Difensore domiciliatario: se eseguita a mezzo PEC è necessaria la doppia notifica?
15 Gennaio 2025
Sul presupposto che la PEC metta nella disponibilità del destinatario la copia informatica dell'atto notificato - che il destinatario stesso, in ogni momento, può visionare, stampare o inviare a terzi, senza alcun aggravio di attività o spese -, la Suprema Corte statuisce che non occorre procedere alla consegna al soggetto che riceve la notificazione di tante copie quanti sono i destinatari dell'atto, poiché è lo stesso sistema tecnologico che lo consente al destinatario (sez. V, n. 42452/2024; in precedenza sez. V, n. 6348/2021; sez. I, n. 12309/2018). Corretta viene pertanto ritenuta la valutazione dei giudici della corte d'appello, i quali hanno evidenziato che proprio l'avvenuta domiciliazione dell'imputato presso il difensore di fiducia sia rappresentativa della circostanza che il ricorrente fosse a conoscenza del procedimento a suo carico. Ciò in quanto la nomina di un difensore di fiducia da parte dell'imputato costituisce indice di effettiva conoscenza del processo da parte dello stesso, sicché è legittima la sua celebrazione del procedimento in absentia, salva la possibilità per il ricorrente di allegare circostanze di fatto che inducano a ritenere che, nonostante la nomina di un difensore fiduciario, non vi sia stata conoscenza della celebrazione del processo e che ciò non sia dipeso da colpevole disinteresse per la vicenda processuale» (sez. III, n. 14577/2023). In un caso identico il ricorrente si doleva della circostanza che il decreto di citazione a giudizio per non essere stato notificato all'imputato, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia, il decreto di citazione a giudizio di primo grado, notificato via PEC, invece, soltanto al legale "in proprio" e senza indicazione alcuna della valenza di tale notifica anche per la posizione dell'imputato. Invece, per Cass. pen., sez. V, n. 6348/2021:
Alle stesse conclusioni è pervenuta la Suprema Corte nell'ipotesi opposta nella quale vocatio in iudicium di primo grado sia stata notificata al difensore di fiducia dell'imputato mediante consegna di una sola copia "nella qualità". Detta locuzione - da intendersi riferita all'esecuzione della notifica ex art. 161, comma 4, c.p.p., poiché l'imputato si era trasferito dal domicilio dichiarato - non ha comunque impedito anche al professionista "in proprio" di conoscere la data del processo (sez. II, n. 19277/2017; negli stessi termini, nel caso di omessa notifica al difensore della data di rinvio dell'udienza di appello a seguito della richiesta correlata per legittimo impedimento, legale che riceveva la notifica solo quale domiciliatario, sez. II, n. 8887/2019). Risulta inoltre irrilevante, come statuito da Cass. pen., sez. III, n. 22295/2024, chel'imputato abbia eletto domicilio presso lo studio del difensore – dunque in un determinato luogo “fisico” – ed invece la notifica sia stata eseguita nella PEC – pertanto, nel luogo “telematico” – del medesimo legale, sia in proprio che quale domiciliatario (a nulla rilevando, altresì, eventuali discrasie nell'indicazione contenuta sul decreto di fissazione del luogo del domicilio). Nel sistema in vigore di notificazione tramite PEC, la notificazione degli avvisi e/o decreti nei confronti dell'imputato, che ha eletto domicilio presso il difensore, è correttamente eseguita mediante inoltro di una PEC all'indirizzo di questi. Il novellato art. 148 comma 1 c.p.p., ad opera del d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), prevede «salvo che la legge disponga altrimenti le notificazioni degli atti sono eseguite, a cura della segreteria o della cancelleria, con modalità telematiche che, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, assicurano la identità del mittente e del destinatario, l'integrità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell'avvenuta trasmissione e ricezione». D'altra parte, la Cassazione ha già affermato che è valida la notifica effettuata, ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., mediante invio al difensore, tramite PEC, dell'atto da notificare all'imputato, atteso che la disposizione di cui all'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, che esclude la possibilità di utilizzare la PEC per le notificazioni all'imputato, va riferita esclusivamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nel suo interesse (sez. IV, n. 16622/2016). Viene quindi affermato il principio di diritto per cui la notificazione del decreto di citazione a giudizio di appello all'imputato elettivamente domiciliato presso il difensore è correttamente eseguita tramite inoltro via PEC all'indirizzo di posta certificata del difensore e l'esecuzione della notifica, accettata dal sistema, mediante PEC rende evidentemente irrilevante l'indicazione del domicilio fisico del domiciliatario, essendo peraltro pacifica l'eseguibilità con detto mezzo delle notifiche destinate all'imputato da eseguirsi mediante consegna al difensore, principio che mantiene validità anche all'esito delle modifiche normative introdotte dalla riforma Cartabia (così, Cass. pen., sez. III, n. 22295/2024). L'affermazione trova solido ancoraggio nel dictum delle Sezioni unite per il quale la notificazione di un atto all'imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell'art. 148, comma 2-bis, c.p.p. (sez. un., n. 28451/2011). Principi che non sono superati dall'utilizzo di nuovi mezzi idonei tra cui nel novellato art. 148 c.p.p. vi è appunto la notificazione telematica (ancora sez. III, n. 22295/2024). |