Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 67 - Procedura di ristrutturazione dei debiti

Francesco Bartolini

Procedura di ristrutturazione dei debiti

1. Il consumatore sovraindebitato, con l'ausilio dell'OCC, può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. La proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma 1.

2. La domanda è corredata dell'elenco:

a) di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione;

b) della consistenza e della composizione del patrimonio;

c) degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni2;

d) delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;

e) degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l'indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia.

3. La proposta può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dal comma 4.

4. E' possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, dei beni e dei diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall'OCCLa proposta può prevedere, per i crediti di cui al primo periodo, una moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento e sono dovuti gli interessi legali3.

5. E' possibile prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull'abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della domanda, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.

6. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

[1] Comma modificato dall'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147. Per la decorrenza vedi l'articolo 42, comma 1, del D.Lgs. 147/2020 medesimo.

Inquadramento

L'art. 67 del Codice della crisi d'impresa ha ridisciplinato la materia che nella l. n. 3/2012 costituiva oggetto della normativa riguardante il piano del consumatore. Il Codice ha sostituito questo piano con la nuova denominazione di ristrutturazione dei debiti del consumatore, ora considerato e disciplinato come uno degli strumenti di regolazione della crisi. Della precedente sistemazione esso ha conservato: la riserva della figura giuridica al solo consumatore, quale modalità di ristrutturazione dei suoi debiti; l'iniziativa a lui rimessa di proporre ai creditori un piano per la loro accettazione e di rivolgersi al giudice per la sua omologazione; la non necessità del voto dei creditori; e la meritevolezza dello stesso richiedente. La non necessità del voto creditorio era stata giustificata dal timore dichiarato che la particolare situazione del consumatore potesse esporlo a votazioni ispirate da risentimenti o intenzioni di rivalsa, data la peculiarità dei rapporti che legano questa tipologia di debitori ai creditori nella loro vita abituale e quotidiana. Deve sul punto ricordarsi che la normativa sui debiti del consumatore era inserita in un provvedimento dedicato al contrasto dell'usura (primi 5 articoli della l. n. 3/2012). Inoltre, si era inteso semplificare gli strumenti disponibili per un debitore caratterizzato dalla generalizzata mancanza di organizzazione e di strutture, per di più escluso dal concordato minore (art. 74). Anche se poi la struttura del procedimento ricalca quella del concordato minore, sia pure con alcune non trascurabili differenze.

La ristrutturazione dei debiti

La dottrina tende a inquadrare la ristrutturazione consentita al consumatore tra le procedure concordatarie. Lo schema, infatti, è quello della proposizione di un piano predisposto e organizzato sul quale si chiede il concorso delle volontà di accettazione degli aventi diritto ad un soddisfacimento dei crediti. Ai creditori è riconosciuta la facoltà di opporsi all'omologazione, nella forma della contestazione del piano attraverso le loro osservazioni. Non è prevista l'espressione del voto da parte di costoro, come è tipico dei concordati veri e propri; ma ai creditori è assicurata la libertà di manifestare la loro preferenza sia dalla facoltà loro riconosciuta di proporre osservazioni di contestazione al piano e sia attraverso l'impugnazione dell'omologazione. Vanno tuttavia segnalate alcune differenze, pur nell'ambito delle procedure concordatarie.

Nei concordati in cui è prevista la votazione la maggioranza prevale e vincola ed è sufficiente l'elemento del numero a fare la differenza decisiva. Negli altri strumenti di regolazione della crisi, nei quali non è richiesto il voto, ciascun dissidente è libero di esprimere un dissenso personale e il giudice può ritenere non condivisibile il suo parere negativo. Nell'un caso la volontà espressa dai numeri costituisce l'elemento rilevante e definitivo. Nell'altro, la volontà del creditore può essere superata da una valutazione che la ritenga ingiustificata.

Inoltre, nel concordato il fine da raggiungere è il soddisfacimento dei creditori, senza che esso debba necessariamente consistere in un beneficio pecuniario: la circostanza consente l'utilizzazione di mezzi diversi dalla sola corresponsione di somme di denaro. La ristrutturazione dei debiti implica per contro un riferimento ai crediti nel loro importo monetario. Il primo comma dell'art. 67 riferisce chiaramente il soddisfacimento ai crediti, e non ai creditori. E ciò comporta che la proposta indichi un risultato, estintivo o parziale, riferito ad uno specifico ammontare pecuniario nel quale si concreta il contenuto oggettivo del credito. Sono pertanto escluse forme satisfattive diverse dal pagamento.

