Codice di Procedura Civile art. 608 - Modo del rilascio.Modo del rilascio. [I]. L'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà (1). [II]. Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo [474] e del precetto [480, 605 1], si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. (1) Comma così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 37 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo recitava: «L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà ». InquadramentoLa norma in esame ha chiarito, dopo la riforma realizzata dalla l. n. 80/2005, che la procedura esecutiva per rilascio ha inizio con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario rende edotto, con un preavviso di dieci giorni, l'esecutato o il detentore materiale dell'immobile del giorno e dell'ora in cui accederà in loco ai fini dell'immissione della parte istante nel possesso dell'immobile (Cass. lav., n. 7288/1991, in Foro it., 1993, I, 1243, con nota di Oriani). Con l'immissione in possesso si conclude, invece, la procedura esecutiva per rilascio (Cass. I, n. 8651/1998). Al fine di pervenire a questo risultato, l'ufficiale giudiziario gode di ampi poteri discrezionali e potrà procedere anche ad un'immissione in possesso simbolica mediante ingiunzione verbale (Cass. I, n. 6554/1980, in Foro it., 1981, 2513, con nota critica di Proto Pisani). L'avviso di rilascioL'avviso di rilascio è l'atto – con cui inizia la procedura esecutiva per rilascio di immobili – mediante il quale l'ufficiale giudiziario comunica, almeno dieci giorni prima, alla parte tenuta a rilasciare l'immobile il giorno e l'ora nel quale procederà all'accesso al fine di ottenere, in favore dell'avente diritto, il rilascio dell'immobile, in assenza, nelle more, di un adempimento spontaneo (Cass. sez. lav., n. 7288/1991, in Foro it., 1993, I, 1243, con nota di Oriani). Qualora l'accesso sia compiuto senza la preventiva comunicazione dell'avviso o in mancanza di elementi essenziali sulla data o l'ora dell'accesso, l'esecutato può far valere tale nullità in sede di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. III, n. 1072/1981). Poiché la parte che è tenuta a rilasciare l'immobile non ha alcun diritto di interloquire sulla fissazione, del giorno di inizio dell'esecuzione, da parte dell'ufficiale giudiziario, questi può validamente anticiparlo rispetto ad un precedente preavviso di rilascio, purché glielo comunichi e sia rispettato il richiamato termine dilatorio previsto dalla stessa norma in esame (Cass. III, n. 6449/1997). Il preavviso prescritto dall'art. 608 c.p.c. esaurisce, con la notifica, il proprio scopo di preavvertire l'esecutato del prossimo inizio dell'azione esecutiva, al fine di consentirgli l'adempimento spontaneo e di essere, comunque, presente alla immissione in possesso del creditore procedente, e non deve essere, quindi, rinnovato nel caso in cui l'esecuzione, sospesa dopo il primo accesso dell'ufficiale giudiziario, sicché non sussiste un obbligo di nuovo avviso in caso di sospensione dell'esecuzione già iniziata con un primo accesso e successivamente ripresa (cfr. Cass. III, n. 17674/2019, che ha riaffermato il principio in un caso nel quale erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che la presenza dell'istante e della forza pubblica costituissero condizione per ritenere regolare l'accesso dell'ufficiale giudiziario, mentre, al contrario, l'accesso del solo ufficiale giudiziario era già di per sé sufficiente a dare inizio all'azione esecutiva e consentire all'occupante di rilasciare spontaneamente l'immobile al fine di evitare l'intervento della forza pubblica; Cass. VI, n. 22441/2011). Analogamente, attese le finalità del preavviso di rilascio, lo stesso non deve essere rinnovato qualora al primo accesso in loco ne segua un altro (Cass. n. 10566/2007). La stessa S.C. ha precisato che, qualora l'accesso non abbia avuto luogo nel giorno e nell'ora fissati, manca del requisito dell'interesse ad agire l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal destinatario di un preavviso di rilascio che, avendo ricevuto la sua notificazione successivamente a quel giorno, deduca la nullità della procedura esecutiva, restando, in particolare, escluso che un interesse all'opposizione possa configurarsi sotto il profilo della mancata conoscenza, da parte dell'esecutato, del mancato accesso, atteso che, se egli è nel godimento materiale dell'immobile, non può non conoscere che l'accesso non è avvenuto, mentre, se non lo è, prima di proporre l'opposizione egli è tenuto previamente ad accertarsi se l'accesso abbia avuto luogo o meno, essendo, d'altronde, esclusa