Disp. Att. Trans. Codice Procedura Civile - 18/12/1941 - n. 1368 art. 180 - Avviso di pignoramento ai comproprietari del bene pignorato.

Giorgia Viola

Avviso di pignoramento ai comproprietari del bene pignorato.

[I]. L'avviso ai comproprietari dei beni indivisi nel caso previsto dall'articolo 599, secondo comma, del codice, deve contenere l'indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della trascrizione di esso. L'avviso è sottoscritto dal creditore pignorante.

[II]. Con lo stesso avviso o con altro separato gli interessati debbono essere invitati a comparire davanti al giudice dell'esecuzione per sentire dare i provvedimenti indicati nell'articolo 600 del codice.

Inquadramento

L'«espropriazione dei beni indivisi» è regolamentata dagli artt. 599-601 c.p.c. e 180-181 disp. att. c.p.c. e si verifica quando l'oggetto dell'esecuzione è la quota del debitore su un bene in comunione con altri soggetti non obbligati verso il creditore.

Il codice previgente al 1940 consentiva il pignoramento della sola quota di bene ma ne vietava la vendita forzata: l'esecuzione doveva necessariamente arrestarsi, in attesa della proposizione (e della conclusione) del giudizio di divisione che si svolgeva in modalità separata.

Il procedimento era molto farraginoso, di notevole difficoltà pratica e di dubbia utilità per i creditori.

Con il codice del 1942, il legislatore ha modificato l'art. 600 c.p.c., consentendo espressamente la vendita forzata della quota di bene indiviso.

Tuttavia, nel tempo si è riscontrato che la vendita della quota non era proficua per nessuna delle parti del processo esecutivo, né per i creditori né per i debitori, in quanto l'aggiudicazione della singola quota avveniva dopo molte aste deserte e, dunque, ad un prezzo notevolmente ribassato.

Questa situazione ha condotto alcuni Tribunali a sperimentare prassi che, di fatto, imponevano la preventiva instaurazione del giudizio di divisione, evitando così la vendita della quota (e i problemi ad essa conseguenti).

Tale indirizzo è stato recepito dalla riforma introdotta con la l. n. 80/2005, che ha delineato come opzione prioritaria il giudizio di divisione, che è diventata la regola, ì relegando ad eccezione le altre soluzioni prospettate dall'art. 600 c.p.c.

Oggetto

L'espropriazione dei beni indivisi concerne esclusivamente la contitolarità di diritti reali e trova applicazione ogni qualvolta il debitore è comproprietario o contitolare di un altro diritto reale (usufrutto, enfiteusi, superficie, nuda proprietà, dominio diretto) di un bene e gli altri soggetti non sono obbligati verso il creditore.

Il pignoramento presuppone che uno stesso bene sia oggetto di una molteplicità di diritti reali identici nel contenuto e appartenenti a soggetti diversi, che non devono essere tutti obbligati nei confronti del creditore.

La quota rappresenta la misura di partecipazione di ciascun contitolare al diritto soggettivo comune.

Nel procedimento in commento soltanto la quota nella titolarità del debitore è colpita dal pignoramento e garantisce i creditori ai sensi dell'art. 2740 c.c., secondo il quale il debitore risponde con tutti i suoi beni (ed è tale anche la quoti di comproprietà) presenti e futuri dei propri debiti.

Non necessariamente deve trattarsi di comproprietà (anche se la lettera della norma parla di «comproprietari»), perché l'esecutato potrebbe essere (co)usufruttuario oppure titolare di una proprietà gravata da un diritto reale minore.

Al riguardo, in dottrina si è affermato che sebbene l'art. 599 c.p.c. sembri riferirsi alla sola contitolarità del diritto di proprietà, non è dubbio che siano espropriabili anche le corrispondenti situazioni concernenti i diritti reali minori (cousufrutto, coenfiteusi, cosuperficie) nonché la nuda proprietà, data l'identità strutturale di ogni comunione e la possibilità di espropriare il correlativo diritto «solitario». In questo senso Casetta; Capponi, 1988; Tripaldi, 2009; Soldi, 2016; Cabrini,.

