Il collocamento del minore nei provvedimenti temporanei e urgenti: quali forme di tutela?
24 Gennaio 2025
Massima A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 149 del 2022, nei giudizi di separazione e divorzio, la decisione assunta in sede di reclamo contro l'ordinanza che ha adottato i provvedimenti temporanei e urgenti all'esito dell'udienza di comparizione è ricorribile per cassazione qualora riguardi, tra l'altro, statuizioni contenenti “sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori”, poiché il rinvio operato dal comma 5 dell'art. 473-bis.24 c.p.c. ai “casi” di cui al precedente comma 2 dello stesso articolo (nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 164 del 2024), per individuare i provvedimenti nei confronti dei quali è ammessa l'impugnazione in sede di legittimità, non è riferito al tipo dei provvedimenti ivi menzionati ma al contenuto delle statuizioni ivi riportate. In particolare, in tema ricorso straordinario per cassazione, l'impugnabilità per cassazione dei provvedimenti assunti in sede di reclamo ai sensi dell'art. 473-bis.24, comma 5, c.p.c. (nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 164/2024), nella parte in cui menziona i provvedimenti che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori, si riferisce ai provvedimenti temporanei e urgenti assunti all'esito dell'udienza di comparizione e a quelli temporanei assunti in corso di causa che intervengono in modo incisivo e invasivo sulla relazione tra genitori e figli, trasformandola in senso altamente peggiorativo per uno o entrambi i genitori. In tema di reclamo avverso i provvedimenti temporanei e urgenti assunti all'esito dell'udienza di comparizione ai sensi dell'art. 473-bis.24 c.p.c., tale mezzo di impugnazione non si risolve in un mero strumento di controllo “ab estrinseco” della statuizione censurata, ma costituisce un vero e proprio gravame, strumentale a un riesame ex novo della controversia decisa con il provvedimento impugnato. Nei procedimenti previsti dall'art. 337-bis c.c., il giudice è chiamato ad adottare provvedimenti riguardo ai figli seguendo il criterio costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale ai sensi dell'art. 337-ter c.c. è quello di conservare un rapporto equilibrato continuativo con entrambi i genitori, sicché le statuizioni sull'affidamento, il collocamento e la frequentazione dei figli devono rispondere ad una valutazione in concreto finalizzata al perseguimento di tale finalità, non potendo essere adottati provvedimenti che limitino grandemente la frequentazione tra uno dei genitori e il figlio in applicazione di valutazioni astratte non misurate con la specifica realtà familiare. Il caso La vicenda tra origine dalla pronuncia con cui la Corte di Appello di Venezia, decidendo il reclamo proposto ai sensi dell’art. 473-bis.24 c.p.c., riformava l’ordinanza con cui (in sede di separazione con domanda cumulativa di scioglimento del matrimonio) il giudice delegato del Tribunale di Padova, all’udienza di comparizione delle parti, disponeva, con provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 473-bis.22, comma 1, c.p.c., il collocamento paritario della figlia minore. In particolare, il Tribunale, valorizzando l’interesse prioritario del minore ad avere la possibilità di frequentare in misura paritetica il padre e la madre (che, peraltro, vivevano nello stesso palazzo), aveva disposto l’affidamento condiviso della bambina con collocamento paritario. Proposto reclamo dalla madre, la Corte di Appello ne accolse tuttavia le doglianze, argomentando che la frequentazione paritetica dei genitori (regola tendenziale da seguire, salvo gravi ragioni ostative) deve essere finalizzata ad assicurare l’interesse del minore ad una crescita armoniosa e serena, anche se non sempre questo collima col pari diritto alla genitorialità; la conseguenza tratta, in quel giudizio, fu netta e decisa: “quando si verte in ipotesi di figlio minore in età prescolare o consimile, si deve considerare la rilevanza della posizione materna, in quanto maggiormente rispondente agli interessi della prole”, onde l’inevitabile collocamento prevalente della bambina presso la parte reclamante. La questione È del tutto evidente come il provvedimento della Corte di Appello abbia stravolto la vita delle persone coinvolte; il padre, infatti, ha visto sostituire ad una continuativa e ininterrotta permanenza – giorno e notte (sia pure a settimane alterne) – della bambina presso la propria abitazione, la previsione di due giorni di visita infrasettimanali (per poche ore e senza neppure il pernottamento, uniti ad un soggiorno a fine settimana alternati con la permanenza per una sola notte). Ciò che ne risulta colpita, allora, è la modalità con cui la relazione parentale si esplica, assistendosi ad un totale cambiamento del modo in cui viene a strutturarsi il rapporto del padre con la figlia: da una totale condivisione del quotidiano (come detto, in ogni suo momento, giorno e notte, sia pure a settimane alterne) a visite e frequentazioni con cadenza predeterminate e tempi ristretti. Inevitabile, allora, che