso di acquiescement à la demande ai sensi dell'art. 408 NCPC e le sentenze tedesche e austriache pronunciate in seguito a riconoscimento della pretesa ai sensi del par. 307 ZPO tedesco e par. 395 ZPO austriaco (Farina, 109, Carratta, 4). Secondo Trib. Milano dec., 7 maggio 2020, in Riv. dir. int. priv. proc., 2020, 4, 920 ss., non ricorre l'ipotesi di non contestazione contemplata all'art. 3, lett.a) del regolamento (CE) n. 805/2004, nel caso di dichiarazione di espresso riconoscimento resa dal debitore al di fuori di un procedimento giudiziario. Se la lettera del testo italiano del regolamento potrebbe, in astratto, consentire una interpretazione tale da richiedere che la sola transazione sia approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario (sì che l'espresso riconoscimento cui fa riferimento la parte iniziale della lett. a) potrebbe essere contenuto in una dichiarazione resa al di fuori di un vaglio giudiziale), una simile conclusione non è sostenibile per esigenze di coerenza interna della disposizione citata. Diversamente ragionando, infatti, si finirebbe con l'equiparare ai fini della non contestazione sub lett. a) situazioni tra loro profondamente diverse (la prima sottratta ad un controllo giudiziale a differenza delle ultime due), con una conclusione potenzialmente in contrasto con la nozione di non contestazione accolta al considerando 5 del regolamento (il quale nel richiamare tutte le situazioni in cui vi sia una «assenza accertata di contestazione», parrebbe far riferimento al caso in cui l'assenza di contestazione sia stata accertata una volta instaurato un procedimento a contraddittorio pieno o una volta decorso il termine per instaurare la fase – eventuale – di un procedimento a contraddittorio pieno). Nello stesso senso, del resto, come osservato in dottrina, depone anche il testo dell'art. 3, lett. a) del regolamento nella versione tedesca; testo che, in modo ben più esplicito di quanto risulta dalla versione italiana, consente di ricollegare il riferimento al «procedimento giudiziario» in corso (anche) alla dichiarazione di espresso riconoscimento del credito con la quale si apre l'art. 3.1, lett. a). Il credito non contestato ai sensi dell'art. 3.1, lett. b)L'art. 3.1, lett. b) fa riferimento alla non contestazione in senso stretto (Consalvi, 656) che ricorre allorquando il debitore, tenendo una condotta passiva, non abbia mai contestato il credito nel corso del procedimento giudiziario secondo le modalità previste dalla legislazione dello Stato membro di origine. In dottrina si è precisato come, nonostante la formula letterale adoperata dal testo normativo, non venga in rilievo la nozione nazionale di non contestazione. Piuttosto, ai fini del regolamento, la non contestazione verrebbe in rilievo quale riconoscimento tacito della domanda derivante da un'integrale inattività processuale del convenuto; inattività coinvolgente tutti gli aspetti della domanda sui quali, in astratto, il convenuto avrebbe potuto prender posizione (Farina, 117). Da più parti si è rilevata la portata tautologica della norma in esame (Farina, 116; Pozzi, 1100) la quale si limita in realtà a contemplare una clausola di rinvio alla lex fori (Pozzi, 1100). La rilevanza della contumacia quale ficta confessio o ficta contestatio dovrebbe pertanto essere apprezzata alla luce della legge dello Stato d'origine (si veda tuttavia la sentenza della Corte di giustizia nel procedimento Pebros Servizi - infra). Altrettanto è a dirsi quanto alla possibilità di ravvisare una non contestazione a fronte di un comportamento processuale inizialmente reattivo successivamente superato da una sopravvenuta inerzia particolarmente qualificata (Pozzi, 1100). Pur non essendovi una espressa previsione in tal senso, si è ritenuto che non possa farsi applicazione dell'art. 3.1 lett. b) in presenza di una mancata