Codice di Procedura Civile art. 626 - Effetti della sospensione.Effetti della sospensione. [I]. Quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione [484]. InquadramentoGli effetti della sospensione del processo esecutivo sono previsti dall'art. 626 c.p.c. in esame, che stabilisce che nel periodo di sospensione nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione. Il contenuto della disposizione in commento è del tutto analogo a quello previsto dall'art. 298 c.p.c., che regola la medesima fattispecie con riferimento al processo di cognizione. Gli effetti della sospensioneLa sospensione determina l'arresto della sequenza degli atti del processo esecutivo, che non possono essere compiuti finché dura l'evento che ha causato l'effetto sospensivo. L'ampiezza della disposizione («nessun atto») e la genericità dell'eccezione («salvo diversa disposizione») sono tradizionalmente spiegate nel senso che il divieto concerne gli atti esecutivi finalizzati alla progressione del processo (cioè, alla liquidazione dei cespiti), ferma restando la facoltà del giudice dell'esecuzione di autorizzare il compimento di atti di gestione dei beni pignorati non incidenti sulla pretesa esecutiva (così Cass. n. 29782/2020). Gli effetti della sospensione consistono, dunque, nella impossibilità di compiere atti esecutivi successivi alla sospensione. In dottrina si è ritenuto che gli atti esecutivi compiuti nel periodo in cui il processo esecutivo è sospeso sono nulli e devono essere impugnati ai sensi dell'art. 617 c.p.c. (Luiso, Sospensione del processo civile: processo di esecuzione forzata, in Enc. dir. XLIII, 1990). Sul pignoramento eseguito dopo che il giudice dell'opposizione a precetto ha disposto la sospensione dell'esecutività del titolo, Cass. n. 26285/2019 che ha stabilito che l'atto è radicalmente nullo e tale invalidità deve essere rilevata, anche d'ufficio, dal giudice dell'esecuzione. Restano validi ed efficaci (salvo caducazione in caso di accoglimento dell'opposizione) gli atti posti in essere prima dell'evento sospensivo e possono essere proseguiti fino al loro compimento tutti quegli atti a formazione progressiva (come, ad esempio, il pignoramento presso terzi notificato al terzo e non al debitore, ovvero il pignoramento immobiliare notificato al debitore e non trascritto). Non sembra potersi mettere in discussione il principio secondo il quale la sospensione non sottrae al Giudice dell'esecuzione la giurisdizione sulla procedura. In questo senso, Cass. n. 1195/1973. La sospensione priva il giudice del potere di compiere atti liquidatori in senso stretto (o anche ad essi strumentali, quali ad esempio la stima dei beni pignorati), rimanendo nel resto intatto il potere di adottare ogni altra tipologia di provvedimento (così Cass. n. 29728/2020). Resta salva – per espressa previsione normative e in deroga alla regola generale – la facoltà del Giudice dell'esecuzione di autorizzare le parti a compiere atti esecutivi che non comportano la progressione del processo ma si traducono nell'amministrazione o conservazione del compendio. In giurisprudenza, si segnala – Cass. n. 2318/1954 secondo cui il divieto della proposizione degli atti esecutivi non si estende a quelli che tendono alla conservazione o all'amministrazione dei beni pignorati; – Cass. n. 3179/1962 secondo cui nella procedura sospesa il Giudice dell'esecuzione può procedere alla nomina del custode; – Cass. n. 37558/2022 secondo cui la sospensione del titolo intervenuta dopo la notificazione dell'atto di pignoramento immobiliare non osta che i dia corso alla sua trascrizione (e tanto sul presupposto che il pignoramento è una fattispecie a formazione progressiva che parte dalla sua notifica e si conclude con la trascrizione nei pubblici registri); – Cass. n. 8998/2023 secondo cui il custode non può restituire al terzo detentore non pignorato i canoni di locazione nelle more percepite, in quanto la restituzione rappresenta un atto liquidatorio e non anche conservativo da proporsi con un provvedimento non adottabile dal giudice dell'esecuzione nelle more della sospensione in commento. Sulla nomina del custode, Trib. Bari 18 novembre 2013: «In pendenza di una causa di sospensione della procedura esecutiva, permane la necessità di custodire il compendio pignorato, salva la possibilità da parte del debitore di richiedere la revoca della nomina del custode giudiziario in presenza di fondati motivi». Invero, il custode, nella sua attività di vigilanza e conservazione, potrà sollecitare interventi volti a scongiurare il perimento dell'edificio e segnalare al giudice quelle violazioni del debitore che possano provocare danno al bene e che, dunque, giustificano la successiva emissione dell'ordine di liberazione. Vanno, invece, impediti dal punto di vista degli ausiliari tutti gli atti che sono strumentali al progresso del processo, ed in particolare della fase liquidativa, cosicché andrà omessa l'attività volta alla predisposizione e al deposito della perizia, l'attività prodromica