Regolamento - 12/12/2012 - n. 1215 art. 57

Giuseppe Fiengo

1. Le traduzioni o le traslitterazioni richieste ai sensi del presente regolamento sono effettuate nella lingua ufficiale dello Stato membro interessato oppure, ove tale Stato membro abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dei procedimenti giudiziari del luogo in cui è invocata una decisione emessa in un altro Stato membro o in cui è presentata la domanda, conformemente alla legge di quello Stato membro.

2. Ai fini dei moduli di cui agli articoli 53 e 60, le traduzioni o le traslitterazioni possono essere altresì effettuate in qualunque altra lingua ufficiale delle istituzioni dell'Unione che lo Stato membro interessato abbia dichiarato di accettare.

3. Qualsiasi traduzione ai sensi del presente regolamento è effettuata da una persona a tal fine abilitata in uno degli Stati membri.

Inquadramento

La sez. 4 del Capo III del regolamento detta norme comuni alla disciplina in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni.

Si tratta di disposizioni che, in parte, ribadiscono principi tradizionali della cooperazione giudiziaria in materia civile (si pensi al divieto di riesame nel merito – art. 52), in parte richiamano istituti già noti rispetto ai quali, tuttavia, stante il modificato regime della circolazione delle decisioni, sono introdotte alcune importanti novità (è il caso dell'attestato – art. 53), in parte risultano del tutto nuovi (l'adattamento della decisione – art. 54) e porranno problemi di integrazione tra la disciplina regolamentare e quella dei singoli ordinamenti nazionali.

Il divieto di riesame nel merito della decisione

Confermata la possibilità di opposizione al riconoscimento ed all'esecuzione per motivi (elencati all'art. 45) sostanzialmente analoghi a quelli già contemplati da Bruxelles I, il regolamento n. 1215 ribadisce anche il generale divieto di procedere ad un riesame del merito della decisione adottata nello Stato membro d'origine.

Tale divieto trova fondamento in un caposaldo degli strumenti di cooperazione giudiziaria in materia civile e cioè nella fiducia reciproca nella giustizia amministrata negli Stati membri. Corollario di tale principio è la riserva della decisione sul merito delle controversie rientranti nel campo di applicazione del regolamento ai giudici degli Stati membri ove tali controversie siano radicate (Carbone, Tuo, 352). Il fatto che l'ordinamento dell'Unione privilegia un coordinamento di natura processuale impone ai sistemi nazionali di armonizzarsi alla decisione adottata in un altro Stato membro, con corrispondente rinuncia all'esercizio della propria sovranità giurisdizionale mediante un autonomo giudizio (Salerno, 310).

I motivi di diniego del riconoscimento e dell'esecuzione non possono pertanto operare quali mezzi supplementari di impugnazione del provvedimento straniero, a prescindere dal fatto che tale provvedimento sia o meno, secondo la legge dello Stato d'origine, definitivo (Carbone, Tuo, 352). Piuttosto, salvi i casi eccezionali indicati all'art. 45, la reciproca fiducia nell'amministrazione della giustizia fonda una presunzione assoluta circa la corretta applicazione, da parte del giudice dello Stato d'origine, delle norme sulla competenza giurisdizionale previste dal regolamento (Carbone, Tuo, 353).

L'attestato previsto dall'art. 5

In coerenza con l'obiettivo di armonizzazione del diritto processuale degli Stati membri e di semplificazione della circolazione delle decisioni nello spazio giudiziario europeo, anche il regolamento n. 1215 impiega moduli standard dai contenuti predefiniti; moduli che, mediante la creazione di una sorta di «lingua franca processuale» sono tesi a realizzare una più immediata e trasparente cooperazione giudiziaria, pur rischiando di «inaridire e svilire» il contenuto degli atti processuali e dei provvedimenti giudiziali (Lupoi, 174, 175).

La dottrina ha sottolineato la rilevanza dell'attestato disciplinato dal regolamento Bruxelles I bis considerato ora quale «chiave di volta del nuovo regolamento» (Biavati, 190), ora quale «documento obbligatorio e infungibile» (Salerno, 326 e 337) per colui che intenda far valere l'efficacia della decisione.

Non v'è dubbio che il documento in esame realizza la previsione dell'art. 39 secondo la quale la decisione emessa in uno Stato membro ed in tale Stato esecutiva è esecutiva anche in ciascuno degli altri Stati membri senza necessità di una specifica dichiarazione di esecutività (Biavati, 191).

