Codice Civile art. 2786 - Costituzione.

Rosaria Giordano

Costituzione.

[I]. Il pegno si costituisce con la consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa [1996].

[II]. La cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo designato dalle parti o possono essere posti in custodia di entrambe, in modo che il costituente sia nell'impossibilità di disporne senza la cooperazione del creditore.

Inquadramento

La norma in esame, collocata in apertura della sezione dedicata al pegno di beni mobili, individua la necessità, per la costituzione del pegno, dello spossessamento, cui la dottrina prevalente attribuisce funzione pubblicitaria paragonabile all'iscrizione per l'ipoteca.

La norma va letta in combinato disposto con l'art. 2787 c.c. che disciplina della prelazione, sicché dal concorso di entrambe discende l'individuazione dei requisiti necessari per l'operatività della garanzia pignoratizia.

Prima dell'entrata in vigore del codice civile vigente era generalmente riconosciuta la natura reale del contratto di pegno, mentre il legislatore, mediante la norma in esame, resta silente, con conseguente problematicità della questione.

Modalità di costituzione del pegno

Secondo l'opinione prevalente la forma del contratto di pegno è libera (Realmonte, 655).

Questa impostazione trova conforto nella giurisprudenza assolutamente dominante, per la quale, in tema di pegno, la forma scritta è prevista dall'art. 2787, comma 3 c.c. ai soli fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi dell'art. 2786 c.c., con la consegna della casa al creditore (cfr. Cass. III, n. 1526/2010; v. anche Cass. I, n. 16261/2002, in Fall., 2003, 751, con nota di Signorelli, per la quale, in tema di pegno, dal combinato disposto degli art. 2786, comma 1, e 2787, comma 3, c.c. si evince che la garanzia reale in questione è, nel rapporto tra le parti, validamente costituita con la sola consegna della cosa, senza necessità di ulteriori formalità, mentre l'atto scritto contenente l'identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia è richiesto ai soli fini della prelazione, vale a dire dell'opponibilità della garanzia agli altri creditori del soggetto datore di pegno).

Essenziale, quindi, ai fini della costituzione del pegno, è il c.d. spossessamento del debitore e, di qui, è argomentata la tesi per la quale il contratto di pegno ha natura reale anche nel codice civile vigente (in arg., tra i molti, Ciccarello, 690).

Tuttavia una parte della dottrina ha evidenziato come lo spossessamento costituisca uno strumento inadeguato per le esigenze dell'impresa, la quale non può privarsi della disponibilità delle merci su cui ha concesso la garanzia ovvero dei beni che costituiscono il capitale aziendale (Gabrielli, 114): questa tesi appare ormai avallata sul piano positivo mediante l'introduzione, ad opera dell'art. 1 del d.l. n. 59/2016, conv. in l. n. 118/2016, del c.d. pegno mobiliare non possessorio (v., infra, relativo Commento).

Una volta adempiuta l'obbligazione principale, sorge in capo al creditore l'obbligo di restituzione del bene oggetto della garanzia (cfr. Cass. III, n. 307/1976).

Particolari modalità di costituzione del pegno

In tema di pegno di titoli azionari, la disciplina speciale di cui all'art. 3, r.d. n. 239/1942 prevale su quella dell'art. 2786 c.c., sicché per la costituzione del vincolo e per la sua opponibilità ai terzi non è sufficiente lo spossessamento del titolo accompagnato da una scrittura avente data certa, ma è necessaria la doppia annotazione sul libro dei soci e sul titolo (Cass. I, n. 1588/2017, in Ilsocietario, con nota di Ticozzi; Cass. n. 4766/2007).

La «dematerializzazione» (o «decartolarizzazione») dei titoli di credito, secondo il regime compiutamente attuato dalla l. n. 231/1998, superando la fisicità del titolo, anche agli effetti della costituzione del pegno, non consente di prescindere dallo spossessamento ma consente soltanto forme di consegna e di trasferimento virtuali, senza la movimentazione o addirittura neppure la creazione del supporto cartaceo, ma non elimina la necessità dell'individuazione del titolo, a norma dell'art. 1378 c.c., attraverso meccanismi alternativi di scritturazione (Cass. I, n. 23268/2006).

La partecipazione ad un fondo comune di investimento, in assenza di un certificato individuale, autonomo e separato, costituisce non un titolo di credito nei confronti del fondo, ma solo un credito, rappresentato dall'obbligo della società di investimento di gestire il fondo e di restituirgli il valore delle quote di partecipazione; deve, pertanto, ritenersi legittimo il pegno costituito sulla quota di partecipazione al fondo solo se sia stata rispettata la disciplina prevista per il pegno di crediti dall'art. 2800 c.c., cioè la notifica della costituzione del pegno al debitore ovvero la sua accettazione con atto di data certa (Cass. VI-1, n. 11177/2020, fattispecie nella quale la S.C. ha confermato il decreto impugnato che aveva ritenuto che la girata non fosse sufficiente a far ritenere integrata la notificazione della costituzione del pegno al debitore o la sua accettazione).