Tale tipo di espropriazione non riguarda la coesistenza su un unico bene di diversi diritti reali, in quanto la fattispecie non determina alcuna contitolarità ma solo il concorso di diritti distinti sul medesimo bene.

In dottrina si è espressamente rilevato che non danno luogo a contitolarità e, dunque, esulano dall'ambito di applicazione degli artt. 599 ss. c.p.c. le ipotesi di convergenza sullo stesso bene del diritto di nuda proprietà e di usufrutto, o la coesistenza della proprietà sul suolo con il diritto di superficie (Santagata, L'espropriazione di beni indivisi, in La nuova espropriazione forzata, diretto da Delle Donne, 2017).

In senso contrario, si segnala Trib. Ravenna 5 marzo 2018 che ha accolto l'istanza di attribuzione ex art. 720 c.c. proposta dall'usufruttuario (non esecutato) avente ad oggetto la nuda proprietà (pignorata) sul presupposto che la coesistenza sullo stesso bene del diritto di nuda proprietà, oggetto di esecuzione forzata, e del diritto di usufrutto, assimilata alla comunione, può comportare l'applicazione delle norme sulla espropriazione forzata di beni indivisi exartt. 599 ss. c.p.c. e quelle di cui agli artt. 713 ss. c.c.

Ne è esclusa l'applicazione qualora il creditore agisca nei confronti di tutti i contitolari in virtù dello stesso titolo esecutivo o di distinti titoli esecutivi (Redenti; Tarzia, 1990; Luiso, 2015).

In giurisprudenza è principio pressoché consolidato quello secondo cui la separazione della quota in natura spettante al debitore è consentita solo se i comproprietari dei beni indivisi non siano tutti condebitori solidali del creditore procedente. In questo senso, Cass. n. 22043/2014 che ha escluso la separazione quando, intrapresa l'espropriazione dell'immobile appartenente pro indiviso a due coobbligati, uno di essi sia dichiarato fallito e nel procedimento esecutivo contro costui sia subentrato, ex art. 107 della legge fallimentare.

L'espropriazione in esame non può avere ad oggetto patrimoni o comunioni eterogenee, per cui il creditore che vuole espropriare contestualmente più beni rientranti nella medesima comunione deve procedere attraverso più procedure esecutive eventualmente diverse in ragione del tipo di bene da pignorare (Cardino, Comunione dei beni ed espropriazione forzata, 2011).

La giurisprudenza ha chiarito che non è possibile l'espropriazione della quota di un singolo bene indiviso quando la massa comune comprenda più cose della stessa specie (immobili, mobili o crediti), essendo – invece – consentita l'esecuzione forzata dell'intera quota delle cose comuni spettante a uno dei comproprietari. Il pignoramento, infatti, rischierebbe di non conseguire i suoi effetti per inesistenza dell'oggetto dell'esecuzione, in quanto con la divisione al debitore potrebbe essere assegnata la parte di un altro bene compresa nella massa. Il creditore di conseguenza dovrebbe promuovere, prima dell'esecuzione, in via surrogatoria lo scioglimento della comunione o, in alternativa, espropriare la quota del debitore sull'intera massa comune se questa è omogenea, cioè formata di soli beni mobili o immobili o crediti ovvero la quota di spettanza del debitore limitatamente a tutti i beni indivisi di una singola specie compresi nella comunione, in quanto ognuno dei partecipi alla comunione, è considerato titolare di una quota del diritto di proprietà su ogni singolo bene compreso nella comunione stessa (che può perciò essere oggetto di espropriazione, costituendo il patrimonio del debitore garanzia per i creditori) ed il pignoramento di tutti gli immobili facenti parte di una comunione ereditaria, limitatamente alla quota del partecipe debitore, conserva efficacia ed esplica in pieno la sua funzione anche se nel corso del procedimento esecutivo si effettui nei limiti dei beni immobili assegnati al condividente esecutato (art. 727 c.c.).

In questo senso, Cass. n. 2308/1964; Cass. n. 2615/1967 e Cass. n. 6809/2013.

Del pari, è esclusa l'applicabilità della disciplina in esame al caso di espropriazione ad istanza del creditore particolare di uno solo dei coniugi avente ad oggetto uno o più beni in comunione legale.

