Codice Civile art. 2784 - Nozione.

Rosaria Giordano

Nozione.

[I]. Il pegno è costituito a garanzia dell'obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore.

[II]. Possono essere dati in pegno i beni mobili [812], le universalità di mobili [816], i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili [813].

Inquadramento

Il pegno è un diritto reale di garanzia che ha per oggetto i beni mobili non registrati (per i beni mobili registrati si ha l'ipoteca), le universalità di mobili, i crediti e gli altri diritti aventi per oggetto beni mobili. Tale diritto nasce dal contratto di pegno stipulato tra il creditore (pignoratizio) e il proprietario del bene dato in pegno, il quale di regola è il debitore e, più raramente, è un terzo estraneo al rapporto obbligatorio, e serve a costituire una garanzia specifica per i crediti. Essenziale per il perfezionamento del contratto è il trasferimento del bene da parte del datore del pegno e la relativa consegna a favore del creditore pignoratizio, anche se non mancano ipotesi di pegno cosiddetto anomalo, previste dalla legge, nelle quali la consegna del bene è sostituita da altre forme giuridiche di registrazione e annotazione.

La garanzia rappresentata dal pegno è indivisibile, nel senso che perdura sino all'integrale soddisfazione della pretesa creditoria.

L'effetto giuridico fondamentale della costituzione di pegno è la prelazione accordata al creditore pignoratizio sul valore dell'oggetto dato in pegno.

Altri effetti della costituzione del pegno sono, tra gli altri, la facoltà di far propri i frutti del bene pignorato (imputandoli alle spese, agli interessi e al debito capitale, nell'ordine), il diritto di ritenzione per ogni nuovo debito sopravvenuto tra le medesime persone dopo la costituzione del pegno e scaduto anteriormente al soddisfacimento del credito relativo, il diritto di chiedere la vendita anticipata del pegno se la garanzia rappresentata da questo sia per divenire insufficiente a causa del deterioramento del bene pignorato, la legittimazione all'azione di rivendica del medesimo, quando il creditore pignoratizio ne abbia eventualmente perduto il possesso.

Il creditore pignoratizio ha peraltro il dovere di custodire il bene pignorato, di astenersi tanto dall'uso del medesimo (salvo che l'uso sia necessario per la conservazione), quanto dal costituire lo stesso pegno in pegno (sub-pegno) presso altri.

Il datore del pegno, per sua parte, a tutela del diritto di proprietà sulla cosa, può chiedere il sequestro del pegno in caso di abuso da parte del creditore, esigere la restituzione del medesimo dopo il totale soddisfacimento delle ragioni creditorie (comprendenti spese, interessi e capitale), chiedere (analogamente a quanto è in potere del creditore pignoratizio) la vendita anticipata del pegno quando esso si deteriori, diminuisca di valore, o quando si presenti occasione favorevole, ovvero ancora domandare la restituzione del pegno offrendo altra idonea garanzia reale.

Caratteri generali del diritto di pegno

Contenuto essenziale del diritto di pegno è la prelazione, ossia il diritto del creditore di farsi pagare con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno, senza che tale garanzia reale e specifica assorba la garanzia generale ordinaria spettante al creditore medesimo ai sensi dell'art. 2740 c.c. (Cass. I, n. 9512/1993).

Conseguenza della funzione di garanzia del pegno è l'accessorietà dello stesso rispetto al credito garantito (Gabrielli, 331). Presupposto necessario per la costituzione di un diritto di pegno, infatti, è l'esistenza di un'obbligazione garantita cui corrisponda un credito di somma di danaro, tale originariamente o comunque suscettibile di acquistare carattere pecuniario, indispensabile per poter promuovere l'esecuzione per espropriazione. In alcune ipotesi, tuttavia, il suddetto carattere dell'accessorietà sembrerebbe venire meno: così, ad esempio, nei casi di pegno a garanzia di un credito futuro, di pegno omnibus a garanzia di obbligazioni future.

Un'altra caratteristica del pegno è l'inerenza del diritto al bene concesso in garanzia, che si concretizza nel c.d. diritto di «seguito» o «sequela», vale a dire l'opponibilità del vincolo a chiunque si renda acquirente del bene gravato.

Soggetto legittimato alla costituzione del pegno

Il pegno può essere costituito dal debitore o da un terzo, senza tuttavia perdere, anche nel secondo caso, la funzione che gli è propria: invero, la costituzione del pegno ad opera del terzo assolve la funzione di garanzia del debito del debitore garantito e non può essere utilizzata per estinguere i crediti vantati dal beneficiario verso il terzo (Cass. II, n. 17477/2012).