la possibilità che se l'accesso sia avvenuto, da esso decorra il termine per l'opposizione, stante la nullità della notifica del preavviso e, quindi, dello stesso accesso (Cass. III, n. 20667/2006). È stato inoltre precisato che, ai fini del rispetto del termine previsto dall'art. 675 c.p.c. per l'esecuzione del sequestro giudiziario di immobili, è sufficiente che venga notificato l'avviso di rilascio (cfr. Cass. III, n. 22945/2019). Come detto, l'art. 608 c.p.c., nella formulazione modificata dalla l. n. 80/2005, chiarisce che l'esecuzione forzata per rilascio inizia proprio con la notifica all'esecutato dell'avviso di rilascio. Nel pregresso silenzio normativo sul punto si erano formati diversi orientamenti, in dottrina ed in giurisprudenza, circa il momento iniziale dell'esecuzione per rilascio. In particolare, secondo la dottrina dominante, la soluzione preferibile era quella di individuare nel c.d. avviso di rilascio il momento iniziale dell'esecuzione exartt. 605 ss. c.p.c., anche in armonia con la sequenza precetto/pignoramento che caratterizza 'espropriazione forzata (Borrè, 265; Denti, 169). Diversamente, era prevalente in giurisprudenza l'orientamento per il quale l'esecuzione per rilascio aveva inizio con l'accesso in loco dell'ufficiale giudiziario (Cass. III, n. 13310/2001): invero, secondo la S.C., il preavviso di rilascio costituiva semplicemente un atto preliminare ed estrinseco al procedimento esecutivo, funzionale a consentire al debitore di essere presente alle operazioni effettuate dall'ufficiale giudiziario in sede esecutiva (cfr., ex plurimis, Cass. n. 15268/2006). La questione non aveva un rilievo solo teorico, specie nel sistema anteriore all'intervento della stessa l. n. 80/2005, nel quale era parimenti controversa la possibilità per l'intimato di ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo già in sede di opposizione c.d. a precetto. Infatti, prima di tale novella, la possibilità per il giudice di sospendere l'efficacia esecutiva del titolo in sede di opposizione a precetto si riteneva preclusa sia sulla base dell'art. 624, comma 1, c.p.c. che faceva riferimento all'opposizione all'esecuzione, sia da quella dell'art. 623 c.p.c., norma che attribuiva soltanto al giudice dell'esecuzione il potere di sospendere l'efficacia esecutiva del titolo (in tal senso, ex ceteris, Cass. n. 10121/2000; Cass. n. 2041/1997; Cass. n. 6543/1990; in sede di merito cfr. Trib. Roma 21 dicembre 1999, in Nuovo dir., 2000, 119; Pret. Prato 3 giugno 1993, in Arch. loc., 1993, 576; contra Pret. Catania 30 marzo 1992, in Foro it., 1993, I, 3440). Secondo una parte della dottrina questa situazione era gravemente lesiva del principio della parità delle armi nel processo esecutivo, dato che l'opposizione ex art. 615 c.p.c. costituisce lo strumento principale di riequilibrio dei poteri delle parti, anche a favore del debitore esecutato, nel processo esecutivo (cfr., per tutti, Vaccarella, 369 ss.). Nella giurisprudenza di legittimità si era, pertanto, individuato il mezzo per risolvere una tale situazione nel provvedimento di urgenzaexart. 700 c.p.c., in coerenza con la funzione sussidiaria nel sistema cautelare attribuibile ad una tale misura atipica e dal contenuto innominato (cfr. Cass. n. 2051/2000, Riv. dir. proc., 2002, 619, con nota di Metafora, ed in Riv. esecuz. forzata, 2000, 649, con nota di Cataldi). Avallando la tesi sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al momento iniziale dell'esecuzione forzata per rilascio poteva, per vero, verificarsi la seguente situazione: proposta dall'intimato opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. senza poter richiedere in tale sede la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo portato dall'esecutante, il procedimento avrebbe potuto concludersi, a prescindere dalla fondatezza dei motivi alla base dell'opposizione, uno actu, ovvero con il primo accesso dell'ufficiale giudiziario (Luiso, 1984, 403). La riferita problematica, comunque sia, ha attualmente portata meramente storica e questo sia perché è stato individuato espressamente dal legislatore il momento iniziale dell'esecuzione per rilascio in quello della notifica del c.d. avviso di rilascio, sia in quanto la l. n. 80/2005, ha attribuito al giudice dell'opposizione c.d. a precetto il potere di sospendere l'efficacia esecutiva del titolo in presenza di gravi motivi. L'individuazione del momento nel quale ha inizio l'esecuzione forzata per rilascio assume rilevanza anche sotto altri profili. In primo luogo, l'inefficacia del precetto ai sensi dell'art. 481 c.p.c. per il mancato inizio dell'esecuzione forzata nel termine di