Codice Civile art. 2794 - Restituzione della cosa.

Rosaria Giordano

Restituzione della cosa.

[I]. Colui che ha costituito il pegno non può esigerne la restituzione, se non sono stati interamente pagati il capitale e gli interessi e non sono state rimborsate le spese relative al debito e al pegno.

[II]. Se il pegno è stato costituito dal debitore e questi ha verso lo stesso creditore un altro debito sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore, il creditore ha soltanto il diritto di ritenzione a garanzia del nuovo credito.

Inquadramento

La disposizione in esame stabilisce, in primo luogo, che il debitore può richiedere la restituzione del bene oggetto di pegno soltanto ove abbia integralmente soddisfatto il credito.

Di peculiare importanza è poi il comma 2 della stessa norma ove attribuisce al creditore un diritto di ritenzione della res, per crediti diversi da quello garantito.

Obbligo di restituzione

Il creditore pignoratizio è tenuto alla restituzione della cosa pignorata solo dopo essere stato integralmente soddisfatto (cfr. Realmonte, 843).

Poiché si tratta di un fatto costitutivo della domanda, a sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'estinzione del credito grava su chi agisce per la restituzione della cosa data in pegno (Cass. n. 307/1976).

La S.C. ha chiarito da lungo tempo che l'obbligo di restituire la cosa pignorata, quando, per l'estinzione del debito, e venuta meno la ragione della garanzia, ha natura contrattuale è l'inadempimento di detta obbligazione e la responsabilità relativa sono, pertanto, disciplinati dagli artt. 1218 e ss. c.c. ed, in particolare dagli artt. 1219 e 1221 c.c., quanto alla necessita di una costituzione in mora, al fine di far passare dal proprietario al creditore pignoratizio il rischio per la perdita della cosa (cfr. Cass. III, n. 2250/1968, in Banca borsa tit. cred., 1966, II, 520, con nota di Ruoppolo).

In applicazione del generale principio sancito dalla norma in esame, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la q.l.c. dell'art. 11 l. n. 745/1938, e dell'art. 47 r.d. n. 1279/1939, che vietano all'Autorità giudiziaria di ordinare la restituzione delle cose smarrite, rubate o provenienti da reato, costituite in pegno presso un Monte, se il proprietario non fornisce la prova di aver rimborsato al Monte stesso la somma data in prestito, con gli interessi e gli eventuali diritti accessori, poiché tali norme costituiscono un'applicazione specifica del principio per cui il possesso in buona fede vale titolo, in coerenza al quale nel conflitto tra l'interesse individuale del proprietario e l'interesse collettivo alla sicurezza del commercio mobiliare, esse danno ragionevolmente prevalenza al secondo, con lo stabilire che il Monte di pietà che, nell'esercizio della sua attività istituzionale di prestito su pegno, riceve «in buona fede» cose mobili altrui a titolo di garanzia reale, acquisti il diritto di pegno e, con esso, le facoltà previste dagli artt. 2794 e 2796 c.c. (C. cost. n. 408/2000, in Banca borsa tit. cred., 2002, II, 1, con nota di Tardivo).

Diritto di ritenzione

Il sorgere di un nuovo debito in capo al debitore ed a favore del creditore pignoratizio determina l'attribuzione a quest'ultimo del solo diritto di ritenzione della cosa data in pegno, e non del diritto di prelazione.

Il diritto di ritenzione non deriva da un rapporto contrattuale, che direttamente lo stabilisca o lo regoli, ma dalla legge, la quale accorda tale diritto a chi divenga creditore nell'Esercizio dell'attività esecutiva negoziale (Cass. II, n. 1110/1962, in Riv. dir. comm., 1964, II, 1, con nota di Stolfi).

La S.C. ha precisato che il diritto di ritenzione previsto dalla norma in esame ha natura personale, nel senso che può essere fatto valere, di regola, nei confronti del debitore o di colui che ha costituito il pegno ed acquista natura reale solo quando sia assistito dal diritto di prelazione (cfr. Cass. I, n. 2056/1972, in Banca borsa tit. cred., 1974, II, 236, per la quale, di conseguenza, ove manchi quest'ultimo, non è operante nei confronti degli altri creditori e, in caso di fallimento, nei confronti del curatore).

Per altro verso, è stato più di recente chiarito che il diritto di ritenzione, trova il suo fondamento nel principio di autotutela sancito dall'art. 1460 c.c. e che pertanto deve ritenersi legittimamente esercitato, da parte del contraente adempiente, anche nella ipotesi di inadempimento, da parte dell'altro contraente, di un diverso negozio, purché quest'ultimo risulti collegato con l'altro contratto da un nesso di interdipendenza – fatto palese dalla comune volontà delle parti – che renda sostanzialmente unico il rapporto obbligatorio (Cass. II, n. 271/1998).

La S.C. dalla previsione in esame ha desunto la conseguenza che se è esatto che il creditore pignoratizio ha a suo favore la ritenzione del pegno fino all'integrale pagamento di quanto dovutogli, al contempo il debitore può ritenere a sua volta le somme da lui dovute se il creditore non gli restituisce il pegno e non ne dimostri il perimento per causa a lui non imputabile (cfr. Cass. III, n. 3725/1971).

Bibliografia

Chironi, Trattato dei privilegi, Torino, 1949; Gabrielli, Pegno, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995; Gabrielli E., Il pegno, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino 2005; Gorla, Zanelli, Del pegno e delle ipoteche, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1992; Realmonte, L'oggetto del pegno: vecchi e nuovi problemi, in Banca borsa tit. cred., 1994, I, 10; Realmonte, Il pegno, in Trattato dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1985; Ruoppolo, In tema di restituzione della cosa pignorata, in Banca borsa tit. cred., 1966, II, 520; Stolfi, Appunti sulla costituzione del pegno, in Riv. dir. comm., 1964, II, 1; Tardivo, Sulla costituzionalità delle norme in tema di cose smarrite, rubate o provenienti da terzo, costituite in pegno, in Banca borsa tit. cred., 2002, I, 1.

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