Codice di Procedura Civile art. 609 - Provvedimenti circa i mobili estranei all'esecuzione (1).Provvedimenti circa i mobili estranei all'esecuzione (1). [I]. Quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, l'ufficiale giudiziario intima alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine. Dell'intimazione si dà atto a verbale ovvero, se colui che è tenuto a provvedere all'asporto non è presente, mediante atto notificato a spese della parte istante. Quando entro il termine assegnato l'asporto non è stato eseguito l'ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina, anche a norma dell'articolo 518, primo comma, il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di custodia e di asporto. [II]. Quando può ritenersi che il valore dei beni è superiore alle spese di custodia e di asporto, l'ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina un custode e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo. Il custode è nominato a norma dell'articolo 559. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese i beni, quando non appare evidente l'utilità del tentativo di vendita di cui al quinto comma, sono considerati abbandonati e l'ufficiale giudiziario, salva diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la distruzione. [III]. Se sono rinvenuti documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale che non sono stati asportati a norma del primo comma, gli stessi sono conservati, per un periodo di due anni, dalla parte istante ovvero, su istanza e previa anticipazione delle spese da parte di quest'ultima, da un custode nominato dall'ufficiale giudiziario. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese si applica, in quanto compatibile, quanto previsto dal secondo comma, ultimo periodo. Allo stesso modo si procede alla scadenza del termine biennale di cui al presente comma a cura della parte istante o del custode. [IV]. Decorso il termine fissato nell'intimazione di cui al primo comma, colui al quale i beni appartengono può, prima della vendita ovvero dello smaltimento o distruzione dei beni a norma del secondo comma, ultimo periodo, chiederne la consegna al giudice dell'esecuzione per il rilascio. Il giudice provvede con decreto e, quando accoglie l'istanza, dispone la riconsegna previa corresponsione delle spese e compensi per la custodia e per l'asporto. [V]. Il custode provvede alla vendita senza incanto nelle forme previste per la vendita dei beni mobili pignorati, secondo le modalità disposte dal giudice dell'esecuzione per il rilascio. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 530 e seguenti del codice di procedura civile. La somma ricavata è impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, per l'asporto e per la vendita, liquidate dal giudice dell'esecuzione per il rilascio. Salvo che i beni appartengano ad un soggetto diverso da colui che è tenuto al rilascio, l'eventuale eccedenza è utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione liquidate a norma dell'articolo 611. [VI]. In caso di infruttuosità della vendita nei termini fissati dal giudice dell'esecuzione, si procede a norma del secondo comma, ultimo periodo. [VII]. Se le cose sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell'esecuzione per l'eventuale sostituzione del custode. (1)Articolo sostituito dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. A norma del comma 6 bis, del medesimo art. 19 , le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione del suddetto D.L. Il testo recitava: «[I]. Se nell'immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l'ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo. [II]. Se le cose sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell'esecuzione per l'eventuale sostituzione del custode». L'art. 93, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, aveva sostituito alla parola «pretore» le parole «giudice dell'esecuzione». InquadramentoLa norma in commento è stata sostituita dal d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, nell'obiettivo di consentire alla parte istante il rilascio di «liberarsi» del ricorrente problema dei beni mobili estranei al rilascio rinvenuti in loco al momento dell'immissione in possesso dell'avente diritto. È stato così stabilito che, se entro il termine indicato dall'ufficiale giudiziario la parte tenuta al rilascio non asporta i beni in un altro luogo, previa stima dei beni stessi e delle spese di asporto e vendita, l'istante potrà optare per la vendita dei beni che, in difetto di tale opzione, dovranno essere considerati abbandonati ed avviati allo smaltimento o alla distruzione. Disposizioni specifiche sono poi dettate con riguardo ai beni mobili già oggetto di sequestro o pignoramento ed ai documenti concernenti l'attività professionale