In dottrina gli orientamenti sviluppatesi nel tempo erano essenzialmente due.

Secondo alcuni la quota è da intendersi come la quota di ciascun bene caduto in comunione, con la conseguenza che il creditore particolare di un coniuge può agire esecutivamente su un bene in comunione al fine di espropriarlo nei limiti della metà in conformità alla disciplina generale dettata in materia di espropriazione ex art. 599 c.p.c. (Grasso, 1988, I).

Secondo altri, il concetto di quota andrebbe riferito all'intero patrimonio comune, per cui il creditore particolare del coniuge può espropriare un bene caduto in comunione nella sua interezza senza la specificazione di quote e senza il ricorso alle forme di cui all'art. 599 c.p.c. (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, cit.; Gabrielli, Il regime patrimoniale dei coniugi, 1997).

In giurisprudenza l'orientamento che equiparava la comunione legale alla comunione ordinaria, ammettendo il pignoramento della quota (indivisa) del bene in comunione, è da ritenersi ormai superato anche alla luce di quanto statuito dalla recente giurisprudenza di legittimità.

Nel 2013, infatti, con la nota sent. Cass. n. 6575/2013, la Cassazione ha disciplinato le modalità operative dell'espropriazione avviata dal creditore particolare del coniuge sui beni rientranti nella comunione legale tra i coniugi. Al riguardo, partendo dal presupposto che la comunione legale è una comunione senza quote (così C. cost. n. 311/1998), in quanto i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto di quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente per oggetto i beni della comunione (ex art. 189, comma 2, c.c.). La quota, quindi, non è un elemento strutturale ma ha solo la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190 c.c.) e la proporzione della ripartizione tra i coniugi (o dei loro eredi) dell'attivo e del passivo (art. 194 c.c.).

Proprio partendo da tale definizione, la Cassazione ha dettato le regole che il creditore di uno solo dei coniugi deve seguire per sottoporre ad esecuzione forzata il bene ricadente in comunione legale, disponendo che:

– i beni andranno pignorati nella loro interezza (e non per la metà o per una quota);

– l'esecuzione si svolgerà anche nei confronti del coniuge non esecutato, che sarà soggetto passivo dell'espropriazione, al pari dell'esecutato (e a differenza del comproprietario non esecutato);

– il pignoramento andrà notificato anche al coniuge non debitore, che sarà destinatario dell'ingiunzione ex art. 492 c.p.c., con tutti gli adempimenti consequenziali, compresa l'estensione delle indagini ex art. 567 c.p.c.;

– la vendita o l'assegnazione determinerà lo scioglimento della comunione legale limitatamente al bene (pignorato) venduto o assegnato con conseguente attribuzione al coniuge non esecutato della somma di spettanza, pari alla metà del controvalore lordo.

A questo orientamento hanno aderito numerose pronunce successive, tra tutte Cass. n. 506/2021; Cass. n. 11175/2015; Cass. n. 6230/2016; Cass. n. 28526/2018; Cass. n. 118771/2019; Cass. n. 12879/2021; Cass. n. 20845/2021; Cass. n. 22210/2021; Cass. n. 150/2023; Cass. n. 1647/2023.

Da ultimo, con la sent. Cass. n. 9536/2023 la Cassazione ha stabilito che la trascrizione del pignoramento va eseguita anche nei confronti del coniuge non debitore, in quanto anch'egli soggetto passivo dell'espropriazione, considerato che nella struttura di fattispecie a formazione progressiva del pignoramento immobiliare la formalità pubblicitaria ha la funzione di completare il pignoramento e di renderlo opponibile ai terzi, dovendosi dar conto della natura di cespite in comunione legale nel quadro D della nota di trascrizione.