la parte si rivolge all’avvocato (il cui termine, appunto, si riferisce ad una chiamata: ad-vocatus, vale a dire chiamato in aiuto) e ponga talune domande. Innanzi tutto, quali sono le tutele esperibili dal genitore a fronte di un’ordinanza emessa in sede di reclamo avverso i provvedimenti temporanei ed urgenti? La questione è ampia ed il tema si presenta assai delicato, ed allora il quesito giuridico non potrebbe che essere così ulteriormente delimitato: è ammissibile, ed eventualmente entro quali limiti, il ricorso straordinario per cassazione contro la pronuncia che, in sede di reclamo, abbia avuto ad oggetto i provvedimenti temporanei ed urgenti emessi ai sensi dell’art. 473-bis.22, comma 1, c.p.c.? Inoltre: quale è la funzione del reclamo di cui all’art. 473-bis.24 c.p.c.? E, soprattutto: in caso di figlio minore in età prescolare o consimile, si deve considerare la rilevanza della posizione materna, in quanto maggiormente rispondente agli interessi della prole? Le soluzioni giuridiche La delicatezza e complessità della materia consiste principalmente nel fatto che l'art. 473-bis.24 c.p.c. (su cui il d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 non ha influito a livello sostanziale) sembrerebbe ammettere il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 111 Cost.con riferimento ai soli «provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori o ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori» e non anche «ai provvedimenti temporanei e urgenti di cui al primo comma dell'articolo 473-bis.22». Eppure, si è detto come non avrebbe alcuna giustificazione una diversa interpretazione che escluda dalla possibilità di ricorrere per cassazione quei provvedimenti assunti all'esito dell'udienza di comparizione, sebbene prevedano sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori – ovvero sospendano o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale ovvero dispongano l'affidamento a soggetti diversi dai genitori –, consentendo invece l'esperimento di tale mezzo di impugnazione contro i provvedimenti che producano gli stessi effetti, ma siano assunti in corso di causa. Pertanto, deve ritenersi che l'art. 473-bis.24 c.p.c.si riferisce, ai fini della ricorribilità per cassazione, ai provvedimenti assunti in sede di reclamo, guardando non alla tipologia dei provvedimenti temporanei adottati dal Tribunale (provvedimenti temporanei emessi in corso di causa), ma al contenuto delle statuizioni emesse (provvedimenti che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori). Ciò significa, a ben vedere, che i provvedimenti temporanei e urgenti emessi all'esito dell'udienza di comparizione sono sempre reclamabili; ma contro i provvedimenti adottati in sede di reclamo è ammesso ricorso ex art. 111 Cost. solo nel caso in cui – come avviene per tutti i provvedimenti temporanei adottati in corso di causa – sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, oppure prevedano sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori o dispongono l'affidamento di questi ultimi a soggetti diversi dai genitori. Così impostato il discorso, allora, ai fini della ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ci si deve domandare quali sono questi provvedimenti. Al riguardo si è ritenuto (Cass., sez. I, 9 aprile 2024, n. 9442) che i provvedimenti giudiziali che statuiscono sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori sono ricorribili per cassazione (Cass., sez. I, 5 gennaio 2024, n. 332; Cass., sez. I, 17 novembre 2023, n. 32013; Cass., sez. I, 14 febbraio 2022, n. 4796; Cass., sez. I, 8 aprile 2019, n. 9764) nella misura in cui il diniego si risolva nella negazione della tutela giurisdizionale a un diritto fondamentale (i.e. il diritto alla vita familiare, sancito dall'art. 8 CEDU), suscettibile di essere leso da quelle statuizioni che, adottate in materia di frequentazione e visita del minore, risultino a tal punto limitative ed in contrasto con il tipo di affidamento scelto, da violare il diritto alla bigenitorialità; il quale, infatti, deve essere inteso tanto quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio (idonea a garantire a quest'ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi) quanto come dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione e istruzione della prole il cui rispetto deve essere sempre assicurato nell'interesse del minore. La determinazione dei tempi di presenza dei minori presso i genitori che non vivono più insieme, del resto, connota il modo concreto con cui la relazione tra genitore e figlio – e, con essa, la responsabilità genitoriale – può continuare ad esercitarsi; si deve trattare, quindi, di un tempo più o meno esteso, ma comunque qualificato, perché deve ricomprendere momenti di vita del minore in cui si possano effettivamente svolgere le funzioni genitoriali sotto ogni aspetto, segnatamente l'accudimento e l'educazione, condividendone la vita quotidiana e non solo il tempo della “visita” o dello svago ad essa eventualmente connesso. La stessa Corte EDU, in tale prospettiva, ha sottolineato l'importanza