dell'esecutato per i quali è previsto un peculiare onere di conservazione. Beni mobili estranei all'esecuzione per rilascioLa regolamentazione dettata dall'art. 609 c.p.c. riguarda le situazioni nelle quali nell'immobile oggetto della procedura vi siano beni mobili estranei alla stessa perché appartenenti alla parte tenuta al rilascio ovvero pignorate o sequestrate. Nella delineata prospettiva, è irrilevante, ai fini della conclusione dell'esecuzione – che si realizza comunque con l'immissione dell'avente diritto nel possesso dell'immobile (Cass. III, n. 607/1998) – la perdurante presenza di beni mobili estranei all'esecuzione sui quali non siano stati assunti provvedimenti. La S.C. ha chiarito che per «cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio» s'intendono non solo quelle di sua proprietà ma anche quelle oggetto di un semplice diritto di godimento, in forza di un titolo giuridico che attribuisca alla parte sottoposta all'esecuzione il potere di disporne materialmente in via esclusiva e quindi anche il dovere correlativo di asportarle immediatamente, proprio per rendere possibile la materiale apprensione dell'immobile ad opera della parte istante (Cass. III, n. 1073/2000). Nella nozione di appartenenza delle cose mobili rientrano quindi situazioni giuridiche soggettive quali la proprietà, il possesso e la detenzione nonché le cose destinate durevolmente al servizio o all'ornamento dell'immobile da parte di chi non è proprietario né ha sul medesimo alcun diritto reale, atteso che, senza questa capacità di destinazione, le cose non possono ritenersi pertinenze dell'immobile (Castoro, 710). Disciplina previgenteCon riferimento ai beni mobili estranei all'esecuzione rinvenuti sul posto ed appartenenti alla parte tenuta al rilascio, erano essenzialmente tre le alternative che potevano prospettarsi secondo quanto previsto dall'art. 609 c.p.c.nella pregressa formulazione, antecedente alle novità introdotte dal d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014. Il problema non sorge neppure se l'esecutato asporta spontaneamente i propri beni mobili prima del rilascio. In mancanza di ciò, l'ufficiale giudiziario poteva disporne la custodia in loco anche a cura della parte istante il rilascio: in tale ipotesi, la parte esecutante diventava depositaria delle cose mobili e ne avrebbe risposto, nei confronti del proprietario, con la diligenza media richiesta dal comma 1 dell'art. 1768 c.c. (Cass. III, n. 21734/2010). Più in generale, quanto al regime di responsabilità previsto dall'art. 1768, comma 1, c.c., è stato osservato che il depositante, il quale lamenti che la cosa depositata abbia subito danni durante il deposito, in giudizio ha il solo onere di provare l'esistenza del contratto e dei danni, mentre è onere del depositario dimostrare che questi ultimi preesistevano alla consegna, ovvero non siano da attribuirsi a propria responsabilità (v., tra le altre, Cass. n. 15490/2008). Peraltro, come era stato chiarito dalla S.C., non è necessario, se la parte istante il rilascio consente che i beni mobili appartenenti all'esecutato rimangano sul posto, che la custodia sia affidata alla stessa essendo possibile, infatti, che l'ufficiale giudiziario disponga la custodia in loco anche affidata ad un terzo, con la conseguenza che quest'ultimo è tenuto, nei confronti dell'esecutato, alla restituzione dei mobili affidatigli con la correlativa responsabilità in caso di inadempimento, salvo l'obbligo dell'esecutato stesso di apprestare la necessaria collaborazione anticipandone le spese (Cass. n. 4755/1985). Secondo la dottrina più accreditata, nella facoltà dell'ufficiale giudiziario di trasportare le cose mobili rinvenute in un immobile assoggettato al rilascio, deve ritenersi implicita anche quella di nominare per le stesse un custode (Denti, 190; Mandrioli, 711). In accordo con le regole generali e secondo quanto disposto dagli artt. 54 e 53 disp. att. c.p.c., se viene nominato un custode quest'ultimo ha diritto ad un compenso per l'attività espletata. Con riferimento ad una fattispecie nella quale con riguardo a beni mobili rinvenuti in sede di esecuzione per rilascio di un immobile ed affidati in custodia a norma dell'art. 609 il custode nominato ne aveva chiesto la vendita in sede di autotutela esecutiva onde ottenere il pagamento del proprio compenso e provvedere a sostenere le spese di esecuzione, è stato precisato che l'opposizione alla loro vendita richiesta dal custode a termini dell'art. 2797 c.c., è di competenza del giudice della cognizione, secondo il criterio per valore e non già del giudice della esecuzione (cfr., tra le altre, Cass. n. 5381/1994, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 471, con nota di Mazza; Cass. n. 3261/1977, e, in termini analoghi rispetto all'istanza di