Invero, la ricostruzione operata dalla Cassazione ha portato notevoli problemi perplessità da parte di commentatori in ordine alla posizione dei creditori del coniuge non esecutato. In particolare,

– per i creditori aventi diritti reali di garanzia sul bene non vi sono dubbi in ordine alla possibilità riconosciuta loro di intervenire, tanto che la stessa Corte chiarisce che andrà loro notificato l'avviso ex art. 498 c.p.c. dal momento che la vendita avrà effetto purgativo;

– per i creditori chirografari, manca, invece, qualsiasi analogia, per cui, partendo dal presupposto che il coniuge non è debitore esecutato, allora questi dovranno munirsi di un titolo esecutivo e procedere al pignoramento del ricavato exartt. 543 e ss. c.p.c. (in questo senso, Crivelli, 29 agosto 2022).

Seguendo questo indirizzo può, dunque, ritenersi principio oramai consolidato quello secondo cui il pignoramento della quota del bene in comunione effettuato secondo le modalità di cui all'art. 599 c.p.c. deve considerarsi improcedibile.

La disciplina non trova spazio applicativo riguardo alle parti comuni di un edificio condominiale: in tal caso il pignoramento è nullo, perché attuato su un bene che costituisce unità funzionale ex art. 1119 c.c. (Cass. n. 4612/1985).La normativa in commento non trova applicazione nel caso di multiproprietà, in quanto in tal caso l'esecutato è titolare del diritto al godimento esclusivo periodico-turnario di un'unità recettiva con i relativi arredi e corredi.

La norma in esame non trova applicazione con riferimento ai beni per i quali è fissata una modalità di liquidazione speciale, per cui non si applica né alle partecipazioni né ai beni sociali, che finché dura la società, non possono essere espropriati dai creditori particolari del socio debitore, nonostante questi vanti un diritto di quota sui medesimi.

Se oggetto è un credito, il pignoramento può colpire solo la quota del credito spettante al debitore. In tal caso sembra corretto procedere al pignoramento delle quote sulla base della presunzione di eguaglianza delle quote dei titolari ex art. 1298 c.c.

In caso di pignoramento della quota conferita in un conto corrente bancario ovvero sul libretto bancario intestato a più persone, la giurisprudenza ha sottolineato la necessità di un'applicazione analogica dell'art. 180, comma 2, disp. att. c.p.c. onde precipuamente identificare la consistenza della quota spettante all'esecutato e porre così il correlativo e conseguente limite nell'assegnazione del credito al procedente (Cass. n. 10028/1998).

In caso di espropriazione della quota indivisa, i controlli preliminari del Giudice dell'esecuzione e degli ausiliari sono più ampi.

In primis, è necessario acquisire la certificazione ipocatastale anche per le quote non pignorate e tanto al fine di consentire l'individuazione dei creditori iscritti dei comproprietari ai quali deve essere notificato l'avviso a comparire.

Il custode e l'esperto stimatore, poi, devono verificare l'esatta quota di comproprietà in capo al debitore esecutato (Cass. n. 6833/2015), tenendo presente che il pignoramento è nullo solo se è pignorata una quota inferiore rispetto a quella nella effettiva titolarità dell'esecutato (Cass. n. 6576/2013).

Procedimento

L'esecuzione in commento prende avvio (al pari di ogni altra esecuzione) dall'atto di pignoramento che segue le modalità tipiche, fissate dalla legge, per il bene che ne costituisce oggetto.

Le norme che disciplinano l'espropriazione della quota indivisa (artt. 599 c.p.c. e ss.) vanno, infatti, coordinate con quelle che regolano i singoli tipo di espropriazione previste in base al bene la cui quota è pignorata (Andrioli, Commento al codice di procedura civile, 1957, III).

Il loro scopo è quello di adattare il procedimento di espropriazione ogniqualvolta il suo oggetto non sia un bene sottoposto ad esecuzione nella sua interezza, bensì pro quota. Da ciò consegue che se oggetto del pignoramento è la quota di un bene mobile si applica l'art. 513 e ss. c.p.c., così come se il bene si trova presso il terzo, che acconsente ad esibire il bene pignorato. In caso contrario occorre far ricorso al procedimento di cui all'art. 543 c.p.c. (in questo senso, Grasso, L'espropriazione della quota, 1957).

Se si pignora la quota di un bene immobile si applica l'art. 555 c.p.c. e ss., per cui il creditore deve indicare «i beni e i diritti che intende sottoporre ad esecuzione» e, quindi, la quota nella titolarità del debitore esecutato.