contestazione sul merito della domanda che sia tuttavia accompagnata dalla deduzione di questioni pregiudiziali idonee a precludere la pronuncia di condanna (Farina, 117 ss.; Pozzi, 1100). Quanto all'ordinamento italiano, è stata esclusa l'applicabilità dell'art. 3.1 lett. b) al caso di contumacia del convenuto nel rito ordinario di cognizione (Farina, 119 ss.). La contumacia, infatti, non comporta, in Italia, non contestazione dei fatti allegati dall'attore (il quale, quindi, dovrà pur sempre provare i fatti costitutivi della domanda). In definitiva, la contumacia non può integrare quella integrale mancata contestazione che costituisce l'unico contegno omissivo del convenuto idoneo a venire in rilievo ai fini della norma qui esaminata (Farina, 122). Sono invece suscettibili di certificazione quali crediti non contestati ai sensi dell'art. 3.1 lett. b) i decreti ingiuntivi dichiarati esecutivi in caso di mancata opposizione (Farina, 126; Pozzi, 1101; De Cesari, 105), o di opposizione tempestiva ma improcedibile per mancata o tardiva costituzione dell'opponente ai sensi dell'art. 647 c.p.c. (Pozzi, 1101) Nello stesso senso, quanto alla dichiarazione di esecutività ex art. 647 c.p.c. in conseguenza della mancata o ritardata costituzione dell'opponente, Farina, 127 il quale osserva come, alla luce della disciplina nazionale, l'onere di contestazione richiede, oltre alla notificazione dell'atto di opposizione, anche attività ulteriori, quali, appunto, l'iscrizione a ruolo della causa entro dieci giorni dalla notificazione della citazione ex art. 645 c.p.c. Ancora, l'art. 3.1 lett. b) troverà applicazione con riferimento all'ingiunzione pronunciata ai sensi dell'art. 186ter c.p.c. nei confronti della parte contumace che non si costituisca nel termine (Farina, 128; Pozzi, 1101; De Cesari, 106) ed al provvedimento reso nel procedimento in cui il debitore abbia omesso di presenziare all'udienza fissata per rendere il giuramento decisorio ai sensi dell'art. 239 c.p.c. (De Cesari, 106); il provvedimento reso in caso di omessa presentazione o rifiuto di rendere il giuramento decisorio è stato da altra dottrina ricondotto invece al caso di mancata contestazione di cui all'art. 3.1. lett. c) (Pozzi, 1101). Maggiormente controversa sarebbe invece la certificabilità del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo in conseguenza dell'estinzione del giudizio di opposizione ex art. 653 c.p.c. o, stante la reversibilità della non contestazione, dell'ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186-bis c.p.c. (Pozzi, 1101). Minori dubbi quanto alla certificabilità dell'ordinanza ex art. 186-bis c.p.c. esprimono Farina, 128 ss. e De Cesari, 106. L'autore da ultimo citato ritiene inoltre riconducibili all'art. 3.1 lett. b) i provvedimenti destinati ad acquistare efficacia esecutiva per effetto del mancato assolvimento, da parte del debitore, di un onere di tempestiva reazione giudiziale previsto dalla legge (Farina, 137 ss.). In questo senso verrebbe in rilievo, ad esempio, il decreto di pagamento dell'ausiliario del magistrato ai sensi dell'art. 168 d.P.R. n. 115/2002 (le perplessità – non decisive – dall'autore indicate in conseguenza della mancanza di un termine entro il quale proporre l'impugnazione devono peraltro ritenersi superate alla luce dell'orientamento di legittimità secondo il quale l'opposizione ai sensi dell'art. 170 d.P.R. n. 115/2002 deve essere proposta nel termine di trenta giorni – tra le altre, Cass. III, n. 21475/2016,). Alla medesima categoria sarebbe riconducibile anche il provvedimento adottato ai sensi dell'art. 391, comma 2 e 3, c.p.c. (nel caso in cui la Corte di cassazione dichiari l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia con decreto del presidente e non sia richiesta la fissazione dell'udienza, integrando tale inattività delle parti un