In senso analogo si è osservato che, allorché il creditore si soddisfi sul pegno, si determina il pagamento, totale o parziale, del debito e non la compensazione, in quanto il creditore preleva direttamente la somma che il debitore dovrebbe pagargli e tale principio opera anche se il pegno è stato costituito dal terzo, il quale, così facendo, si costituisce quale ulteriore debitore del creditore, senza, con ciò, divenire a sua volta creditore di costui, sicché la prelazione pignoratizia determina il mero adempimento del debito originario da parte del terzo, restando irrilevante il fatto che quest'ultimo possa poi agire in regresso nei confronti del debitore, posto che a tale rapporto il creditore rimane estraneo (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 17046/2016).

Tuttavia mediante l'opposizione alla vendita della cosa pignorata, disciplinata dall'art. 2797 c.c., sia il debitore che il terzo datore di pegno possono far valere non solo eventuali vizi procedurali, ma anche eccezioni di merito relative al rapporto obbligatorio a garanzia del quale fu concesso il pegno, mediante un'opposizione soggetta al regime dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615, e non al più restrittivo regime previsto per l'opposizione agli atti esecutivi dall'art. 617 (cfr., tra le altre, Cass. n. 27266/2008).

Al terzo datore di pegno, che abbia soddisfatto il creditore, deve riconoscersi l'azione di regresso contro il fideiussore, in applicazione analogica di quanto disposto, in favore del terzo datore d'ipoteca, dall'art. 2871, comma 2, c.c., norma non avente carattere eccezionale e, quindi, non compresa nel divieto, di cui all'art. 14 preleggi, di applicazione oltre i casi ed i tempi in essa considerati (Cass. III, n. 18522/2007; v., analogamente, in sede di merito, Trib. Milano 30 aprile 2001, in Foro pad., 2002, I, 135, nel senso che al terzo datore di pegno deve riconoscersi azione di regresso nei confronti del debitore principale, una volta che il creditore abbia realizzato il proprio credito, e quindi il terzo datore abbia perso la proprietà del bene conferito in garanzia).

In generale, costituisce ius receptum il principio per il quale, in tema di pegno, la forma scritta e la datazione sono richieste affinché possa avere luogo la prelazione, ossia per rendere opponibile la garanzia ai creditori del terzo datore o ad altri creditori del debitore costituente il pegno, mentre nei rapporti fra le parti la costituzione della garanzia non è subordinata a nessuna formalità (v., tra le molte, Cass. n. 14070/1999).

Distinzione tra pegno regolare e pegno irregolare

Il pegno irregolare si differenzia da quello regolare in quanto le somme di danaro o i titoli depositati presso il creditore diventano di proprietà del medesimo, sicché in caso di inadempimento del debitore, il creditore è tenuto soltanto a restituire l'eventuale eccedenza dei titoli rispetto alle somme garantite, mentre nel pegno regolare egli ha diritto a soddisfarsi disponendo dei titoli ricevuti in pegno (cfr., ex plurimis, Cass. I, n. 24137/2018).

Il pegno irregolare è disciplinato dall'art. 1851 c.c. con riferimento al contratto di anticipazione bancaria, ma è considerato istituto di applicazione generale. Il costituente la garanzia consegna alla banca beni fungibili che diventano di proprietà dell'istituto di credito con obbligo di restituzione del tantundem di cose appartenenti allo stesso genere al momento della scadenza, ovvero, in caso di inadempimento, di ritenere le stesse e restituire l'eccedenza (cfr. Cass. S.U., n. 202/2001).

Peraltro, in materia di pegno irregolare di denaro, la circostanza che il creditore, avendo acquisito la disponibilità del denaro, si trovi a godere degli interessi, fa sì che il ricavato debba essere imputato a deconto prima delle spese, poi degli interessi e, infine, del capitale dovuti dal debitore (come si argomenta dall'art. 2791 c.c.), ma non sospende automaticamente il corso degli interessi sul debito garantito, il cui tasso, del resto, non necessariamente corrisponde a quello degli interessi che maturano sulle somme date in pegno (Cass. I, n. 3794/2008).