alla liberazione e l'accompagnamento degli interessati a visitare l'immobile. Con riguardo al delegato, egli dovrà astenersi dal porre in essere le sue attività strumentali al progresso della fase liquidatoria, e quindi avviso di vendita, pubblicità, ovviamente celebrazione dell'asta e aggiudicazione. In dottrina si ritiene che il Giudice possa anche disporre sull'ordinanza di conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c. e sulla richiesta di limitazione dei mezzi di espropriazione ex art. 483 c.p.c. In pendenza della sospensione è, inoltre, possibile dichiarare l'estinzione del processo esecutivo (così, Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2011). Non sempre, però, il provvedimento in oggetto paralizza in maniera assoluta il prosieguo del processo nell'ambito del quale è stato emesso. È stata, infatti, ritenuta compatibile con la norma in esame la configurabilità di una cd. sospensione parziale del processo esecutivo. Al riguardo, solleva qualche perplessità sulla ammissibilità di una sospensione parziale (Vigorito, La sospensione del processo esecutivo, nel Processo di esecuzione - Profili sostanziali e processuali, a cura di Cardino e Romeo). In particolare, l'autore ritiene che «non sembra configurabile una sorta di terzo genere tra una procedura esecutiva che prosegue e una procedura esecutiva che rientra in uno stato di quiescenza talché, una volta accertata l'esistenza del diritto ad agire esecutivamente nei confronti del debitore, tutte le questioni riguardanti l'ammontare dei crediti devono essere sollevate in sede distributiva. Le eventuali questioni relative all'abuso dei mezzi di esecuzione possono, invece, farsi valere con gli strumenti tipici previsti dalla legge (art. 483 c.p.c. e art. 496 c.p.c.)». In dottrina, in realtà,sono state enucleate due ipotesi che individuano la sospensione parziale sia in senso oggettivo sia in senso soggettivo e precisamente: ‒ Corsaro, Bozzi, Manuale dell'esecuzione forzata, 1996, ha ritenuto configurabile tale possibilità con riferimento alla sospensione disposta nell'ambito dell'opposizione per impignorabilità e dell'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., ogniqualvolta la contestazione sollevata riguardi soltanto alcuni dei beni pignorati ‒ Capponi, Vicende del titolo esecutivo nell'esecuzione forzata, in Corr. giur., 2012, ha ritenuto compatibile col dato positivo la continuazione del processo esecutivo ad opera di taluni dei creditori intervenuti, qualora il provvedimento inibitorio venga adottato nei confronti del titolo azionato da uno (o alcuni) dei creditori. In questo senso, è certamente ammissibile una sospensione del processo esecutivo limitata ad alcuni beni pignorati o che possa riguardare la posizione soggettiva di un solo creditore. Al pari della dottrina, anche la giurisprudenza dominante ritiene sussistente il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di sospendere parzialmente il processo esecutivo. In questo senso, Cass. n. 29860/2008 secondo cui qualora l'esecutività di un titolo esecutivo giudiziale di primo grado venga parzialmente sospesa dal giudice d'appello, ai sensi dell'art. 283 c.p.c. e sia ancora pendente il termine di efficacia del precetto, notificato unitamente al titolo esecutivo, «l'esecuzione, relativamente alla parte di pretesa esecutiva per cui la sospensione non è stata disposta, può iniziare entro tale termine, senza che sia necessaria una nuova notifica del titolo e del precetto con l'ordinanza di sospensione parziale, mentre, riguardo alla parte per cui è stata disposta la sospensione, l'esecuzione può iniziare nel residuo termine di efficacia del precetto, rimasto sospeso, una volta che lo stesso riprenda a decorrere per effetto della cessazione dell'efficacia della sospensione, della quale il titolare abbia ricevuto la comunicazione». Conformi Cass. n. 174/1993; Cass. n. 2240/2013. Anche se la norma non lo prevede espressamente, una volta che il processo esecutivo sia sospeso, anche i relativi termini lo sono. Tale conclusione è pacifica (per tutti, Furno, La sospensione del processo esecutivo, 1956). Tuttavia, il fenomeno della sospensione dei termini non è espressamente disciplinato dall'art. 626 c.p.c., dovendosi far riferimento al disposto di cui all'art. 298, comma 2, c.p.c. (in questo senso, Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, 2006), il che in realtà determinerebbe un effetto interruttivo vero e proprio. BibliografiaCapponi, Vicende del titolo esecutivo nell'esecuzione forzata, in Corr. giur., 2012; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, 2006; Corsaro, Bozzi, Manuale dell'esecuzione forzata, 1996; Furno, La sospensione del processo esecutivo, 1956; Luiso, Sospensione del processo civile: processo di esecuzione forzata, in Enc. dir. XLIII, 1990; Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2011; Vigorito, La sospensione del processo esecutivo, nel Processo di esecuzione - Profili sostanziali e processuali, a cura di Cardino e Romeo, 2015. |