Al riguardo, in giurisprudenza è stato chiarito che la nullità del pignoramento per mancata specificazione della quota è sanata se questa è ricavabile dalla nota di trascrizione, di modo che il combinato disposto dei due atti possa escludere ogni incertezza (Cass. n. 6833/2015). Ed ancora, sempre nella stessa pronuncia è stato statuito che non è invalido il pignoramento che colpisca, in luogo del diritto di cui è effettivamente titolare il debitore esecutato, un diritto di contenuto od estensione maggiore, producendo in tal caso il solo effetto di ridurre o limitare il pignoramento stesso, ipso iure e del tutto idoneamente, al primo diritto.

Notificato il pignoramento, la procedura segue le regole ordinarie e tipiche dell'esecuzione che ha ad oggetto il bene nella sua interezza con tutti gli adempimenti che normalmente si eseguono.

Il creditore, dunque, ha l'onere di depositare in cancelleria, a pena di inefficacia del pignoramento, la nota di iscrizione a ruolo della procedura nel termine di quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento immobiliare ovvero del processo verbale del pignoramento mobiliare da parte dell'ufficiale giudiziario, trascrivere il pignoramento, depositare l'istanza di vendita e la documentazione ipocatastale ovvero la certificazione sostitutiva ex art. 567 c.p.c.

Il Giudice dell'esecuzione, dal canto suo, esaminato il fascicolo, provvede alla nomina dell'esperto stimatore e del custode giudiziario.

Nella procedura esecutiva avente ad oggetto beni indivisi, la custodia si ritiene in linea di massima compatibile.

Si pongono, tuttavia, diversi problemi applicativi in ordine all'individuazione dell'oggetto della custodia (essendo la quota pro indiviso) e alla possibilità di emettere l'ordine di liberazione.

Quanto all'oggetto della custodia, gli orientamenti sono diversi.

Secondo un primo orientamento la custodia giudiziale ha ad oggetto esclusivamente la quota pignorata (ancorché di natura ideale), in quanto il custode, sostituendosi al contitolare esecutato, non può avere poteri e prerogative maggiori di quelli spettanti al singolo comproprietario.

Un altro orientamento ritiene che la custodia ha ad oggetto il bene nella sua interezza, perché, limitando la custodia alla sola quota, sarebbe impossibile organizzare l'attività custodiale su di essa anziché sull'intero bene (Grasso, L'espropriazione della quota, 1957).

A questo è stato opinato che la custodia è una conseguenza dello spossessamento, che non può che riguardare il debitore esecutato, il quale è titolare della quota e non del tutto. Se occorrerà assumere delle iniziative conservative sul bene si applicherà l'art. 1110 c.c. mentre le difficoltà dell'amministrazione non potranno che risolversi a mente dell'art. 1105 c.c. (così Crivelli, Il giudizio divisionale endoesecutivo, cit.).

In giurisprudenza, si segnalano le seguenti pronunzie emesse in materia di sequestro giudiziario:

– Cass. n. 3754/1957 ha affermato che, poiché una quota indivisa, quale entità astratta, non è suscettibile di materiale apprensione e non risponderebbe a quelle esigenze di descrizione esatta e di precisa e concreta individuazione imposta dalla legge, è assolutamente necessario il sequestro giudiziario si estenda alla totalità dell'immobile e non alla quota astratta del condomino soggetto alla misura cautelare;

– Cass. n. 1506/1971 ha evidenziato che il custode del sequestro esercita una pubblica funzione, in quanto ausiliario del giudice dell'esecuzione ed è tenuto a giustificare al giudice il suo operato.

Parte della dottrina, seguendo tale orientamento, ha ritenuto se si negasse la legittimità della custodia sull'intero bene, optando per la diversa soluzione della custodia limitata alla quota del contitolare obbligato, si porrebbero numerosi problemi di carattere pratico. Invece, proprio il carattere pubblicistico della custodia può giustificare un temporaneo sacrificio delle prerogative dei contitolari terzi per consentire alla procedura esecutiva il raggiungimento del suo scopo (Cardino, Comunione dei beni cit.).

