Regolamento - 12/12/2012 - n. 1215 art. 38

Giuseppe Fiengo

L'autorità giurisdizionale o altra autorità davanti alla quale è invocata una decisione emessa in un altro Stato membro può sospendere il procedimento, in tutto o in parte, se:

a) la decisione è impugnata nello Stato membro d'origine;

o b) è stata presentata una domanda al fine di accertare che non sussistono motivi di diniego del riconoscimento di cui all'articolo 45 ovvero al fine di accertare che il riconoscimento deve essere negato per uno dei predetti motivi.

Inquadramento

Nella Sezione I del Capo III il regolamento n. 1215/2012 disciplina il riconoscimento della decisione emessa in uno Stato membro negli altri Stati membri. Il principio generale è quello della mancata necessità di un'apposita procedura, stante riconoscimento automatico della decisione. Sotto tale profilo, pertanto, la disciplina recata da Bruxelles I bis non risulta innovativa rispetto a quella contenuta già nel regolamento n. 44/2001 e, prima ancora, nella Convenzione di Bruxelles del 1968.

Come si dirà, il riconoscimento può operare tanto in via principale, quanto in via incidentale. In senso innovativo rispetto al regolamento Bruxelles I, Bruxelles I bis prevede inoltre la possibilità di richiedere il diniego del riconoscimento (v. art. 45).

La Sezione I del Capo III disciplina (art. 37) i documenti da depositare ai fini dell'automatico riconoscimento della decisione e (art. 38) le modalità di coordinamento tra il giudizio nel quale sia invocata l'efficacia di una decisione emessa in un altro Stato membro ed ulteriori procedimenti che possano pregiudicare l'automatico riconoscimento.

Il riconoscimento automatico delle decisioni

La presunzione di efficacia della decisione adottata in un altro Stato membro opera, nel regime del regolamento Bruxelles I bis, tanto nella prospettiva del riconoscimento (art. 36), quanto in quella dell'efficacia esecutiva (art. 39). Pur essendo la seconda prospettiva quella paradigmatica, il regolamento n. 1215 disciplina autonomamente il riconoscimento e l'esecuzione, ferma l'identità, per entrambi i profili, delle condizioni ostative all'efficacia della sentenza (Salerno, 320).

L'art. 36.1 del regolamento ribadisce la regola generale del riconoscimento automatico («senza che sia necessario il ricorso ad alcuna procedura particolare»), in ciascuno degli Stati membri, delle decisioni adottate in un altro Stato membro. Un simile riconoscimento è destinato ad operare anche per le decisioni pronunziate nei confronti di parti non domiciliate in uno Stato membro (v. considerando 27). Anche in tale caso, infatti, sussiste l'esigenza di assicurare la libera circolazione delle decisioni rese da uno Stato membro in una materia rientrante nel regolamento.

Il riconoscimento automatico opera (limitatamente ai capi rientranti nel campo di applicazione del regolamento n. 1215) con riferimento agli effetti cognitivi che la decisione produce secondo l'ordinamento d'origine. In dottrina sono stati esaminati i possibili profili di rilievo del rinvio – quanto agli effetti cognitivi riconoscibili in un altro Stato membro – all'ordinamento d'origine della decisione. Così (Salerno, 321-322) si è osservato che il rinvio può assumere rilievo per risolvere possibili divergenze interpretative sulla portata della decisione (divergenze che il giudice dello Stato richiesto deve conoscere stante il principio iura novit curia). Ancora, si è ritenuto che il modo di essere dell'ordinamento d'origine impone di aver riguardo ai possibili rinvii per relationem della decisione straniera a criteri predeterminati di legge (come, ad esempio, nel caso del tasso legale di rivalutazione monetaria) o, eventualmente, alla valutazione della motivazione se, nell'ordinamento d'origine, il giudicato si forma anche su questioni oggetto di espressa trattazione e decisione sia pur solo nella motivazione. Si è inoltre osservato che il riconoscimento può operare anche con riferimento a decisioni di merito prive di efficacia esecutiva nello Stato d'origine.