La normativa del Codice rimane per questo aspetto nell'ambito di quanto era stato raggiunto dalla giurisprudenza a proposito del concordato in genere, per la quale ad integrare la prestazione patrimoniale era sufficiente, quale pagamento parziale, un soddisfacimento avente un minimo contenuto patrimoniale (Cass. n. 6022/2014).

La proposta

La proposta di soluzione al sovraindebitamento è dichiarata di contenuto libero, dall'art. 67, e il soddisfacimento da proporre è indicato come anche parziale e differenziato, da conseguire in qualsiasi forma. La norma citata enuncia di seguito quelle che potremmo considerare esemplificazioni della libertà di contenuto concessa al consumatore:

– il piano può prevedere la falcidia e la ristrutturazione di debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, della pensione o del TFR e dalle operazioni di prestito su pegno;

– i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, a condizione che ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a una certa misura: il testo originario la indicava come quella realizzabile in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato dei beni o diritti oggetto della causa di prelazione attestato dall'OCC; il provvedimento di correzione del codice, d.lgs. n. 136/2024, ha modificato questa indicazione sostituendola con: «dei beni e dei diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall'OCC»;

– la proposta può prevedere, per gli stessi crediti di cui al primo periodo, una moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento e sono dovuti gli interessi legali; il periodo in questo senso aggiunto al comma 4 ha lo scopo di risolvere il dubbio interpretativo emerso sull'ammissibilità di una moratoria nel pagamento di crediti privilegiati o garantiti nell'ambito del piano di ristrutturazione del consumatore e sui suoi limiti temporali. La moratoria era già stata prevista, per la durata di un anno, dalla l. n. 3/2012 e l'attuale ampliamento del termine intende contemperare l'esigenza di agevolare i procedimenti di ristrutturazione con la necessità di approntare una idonea tutela delle ragioni dei creditori che, nel piano del consumatore, non sono chiamati a esprimere il loro voto. Proprio a tutela delle ragioni dei creditori si è stabilita, altresì, la spettanza degli interessi legali durante il periodo di moratoria;

– è ammesso il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull'abitazione principale del debitore, alle condizioni di cui al comma quinto dell'art. 67. Si veda anche il paragrafo 4.

La dottrina evidenzia la necessità che la ristrutturazione dei debiti del consumatore comporti di per sé un limite di durata alle dilazioni di pagamento proposte con il piano. Questo deve contenere imprescindibilmente l'indicazione dei tempi e delle modalità di esecuzione della proposta ma il connotato di libertà di contenuto assicurato al promittente gli consente altrettanta libertà a proposito delle dilazioni di pagamento. Quando il debitore è l'imprenditore la scansione dei tempi è collegata ai ritmi delle attività imprenditoriali ed ai flussi di costi e ricavi. Sulla base di questi elementi la previsione di un soddisfacimento acquista concretezza e possibilità di essere accettata. Se, invece, il debitore è il consumatore, il differimento slegato da indicazioni temporali concrete potrebbe tradursi nella sostanziale elusione delle obbligazioni da sanare. Il reintegro offerto ai creditori rimarrebbe esposto ad evenienze imprevedibili ed alla sorte, senza un collegamento preciso almeno ad eventi che circoscrivano nel tempo il momento delle prestazioni pianificate. A questo proposito si pone il problema delle fonti dalle quali si prospetta al giudice e al creditore la disponibilità finanziaria con la quale far fronte al piano. Se invano si era cercato di enucleare dalle materie trattate da altre normative dell'ordinamento un indice di durata temporale da assumere a parametro anche per il caso del consumatore che chiede la ristrutturazione dei suoi debiti (sette anni, come per la ragionevole durata del processo?), deve ammettersi che la dilazione non possa concretarsi in un allontanamento delle prestazioni verso un momento indefinito e indeterminato (con riferimento alla l. n. 3/2012 la Corte di cassazione, con sent. n. 17391/2020 e sent. n. 17834/2019, aveva affermato che negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore era possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione previsto dall'art. 8 della legge citata e al di là delle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisse ai titolari di detti crediti il diritto di voto).

La valutazione del requisito che ne deriva costituisce oggetto della valutazione di fattibilità del piano.

