Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 69 - Condizioni soggettive ostative

Francesco Bartolini

Condizioni soggettive ostative

1. Il consumatore non può accedere alla procedura disciplinata in questa sezione se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell'esdebitazione per due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

2. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all'articolo 124-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta 1.

[1] Comma sostituito dall'articolo 11, comma 3, del D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147. Per la decorrenza vedi l'articolo 42, comma 1, del D.Lgs. 147/2020 medesimo.

Inquadramento

L'art. 69 del Codice riprende nel suo primo comma in modo sintetico quanto disponeva l'art. 7 della l. n. 3/2012 che si dilungava in una diffusa elencazione. La nuova norma raccoglie in due indicazioni le condizioni soggettive ostative all'accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore: non avere già usufruito in precedenza dell'esdebitazione; non aver determinato la situazione di indebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Il comma successivo si occupa di una fattispecie di contenuto diverso, riferita ad un soggetto diverso e ostativa all'impugnazione dell'omologazione. L'opposizione e il reclamo non sono consentiti questa volta, a determinate condizioni, al creditore.

La norma in esame non ha subito modificazioni per effetto del provvedimento di correzione del Codice.

Non avere usufruito dell'esdebitazione

La condizione soggettiva che riguarda il debitore è costituita dal non avere usufruito dell'esdebitazione nei cinque anni precedenti la domanda o di non averne comunque beneficiato per due volte.

La norma che così attualmente dispone ha risolto una questione che era sorta nella vigenza della l. n. 3/2012, quando essa indicava il momento temporale cui fare riferimento, anteriore rispetto alla ristrutturazione, con l'espressione «il debitore ha fatto ricorso». L'espressione non chiariva esattamente se si dovesse tener conto della data della domanda (il presentare la domanda) o di quella in cui la procedura avesse prodotto i suoi effetti favorevoli (l'aver usufruito della proceduta intrapresa con il ricorso). Attualmente è chiaramente precisato che il consumatore proponente non deve essere stato in precedenza esdebitato, nei limiti temporali precisati. Dunque, ha rilevanza il risultato finale.

Non sono più ostative una esdebitazione che è stata revocata e neppure una esdebitazione che è stata dichiarata inammissibile. Per questa seconda evenienza parte della dottrina ritiene che comunque sussista una residua ragione ostativa, nel senso che, se una proposta è già stata in passato dichiarata inammissibile, una richiesta di ristrutturazione non ne risulta impedita, a patto, però, che ne vengano mutate le condizioni espresse nel piano. La riproposizione con contenuto identico rappresenterebbe una elusione della antecedente declaratoria di inammissibilità.

L'aver determinato la situazione di indebitamento

La seconda delle condizioni di cui al primo comma dell'art. 69 attiene a quella che già nella vigenza della legge fallimentare veniva denominata «meritevolezza» del debitore. Si intendeva, in allora, consentire un atteggiamento di non riprovazione verso l'imprenditore a patto che la sua insolvenza fosse dovuta a motivi diversi dalla violazione dei doveri inerenti alla sua professione o riferiti all'affidamento dei suoi creditori. Attualmente si allude ad un rapporto di causa ed effetto che non deve essere colorato da colpa grave, malafede o frode.

La norma citata pone la meritevolezza a condizione dell'accesso alla procedura e non soltanto quale elemento ostativo all'omologazione. Ciò significa che il requisito soggettivo deve essere stato verificato dall'OCC nel momento in cui predispone la sua relazione per il giudice e per i creditori. La verifica in proposito è naturalmente effettuata secondo quanto può essere accertato nella fase preparatoria che precede il deposito della domanda, sulla base delle indicazioni ricevute dallo stesso debitore e della documentazione che è stato possibile raccogliere. Un apprezzamento diverso può poi risultare se emergono creditori non indicati dal consumatore proponente, se vengono intraprese contestazioni e se pervengono notizie di fatti prima non conosciuti. Infine, l'ultimo vaglio spetta al giudice, nel traguardo costituito dall'omologazione della proposta.

Se facile può essere l'accertamento della causa dell'indebitamento, più delicata appare la valutazione avente ad oggetto la colpa grave, la mala fede e la frode.

Il nesso causale è accertabile dal raffronto tra le risorse disponibili e le spese sostenute. L'apprezzamento risulta raggiungibile in base a dati oggettivi, di premessa e di conseguenza, rispondenti sostanzialmente ad un succedersi meccanicistico di eventi. Per contro, la colpa, la buona o mala fede e la frode implicano giudizi affidati ad una larga sfera di possibile soggettività.

Certamente dovrà farsi distinzione tra quella diligenza che è legittimo pretendere dall'uomo comune, da un lato, e le sfortune dovute ad eventi incontrollabili, dall'altro, quali l'inaspettato aumento del costo della vita, la polverizzazione dei risparmi, la perdita improvvisa del lavoro, gli esborsi per la separazione coniugale e simili. Pur quando possa riscontrarsi a carico del debitore una colpa per imprudenza può essere non agevole stabilire se la sua conseguente responsabilità possa dirsi grave sino al punto di impedire una ristrutturazione dei debiti. Sono sicuramente annoverabili tra le condotte gravemente colpose l'aver fatto spese sproporzionate al proprio tenore di vita; o l'aver omesso di svolgere attività utili soltanto perché scomode; o l'aver destinato le somme dovute al creditore a fini voluttuari e largamente superflui. Un elemento importante può essere fornito dalla disponibilità dei mezzi residui messi a disposizione degli aventi diritto al soddisfacimento dei loro crediti: se ancora importanti, ciò può significare che il debitore ha avuto un senso della misura.

L'impedimento all'opposizione o al reclamo in sede di omologa

Non è ammesso a presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, per contestare la convenienza della proposta, il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o che ha violato i principi di cui all'art. 124-bis del d.lgs. n. 385/1993. Anche questa situazione riguarda il merito: ma con riferimento al comportamento negativo del creditore, la cui sussistenza, da sola, limita le possibilità di contestare quel danno che ha contribuito a cagionare (applicazione del principio generale stabilito dall'art. 1227 c.c.).

La norma di cui all'art. 124-bis dispone che prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Se le parti convengono di modificare l'importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell'importo totale del credito. Essa, dunque, è riferita al comportamento di un possibile creditore che è un finanziatore di professione, autorizzato a svolgere la relativa attività in base alle disposizioni del Testo unico bancario. Questa fattispecie, così riduttiva quanto ad ambito di applicazione soggettivo, riduce la portata della condizione di ostacolo; e si affianca a quella più ampia costituita dall'aver colpevolmente determinato la situazione di indebitamento, riferita ad un qualsiasi consumatore.

La disposizione relativa al così detto merito creditizio trova riscontro del dettato dell'art. 68, comma 3, che affida all'OCC il compito di indicare nella sua relazione se il soggetto finanziatore abbia tenuto conto del merito del debitore valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l'importo che gli è necessario a tenere un dignitoso tenore di vita.

Bibliografia

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