comportamento assimilabile ad una non contestazione del credito al pagamento delle spese processuali). Quanto agli ordinamenti degli altri Stati membri, deve rilevarsi come l'art. 3.1 lett. b) venga in rilievo, ad esempio, per le decisioni contumaciali adottate in Germania (ove, ai sensi del par. 331 ZPO, la mancata costituzione del convenuto comporta ficta confessio dei fatti dall'attore posti a fondamento della propria domanda - Farina, 122), l'injonction de payer francese e belga ed il Mahnverfahren tedesco (De Cesari, 106). Secondo Corte giustizia UE, 27 giugno 2019, C-518/18, RD c. SC, il regolamento n. 805/2004 deve essere interpretato nel senso che, in caso di impossibilità per il giudice di determinare l'indirizzo della parte convenuta, esso non consente di certificare come titolo esecutivo europeo una decisione giudiziaria relativa a un credito pronunciata, a seguito di un'udienza alla quale non sono comparsi né la parte convenuta né il tutore nominato, secondo la legge ceca, ai soli fini del procedimento (e non, anche, in considerazione di un oggettivo impedimento a stare in giudizio personalmente, oppure nominato volontariamente dal debitore – in tali casi operando l'art. 15 del regolamento sul TEE). Del resto, l'impossibilità di certificare come titolo esecutivo europeo una sentenza contumaciale pronunciata nei confronti di un convenuto il cui indirizzo non è noto era già stata esclusa da Corte giustizia UE, 15 marzo 2012, C-292/10, G c. Cornelius de Visser. Con tale sentenza la Corte, pur osservando come, in astratto, la sentenza contumaciale sia annoverabile tra le decisioni giudiziarie relative ad un credito non contestato (art. 3.1 lett. b) e considerando 6), ha altresì rilevato che l'art. 14.2 del medesimo regolamento esclude la possibilità di notificazione ai sensi dell'art. 14.1 se l'indirizzo del debitore non è conosciuto con certezza. Dalla lettera del regolamento, pertanto, discende che una sentenza contumaciale pronunciata in caso di impossibilità di determinare il domicilio del convenuto non può essere certificata come titolo esecutivo europeo. Nello stesso senso, prosegue la Corte, milita anche l'analisi sistematica del regolamento n. 805 le cui disposizioni, costituendo deroga al regime comune di riconoscimento delle sentenze, devono essere oggetto di interpretazione restrittiva. Infine, secondo i giudici di Lussemburgo, il considerando 10 del regolamento n. 805/2004 sottolinea che, in caso di decisione relativa a un credito non contestato resa in uno Stato membro nei confronti di un debitore contumace, la soppressione di qualsiasi controllo nello Stato membro dell'esecuzione è intrinsecamente legata e subordinata all'esistenza di garanzie sufficienti del rispetto dei diritti della difesa. Corte giustizia UE, 16 giugno 2016, C-511/14 , Pebros Servizi Srl ha ritenuto che le condizioni in presenza delle quali, in caso di sentenza contumaciale, un credito si considera «non contestato», ai sensi dell'art. 3, par. 1, comma 2, lett.b), del regolamento n. 805/2004, devono essere determinate in modo autonomo, sulla base di questo solo regolamento e non sulla base della legge del foro. Allorquando una norma del diritto UE non contenga un espresso riferimento alle norme nazionali, infatti, esigenze di uniforme applicazione del diritto sovranazionale ed il rispetto del principio di eguaglianza impongono un'interpretazione autonoma e uniforme della norma, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione. Secondo la Corte il regolamento n. 805/2004 non definisce la nozione di «credito non contestato» mediante un rinvio alla normativa degli Stati membri; piuttosto, la lettura dell'art. 3 alla luce del considerando 5 del regolamento consente di affermare che la nozione di credito non contestato accolta dal regolamento è una nozione autonoma del diritto dell'Unione. Il