Impugnazione di una sentenza con più ratio decidendi e contestabilità della mancata compensazione delle spese
20 Gennaio 2025
Tizio agiva in giudizio nei confronti dell’avvocato Caio per ottenere il risarcimento del danno che assumeva di avere subito in conseguenza del non corretto adempimento dell'incarico professionale conferitogli, a causa dell'omesso deposito di documenti - a suo dire - decisivi ai fini dell'esito del giudizio in cui l’avvocato lo aveva rappresentato. Il Tribunale rigettava la sua domanda e la Corte d’appello, successivamente adita, confermava la sentenza impugnata. Tizio ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi:
La Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, il primo in quanto inammissibile e il secondo in quanto infondato. Con riguardo al primo motivo, la S.C. ha precisato che la Corte d’appello non ha escluso la responsabilità dell’avvocato solo perché il giudizio teatro dell’omissione si era concluso con un accordo transattivo e un mancato ricorso in Cassazione, ma anche (e soprattutto) per ulteriori elementi della vicenda processuale emersi dalle allegazioni, che rendevano del tutto irrilevante l’omesso deposito dei documenti da parte del professionista, costituendo - questa seconda motivazione fornita dalla Corte territoriale - un’autonoma ratio decidendi, non censurata dal ricorrente. Sul punto, la Cassazione ha dunque richiamato il seguente, consolidato principio di diritto: «Qualora una sentenza di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l'omessa impugnazione, con ricorso per Cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni, determina l'inammissibilità (per difetto di interesse e/o per l'avvenuto passaggio in giudicato della decisione) anche dell'impugnazione proposta avverso le altre, in quanto l'eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa». In merito al secondo motivo, la Cassazione ha inoltre specificato che, nel caso di specie, la Corte di appello ha correttamente applicato il principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., poiché la soccombenza dell’attore è stata integrale, avendo rilievo sotto tale aspetto esclusivamente l'accoglimento o il rigetto della domanda proposta, non l'esito delle eventuali questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito. Peraltro, continua la Cassazione, «la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione». |