Con riferimento al pegno di cosa futura, sull'assunto per il quale lo stesso costituisce una fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall'accordo delle parti (accordo in base al quale vanno determinate la certezza della data e la sufficiente specificazione del credito garantito), avente meri effetti obbligatori, e si perfeziona con la venuta ad esistenza della cosa e con la consegna di essa al creditore, si è affermato che la volontà delle parti è già perfetta nel momento in cui nell'accordo sono determinati sia il credito da garantire che il pegno da offrire in garanzia, mentre l'elemento che deve verificarsi in futuro, per il completamento della fattispecie, è meramente materiale, consistendo esso (oltre che nella venuta ad esistenza della cosa) nella consegna di questa al creditore, ovvero a un terzo designato dalle parti, come espressamente prevede l'art. 2786, comma 2 c.c. (Cass. I, n. 7257/2010, in Riv. notariato, 2010, n. 6, 1566, con nota di Pedron; Cass. n. 8571/1998, in Giust. civ., 1999, I, 97, con nota di Costanza).

Un negozio che abbia ad oggetto una res futura, infatti, non può che avere carattere obbligatorio, alla medesima stregua della vendita di cosa futura, che viene di regola ricondotta alla fattispecie dei contratti obbligatori con effetti reali differiti alla sopravvenienza dell'oggetto (Pedron).

Per altri, invece, la divaricazione tra il momento perfezionativo dell'accordo e quello di effettiva costituzione della garanzia, sarebbe giustificata dalla circostanza che dovrebbe distinguersi tra un contratto preliminare di un definitivo costitutivo di pegno su cosa esistente, da consegnarsi al creditore (Rubino, 205).

Quanto al pegno rotativo, la giurisprudenza di legittimità lo ritiene legittimo purché le parti sottoscrivano accordo scritto con cui esprimano la volontà di assoggettare a garanzia una certa quantità di beni mobili e la rotatività lasci invariato il valore economico dei titoli corrispondente alla capienza della garanzia prestata. In particolare, il c.d. «patto di rotatività» si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato, non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione (v., tra le altre, Cass. I, n. 25786/2015, in Banca borsa tit. cred., 2016, II, 413, con nota di Rapisarda, sulla scorta del generale principio enunciato a partire da Cass. n. 5264/1998, tra l'altro in Giust. civ., 1998, I, 2159, con nota di Maimeri, Pegno rotativo: la dottrina ispira la Cassazione. Prime osservazioni; in questa Rivista, 1998, II, 485, con nota di Azzaro, Il «pegno rotativo» arriva in Cassazione: ovvero «come la dottrina diventa giurisprudenza»; in Fallimento, 1999, 265, con nota di Panzani, Pegno rotativo ed opponibilità della prelazione).

Custodia del bene da parte del terzo

Il comma 2 della disposizione in commento prevede una forma particolare di spossessamento del debitore o del terzo costituente, che si realizza con la consegna del bene oggetto del pegno ad un terzo.

La consegna ad un terzo del bene oggetto del pegno ai sensi dell'art. 2786, comma 2 c.c. integra una forma particolare di spossessamento del debitore o del terzo costituente, cui si fa ricorso quando il debitore non ha fiducia nel creditore e vuole premunirsi contro gli eventuali abusi dello stesso, onde quest'ultimo non può conseguire a suo piacimento e in qualsiasi tempo il possesso della cosa dal terzo, il quale assume l'obbligo di conservare il bene finché il debito non sia scaduto e di restituirlo al costituente o consegnarlo al creditore, a seconda che vi sia stato o non vi sia stato l'adempimento (cfr. Cass. n. 5353/1987, per la quale non ricorre questa ipotesi, ma quella di consegna del pegno ad un adiectus solutionis causa, quando il terzo, per effetto di accordo trilaterale accedente al contratto di pegno, riceve la cosa offerta in garanzia in sostituzione del creditore pignoratizio e con gli stessi effetti che sarebbero derivati dall'acquisto diretto da parte di quest'ultimo).

Rispetto a tale ipotesi, è stato precisato che, ove la cosa mobile costituita in pegno sia stata consegnata ad un terzo designato dalle parti, – nella quale ipotesi si costituisce un contratto di deposito tra le parti del rapporto di pegno ed il terzo – quest'ultimo non è legittimato ad eccepire la mancata persistenza del credito a garanzia del quale e stato costituito il pegno, essendo interessato a sollevare tale eccezione unicamente il debitore che ha costituito il pegno (Cass. III, n. 2193/1974).

La più recente Cass. I, n. 6549/2023 nel rimarcare che, in tema di pegno di azioni, il creditore pignoratizio che sia a conoscenza di informazioni sul rischio di un sensibile deterioramento del valore economico del bene in garanzia è obbligato a fornirle immediatamente al debitore e a procedere alla tempestiva ed efficiente liquidazione dei beni oggetto della garanzia, ha puntualizzato che, ove le parti si siano avvalse della facoltà prevista dall'art. 2786, comma 2, c.c., analogo obbligo di custodia delle cose date in pegno, improntato al superiore principio di buona fede, sorge in capo al terzo, potendo la sua responsabilità concorrere in solido con quella del creditore.

Custodia di entrambe le parti

Il comma 2 dell'art. 2786 c.c. prevede, infine, che la cosa o il documento possano essere affidati alla custodia di entrambe le parti.

Peraltro, le modalità della custodia devono essere tali da escludere che il costituente abbia facoltà di disporre della cosa senza la cooperazione del creditore (Gabrielli, 125).

In giurisprudenza si è ritenuto che la custodia comune deve essere assistita da idonea pubblicità tale da rendere edotti i terzi della costituzione del pegno (Cass. n. 1655/1956).

Bibliografia

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