L'instaurazione di un procedimento di accertamento – positivo o negativo – sulle condizioni ostative al riconoscimento è, in quanto tale, idoneo a superare la presunzione di efficacia della decisione, ove tale decisione sia fatta valere innanzi ad altra autorità dello Stato (Salerno, 321 il quale osserva anche che, in ragione di questa presunzione, l'esito positivo dell'eventuale giudizio di accertamento ha valore meramente dichiarativo e non produce effetti retroattivi; nel senso della natura dichiarativa del provvedimento pronunciato all'esito della domanda di riconoscimento, v. anche Carbone, Tuo, 330 i quali, tra l'altro, valorizzano la lettera dell'art. 36.2 che fa riferimento all'attestazione dell'assenza dei motivi ostativi). Stante tuttavia la presunzione (relativa) di riconoscimento automatico, l'onere della prova circa l'esistenza di motivi ostativi al riconoscimento grava sulla parte che, nello Stato richiesto, intenda disconoscere gli effetti della decisione pronunciata nello Stato d'origine (Carbone, Tuo, 330).

Con riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 1968 (ma esprimendo un principio valido anche in relazione al regolamento n. 1215), Corte giustizia CE, 4 febbraio 1988, C-145/86, Horst Ludwig Martin Hoffmann, anche richiamando la relazione Jenard (secondo la quale «la convenzione «tende a facilitare per quanto possibile la libera circolazione delle sentenze») ha ritenuto che «una decisione straniera riconosciuta in forza dell'art. 26 della convenzione deve avere nello Stato richiesto, in linea di massima, la medesima efficacia che essa ha nello Stato di origine».

Corte giustizia UE, 15 novembre 2012, C-456/11 , Gothaer Allgemeine Versicherung AG ha ritenuto applicabile l'art. 32 del regolamento (CE) n. 44/2001 anche con riferimento ad una decisione con la quale il giudice di uno Stato membro declini la propria competenza sulla base di una clausola attributiva di competenza, indipendentemente dalla qualificazione di tale decisione secondo il diritto di un altro Stato membro. La medesima decisione ha inoltre affermato che gli artt. 32 e 33 del regolamento n. 44/2001 impongono di ritenere che il giudice dinanzi al quale è invocato il riconoscimento di una decisione con la quale il giudice di un altro Stato membro abbia declinato la propria competenza sulla base di una clausola attributiva di competenza è vincolato dall'accertamento della validità di tale clausola contenuto nella motivazione di una decisione, passata in giudicato, dichiarativa dell'irricevibilità dell'azione.

La domanda di riconoscimento in via principale

Si è visto che il principio del riconoscimento automatico non costituisce una novità rispetto al precedente regime europeo di circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale.

«Innovativa» (Carbone, Tuo, 327) è stata invece ritenuta la possibilità (contemplata all'art. 36.2) di instaurare un procedimento avente ad oggetto l'accertamento dell'assenza dei motivi ostativi elencati all'art. 45; procedimento instaurabile anche autonomamente «e cioè prima delle, e a prescindere dalle, contestazioni che possano essere sollevate contro la sentenza dalla parte contro cui si intende invocarla» (Carbone, Tuo, 327). In effetti, non risulta più richiesta quella «contestazione» cui faceva riferimento l'art. 33.2 del regolamento n. 44/2001; l'art. 36.2 del regolamento Bruxelles I bis si limita, invece, a prevedere che la richiesta della decisione attestante l'assenza di motivi di diniego del riconoscimento di cui all'art. 45 possa essere formulata da «ogni parte interessata». Attualmente, quindi, la domanda in via principale di riconoscibilità può esser richiesta sulla base di un «sufficiente interesse ad agire (non necessariamente coincidente con un interesse alla successiva esecuzione)» (Malatesta, Nisi, 139, ove sono anche riferimenti bibliografici sul punto). L'ampiezza della nozione di interesse accolta dal regolamento è stata sottolineata da quegli autori che hanno osservato come l'interesse qui in esame non presupponga necessariamente che la parte che richiede il riconoscimento sia stata parte del procedimento nello Stato d'origine, essendo invece sufficiente che dalla decisione straniera possano comunque discendere «effetti favorevoli rispetto a una situazione giuridica che la riguarda oppure che il provvedimento possa essere utile a chiarire la posizione giuridica dei soggetti con i quali la «parte interessata» ha rapporti» (Carbone, Tuo, 327, ove si fa l'esempio dell'interesse del depositario di un bene a conoscere il soggetto che di tale bene sia proprietario in presenza di una sentenza straniera che risolve la controversia in proposito esistente tra due o più soggetti che si affermino titolari del medesimo diritto sullo stesso bene). Infine, non si è mancato di sottolineare come il riconoscimento automatico potrebbe operare anche in relazione a provvedimenti non suscettibili di esser portati ad esecuzione (Salerno, 319, il quale richiama la sentenza della Corte di giustizia nel caso Gothaer).