L'istanza tesa al rilascio dell'attestato non è soggetta ad alcuna particolare formalità (Biavati, 190-191) ed è obbligatoria, atteso che, in caso di mancata produzione dell'attestato, risulta preclusa l'azione esecutiva secondo il modello della disciplina uniforme (Salerno, 326). L'autore da ultimo citato ha inoltre a più riprese sottolineato come il rilascio del certificato sia divenuto adempimento infungibile, non risultando confermata la previsione del regolamento n. 44/2001 (art. 55) che consentiva al giudice richiesto di dispensarne la presentazione a fronte della produzione di un documento equivalente ovvero ove tale giudice ritenesse di essere comunque informato a sufficienza. Si è peraltro segnalato come l'autorità competente dello Stato richiesto potrà esigere una traduzione della decisione (art. 42.4) allorquando le informazioni risultanti dall'attestato non siano sufficienti ai fini dell'esecuzione; ipotesi, questa, che potrebbe verificarsi in caso di decisione che condanni alla consegna o al rilascio di un bene ovvero ad un facere infungibile, atteso che il modello di attestato ex art. 53 risulta elaborato con esclusivo riferimento al caso di attuazione forzata di un'obbligazione pecuniaria (D'Alessandro, 323-324).

La richiesta di rilascio dell'attestato può essere formulata da qualunque parte interessata (artt. 53 e 60). Se, nella maggior parte dei casi, la richiesta sarà formulata dalla parte che risulti creditrice sulla base della decisione, non può tuttavia escludersi l'esistenza di un interesse della parte condannata ad ottenere l'attestato al fine di far valere eventuali motivi ostativi all'efficacia della decisione nello Stato richiesto o per invocare la decisione al fine di precludere un differente accertamento in un procedimento instaurato in altro Stato membro (Salerno, 336).

L'emissione dell'attestato (riservata al giudice e non al cancelliere – Salerno, 335) «non è un esercizio banale» (Biavati, 191), richiedendo la soluzione di questioni giuridiche non sempre agevoli, come, ad esempio, quella relativa alla natura esecutiva o meno della decisione (Biavati, 191).

Con riferimento all'Italia si è inoltre osservato che l'attestato proveniente da un altro Stato membro equivale al titolo esecutivo con formula (Biavati, 191).

L'attestazione rilasciata dall'autorità dello Stato d'origine vale anche a creare un «canale di collaborazione virtuale con l'autorità dello Stato richiesto» (Salerno, 336). Lo Stato richiesto nel quale sia esibito l'attestato deve attenersi a quanto ivi indicato, potendo trarre da tale documento informazioni utili per accertare eventuali cause ostative all'efficacia della decisione (Salerno, 335). Dovrà peraltro verificarsi se la Corte di giustizia confermerà o meno il proprio orientamento già espresso nel caso Trade Agency Ltd (sul quale v. infra) maturato in relazione ad un regolamento (Bruxelles I) significativamente diverso (per il profilo qui in esame) dal regolamento n. 1215.

Il rilascio dell'attestato non dovrebbe essere oggetto di impugnazione. In dottrina (Malatesta, Nisi, 144; Salerno, 326) – nonostante la mancanza di indicazioni sul punto da parte del regolamento n. 1215 – si è peraltro ritenuta applicabile la regola prevista dall'art. 10.4 del regolamento (CE) n. 805/2004. Ancora, in caso di erroneo rilascio dell'attestato, si è ritenuto applicabile in via analogica l'art. 10 del regolamento n. 805 nella parte in cui prevede la possibilità di richiedere all'autorità d'origine la rettifica o la revoca del certificato (Salerno, 326).

Corte giustizia UE, 4 settembre 2019, C-347/18 , Alessandro Salvoni ha ritenuto che l'art. 53 del regolamento (UE) n. 1215/2012 letto in combinato disposto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dev'essere interpretato nel senso che osta alla possibilità, per l'autorità giurisdizionale d'origine adita con istanza di rilascio dell'attestato previsto dall'art. 53, con riferimento a una decisione definitiva, di verificare d'ufficio se le disposizioni contenute al capo Il, sez. 4, di tale regolamento siano state violate, al fine di informare il consumatore della violazione eventualmente accertata e di consentire a quest'ultimo di valutare in modo consapevole la possibilità di avvalersi del rimedio previsto all'art. 45 del medesimo regolamento.