riferimento ai diritti degli Stati membri contenuto nell'art. 3.1 lett. b) e c) del medesimo regolamento non riguarda gli elementi costitutivi di detta nozione, bensì elementi specifici della sua applicazione. In particolare, il riferimento dell'art. 3.1 lett. b) non riguarda le conseguenze giuridiche dell'assenza del debitore dal procedimento (conseguenze che sono oggetto di una qualificazione autonoma in forza del medesimo regolamento), ma, solo, le modalità procedurali mediante le quali il debitore può opporsi efficacemente al credito. In definitiva, secondo la Corte, deve ricondursi all'art. 3.1 lett. b ) il caso della sentenza contumaciale resa all'esito di procedimento nel quale sono state assicurate le garanzie della difesa, essendo irrilevante che, in base alla disciplina italiana, una condanna in contumacia non equivalga ad una condanna per credito non contestato. Trib. Milano dec., 7 maggio 2020, in Riv. dir. int. priv. proc., 2020, 4, 920 ss., ha escluso la possibilità di certificare quale titolo esecutivo europeo ai sensi dell'art. 3.1 lett. b) un decreto ingiuntivo notificato in relazione al quale non era ancora decorso il termine per proporre l'opposizione (nel caso concreto, pur essendo stato il decreto notificato il 28 febbraio 2020, si è escluso il decorso del termine di 50 giorni per l'opposizione in considerazione della sospensione, sino al giorno 11 maggio 2020, del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali ai sensi, da ultimo, dell'art. 36, comma 1, d.l. n. 23/2020). Ferma la non rilasciabilità del certificato ai sensi del regolamento che istituisce il TEE, il Tribunale di Milano ha tuttavia segnalato la possibilità di richiedere l'emissione dell'attestato previsto dal regolamento UE n. 1215/2012 il quale richiede che l'ingiunzione di pagamento sia stata notificata, ma (prescindendo dalla mancata contestazione) non anche che sia decorso il termine per la proposizione dell'opposizione (art. 2, lett. a); regolamento che presenta inoltre il vantaggio (di possibile rilievo, avendo il decreto ingiuntivo da certificare come titolo esecutivo europeo ad oggetto anche la consegna di alcune cisterne) derivante dal fatto che la relativa disciplina consente la circolazione (anche) di decisioni diverse da quelle di condanna al pagamento di una somma di denaro. Trib. Mantova 10 luglio 2015, ha escluso la certificabilità come titolo esecutivo europeo di un decreto ingiuntivo opposto e dichiarato provvisoriamente esecutivo ai sensi dell'art. 648 c.p.c. non essendo l'opposizione fondata su prova scritta o di pronta soluzione. Nel senso della non certificabilità di un decreto ingiuntivo opposto, v. anche Trib. Prato ord., 30 novembre 2011 (che ha revocato una certificazione precedentemente rilasciata con riferimento ad un decreto ingiuntivo opposto) e Trib. Milano ord., 23 aprile 2008, in Foro it., 2009, I, 937 ss. che, pure, ha revocato il certificato precedentemente peraltro rilasciato dalla cancelleria con riferimento ad un decreto ingiuntivo opposto. Trib. Novara, 23 maggio 2012 ha, con obiter dictum, osservato che la non contestazione cui ha riguardo l'art. 3.1, lett. b) va intesa non nell'accezione processuale dell'espressione, ma secondo il senso letterale e comune, cioè come dato di fatto ed oggettivo dell'assenza di difese volte a contrastare la sussistenza o l'entità del credito. Una simile conclusione, secondo il tribunale piemontese, è del resto confermata dall'art. 18 del regolamento che istituisce il TEE; art. 18 che prevede una sanatoria di eventuali violazioni delle norme minime procedurali nel caso in cui la decisione sia stata notificata al debitore e questi abbia avuto la possibilità di promuovere un'impugnazione diretta ad ottenere un riesame completo della decisione. Anche l'art. 18, secondo il Tribunale, è indice della volontà del legislatore comunitario di intendere la non contestazione come «circostanza oggettiva, purché ne risulti accertata la natura di scelta volontaria e non già di inconsapevole conseguenza di un difetto di contraddittorio. Adottando la succitata linea interpretativa, dunque, la certificazione di titolo esecutivo europeo dovrebbe essere rilasciata anche in presenza di sentenze contumaciali passate in giudicato, ove risultino rispettate le prescrizioni degli artt. da 13 a 17 ovvero 18 del regolamento CE». Il credito non contestato ai sensi dell'art. 3.1, lett. c )Con formula ritenuta tautologica, stante il rinvio agli ordinamenti dei singoli Stati membri (Pozzi, 1100), l'art. 3.1 lett. c) considera il credito non contestato se il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un'udienza relativa ad un determinato credito pur avendo inizialmente contestato il credito nel corso del procedimento, ove (alla luce dell'ordinamento nazionale) tale comportamento equivalga ad un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore. A tale ipotesi andrebbe ricondotto il caso in cui la parte cui sia stato deferito il giuramento decisorio non si presenti senza giustificazione all'udienza all'uopo fissata o, comparendo, rifiuti di prestarlo o riferirlo all'avversario, risultando così soccombente rispetto alla domanda o alla questione oggetto del giuramento (Pozzi, 1101). Secondo altra opinione, tale caso rientrerebbe nell'ipotesi di non contestazione di cui all'art. 3.1 lett. b) (De Cesari, 106). Ancora, all'ipotesi di non contestazione in esame sarebbe riconducibile il caso del giudizio contumaciale introdotto dall'ormai abrogato 13, comma 2, d.lgs. n. 5/2003 (Pozzi, 1101; De Cesari, 106; Consalvi, 656). Pare invece escludere ipotesi di crediti non contestati ai sensi dell'art. 3.1 lett. c) quanto all'ordinamento italiano Farina, 141. Quanto agli ordinamenti degli altri Stati membri, si è ritenuta certificabile ai sensi dell'art. 3.1 lett. c) la sentenza contumaciale tedesca (Versäumnisurteil) pronunciata nei confronti del debitore il quale pure aveva inizialmente proposto opposizione (Widerspruch) avverso l'intimazione di pagamento (Mahnbescheid) ottenuta in sede monitoria (Farina, 141). Il credito non contestato ai sensi dell'art. 3.1, lett. d) (rinvio)Con riferimento alla quarta ipotesi di non contestazione (art 3.1 lett. d) si rinvia all'esame dell'art. 25 del regolamento. Non contestazione parziale del credito.Il regolamento (CE) n. 805/2004 prevede inoltre la possibilità, per la competente autorità dello Stato membro d'origine, di rilasciare un certificato parziale per il caso in cui solo alcune parti della decisione siano conformi alla disciplina europea (art. 8). In tale caso, pertanto, la decisione circolerà ai sensi del regolamento n. 805 quanto alla parte non contestata del credito ed ai sensi del regolamento (UE) n. 1215/2012 (prima dell'entrata in vigore di tale strumento, ai sensi del regolamento CE n. 44/2001) per la restante (contestata) parte del credito che sia oggetto di accertamento e condanna e che sia riconducibile al campo di applicazione del regolamento n. 1215 (Carratta, 5). Quanto all'ordinamento italiano, si è ritenuto che una simile ipotesi possa verificarsi nel caso di decreto ingiuntivo oggetto di parziale opposizione nel merito circa il tasso degli interessi riconosciuti; decreto ingiuntivo in relazione al quale il giudice abbia concesso l'esecuzione provvisoria nei limiti dell'importo non contestato in linea capitale ai sensi dell'art. 648, comma 2, c.p.c. (Pozzi, 1101). Ancora, l'art. 8 del regolamento è stato ritenuto applicabile nel caso di confessione giudiziale o riconoscimento della domanda relativi solo ad una parte della medesima domanda (Carratta, 5). DefinizioniSecondo una tecnica normativa che caratterizza gli atti eurounitari, anche il regolamento (CE) n. 805/2004 contiene