La S.C. ha tuttavia chiarito che, in tema di pegno, sebbene le parti, nella loro autonomia negoziale, abbiano il potere di determinarne l'oggetto, la durata e, eventualmente, la possibilità di sostituzione mediante il meccanismo cosiddetto rotativo, non hanno anche la facoltà di qualificarlo come regolare o irregolare, discendendo tale conseguenza giuridica dalle norme del codice civile in tema di diritti reali di garanzia opponibili a terzi, che hanno carattere indisponibile (Cass. I, n. 2120/2014).

Occorre considerare che il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non è legittimato per carenza di interesse, né tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare, ai sensi dell'art. 53 l.fall., per il soddisfacimento del proprio credito (v., ex ceteris, Cass. I, n. 2818/2018).

Sul piano processuale è stato chiarito dalla S.C. che la parte che nel primo grado del giudizio abbia qualificato il pegno di cose fungibili come irregolare, pertanto con facoltà per il creditore pignoratizio di disporre del bene oggetto della garanzia, in grado d'appello non può fondare la propria domanda sull'opposta qualificazione quale pegno regolare, attraverso la quale introdurrebbe in sede di gravame una nuova causa petendi o una nuova eccezione, entrambe precluse dall'art. 345 c.p.c. (Cass. I, n. 22096/2020; Cass. I, n. 10629/2007).

Particolari tipi di pegno

Il c.d. pegno rotativo

Il c.d. «patto di rotatività» – con il quale le parti convengono, sin dall'origine la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico – si caratterizza come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione (cfr. Cass. III, n. 27501/2023; Cass. I, n. 25796/2015, in Banca borsa tit. cred., 2015, II, n. 4, 413, con nota di Rapisarda, fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto il valido permanere di una siffatta garanzia in favore di una banca che aveva venduto, alla scadenza, i titoli originariamente ricevuti in pegno, utilizzandone il controvalore, benché depositato temporaneamente sul conto corrente ordinario del cliente, per acquistarne, con il suo consenso, altri da immettere in pegno sul conto deposito a garanzia di quest'ultimo).

La Corte di cassazione ha per altro verso chiarito che il pegno rotativo è lecito purché le parti sottoscrivano accordo scritto con cui esprimano la volontà di assoggettare a garanzia una certa quantità di beni mobili e la rotatività lasci invariato il valore economico dei titoli corrispondente alla capienza della garanzia prestata (Cass. I, n. 25796/2015).

L'atto con il quale si provvede alla sostituzione dell'oggetto della garanzia costituisce attuazione della prevista rotatività, sicché i relativi effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno (Cass. I, n. 13508/2015). Al contempo è stato peraltro precisato che, nel pegno rotativo, l'espressa previsione che la sostituzione dei beni oggetto di garanzia sia accompagnata dalla consegna, e che i beni in sostituzione non abbiano valore superiore ai precedenti, non costituiscono elementi essenziali del patto richiesti a pena di nullità, ma solo condizioni di opponibilità ai terzi del diritto di prelazione del creditore su quanto ricevuto in pegno (Cass. III, n. 1526/2010, in Riv. Notariato, 2011, II, n. 1, 162, con nota di Merlino).

Il legislatore ha recepito la fattispecie del pegno rotativo in alcune rilevanti disposizioni, innanzitutto nel T.U. dell'intermediazione finanziaria (d.lgs. n. 58/1998) ed in secondo luogo nel decreto legislativo, recante disposizioni per l'introduzione dell'euro nell'ordinamento nazionale (d.lgs. n. 213/1998), entrambi in materia di vincoli sugli strumenti finanziari dematerializzati. Infine, la garanzia rotativa ha trovato riconoscimento normativo con il d.lgs. n. 170/2004.

Il pegno su cosa futura

La possibilità che il pegno abbia ad oggetto cose future, sebbene non espressamente prevista dalla legge, è, tuttavia, ritenuta ammissibile dalla dottrina in virtù dei principi generali (Chironi, 456; Realmonte, Gorla, Zanelli, 29-30) e ciò anche ove si tratti di cosa futura avente carattere fungibile, atteggiandosi, in tal caso, il vincolo come pegno irregolare di cosa futura, nozione nell'ambito delle quale possono essere ricondotti sia una cosa non ancora esistente in rerum natura, sia un bene che attualmente non fa parte del patrimonio di un determinato soggetto (Majorca, 21).