Corte giustizia UE, 6 giugno 2019, C-361/18 , Ágnes Weil ha ritenuto che l'art. 54 del regolamento (CE) n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che un giudice di uno Stato membro, al quale venga presentata una domanda di rilascio di un attestato che certifica l'esecutività di una decisione emessa dall'autorità giurisdizionale d'origine, deve verificare – in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in cui il giudice che ha emesso la decisione da eseguire non si è pronunciato, al momento della sua adozione, sull'applicabilità di tale regolamento – se la controversia rientri nell'ambito di applicazione di detto regolamento. Con la medesima sentenza la Corte ha inoltre osservato che il giudice, verificando la propria competenza a rilasciare l'attestato ai sensi dell'art. 54 del regolamento n. 44/2001, si colloca nella continuità del precedente procedimento di giudizio, garantendo l'immediata esecutività della decisione emessa, ed esercita un procedimento di natura giurisdizionale, essendo pertanto legittimato a presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale.

Corte giustizia UE, 6 settembre 2012, C-619/10 , Trade Agency Ltd ha ritenuto che l'art. 34.2 del regolamento n. 44/2001 (cui fa rinvio l'art. 45.1) letto in combinato disposto con i considerando 16 e 17 del medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che, quando il convenuto propone ricorso contro la dichiarazione di esecutività di una decisione emessa in contumacia nello Stato membro di origine e corredata dell'attestato redatto ai sensi dell'art. 54 del medesimo regolamento, sostenendo di non avere ricevuto comunicazione della domanda giudiziale, il giudice dello Stato membro richiesto, investito del ricorso, è competente a verificare la concordanza tra le informazioni contenute in detto attestato e le prove addotte a sostegno della domanda proposta ai sensi dell'art. 34.2 del regolamento n. 44/2001. Una simile conclusione è stata argomentata: – sul fatto che il regolamento n. 44 limita (artt. 36 e 45.2) il divieto di riesame nel merito unicamente alla decisione giudiziaria dello Stato membro d'origine, ma non, anche, alle informazioni contenute nell'attestato; – sul fatto che il giudice o l'autorità competente per il rilascio dell'attestato non coincide necessariamente con l'organo che ha emesso la decisione della quale si chiede l'esecuzione (sì che le informazioni contenute nel certificato «presentano inevitabilmente un carattere meramente indicativo, il cui valore è semplicemente informativo» secondo quanto risulta anche dal carattere solo eventuale della produzione di tale documento – art. 55 regolamento n. 44); – sul fatto che le informazioni contenute nell'attestato sono piuttosto limitate e non sono relative ad elementi utili a verificare se il convenuto sia stato posto o meno in condizione di difendersi.

L'adattamento della decisione straniera

Carattere senza dubbio innovativo presenta l'art. 54 del regolamento n. 1215 il quale, con disposizione di diritto processuale uniforme, prevede che se la decisione contiene un provvedimento ignoto alla legge dello Stato membro richiesto, tale provvedimento è adattato, nella misura possibile, ad un provvedimento previsto dallo Stato membro dell'esecuzione che abbia efficacia equivalente e che persegua obiettivi e interessi analoghi.

La disposizione è stata ritenuta il logico corollario di quella astratta equivalenza tra i sistemi processuali interni dei diversi Stati membri che è alla base dell'automatica estensione degli effetti della decisione nello spazio giudiziario europeo (Salerno, 405; in termini, Carbone, Tuo, 334; Malatesta, Nisi, 158 i quali ultimi osservano come una delle funzioni della dichiarazione di esecutività della sentenza straniera era proprio quella di «trasformare» la decisione straniera sì da consentirne l'esecuzione secondo le modalità contemplate nello Stato richiesto). In definitiva, alla luce dell'art. 54, la sussidiarietà funzionale che il diritto interno dello Stato membro presenta rispetto al diritto dell'Unione si estende a «prodotti» giudiziari o normativi di altri Stati membri che beneficiano del diritto alla libera circolazione nello spazio giudiziario comune (Salerno, 406).

Con riferimento alle concrete modalità dell'adattamento si è sottolineato (Leandro, 614) che l'inciso «nella misura del possibile» è tanto indice della possibile infruttuosità dell'adattamento, quanto esortazione verso una ricerca «attenta e capillare» che deve precedere l'eventuale esclusione dell'adattamento. Ricerca che, «attraverso un procedimento per quanto possibile analogico», deve essere compiuta esaminando le «peculiarità funzionali» dei modelli previsti per i provvedimenti giudiziari, la finalità di questi in rapporto alle diverse forme di tutela giurisdizionale e, in particolare, ove si tratta di procedere all'esecuzione del provvedimento straniero «ignoto», la funzione e la struttura delle forme di esecuzione».