talune definizioni di termini ed istituti contemplati dal regolamento medesimo. L'immediatezza di simili definizioni giustifica il rinvio al testo dell'art. 4 del regolamento. In questa sede si intende solo accennare alla nozione di credito accolta. Potranno infatti essere certificati come TEE solo una decisione giudiziaria, una transazione giudiziaria o un atto pubblico che abbiano ad oggetto un credito (non contestato) «relativo al pagamento di uno specifico importo di denaro esigibile o la cui data di esigibilità è indicata nella decisione giudiziaria, nella transazione o nell'atto pubblico». A differenza di quanto si dirà con riferimento alle decisioni suscettibili di circolazione ai sensi del regolamento (UE) n. 1215/2012, pertanto, non è suscettibile di certificazione come titolo esecutivo europeo una decisione (una transazione giudiziaria o un atto pubblico) avente ad oggetto il diritto ad una prestazione di fare, non fare o di consegna di un bene. In dottrina si è peraltro osservato come sia verosimilmente certificabile come titolo esecutivo europeo la decisione o l'atto che abbia ad oggetto un credito accessorio ad obbligazioni di fare o non fare, come, ad esempio, nel caso di condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di penalità per l'inadempimento dell'obbligazione principale (pur non riconducibile alla nozione di credito accolta dall'art. 4 del regolamento n. 805). Si è infatti proposto di colmare la lacuna al riguardo rinvenibile nel regolamento che istituisce il TEE con la previsione dell'art. 49 del regolamento (CE) n. 44/2001 (Carratta, 3). Ancora, il credito deve essere relativo ad uno «specifico importo»; requisito, questo, legato, per un verso, all'esigenza di celerità di rilascio della certificazione e, per altro verso, all'esigenza di tutelare il debitore nel momento in cui decide di adottare un comportamento di mancata contestazione del credito (Carratta, 3). Infine, il credito deve essere immediatamente esigibile oppure esigibile ad una data espressamente risultante dalla decisione, dalla transazione o dall'atto pubblico. Corte giustizia UE, 14 dicembre 2017, C-66/17, Grzegorz Chudaś, Irena Chudaś c. DA Deutsche Allgemeine Versicherung Aktiengesellschaft ha escluso che possa essere certificata come TEE una decisione esecutiva avente ad oggetto la condanna al pagamento delle spese di un processo non concernente un credito non contestato (ma, nel caso concreto, l'accertamento del diritto di proprietà) nel quale la parte convenuta non si è costituita. La Corte ha osservato che, con riferimento alla statuizione relativa alle spese del procedimento giudiziario, l'art. 7 del regolamento prevede la certificabilità come TEE «anche» di tali spese, salvo che il debitore non ne abbia contestato la debenza alla luce della legislazione dello Stato membro d'origine. La lettera della norma («anche»), secondo i giudici di Lussemburgo, impone di ritenere che la decisione relativa alle spese non ha carattere autonomo rispetto alla restante decisione, sì che la statuizione relativa alle spese sarà certificabile come titolo esecutivo europeo solo ove sia accessoria rispetto ad una decisione giudiziaria principale concernente un credito non contestato. BibliografiaCarratta, Titolo esecutivo europeo, I) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., 2006, 1 ss.; Consalvi, Il titolo esecutivo europeo in materia di crediti non contestati, in Riv. esecuz. forzata, 4, 2004, 647 ss.; De Cesari, Decisioni giudiziarie certificabili quali titoli esecutivi europei nell'ordinamento italiano, in Foro it., 2006, V, 103 ss.; Farina, Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012; Pozzi, Titolo esecutivo europeo, in Enc. Dir., Annali, I, Milano, 2008, 1095 ss.; Seatzu, Titolo esecutivo europeo, II) Diritto internazionale privato e processuale, in Enc. Giur., 2006, 6 ss. |