Rimessione in termini: la parte ha l’onere di attivarsi tempestivamente

La Redazione
22 Gennaio 2025

La Cassazione chiarisce la valenza delle PEC di deposito che arrivano alla parte a fronte del tentativo di deposito di atti e allegati, nonché gli oneri della parte che richiede la rimessione in termini.

Società Alfa, creditrice, dopo aver chiesto la rimessione in termini per il deposito dell'iscrizione a ruolo del ricorso, si opponeva allo stato passivo del fallimento della società Beta, censurando il decreto del giudice delegato che la ammetteva in collocazione chirografaria per un importo minore di quello dalla società prospettato. Il Fallimento si costituiva chiedendo il rigetto dell'istanza di rimessione e il rigetto del ricorso nel merito. Per ciò che qui interessa, il Tribunale rilevava che la società opponente, successivamente alla comunicazione di esecutività dello stato passivo ex art. 97 L.Fall., avvenuta il 9 aprile 2018, aveva dedotto di aver provveduto al deposito telematico dell'opposizione, ai fini della sua iscrizione a ruolo, già in data 9 maggio 2018; però, avvedutasi nei primi mesi del 2021 del mancato perfezionamento dell'iscrizione a ruolo da parte della cancelleria, appreso che l'ufficio aveva proceduto a rifiutare l'iscrizione del procedimento per difetto di anticipazione delle spese forfettarie che, però, può costituire oggetto di rifiuto solo in caso di iscrizione cartacea, aveva domandato la remissione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c. per il deposito del ricorso, chiedendo di riconoscere come valido ed efficace il deposito già effettuato. Sulla base di queste premesse, il Tribunale riteneva che il ricorso dovesse ritenersi tempestivo, poiché il rifiuto da parte del cancelliere degli atti non fiscalmente in regola poteva trovare applicazione soltanto per il deposito cartaceo: di conseguenza, non serviva rimettere l'opponente in termini perché non era maturata alcuna decadenza. Il Fallimento ricorreva in Cassazione, censurando il fatto che il Tribunale non avesse considerato che, a fronte del rifiuto del primo tentativo di deposito in termini, il ricorso in opposizione era stato depositato più di tre anni dopo l'effettivo termine di scadenza. Il meccanismo del deposito di un atto giudiziario tramite PCT, ha osservato il ricorrente, è un procedimento a formazione progressiva, nel quale la seconda PEC (c.d. "ricevuta di consegna") attesta che l'invio è intervenuto con la consegna nella casella di posta dell'ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, perfezionato in tale momento, a condizione, però, che, con l'ultima PEC, il deposito sia stato poi accettato dalla cancelleria, che consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC.

La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo, poiché, se è vero che la seconda PEC è quella che vale ai fini della tempestività, è la quarta PEC (a seguito dei controlli “manuali” del cancelliere) che definisce il perfezionamento del deposito. Quindi, in caso di esito negativo del procedimento di deposito dell'atto e, dunque, di rifiuto (corretto o meno che sia) dell'atto da parte della cancelleria, la parte deve procedere alla sua rinnovazione, previa rimessione in termini a norma dell'art. 153, comma 2, c.p.c., ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell'affidamento riposto nell'esito positivo del deposito, a meno che la stessa parte abbia provveduto senza indugio ad un ulteriore deposito con esito positivo. Dunque, in assenza delle PEC successive alla seconda (ed a maggior ragione nel caso in cui la terza o la quarta PEC diano esito non favorevole), la parte avrà l'onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile. A fronte di queste considerazioni, la Cassazione ha formulato il seguente principio di diritto: «La concreta applicazione dell'istituto della rimessione in termini presuppone l'espletamento di due necessarie verifiche: la prima attiene all'effettiva presenza di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte istante, alla stessa non imputabile e dalla stessa non determinato di carattere assoluto e non relativo. La seconda attiene all'immediatezza della reazione, da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del "fatto ostativo", e cioè come prontezza dell'attivarsi per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare, avendo, altresì, riguardo, ove si tratti del deposito telematico di un atto processuale, alla necessità di svolgere accertamenti e verifiche sul punto presso la cancelleria».

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