In dottrina (Salerno, 406-407) si è peraltro osservato come in Italia non dovrebbero sorgere particolari problemi avuto riguardo alla previsione di ben quattro, distinte forme di esecuzione (espropriazione forzata, esecuzione per consegna o rilascio, esecuzione di obblighi di fare o di non fare ed art. 614-bis c.p.c.).

In attesa di verificare quali casi concreti di adattamento emergeranno dalla prassi, in dottrina sono emersi dubbi quanto alla sede nella quale debba procedersi all'adattamento e quanto alle possibili reazioni a fronte di un adattamento ritenuto erroneo.

Con riferimento al primo profilo da ultimo evocato, si è ritenuto che all'adattamento non debba procedere il giudice (cui è riservata un'attività – eventuale – di controllo), ma il creditore. In questa prospettiva, la sede dell'adattamento sarebbe il precetto (Biavati, 197). Ne discende che il controllo su un adeguamento in tesi non corretto dovrebbe avvenire mediante lo strumento dell'opposizione (Biavati, 197 il quale precisa anche di ritenere preferibile la configurazione, nel caso in esame, dell'opposizione agli atti esecutivi e non dell'opposizione all'esecuzione, atteso che sarebbe in concreto contestata non la decisione – da impugnare, eventualmente, all'estero – e neppure il diritto dell'esecutante di procedere, ma, solo, il modo in cui il creditore ha tradotto nell'ordinamento richiesto la decisione formatasi nello Stato d'origine). In una differente prospettiva si è invece ritenuto preferibile rimettere tale adattamento alle autorità nazionali competenti per l'esecuzione; ne discende che l'adattamento dovrebbe essere realizzato, in prima battuta, dall'ufficiale giudiziario e che l'intervento del giudice sarebbe configurabile solo in caso di problemi o contestazioni (Malatesta, Nisi, 159). In questa prospettiva, infine, il rimedio a fronte di un adattamento ritenuto erroneo sarebbe l'opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. (non sussistendo i dubbi concernenti la proponibilità dell'opposizione all'esecuzione ovvero agli atti esecutivi che caratterizzano – come visto – la prima tesi).

Le ulteriori disposizioni comuni: rinvio.

Gli artt. 55, 56 e 57 pongono ulteriori disposizioni comuni al riconoscimento ed all'esecuzione delle decisioni. Si tratta di disposizioni che non presentano particolari profili di criticità ed al cui testo, pertanto, si rinvia.

È in questa sede appena il caso di rilevare che l'art. 56 è espressione della volontà di limitare al massimo i costi per l'esecuzione delle decisioni così agevolandone la circolazione.

Infine, con riferimento agli attestati previsti dagli artt. 53 e 60, l'art. 57.2 prevede che gli Stati membri debbano dare comunicazione alla Commissione delle lingue accettate per la traduzione dei moduli nel caso in cui la relativa certificazione sia esibita nell'ordinamento interno per dare efficacia alla decisione straniera. La norma prevede anche che la lingua impiegata per la redazione del modulo può essere diversa da quella in cui è stato redatto il titolo giudiziario. In dottrina (Salerno, 337) si è osservato che la scelta a favore della sola lingua nazionale dello Stato richiesto rende senza dubbio minori gli oneri processuali, ma potrebbe ostacolare l'impiego extra-territoriale del titolo.

Bibliografia

Biavati, L'esecutorietà delle decisioni nell'Unione europea alla luce del Reg. UE n. 1215/2012, in Capponi, Sassani, Storto, Tiscini, Il processo esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 189 ss.; Carbone, Tuo, Il nuovo spazio giudiziario europeo in materia civile e commerciale. Il regolamento UE n. 1215/2012, Torino, 2016; D'Alessandro, Il titolo esecutivo europeo nel sistema del regolamento 1215/2012, in Besso, Frus, Rampazzi, Ronco, Trasformazioni del processo civile. Dalla l. 69/2009 al d.d.l. delega 10 febbraio 2015, Bologna, 2015; Leandro, Prime osservazioni sul regolamento (UE) n. 1215/2012 («Bruxelles I bis»), in Giusto proc. civ., 2013, 2, 585 ss.; Lupoi, Di crediti non contestati e procedimenti di ingiunzione: le ultime tappe dell'armonizzazione processuale in Europa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 173 ss.; Malatesta, Nisi, La riforma del regolamento Bruxelles I. Il regolamento (UE) n. 1215/2012 sulla giurisdizione e l'efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale, Milano, 2016; Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nel Regolamento (UE) n. 1215/2012 (rifusione), Padova, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario