Codice di Procedura Civile art. 627 - Riassunzione (1).Riassunzione (1). [I]. Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio [153, 630 1] fissato dal giudice dell'esecuzione [484] e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato [324] della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione [481 2]. (1) Articolo così sostituito dall'art. 49 l. 14 luglio 1950, n. 581. InquadramentoL'art. 627 c.p.c. detta in via generale il regime di riattivazione della procedura già sospesa, per effetto dell'instaurazione di un incidente di cognizione da essa occasionato. L'esecuzione sospesa, ai sensi dell'art. 624 c.p.c. in pendenza di un giudizio di opposizione, necessita di un atto di riassunzione per riprendere il suo corso e si estingue per inattività se tale atto non intervenga entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice, o, in assenza, in quello di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione. Venuta meno la causa sospensiva, quindi, la parte interessata deve provvedere a riassumere la procedura nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione. ProcedimentoAi sensi dell'art. 627 c.p.c., la riassunzione del processo sospeso si realizza mediante il mero deposito del ricorso, che è atto idoneo ad evitare la decadenza. L'istanza di riassunzione va depositata innanzi al Giudice dell'esecuzione, a cui segue la fissazione con decreto dell'udienza di comparizione delle parti. Nel corso dell'udienza il Giudice dell'esecuzione accerta la ritualità dell'istanza di riassunzione e la cessazione della causa sospensiva e ordina la prosecuzione delle attività esecutive con il compimento dell'atto di esecuzione che era stato impedito dal provvedimento di sospensione. Contro il provvedimento adottato dal Giudice dell'esecuzione sull'istanza di riassunzione può proporsi opposizione agli atti esecutivi. Tuttavia, vi è chi ritiene che qualora l'atto successivo a quello eseguito prima della sospensione sia un atto di parte, non è necessario proporre ricorso, ma è sufficiente il mero compimento dell'atto nel rispetto dei termini indicati dall'art. 627 c.p.c. e la comunicazione di tale atto alle altre parti del processo. Quest'ultima tesi è stata avallata da parte della dottrina. Per tutti, Metafora, Sospensione dell'esecuzione, in Dig. civ., agg. 2007. In giurisprudenza si segnala Cass. n. 7251/1992 secondo cui «Dalla disposizione contenuta nel già richiamato art. 627 c.p.c. si ricava agevolmente che la sospensione in essa indicata non è sospensione in senso tecnico. Ciò, sia perché l'unica sospensione immaginabile (e che qui non ricorre) è quella del termine di efficacia del pignoramento indicata dal successivo art. 628 c.p.c., sia perché con la sospensione del processo esecutivo non viene paralizzato un processo a contraddittorio pieno, ma viene soltanto impedito il compimento degli atti esecutivi ad essa successivi. In questo quadro, allora, richiedere un atto di riassunzione, anch'essa in senso tecnico, è certamente improprio e si deve, quindi, ritenere che con questa espressione l'art. 627 c.p.c. si sia riferito al semplice obbligo del creditore procedente di compiere l'atto esecutivo rimasto impedito dalla sospensione e tanto attraverso apposito ricorso al giudice dell'esecuzione nelle sole esecuzioni nelle quali tale organo sia stato già designato». Termine per la riassunzioneLa disposizione in esame pone sullo stesso piano, ai fini della decorrenza del termine di riassunzione, sia la sentenza di primo grado che la sentenza d'appello, imponendo l'attesa del passaggio in giudicato soltanto nel primo caso. In dottrina si è osservato come l'assoggettamento dei provvedimenti in questione ad un regime differenziato costituisca una soluzione di compromesso, volta a conciliare la celerità del processo esecutivo e l'affidabilità dell'accertamento, considerata la riduzione delle possibilità di contestazione della sentenza d'appello, che giustifica la prevalenza dell'esigenza alla sollecita definizione del processo esecutivo e, pertanto, legittima l'anticipazione della decorrenza del dies a quo per la ripresa dell'attività esecutiva sospesa (Impagnatiello, La provvisoria esecuzione e l'inibitoria nel processo civile, 2010). In buona sostanza, secondo la lettera della norma, se il giudizio che ha dato origine alla sospensione si conclude con una sentenza appellabile (come accade, a seguito della riforma del 2009, per l'opposizione all'esecuzione sia preventiva che successiva) il termine decorre dalla comunicazione della sentenza di appello che ha rigettato l'opposizione ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce l'opposizione. Se, invece, il giudizio si conclude con una sentenza per sua natura non appellabile (come accade per le opposizioni agli atti esecutivi) la parte interessata è tenuta a riassumere il processo non già dal passaggio in giudicato, bensì dalla comunicazione della sentenza (emessa in unico grado) che rigetta l'opposizione. Invero, secondo un costante orientamento, affermatosi nel tempo tanto in dottrina quanto presso la giurisprudenza di legittimità, il ricorso in riassunzione non poteva essere proposto prima della formazione del giudicato sulla sentenza emessa in unico grado. In dottrina, Arieta, De Santis, L'esecuzione forzata, in Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, III, 2, 2007; Fazzalari, Lezioni di diritto processuale civile, II, 1986. In giurisprudenza, Cass. n. 1192/1975; Cass. n. 8764/1998; Cass. n. 8251/1991, secondo cui «la sospensione disposta a seguito della proposizione di opposizione dagli atti esecutivi non cessa immediatamente con il deposito della sentenza emessa in unico grado, ma dura fino al passaggio in giudicato in senso formale della sentenza che definisce il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, allorquando avverso la sentenza stessa sia stata proposta impugnazione nei modi previsti dalla legge». Tale orientamento è, tuttavia, allo stato da ritenersi superato alla luce di più recenti sentenze della giurisprudenza di merito e di legittimità. Per tutte, Cass. n. 24447/2011; Cass. n. 7053/2012; Cass. n. 17332/2017, secondo cui la riassunzione del processo esecutivo sospeso è sempre possibile a seguito della sentenza di primo grado di rigetto dell'opposizione, benché non passata in giudicato, sia per il riconoscimento della generalizzata immediata efficacia delle sentenze di primo grado di cui all'art. 282 c.p.c., sia in forza dei principi generali in materia di provvedimenti cautelari per cui il provvedimento a cognizione piena (anche non definitivo) assorbe il provvedimento cautelare ad esso strumentale e, se negativo, ne determina la caducazione. Del medesimo avviso, Cass. n. 29188/2021 che ha stabilito che «Il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all'esecuzione decorre sempre, ai sensi dell'art. 627 c.p.c., al più tardi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione (non avendo rilievo in proposito la relativa comunicazione alle parti costituite da parte della Cancelleria), anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Corte di cassazione ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2”. Nella pronuncia cit. la Cassazione, inoltre, chiarisce la ratio della disposizione in esame, ritenendo che la previsione della decorrenza del termine dalla comunicazione della sentenza di rigetto dell'opposizione di secondo grado ha unicamente finalità̀ acceleratoria del processo esecutivo. Il legislatore, invero, in caso di rigetto dell'opposizione con sentenza di primo grado non passata in giudicato, concede al creditore la facoltà̀ di attendere la sentenza di secondo grado prima di riassumere l'esecuzione, in modo da evitare una riassunzione inutile con le relative conseguenze, anche sul piano risarcitorio. Diversamente, in caso di sentenza di rigetto dell'opposizione di secondo grado, il legislatore ha anticipato la decorrenza del termine per la riassunzione alla comunicazione della sentenza di rigetto, non consentendo ulteriori attese. Il creditore, pertanto, deve riassumere il processo esecutivo entro sei mesi dalla comunicazione della sentenza di rigetto dell'opposizione di secondo grado ovvero, in mancanza di questa, dal passaggio in giudicato della sentenza stessa. In nessun caso il termine per la riassunzione può decorrere in un momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione, in qualunque grado sia stata emessa. Sulla irrilevanza per il computo del termine di riassunzione della istanza di revoca, Cass. n. 7109/2015 secondo cui «il termine per la riassunzione del processo esecutivo decorre dalla pronunzia del provvedimento che comporti il venir meno della causa di sospensione, sempre che lo stesso non sia stato impugnato, mentre è irrilevante che sia stata presentata istanza di revoca, che – al pari delle vicende impugnatorie ad essa relative – non preclude il decorso del termine ex art. 