assegnazione ex art. 2798 c.c., Cass. n. 2332/1973, in Giust. civ., 1973, I, 1845 ed in Giur. it., 1974, I, 1064, con nota di Bucolo; in senso contrario v., nella risalente giurisprudenza di merito edita, Trib. Firenze 19 novembre 1946, in Mon. Trib., 1947, 28). Questa posizione è opportunamente condivisa anche dalla dottrina più autorevole la quale ha osservato, a riguardo, che la c.d. vendita per autorità del creditore effettuata ai sensi dell'art. 2797 c.c. costituisce una delle specifiche forme di autotutela privata stragiudiziale previste nel nostro ordinamento processuale e, quindi, si concretizza in un meccanismo alternativo alla tutela giurisdizionale, volto ad una più immediata attuazione forzata della responsabilità patrimoniale, assolutamente estranea, quindi, all'esecuzione forzata con conseguente operatività, nell'ipotesi di opposizione alla vendita, dei criteri generali di collegamento della competenza per materia e valore dinanzi al giudice della cognizione in luogo della competenza del giudice dell'esecuzione ex art. 27 c.p.c. (Bongiorno, 134). Tuttavia, in sede applicativa aveva opinato in senso diverso, tra le altre, Trib. Napoli 5 marzo 2014, in dejure.giuffre.it, per la quale il soggetto che assume la custodia dei beni mobili che l'esecutato rifiuti di asportare diviene non già custode ai sensi dell'art. 65 c.p.c. – e quindi ausiliario degli organi dell'esecuzione forzata – ma depositario delle anzidette cose mobili per conto del proprietario e, quindi, si tratta, in sostanza, di un rapporto di carattere obbligatorio che sorge tra il custode-depositario ed il proprietario dei beni mobili, rapporto che trova la sua fonte in un fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità all'ordinamento (ex art. 1173 c.c.) e dal quale discendono sia l'obbligo del depositario di custodire le cose e restituirle al proprietario, sia l'obbligo del depositante di apprestare la necessaria collaborazione anticipando le spese del deposito. Se, invece, l'esecutante non consentiva alla custodia sul posto dei beni mobili estranei all'esecuzione, l'ufficiale giudiziario poteva disporne il trasporto in altro luogo, in extrema ratio anche applicando analogicamente l'art. 520, comma 2, c.p.c. sul trasporto delle cose in altro luogo di pubblico deposito (Montesano, 1966, 556). In proposito, è opportuno ricordare che tale previsione normativa stabilisce che, in tema di esecuzione mobiliare, per la conservazione delle cose diverse dal denaro, dai titoli di credito e dagli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede, quando il creditore ne fa richiesta, trasportandole presso un luogo di pubblico deposito oppure affidandole a un custode diverso dal debitore, mentre nei casi di urgenza l'ufficiale giudiziario affida la custodia agli istituti autorizzati di cui all'art. 159 disp. att. Ancora diversa era la situazione che poteva verificarsi nell'ipotesi in cui i beni mobili estranei all'esecuzione ed appartenenti alla parte tenuta al rilascio rinvenuti sul posto erano sequestrati o pignorati. Tuttavia, anche in tale situazione, non vi era alcun ostacolo al rilascio, essendo soltanto previsto che l'ufficiale giudiziario ne desse immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio dell'immobile al creditore su istanza del quale fu effettuato il pignoramento o il sequestro, nonché al giudice dell'esecuzione (ovvero al giudice dell'attuazione cautelare per i beni sequestrati: Trib. Cagliari 28 novembre 1996, in Riv. giur. sarda, 1997, 393, con nota di Montaldo), per l'eventuale sostituzione del custode (laddove fosse stato nominato il medesimo debitore: Satta, 1971, 440) che dovevano dare disposizioni immediate per il trasporto dei mobili, atteso il diritto allo «sgombero» della parte istante il rilascio. La normativa attuale
Profili generali L'evidente limite delle norme dettate dall'art. 609 nella formulazione previgente era costituito dall'impossibilità per il creditore istante il rilascio, in difetto di collaborazione attiva dell'esecutato, di «liberarsi» dei beni mobili estranei alla procedura rinvenuti in loco al momento dell'accesso dell'ufficiale giudiziario, con il rischio di sostenere, a tal fine, come evidenziato, costi ingenti (De Stefano, 2014, 793; Tedoldi, 2015, 390; Valerini, 2014, 96 ss.). In accordo con la disciplina attualmente dettata dalla norma in esame, invece, quando nell'immobile oggetto della procedura l'ufficiale giudiziario rinviene beni che non devono essere consegnati al procedente, intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto in ipotesi diverso cui i beni appartengono, di asportarli entro un determinato termine. Se, una volta decorso il termine, il soggetto tenuto all'asporto non vi provvede, l'ufficiale giudiziario su richiesta ed a spese dell'istante