Il sacrificio è compensato dal fatto che i contitolari non esecutati mantengono il diritto di godimento del bene nei limiti della propria quota, nonché quello di percepire i frutti relativi alle quote non pignorate.

Il godimento del bene da parte dei comproprietari non può, però, ostacolare lo svolgimento della procedura, impedendo l'accesso e/o le attività degli ausiliari oppure procurando dei danni al cespite.

In tutti questi casi ci si chiede se il custode possa presentare istanza al giudice dell'esecuzione per l'emissione dell'ordine di liberazione e in caso positivo se questo debba riguardare l'intero immobile e la quota indivisa di titolarità del debitore.

La giurisprudenza di legittimità ritiene che non sia possibile ordinarsi il rilascio di un bene in comproprietà pro indiviso, essendo necessario prima procedere alla concretizzazione della quota in una porzione determinata attraverso la divisione dello stesso (Cass. n. 1816/1983; Cass. n. 8238/1997; Cass. n. 17094/2006; Cass. n. 5384/2013).

Tuttavia, si rinvengono precedenti tra i giudici di merito che hanno ritenuto possibile l'emissione dell'ordine di liberazione della quota indivisa di titolarità del debitore, al fine di mettere il custode nel compossesso del bene.

Atto di avviso dell'avvenuto pignoramento ai comproprietari

Non vi sono dubbi sul fatto che l'atto di pignoramento (con il quale si è detto prende avvio l'esecuzione forzata) vada notificato soltanto al contitolare debitore.

Tuttavia, la vicenda espropriativa della quota non può non coinvolgere anche i comproprietari estranei alla situazione debitoria che ha dato origine all'esecuzione.

Tale coinvolgimento comporta, da un lato, la necessità di impedire che i condividenti colludano con il debitore procedendo ad una divisione in pregiudizio del creditore e, dall'altro, la necessità di procedere all'audizione di tali soggetti al fine di acquisire elementi utili in ordine alle modalità di liquidazione della quota sottoposta a pignoramento.

Lo strumento processuale, previsto dal legislatore per attuare tali finalità, è l'avviso ai comproprietari di cui all'art. 180 disp. att. c.p.c., che il creditore procedente (od altro legittimato a dare impulso alla procedura) ha l'onere di notificare ai comproprietari.

La norma fa testualmente riferimento ai comproprietari, mentre non sono ritenuti comunisti i titolari di diritti reali parziari che coesistono con la proprietà (nuda o piena), che – in quanto tali – non sono destinatari dell'avviso ex art. 599, comma 2, c.p.c.

Il creditore pignorante (ovvero altro creditore munito di titolo esecutivo) deve notificare un avviso nel quale è fatto divieto a questi ultimi di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del Giudice (ex art. 599, comma 2, c.p.c.).

Il contenuto necessario dell'avviso ai comproprietari è disciplinato dall'art. 180 disp. att. c.p.c. e deve contenere l'indicazione del creditore istante; l'intimazione al comproprietario di non consentire al debitore di separare la sua quota dal resto dei beni comuni; la descrizione del bene pignorato per quota con esatta indicazione dei dati catastali quando si tratti di immobili; l'indicazione della data del pignoramento e della relativa trascrizione se il pignoramento è soggetto a tanto.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'atto di avviso fornisce al destinatario tutte le informazioni utili alla conoscenza che il bene è stato sottoposto a pignoramento (Cass. n. 12615/1998).

L'avviso può anche contenere l'invito a comparire davanti al Giudice dell'esecuzione per sentire dare i provvedimenti di cui all'art. 600 c.p.c.

Si parla di contenuto eventuale, considerato che tale invito può formare oggetto di un autonomo e ulteriore atto, distinto dall'avviso ai comproprietari (così Cardino, cit.).

L'invito a comparire all'udienza ex art. 600 c.p.c., infatti, può avvenire mediante un atto autonomo ovvero con il medesimo avviso ai comproprietari previsto dall'art. 180, comma 1, disp. att. c.p.c.