Il procedimento cui fa riferimento l'art. 36.2 del regolamento Bruxelles I bis consente al creditore di cristallizzare la situazione giuridica oggetto della decisione, preservando il diritto di far valere, anche in sede esecutiva, la decisione senza che possa in proposito essere sollevata una successiva contestazione (Malatesta, Nisi, 139). Si è tuttavia anche precisato che, essendo alcuni motivi ostativi al riconoscimento strettamente collegati al modo di essere dei singoli ordinamenti (si pensi, in particolare, all'ordine pubblico), l'accertamento reso in uno Stato membro avrà efficacia limitatamente a tale Stato (Malatesta, Nisi, 139, 140).

L'accertamento negativo della riconoscibilità della decisione straniera

Colmando una lacuna del regolamento n. 44/01 (Malatesta, Nisi, 138) il regolamento n. 1215 prevede che la riconoscibilità della sentenza straniera possa essere oggetto anche di un giudizio principale di accertamento negativo; giudizio che potrà essere instaurato da qualunque soggetto abbia un interesse contrario al riconoscimento anche prima che l'avente diritto abbia assunto qualsivoglia iniziativa fondata sulla decisione (art. 45, parr. 1 e 4).

La domanda di accertamento negativo potrà essere proposta avanti alla medesima autorità competente (e nel rispetto della medesima procedura prevista) per la domanda di diniego dell'esecuzione (art. 45.4) «in qualunque momento» (Carbone, Tuo, 330). Nel senso della proponibilità della domanda in qualunque momento (e, quindi, anche prima della notifica al debitore dell'attestato ex art. 53 – sul quale, v. infra) si è del resto osservato come la soluzione opposta comporterebbe la coincidenza delle domande di diniego del riconoscimento e di diniego dell'esecuzione, con conseguente privazione dell'effetto utile della norma (art. 45.4) tesa, in modo specifico, ad ammettere l'autonoma proponibilità della domanda di diniego di riconoscimento (Lopes Pegna, 1211).

In dottrina (Malatesta, Nisi, 138) si è osservato come la possibilità di proporre un'azione di accertamento negativo della riconoscibilità della decisione (già contemplata dall'art. 21.3 del regolamento n. 2201/2003), ripristini l'uguaglianza tra i mezzi a disposizione della parte che richiede il riconoscimento e quelli della parte che tale riconoscimento contesta.

Posizioni diverse sono emerse quanto alla possibile incidenza della domanda di accertamento negativo in esame sull'esecuzione della decisione.