Rispetto alla normativa che ha fatto da precedente, dettata dall'art. 7 della l. n. 3/2012, la libertà di dare contenuto al piano risulta per il consumatore ampliata. Il Codice della crisi d'impresa non dispone più che il piano preveda il pagamento integrale dei crediti impignorabili e non dispone più l'intangibilità dei crediti per i tributi ritenuti «propri» dalla UE, quali quelli per IVA e per ritenute previdenziali e assistenziali non versate. Non sono imposti trattamenti differenziati per i crediti fiscali. L'erario resta assistito dalla preferenza stabilita dalla legge, ove prevista, con diritto al soddisfacimento nei limiti di capienza del bene gravato dal privilegio. Si descrive la situazione di discrezionalità conferita al consumatore ricorrendo a un paradosso: l'unico limite imposto dalla legge è di dare tutto a qualcuno e lasciare senza qualcosa gli altri. In realtà la normativa impone il rispetto delle cause legittime di prelazione e la par condicio creditorum, nei limiti di cui ai commi terzo, quarto e quinto dell'art. 67.

La proposta deve essere corredata dalla documentazione di cui al secondo comma dell'art. 67.

L'elenco dei creditori proviene dal debitore ed ha un valore soltanto informativo, sia nei confronti dei creditori che con riguardo al giudice. Le indicazioni non valgono come ammissioni del singolo avente diritto alla procedura né formano una sorta d stato passivo soggettivo, come nella liquidazione giudiziale o nel concordato. Chi ne è rimasto al di fuori può far valere il suo buon diritto; chi vi è menzionato può poi venirne escluso sia perché il suo credito non sussiste e sia perché può essere soddisfatto in modo alternativo al piano.

Analoga finalità informativa hanno: l'elenco dei beni che compongono il patrimonio; l‘elenco degli atti di straordinaria amministrazione (divenuti atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, dopo il Correttivo, con espressione maggiormente comprensiva e più in linea con la gestione dell'impresa piuttosto che con l'attività del consumatore: il quale per definizione è estraneo a scopi imprenditoriali) compiuti negli ultimi cinque anni, che ha inoltre rilevanza ai fini di eventuali azione revocatorie; le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; gli stipendi, le pensioni e le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l'indicazione di quanto occorre al mantenimento della famiglia.

Attraverso queste indicazioni si ricostruisce, in sostanza, l'attivo e il passivo riferito alla posizione del consumatore e della sua famiglia.

Contenuto possibile della proposta

Il terzo comma dell'art. 67 consente che la proposta preveda la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR, della pensione o delle operazioni di prestito su pegno. La fattispecie riguarda il caso in cui chi propone la ristrutturazione ha già impegnato il quinto delle sue risorse periodiche, in genere di lavoro, e pertanto ha una disponibilità limitata sulla quale operare a beneficio dei creditori diversi dal cessionario. In difetto di disposizioni specifiche, nella vigenza della l. n. 3/2012, che conteneva una disposizione analoga, la giurisprudenza aveva affermato che doveva farsi capo alla disciplina della cessione di crediti futuri, in analogia al disposto dell'art. 2918 c.c. In allora questo orientamento era giustificato dalla norma della legge citata secondo cui il decreto di omologazione era equiparato al pignoramento: circostanza, questa, che a tale orientamento forniva un appiglio in diritto. L'equiparazione non è più prevista dal Codice, il quale attualmente dispone qualcosa di diverso. La cessione del credito rimane efficace e opponibile ma il credito del mutuante è trattato come tutti gli altri che sono oggetto della ristrutturazione (salvezza espressa da quanto previsto dal comma quarto). L'efficacia della cessione si risolve nel diritto del creditore a veder mantenuto il suo credito e a percepire i pagamenti in modo diretto, secondo quanto stabilito nel contratto. L'importo a lui dovuto subisce però la falcidia prevista per gli altri crediti, sino ad estinzione del credito tutelato dalla cessione; estinzione che libera il debitore e rende disponibile alla procedura le somme non più dovute.

Il comma quarto dell'art. 67 consente il soddisfacimento non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca. La disposizione è necessitata, pena la sostanziale impossibilità di riuscita della ristrutturazione. Sono, tuttavia, posti dei limiti, altrettanto necessari a impedire lo svuotamento dei diritti dei creditori privilegiati. Proprio in considerazione del rispetto dovuto al ceto creditorio la dottrina ammette la ripartizione in classi.

Un caso particolare è costituito dalla previsione del comma quinto, relativa al rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull'abitazione principale del debitore. Le condizioni sono esplicitamente menzionate nella disposizione citata ed hanno il trasparente scopo di favorire il debitore, che sia in regola con le obbligazioni assunte verso il mutuante, nel suo intento di acquistare la casa per sé e per la propria famiglia.

Bibliografia

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