novanta giorni dalla notifica dello stesso deve essere accertata con riferimento alla data del preavviso di rilascio. Inoltre, sempre con riguardo al momento della notifica del preavviso di rilascio, va individuato il dies a quo per la proposizione dell'opposizione all'esecuzione e dell'opposizione agli atti esecutivi volta a dedurre il difetto di notifica del titolo esecutivo o del precetto ovvero a contestarne la validità (cfr. Giordano, 1232). L'accesso in loco dell'ufficiale giudiziarioNel giorno e nell'ora stabiliti dall'avviso di rilascio, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'art. 513 c.p.c., immette la parte istante o una persona dalla stessa designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. Una prassi pluridecennale ha mostrato strutturali difficoltà nel raggiungimento di un tale obiettivo nel nostro ordinamento, soprattutto nel settore delle locazioni di immobili urbani. Ciò è stato influenzato, come noto, soprattutto da quella legislazione emergenziale mediante la quale, a partire dal secondo dopoguerra, sono state introdotte, soprattutto al fine di tutelare i conduttori degli immobili urbani ad uso abitativo, significative limitazioni all'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, sino a prevedere la sospensione ex lege degli sfratti. Risultato patologico di tale assetto è stata l'eccessiva durata delle procedure di rilascio degli immobili locati ad uso abitativo, durata tale da implicare anche alcune condanne dell'Italia in sede internazionale. Probabilmente anche la rilevanza assunta dalla questione in ambito europeo ha indotto la Corte di Cassazione a modificare il proprio pregresso orientamento in tema di possibilità per l'esecutante di ottenere l'ausilio della forza pubblica al fine di ottenere il possesso dell'immobile. Infatti se in passato S.C. aveva riconosciuto la sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo in capo all'esecutante di ottenere, nell'ipotesi di resistenza del conduttore alla sua immissione nel possesso del bene, l'ausilio della forza pubblica, successivamente è stato affermato il principio per il quale l'autorità amministrativa richiesta di concorrere con la forza pubblica all'esecuzione del comando contenuto nel titolo esecutivo di sfratto per finita locazione ha il dovere primario di prestare i mezzi per l'attuazione, in concreto, della funzione giurisdizionale per la tutela del diritto soggettivo leso e costituzionalmente protetto dall'art. 24 Cost., per cui risponde dei danni conseguenti alla mancata assistenza, salva la prova dell'impossibilità dell'adempimento dovuto (Cass. III, n. 3873/2004). In una prospettiva assolutamente analoga, anche nella giurisprudenza di merito è stato evidenziato che il privato portatore di un titolo esecutivo giudiziario ha un diritto soggettivo pieno ad ottenere dallo Stato le attività necessarie all'esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle relative all'uso della forza pubblica e nel giudizio promosso per il risarcimento del danno derivatogli dalla mancata o tardiva esecuzione dello sfratto, non è qui tenuto a dimostrare come il diniego fosse ingiustificato, quanto la p.a. convenuta è onerata della prova che l'autorità di P.S., richiesta dell'assistenza, era impossibilitata a prestarle per causa di forza maggiore o per ineludibili esigenze di servizio (App. Firenze II, n. 1244/2007, in Arch. loc., 2008, n. 1, 69). Sotto altro profilo, la S.C. ha precisato che, qualora sia stato disposto il rilascio di un immobile concesso in godimento (nella specie, in forza di contratto di comodato) e il creditore abbia iniziato la procedura esecutiva nei confronti del condannato al rilascio, ignorando l'occupazione sine titulo del bene da parte di un terzo, conosciuta solo nel momento dell'accesso dell'ufficiale giudiziario, ovvero se tale occupazione sia comunque sopravvenuta durante la pendenza del processo esecutivo, gli atti esecutivi già compiuti mantengono validità ed efficacia nei confronti del terzo occupante dell'immobile (Cass. n. 20053/2013). La sospensione anche dei provvedimenti di rilascio degli immobili è stata contemplata, più di recente, a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, dall'art. 103 del d.l. n. 28/2020, come convertito e successivamente prorogato, allo stato, sino alla data del 30 giugno 2021. Immissione dell'istante nel possesso del beneL'obiettivo della procedura è immettere l'avente diritto nel possesso del bene oggetto della stessa, che potrà quindi ritenersi conclusa (Cass. I, n. 8651/1998). Le modalità con le quali tale risultato può essere raggiunto dall'ufficiale giudiziario non sono indicate