Secondo un primo indirizzo, l'accoglimento dell'azione di accertamento positivo dei presupposti del diniego del riconoscimento proposta dal debitore comporta, inevitabilmente, la complessiva paralisi della circolazione della decisione, «con buona pace della funzione condizionante della richiesta dell'esecuzione» (Silvestri, 688; nello stesso senso, Leandro, 618). In una diversa prospettiva si è, invece, osservato (Malatesta, Nisi, 138-139) come, stante il principio dell'esecuzione diretta delle decisioni pronunciate nello Stato d'origine, sia difficile immaginare che le competenti autorità dello Stato richiesto non diano corso all'esecuzione in presenza di un creditore che, anche in mala fede, instauri la procedura di esecuzione nonostante la decisione di diniego del riconoscimento. Ancora, ben potrebbe il creditore instaurare la procedura esecutiva in pendenza del giudizio di accertamento negativo del riconoscimento. In un simile caso, osservano i medesimi autori, si porrebbe un «evidente problema di coordinamento – non considerato dal nuovo regolamento – tra il procedimento in corso sul diniego del riconoscimento e il (quasi certamente) promuovendo procedimento di diniego dell'esecuzione. Tale coordinamento, in virtù dell'ampio rinvio fatto dal nuovo regolamento al diritto nazionale, dovrebbe essere realizzato secondo le norme processuali dello Stato richiesto» (Malatesta, Nisi, 139, i quali, con riferimento all'ordinamento italiano, richiamano – a seconda dei casi – gli istituti della riunione – art. 273 c.p.c. – e della continenza – art. 40, comma 2, c.p.c.).

Il riconoscimento in via incidentale

Può infine accadere che la decisione pronunciata nello Stato membro d'origine sia invocata in altro Stato membro ai fini della decisione relativa ad un altro rapporto controverso in un procedimento caratterizzato da un diverso petitum. In tale caso è sufficiente un riconoscimento in via incidentale della decisione straniera; riconoscimento che, stante l'art. 36.3 (espressione del principio di economia processuale – Malatesta, Nisi, 140), potrà esser compiuto in via incidentale dall'autorità giurisdizionale avanti alla quale pende il diverso giudizio.

Si è ritenuto che l'art. 36.3 sia formulato in modo più chiaro rispetto alla corrispondente previsione dell'art. 33, regolamento n. 44/2001, facendo il primo riferimento alla richiesta di diniego del riconoscimento e non più al riconoscimento chiesto in via incidentale; sarebbe in questo modo più chiaro che l'accertamento dell'esistenza dei motivi ostativi deve essere compiuto solo in caso di contestazione del riconoscimento (Malatesta, Nisi, 140, Carbone, Tuo, 328, Lopes Pegna, 1210).

In dottrina (Carbone, Tuo, 328) si è osservato come la verifica dell'assenza di cause ostative potrà esser compiuta in via incidentale dal giudice del merito investito della controversia principale in relazione alla quale la sentenza straniera è invocata per risolvere una questione pregiudiziale che non richiede di essere decisa con efficacia di giudicato o di introdurre in modo definitivo la situazione giuridica oggetto della sentenza straniera. Una simile ipotesi, stando alla lettera dell'art. 36.3 presupporrebbe l'esistenza di una contestazione da parte del controinteressato al riconoscimento che faccia valere uno dei motivi contemplati all'art. 45. Per contro, ove la sentenza straniera sia invocata in un giudizio radicato nel foro in presenza di circostanze e situazioni che «esigono, o comunque comportano, il definitivo consolidamento dei suoi effetti di giudicato», il difetto dei motivi ostativi dovrà essere oggetto di un accertamento positivo della riconoscibilità della sentenza reso in via principale nell'ambito di un autonomo procedimento previa sospensione (in Italia, ai sensi dell'art. 34 c.p.c.) del procedimento di merito nell'ambito del quale la sentenza straniera è invocata.

La sospensione del procedimento di riconoscimento

Ai sensi dell'art. 37, la possibilità di invocare una decisione emessa in un altro Stato membro presuppone la produzione, ad opera della parte interessata, dei documenti elencati nel medesimo articolo. Viene così delineato un onere di produzione documentale dal contenuto assai limitato (così da favorire – anche per tale profilo – una significativa celerità della circolazione della decisione). Particolare rilievo – come si dirà – assume la produzione del certificato di cui all'art. 53.