627 c.p.c.». Tra le sentenze di merito Trib. di Ravenna 24 maggio 2019, che, a fronte di un provvedimento di sospensione della provvisoria esecuzione in sede di giudizio di merito di opposizione al decreto ingiuntivo costituente titolo in executivis, ha stabilito che «il termine per la riassunzione del processo esecutivo, ex art. 627 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza di merito, momento che coincide con la cessazione della sospensione interinale disposta ai sensi dell'art. 649 c.p.c.». Sulla circostanza che il termine di sei mesi decorrente dalla data della pronuncia della sentenza di primo grado e non da quella della sentenza di appello, Trib. Asti del 27 novembre 2017 secondo cui «il disposto dell'art. 627 c.p.c. si applica solo per quanto attiene il periodo semestrale, con obbligo del giudice di dichiarare d'ufficio l'estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti in caso di inosservanza del termine». Sul termine di riassunzione nel caso di procedura sospesa per la pendenza del giudizio di divisione endoesecutivo ex art. 601 c.p.c., Cass. n. 12685/2021 secondo cui il processo esecutivo che sia stato dichiarato sospeso ai sensi dell'art. 601 c.p.c., a causa d'una divisione endoesecutiva, va riassunto entro tre (oppure sei) mesi dalla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 789 c.p.c., comma 3, in assenza di contestazioni; oppure dal passaggio in giudicato della sentenza che risolva le eventuali contestazioni. Trib. Avezzano 29 marzo 2023 secondo cui «il processo esecutivo sospeso per pendenza del giudizio di divisione (endoesecutiva) ex art 601 cpc deve essere riassunto entro il termine perentorio di cui all'art. 297 c.p.c. e quindi entro tre mesi dalla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 789 c.p.c., comma 3, in assenza di contestazioni; oppure dal passaggio in giudicato della sentenza che risolva le eventuali contestazioni». Sulla non necessità di procedere alla riassunzione nel caso di procedura sospesa per la pendenza del giudizio di divisione endoesecutivo, Trib. Torre Annunziata, ove nella specie il giudice istruttore, approvato il progetto, ha fissato udienza davanti a sé nelle vesti di giudice dell'esecuzione per l'approvazione del progetto di distribuzione da predisporsi a cura del professionista delegato. La riassunzione deve essere effettuata anche in caso di estinzione del giudizio di opposizione (Cass. n. 527/1974). Non vi è dubbio che la riassunzione di cui tratta l'art. 627 c.p.c. debba essere ricondotta all'art. 630, comma 1, c.p.c. (in questo senso, ad es. De Santis, Di Nicola, Art. 630, in Codice di procedura civile commentato a cura di Comoglio, Vaccarella, Milano, 2010, 2610; Fanelli, Art. 630 c.p.c., in Commentario del Codice di Procedura Civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, 2013). Il mancato o tardivo compimento, nel termine ordinatorio assegnato dal giudice, del tentativo di notificazione dell'atto e del consequenziale decreto di fissazione dell'udienza di prosecuzione (a differenza dell'ipotesi di esperimento vano non dipendente da colpa del soggetto notificante) comporta l'estinzione automatica del procedimento, dovendo considerarsi il termine ordinatorio non prorogabile se non giusta istanza presentata prima della sua scadenza, salvo che non sia scaduto il termine perentorio semestrale ex art. 303 o 627 c.p.c. (Cass. n. 9504/2002; Cass. n. 5625/2002; Cass. n. 5736/1999). La mancata riassunzione del processo di opposizione all'esecuzione ad opera delle parti che hanno l'onere di proseguirlo costituisce ipotesi di estinzione del giudizio. Tuttavia ai fini della sua dichiarazione, occorre che venga formulata apposita eccezione di parte, la quale non può collocarsi nell'ambito del processo esecutivo, ma va invece sollevata nell'ambito del giudizio di opposizione (così Trib. Salerno 27 marzo 2007). BibliografiaArieta, De Santis, L'esecuzione forzata, in Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, III, 2, 2007; De Santis, Di Nicola, Art. 630, in Codice di procedura civile commentato a cura di Comoglio, Vaccarella, Milano, 2010, 2610; Fanelli, Art. 630 c.p.c., in Commentario del Codice di Procedura Civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, 2013; Fazzalari, Lezioni di diritto processuale civile, II, 1986; Impagnatiello, La provvisoria esecuzione e l'inibitoria nel processo civile, 2010; Metafora, Sospensione dell'esecuzione, in Dig. civ., agg. 2007. |