espressamente dal legislatore talché l'organo esecutivo gode di un potere di carattere discrezionale che può estrinsecarsi anche nell'esercizio dei poteri di cui all'art. 513: ne deriva che, ad esempio, l'ufficiale giudiziario può, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte del giudice dell'esecuzione aprire porte e cancelli, sostituire serrature, allontanare chi opponga resistenza (Cass. I, n. 6554/1980, in Foro it., 1981, 2513, con nota critica di Proto Pisani). Sebbene la norma in esame faccia riferimento ad un'immissione in possesso dell'immobile anche attraverso la materiale consegna delle chiavi, si riconosce in dottrina che, di regola, non è necessario tale adempimento per la realizzazione dell'effetto dell'immissione dell'avente diritto nel possesso dell'immobile, potendo ciò avvenire anche solo verbalmente attraverso l'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario (Castoro, 706). Invero, le modalità secondo cui può realizzarsi, in concreto, l'immissione in possesso possono differire sia in virtù di ragioni giuridiche (ad esempio, per la sussistenza di un legittimo diritto di detenzione in capo ad un soggetto diverso dalla parte istante il rilascio) sia in considerazione del tipo di bene immobile oggetto della procedura. A quest'ultimo riguardo, occorre distinguere tra gli immobili suscettibili di chiusura, per i quali l'immissione in possesso si realizzerà compiutamente a seguito della consegna delle chiavi (Luiso, 1989, 7), ed i beni non suscettibili, invece, di impedire l'accesso di estranei, come, per esempio, per la giurisprudenza, i boschi ed i terreni non recintati, rispetto ai quali l'immissione in possesso avviene in modo simbolico (Cass. II, n. 5956/1981). In ogni caso, se l'esecutato è presente, l'ufficiale giudiziario gli ingiungerà di riconoscere immediatamente il nuovo stato di fatto, mentre, nell'ipotesi di assenza dello stesso, porterà a sua conoscenza l'immissione in possesso mediante notifica del processo verbale. L'esecuzione può realizzarsi anche nei confronti del terzo comproprietario (o avente, per una parte dell'immobile un legittimo titolo di detenzione), condizione che l'ufficiale giudiziario – secondo quanto disposto dell'art. 608, comma 2, ultimo inciso – ingiunga a tale codetentore qualificato di riconoscere il compossessore, mentre, per contro, non può essere eseguito coattivamente il rilascio dell'intero immobile legittimamente detenuto dal terzo, sicché va accolta l'opposizione proposta avverso l'esecuzione per rilascio finalizzata all'immissione nel possesso dell'intero immobile in capo al creditore che ne sia soltanto comproprietario (Cass. n. 5384/2013). A seguito dell'immissione in possesso dell'immobile oggetto della procedura in favore dell'avente diritto l'esecuzione forzata per rilascio si conclude, sicché non è più ammesso l'esperimento dell'opposizione all'esecuzione (Cass. III, n. 10310/2009), bensì esclusivamente dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'atto dell'ufficiale giudiziario di immissione in possesso (Cass. III, n. 18535/2007). Invero, la stessa opposizione agli atti esecutivi non è più proponibile con riguardo ad atti antecedenti dell'ufficiale giudiziario rispetto a quello di immissione in possesso, come, ad esempio, il preavviso di rilascio (Cass. n. 7357/2009). Nondimeno si è precisato che, in tema di esecuzione per rilascio, allorquando si faccia valere il vizio di mancata notifica del precetto e del titolo esecutivo, l'opposizione agli atti esecutivi può essere proposta dopo il completamento dell'esecuzione (Cass. n. 15268/2006). Alla conclusione della procedura esecutiva per rilascio di immobile con l'immissione in possesso dell'esecutante non osta l'accordo tra l'esecutante e l'esecutato intervenuto all'esito della suddetta operazione da parte dell'ufficiale giudiziario circa la concessione di un termine al secondo per l'asporto degli arredi e di quant'altro contenuto nel locale oggetto del rilascio (Cass. n. 10310/2009). Resta peraltro fermo, come ha precisato la S.C., che la conclusione della procedura mediante il rilascio dell'immobile da parte dell'esecutato, anche se avvenuto spontaneamente, ma non in base ad un accordo tra le parti, bensì al solo scopo di evitare l'esecuzione coattiva, non determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione all'esecuzione pendente, il cui accoglimento, invero, comporta la caducazione degli atti esecutivi e fa sorgere il diritto dell'esecutato a rientrare nella disponibilità del bene del quale sia stato illegittimamente spossessato (Cass. n. 20924/2017). 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