Il pegno di cosa futura si caratterizza per la non coincidenza tra il momento genetico del contratto (ovvero il titolo), riconducibile all'accordo tra le parti e quello in cui il pegno viene concretamente costituito e, dunque, sorge mediante la consegna al creditore della cosa, frattanto venuta ad esistenza, previa sua individuazione, se si tratta di cosa fungibile (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 7257/2010).

Il pegno di crediti

È stato precisato che, in tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 c.c. comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 c.c., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto tra le parti, comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, comma 3 c.c., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito (Cass. I, n. 24790/2016).

Il pegno omnibus

Nella prassi dei rapporti commerciali e finanziari, e soprattutto in quella bancaria, sono presenti nei modelli contrattuali le c.d. clausole omnibus, in forza delle quali il pegno costituito dal cliente garantisce la banca anche per i crediti futuri ed eventuali che l'istituto bancario potrà vantare nei suoi confronti. Mentre nel pegno rotativo e nel pegno di cosa futura l'indeterminatezza riguarda il bene costituito in pegno, in questo l'elemento indeterminato è il credito garantito.

È considerata nulla l'apposizione, ad un contratto di pegno, di una clausola contenente un generico riferimento ad ogni altro eventuale credito presente e futuro, diretto o indiretto, vantato dal creditore in quanto contrario al dettato imperativo dell'art. 2787 c.c., che richiede, ai fini dell'operare della prelazione, una sufficiente indicazione del credito contenuta nella scrittura avente data certa.

Pegno su titoli dematerializzati

Il pegno su titoli dematerializzati si costituisce con l'annotazione nel conto degli intermediari.

L'art. 2 del d.lgs. n. 170/2004 prevede che detta annotazione è idonea anche a fornire prova della prestazione della garanzia finanziaria; ovvero l'annotazione del pegno nel conto dell'intermediario ha un duplice effetto: vale a costituire il pegno su titoli dematerializzati e vale a provare che il pegno su quegli specifici titoli dematerializzati sia stato costituito, nulla vietando che quest'ultima prova sia fornita anche con mezzi diversi ed ulteriori dal creditore (cfr. Trib. Padova 19 luglio 2018).

Per altro verso, è stato puntualizzato che, in tema di pegno di azioni, il creditore pignoratizio che sia a conoscenza di informazioni sul rischio di un sensibile deterioramento del valore economico del bene in garanzia è obbligato a fornirle immediatamente al debitore e a procedere alla tempestiva ed efficiente liquidazione dei beni oggetto della garanzia; ove le parti si siano avvalse della facoltà prevista dall'art. 2786, comma 2, c.c., analogo obbligo di custodia delle cose date in pegno, improntato al superiore principio di buona fede, sorge in capo al terzo, potendo la sua responsabilità concorrere in solido con quella del creditore (Cass. n. 6549/2023).

Pegno di saldo di conto corrente

Il pegno del saldo di conto corrente bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, ragion per cui la banca garantita non acquisisce la somma portata dal saldo, né ha l'obbligo di restituire al debitore il tantundem, sicché, difettando i presupposti per la compensazione dell'esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, l'incameramento della somma conseguente all'escussione del pegno rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 67 l.fall. ed è assoggettabile a revocatoria fallimentare (Cass. I, n. 16618/2016).

Casistica

La costituzione volontaria di pegno su stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti di dipendenti pubblici, anche in ragione della sua causa concreta, ravvisabile ex latere creditoris nel vincolo sulla disponibilità degli emolumenti a garanzia del credito, è vietata ex art. 1 del d.P.R. n. 180/1950 in forza dell'assimilazione funzionale di essa al pignoramento di crediti vietato, dalla citata norma, allo scopo di garantire la permanente destinazione dei detti emolumenti alla loro naturale funzione di fronteggiare i bisogni propri del dipendente e della sua famiglia (Cass. III, n. 2151/2021).

In tema di amministrazione straordinaria, ma con principio applicabile anche al fallimento, la garanzia costituita da un terzo in relazione ad obbligazioni contratte da una società successivamente assoggettata a procedura concorsuale, non può essere insinuata nel passivo di quest'ultima dal creditore garantito come causa di prelazione relativa al credito verso il debitore assoggettatovi, atteso che alla massa attiva dei beni del debitore non può essere acquisita la cosa oggetto del pegno, della quale il terzo costituente non ha perduto né la proprietà, né il diritto alla restituzione, in caso di integrale soddisfazione del creditore nell'ambito della procedura concorsuale (Cass. I, n. 8121/2022).

Bibliografia

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