determina, a norma dell'art. 518 c.p.c., il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di custodia e di asporto. A questo punto, diverse facoltà alternative sono previste per il creditore istante. In primo luogo, potrà richiedere di procedere alla vendita, previa eventuale stima, dei beni mobili presenti nell'immobile oggetto di rilascio ai sensi dell'art. 609, comma 5, c.p.c. L'ufficiale giudiziario provvederà quindi alla nomina del custode ai sensi dell'art. 559 c.p.c. (ed il custode assumerà la veste di depositario: cfr. Trib. Napoli 5 marzo 2014). Il custode provvederà quindi alla vendita senza incanto secondo le forme proprie della vendita dei beni mobili pignorati, sicché troveranno applicazione gli artt. 530 ss. c.p.c., in quanto compatibili. Le modalità della vendita saranno peraltro disposte dal giudice dell'esecuzione per rilascio. Il ricavato dalla vendita è utilizzato, innanzitutto, per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, per l'asporto e per la vendita, liquidate dal giudice dell'esecuzione per rilascio. Se i beni mobili oggetto di vendita appartengono all'esecutato, l'eventuale eccedenza servirà per il pagamento delle spese di esecuzione liquidate ai sensi dell'art. 611 c.p.c., quindi con decreto costituente titolo esecutivo dal Giudice dell'esecuzione. Limite della disciplina complessiva è quello di non aver previsto la possibilità per il creditore di richiedere, previa stima, l'assegnazione dei beni mobili rinvenuti in loco ed estranei all'esecuzione per rilascio. Diversamente, se l'istante non propone l'istanza di vendita o non ha interesse ad anticiparne le spese ovvero nell'ipotesi di infruttuosità della vendita disposta, la norma in commento prevede che, ove non sia evidente l'utilità del tentativo di vendita di cui al comma 5 i beni si considerano abbandonati (Tedoldi, 2015, par. 16) e l'ufficiale giudiziario ne disporrà lo smaltimento o la distruzione. La norma, tuttavia, resta silente sul soggetto tenuto ad anticipare e sopportare i costi, spesso ingenti, di smaltimento e di distruzione del bene (Valerini, 2014, 98): non può che ritenersi, quindi, operante la regola generale per la quale dette spese restano a carico dell'esecutato (circostanza che finisce, ove si tratti di esecuzione per rilascio non derivante da una pregressa espropriazione immobiliare, per porre l'onere di anticipazione, con improbabili possibilità di recupero, a carico dell'istante il rilascio). La disposizione nulla dice, inoltre, circa la possibilità per l'istante di richiedere l'assegnazione dei beni al prezzo determinato dall'ufficiale giudiziario, possibilità che consentirebbe di risolvere le problematiche correlate ai costi di asporto, vendita o smaltimento. In ogni caso, se prima della vendita o dello smaltimento o della distruzione, decorso il termine fissato nell'intimazione, colui al quale i beni appartengono può chiederne la consegna al giudice dell'esecuzione per rilascio che provvede con decreto e, se accoglie l'istanza, dispone la riconsegna previa corresponsione delle spese e dei compensi per la custodia e l'asporto. Beni oggetto di sequestro o pignoramento Tuttavia, le regole sinora richiamate non operano se i beni mobili estranei all'esecuzione presenti nell'immobile siano già oggetto di pignoramento o sequestro: in detta situazione l'ufficiale giudiziario avrà l'obbligo di dare immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro ed al giudice dell'esecuzione per l'eventuale sostituzione del custode. In sostanza si tratta della medesima disciplina già dettata dal comma 2 dell'art. 609 nella precedente formulazione per tali beni (v. infra). Documenti inerenti lo svolgimento dell'attività professionale o imprenditoriale Una disciplina specifica è infine dettata dal comma 3 dell'art. 609 con riguardo ai documenti inerenti allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale rinvenuti nel bene immobile al momento del rilascio. In tale ipotesi, previa intimazione nelle forme già indicate del soggetto tenuto al rilascio o dei terzi, i documenti sono conservati, per un periodo di due anni, dalla parte richiedente l'esecuzione per rilascio ovvero, su istanza e previa anticipazione delle spese da parte di quest'ultima, da un custode nominato dall'ufficiale giudiziario. Anche in tal caso, in difetto di istanza di riconsegna e di pagamento anticipato delle spese, i documenti sono considerati abbandonati e l'ufficiale giudiziario, salvo diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la distruzione alla stregua di res derelictae ed allo stesso modo si procede alla scadenza del termine biennale, a cura della parte richiedente [l'esecuzione per rilascio o del custode, ove nominato (Tedoldi, 2015, par. 16)]. 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