Si tratta, tuttavia, di adempimenti con diverse finalità, perché se l'avviso al comproprietario tutela il creditore, l'avviso a comparire è volto a garantire il contraddittorio tra gli interessati, per cui:

– se manca, l'esecuzione non può proseguire (Cass. n. 718/1999), ma se gli interessati si presentano spontaneamente, l'omissione può intendersi sanata;

– se non è stato notificato a tutti gli interessati, la procedura andrebbe rinviata per l'integrazione del contraddittorio.

Questa soluzione è certamente possibile, in quanto il legislatore non ha previsto alcun termine di decadenza per la notifica dell'invito a comparire, essendo necessario e sufficiente soltanto che essa venga compiuta prima della celebrazione dell'udienza per la quale è disposta.

L'atto di avviso non può essere sostituito da equipollenti (Cass. n. 170/1996).

Tuttavia, secondo la recente dottrina il pignoramento notificato ai coobbligati non debitori fa le veci dell'avviso (così Cardino, Comunione dei beni cit.) ma in tal caso il divieto sarà efficace solo dopo la sua trascrizione.

L'avviso non va trascritto, in quanto non si rivolge ai terzi ma esclusivamente ai comproprietari.

Copia dell'avviso ai terzi contitolari non esecutati deve essere depositata in cancelleria.

L'avviso costituisce un onere del creditore procedente ovvero del creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, per cui ne è esclusa la notificazione su impulso dell'ufficio.

Gli effetti sostanziali della notifica dell'avviso ex art. 599 c.p.c. sono rigorosamente circoscritti al divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice, mentre è esclusa la inefficacia delle alienazioni.

I contitolari, pertanto, devono ritenersi legittimati a disporre della propria quota senza incorrere nella sanzione di inefficacia di cui all'art. 2913 c.c.

Non vi è, quindi, possibilità di confusione tra le finalità dell'atto di avviso ed il pignoramento, che rende inopponibile ai creditori gli atti dispositivi della quota (così Cass. n. 1647/2023 secondo cui «l'avviso prescritto dall'art. 599 comma 2 c.p.c. ha la funzione di rendere inopponibile al creditore la divisione del bene pignorato compiuta autonomamente dl comproprietario», conferma Cass. n. 3648/1985).

Secondo autorevole dottrina il pignoramento della quota impedisce al comproprietario esecutato e agli altri comproprietari il godimento del bene pignorato e la distribuzione dei frutti maturati relativi al pignoramento (Grasso, L'espropriazione della quota cit.).

Di converso, un altro filone, pur evidenziando che il bene comune subisce notevoli limitazioni, ha osservato che:

a) il pignoramento non impedisce il godimento del bene, salvo che non si tratti di una cosa che per sua natura non può essere oggetto di godimento (ad esempio, perché deteriorabile, così Cardino, Comunione dei beni cit.);

b) la distribuzione dei frutti non è equiparabile alla separazione di cui all'art. 599, comma 2, c.p.c., cosicché il pignoramento si propaga solo sui frutti relativi alla quota pignorata (così Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, 1965).

Con la notifica dell'atto di avviso i comproprietari non possono invocare la buona fede e diventano corresponsabili dell'eventuale divisione attuata dopo il pignoramento senza ordine del Giudice, a pena di inefficacia nei confronti del creditore pignorante di un'eventuale separazione della quota del debitore.

Secondo una parte della dottrina, l'avviso è elemento costitutivo del pignoramento, per cui la sua omissione determinerebbe l'opponibilità al creditore della divisione eventualmente convenuta tra i comproprietari (in questo senso, Capponi, Espropriazione dei beni indivisi in Bove, Capponi, Martinetto, Sassani, L'espropriazione forzata, 1988).

Altra dottrina, invece, attribuisce all'avviso carattere strumentale rispetto al processo esecutivo e lo considera estraneo al pignoramento (in questo senso, Grasso, Espropriazione dei beni indivisi; Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, 1965), cosicché l'omessa notifica non determina la nullità del pignoramento ma costituisce causa di improcedibilità dell'espropriazione (Arieta, De Santis,, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile, III, 2, a cura di Montesano, Arieta, 2007).