di misure che assicurino contatti adeguati e frequenti tra figli e il genitore non convivente, proprio per evitare gravi danni a questa relazione fondamentale (M. Fiorendi, Ricorribili in cassazione i provvedimenti giudiziali sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, in IUS Famiglie, 2024); tale significato è chiaramente rappresentato nell'art. 337-ter c.c., laddove si prevede espressamente che «il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». Il fine da raggiungere, quindi, non è la meccanica suddivisione in parti uguali dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, quanto piuttosto di consentire, in chiave funzionale, la partecipazione allo sviluppo e alla formazione del minore, consolidando un'autentica ed effettiva relazione familiare. Ne deriva che l'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (che ben potrebbe tradursi nel mantenere le sue abitudini e l'ambiente domestico che gli è consueto) non potrebbe comunque comprimere eccessivamente lo spazio temporale della frequentazione con il genitore non convivente, il quale sarebbe altrimenti del tutto privato di momenti significativi (come, per esempio, i pasti comuni ed i pernottamenti) e la relazione familiare ne potrebbe risultare compromessa; ed invero «il decorso del tempo senza che vi sia la possibilità di contatto toglie al minore ed al suo genitore, e al reciproco rapporto interpersonale di cura, affetto, costruzione dell'identità personale e familiare, “pezzi di vita” che non consentono alcuna restitutio in pristinum poiché ciò che è andato perduto è difficilmente recuperabile» (Cass., sez. I, 9 aprile 2024, n. 9442). Nel caso esaminato, avverso l'ordinanza della C.d.A., il ricorso per cassazione è stato quindi ritenuto ammissibile in quanto il provvedimento censurato limitava in modo significativo la relazione genitoriale tra il padre e la figlia, modificando radicalmente la situazione in atto, comprimendo tempi e modi di esercizio della responsabilità del genitore, in modo tale da «trasformare in senso altamente peggiorativo il rapporto con il minore». In tale contesto, conseguentemente, onde verificare quale posizione assuma, nella scelta tra le diverse soluzioni astrattamente possibili, il ruolo materno, la sentenza annotata – sul presupposto che il reclamo avverso i provvedimenti temporanei e urgenti assunti all'esito dell'udienza di comparizione art. 473-bis.24 c.p.c., non si risolve in un mero strumento di controllo “ab estrinseco” della statuizione censurata, ma costituisce un vero e proprio gravame, strumentale a un riesame ex novo della controversia decisa con il provvedimento impugnato – afferma che nella disciplina del collocamento e delle modalità di frequentazione deve essere seguito lo stesso criterio elaborato in materia di tipologia di affidamento (condiviso, esclusivo o super-esclusivo). Pertanto, «il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice a mente dell'art. 337-ter c.c., è costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l'apprezzamento della personalità del genitore»; con la conseguenza che «la regola dell'affidamento condiviso può essere derogata solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l'interesse del minore», e con l'ulteriore precisazione che l'eventuale pronuncia dell'affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore (Cass., sez. I, 6 luglio 2022, n. 21425; G. Musumeci, Il superiore interesse del minore quale criterio guida in tema di affidamento, in Ius Famiglie, 2022). Viceversa, la scelta sui tempi e modi di frequentazione tra padre e figlia operata dalla Corte di Appello è risultata del tutto sganciata da una valutazione in concreto della relazione della bambina con ciascuno e genitori; e, così, il provvedimento reclamato – lungi dall'attenersi ai predetti tali criteri – ha operato un giudizio in astratto, incentrato sulla sola età della minore, senza prestare attenzione alle modalità di relazione in atto della minore con i genitori, pretermettendo le concrete condizioni di vita della famiglia. Osservazioni La pronuncia in epigrafe si apprezza per il dettato chiaro e per la fluidità del discorso, offrendo soluzioni che, già in sede di primo commento, devono leggersi con favore. In alcuni passaggi, peraltro, vengono ripresi concetti esposti in altra parte della motivazione, con una tecnica che, lungi dal potersi dire ripetitiva, consente di soffermarsi con sempre maggiore attenzione su alcuni profili (cfr. A. Lestini, Il collocamento paritario ed alternato nella casa familiare, in Ius Famiglie, 2024; A. Lestini, L’ordinanza di conferma, modifica o revoca dei provvedimenti indifferibili è reclamabile?, in Ius Famiglie, 2024) che si presentano come essenziali nell’economia della decisione. Per concludere, può solo osservarsi come uno dei punti centrali dell’ordinanza è sicuramente quello di mettere in risalto la necessità del minore di conservare un rapporto equilibrato continuativo con entrambi i genitori, indicando talune forme di tutela esperibili proprio a fronte della violazione della regola del collocamento paritario. |