L'art. 38, infine, delinea due modalità di coordinamento tra il procedimento nel quale sia invocata una decisione emessa in un altro Stato membro e procedimenti che sul primo possono produrre effetti. In particolare, si prevede la sospensione, in tutto o in parte, del procedimento nel quale sia invocata una decisione emessa in altro Stato membro per il caso in cui la decisione sia impugnata nello Stato membro d'origine (lett. a), ovvero per il caso in cui sia stata proposta una domanda di accertamento della mancata sussistenza di motivi di diniego del riconoscimento ai sensi dell'art. 45 o di accertamento del diniego del riconoscimento per uno dei motivi previsti sempre dall'art. 45 (lett. b).

Sulla base del dato letterale si è osservato che la sospensione contemplata dall'art. 38 trova fondamento in una valutazione discrezionale rimessa al giudice chiamato a pronunciare sul riconoscimento (Malatesta, Nisi, 140). In una differente prospettiva si è invece ritenuto (D'Alessandro, 334) che, nonostante la lettera della norma, la disposizione farebbe in realtà riferimento ad una sospensione necessaria «posto che ad essere invocate saranno sempre o l'efficacia impediente (contrasto pratico) ovvero l'efficacia positiva (contrasto teorico) di una precedente decisione». L'autrice da ultimo citata osserva peraltro che, in entrambi i casi, si dovrà verificare se, nell'apprezzare la finalità della sospensione in esame, la Corte di giustizia privilegerà la finalità del coordinamento tra le decisioni o l'adozione di una soluzione di compromesso idonea a contemperare il coordinamento delle decisioni con l'esigenza (altrettanto rilevante) della garanzia di ragionevole durata del processo.

L'ipotesi regolata alla citata lett. b) dell'art. 38 è innovativa rispetto al regolamento Bruxelles I. Proprio tale ipotesi è stata peraltro valorizzata (Lopes Pegna, 1211) per affermare che l'art. 38 sarebbe applicabile al solo caso di riconoscimento incidentale della decisione straniera (art. 36.3). Nel senso dell'applicabilità dell'art. 38.1 lett. b) in caso di accertamento incidentale ex art. 36.3, v. anche Malatesta, Nisi, 140 e, in particolare, D'Alessandro, 334 la quale prospetta anche un particolare modello di coordinamento tra gli artt. 36.3 e 38.1, lett. b).

Per i procedimenti di riconoscimento in via principale la sospensione potrebbe esser disposta in caso di impugnazione della decisione nello Stato d'origine con un mezzo ordinario o di mancato decorso del termine per l'impugnazione ai sensi dell'art. 51 del regolamento. Tale disposizione, pur espressamente contemplata nella sottosezione relativa alla domanda di diniego dell'esecuzione, dovrebbe infatti ritenersi applicabile anche per i procedimenti di accertamento (positivo o negativo) in via principale del riconoscimento per effetto del rinvio a questa procedura da parte degli artt. 36.2 e 45.4 (Lopes Pegna, 1212).

Bibliografia

Carbone, Tuo, Il nuovo spazio giudiziario europeo in materia civile e commerciale. Il regolamento UE n. 1215/2012, Torino, 2016; D'Alessandro, Il titolo esecutivo europeo nel sistema del regolamento 1215/2012, in Besso, Frus, Rampazzi, Ronco, Trasformazioni del processo civile. Dalla l. 69/2009 al d. d. l. delega 10 febbraio 2015, Bologna, 2015; Leandro, Prime osservazioni sul regolamento (UE) n. 1215/2012 («Bruxelles I bis»), in Giusto proc. civ., 2013, 2, 585 ss.; Lopes Pegna, Il regime di circolazione delle decisioni nel regolamento (UE) n. 1215/2012 («Bruxelles I-bis»), in Riv. dir. internaz., 2013, 1206 ss.; Malatesta, Nisi, Le novità in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, in Malatesta (a cura di), La riforma del regolamento Bruxelles I. Il regolamento (UE) n. 1215/2012 sulla giurisdizione e l'efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale, Milano, 2016; Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nel Regolamento (UE) n. 1215/2012 (rifusione), Padova, 2015; Silvestri, Recasting Brussels I: il nuovo regolamento n. 1215 del 2012, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 2, 679 ss.

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