Sulla impossibilità di procedere alla vendita fino a quando non sia stato notificato ai comproprietari l'avviso in caso di beni mobili non registrati e di crediti, Andrioli, Commento al codice di procedura civile. Al riguardo, infatti, se per i beni immobili il pignoramento va trascritto, per i beni mobili non registrati ed i crediti non esiste un analogo regime di pubblicità del pignoramento per cui l'unico modo per rendere conoscibile il vincolo ai comproprietari è costituito dall'avviso, che ha, quindi, una valenza costitutiva.

Secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, l'avviso non è elemento essenziale del pignoramento, per cui la sua carenza non cagiona la nullità del pignoramento ma il venir meno per i comproprietari non debitori della preclusione di procedere alla divisione del bene, che – anche se formalizzata e trascritta dopo la trascrizione del pignoramento – può essere opposta al creditore con efficacia retroattiva e a partire dalla data della costituzione della comunione, ai sensi dell'art. 757 c.c. Tale principio non trova ostacolo nel disposto dell'art. 2913 c.c. circa l'inefficacia in pregiudizio del creditore degli atti successivi al pignoramento, il quale riguarda la diversa ipotesi degli atti con cui il debitore trasferisca ad altri il diritto di proprietà o costituisca in favore di altri diritti reali sull'immobile oggetto di esecuzione (in questo senso, Cass. n. 3803/1975, Cass. n. 3648/1985 e Cass. n. 718/1999).

Ritiene, invece, che la procedura debba arrestarsi in mancanza dell'atto di avviso: Cass. n. 7169/1997 secondo cui la mancanza dell'avviso ai comproprietari non incide sul pignoramento, il quale è compiuto indipendentemente dall'avviso, ma sullo svolgimento ulteriore dell'azione esecutiva, la quale può proseguire solo se gli altri comproprietari del bene siano stati avvisati. L'avviso è in funzione dell'esercizio dei seguenti poteri da parte del giudice dell'esecuzione: consentire la separazione in natura della quota spettante al debitore esecutato, disporre la vendita della quota o la sua divisione. Nessuna di queste possibilità può essere realizzata quando non sono sentiti gli altri comproprietari.

L'ordinamento non prevede alcun termine per la notifica dell'avviso: non è necessario notificarlo nel termine di scadenza del deposito dell'istanza di vendita né attendere la fissazione dell'udienza exartt. 569 e 600 c.p.c., ma è comunque necessario che venga compiuta prima della celebrazione della suddetta udienza.

Sta di fatto che il creditore vi deve comunque provvedere nel termine indicato dal Giudice dell'esecuzione, la cui inosservanza configura inattività della parte e rende improcedibile il processo esecutivo (in questo senso, Trib. Napoli Nord 7 settembre 2019), se l'omissione abbia impedito la partecipazione dei contitolari.

Bibliografia

Andrioli, Commento al codice di procedura civile, 1957, III; Arieta, De Santis, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile, III, 2, a cura di Montesano, Arieta, 2007; Cabrini, in Comm. breve al c.p.c., a cura di Carpi, Taruffo, Padova, 2012, subart. 599 c.p.c.; Capponi, Espropriazione dei beni indivisi, in Bove, Capponi, Martinetto, Sassani, L'espropriazione forzata, 1988; Cardino, Comunione dei beni ed espropriazione forzata, 2011; Casetta, in Cod. proc. civ. comm., a cura di Consolo, Luiso, 2007, subart. 599 c.p.c.; Crivelli, Il giudizio divisionale endoesecutivo: soluzioni giurisprudenziali e aspetti problematici, in Inexecutivis.it, 29 agosto 2022; Gabrielli, Il regime patrimoniale dei coniugi, 1997; Grasso, Comunione legale ed espropriazione della quota del coniuge personalmente obbligato, in Riv. dir. civ., 1988, I; Grasso, L'espropriazione della quota, 1957; Luiso, Diritto processuale civile, III, 2015; Redenti, Diritto processuale civile, 1957; Santagata, L'espropriazione di beni indivisi, in La nuova espropriazione forzata, diretto da Delle Donne, 2017; Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, 1965; Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2016; Tarzia, Espropriazione dei beni indivisi, in NN.D.I., VI, 1990; Tripaldi, L'espropriazione di beni indivisi, in L'esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis, Perago, 2009.

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