Mancata verificazione delle condizioni risolutive del contratto e risarcimento del danno
30 Gennaio 2025
Il caso riguarda la stipula di un contratto preliminare con oggetto una pluralità di immobili successivamente al quale, le parti convenivano il recesso del promissario acquirente, la riduzione dell'oggetto del contratto e la proroga del termine per la stipula del definitivo. Riscontrate gravi difformità urbanistiche rispetto ai beni, le stesse parti concordavano che la promissaria parte acquirente (fiduciosa della buona fede) della promittente parte venditrice aveva manifestato l'interesse nel poter valutare ugualmente l'acquisto solo ed esclusivamente a condizione che si verificassero due condizioni il mancato avveramento delle quali entro una certa data avrebbe comportato la risoluzione del contratto e l'obbligo per il promittente venditore di corrispondere una penale di 65mila euro. Le condizioni:
Per il Tribunale, la condizione di cui si discute si sostanzia in una condizione risolutiva mista, in quanto dipendente sia dalla volontà di una delle parti, cioè dalla condotta della promittente venditrice che avrebbe dovuto presentare l'istanza nei termini, sia dalla volontà di un terzo: con tale clausola le parti hanno subordinato la caducazione degli effetti del contratto ad una fattispecie che dipende anche dalla proroga della citata legge e dall'esito dell'attività della pubblica amministrazione (rilascio del titolo di conformità). Le parti, oltre a far dipendere dalle condizioni, l'efficacia del contratto medesimo, hanno posto a carico della convenuta la penale unicamente per il fatto dipendente dalla sua condotta (mancata presentazione, entro il dato termine, della domanda di accertamento della conformità) da cui sarebbe in parte dipeso il mancato avveramento della seconda condizione entro il termine fissato. Le parti possono, nell'ambito dell'autonomia privata, prevedere l'adempimento o l'inadempimento di una di esse quale evento condizionante l'efficacia del contratto sia in senso sospensivo che risolutivo, non configura una illegittima condizione meramente potestativa la pattuizione che fa dipendere dal comportamento - adempiente o meno - della parte l'effetto risolutivo del negozio, e ciò non solo per l'efficacia (risolutiva e non sospensiva) del verificarsi dell'evento dedotto in condizione ma anche perché tale clausola, in quanto attribuisce il diritto di recesso unilaterale dal contratto - il cui esercizio è rimesso a una valutazione ponderata degli interessi della stessa parte - non subordina l'efficacia del contratto a una scelta meramente arbitraria della parte medesima. (Cass. civ. sez. II, 24 novembre 2003, n.17859; nonché nello stesso senso, Cass. civ. sez. II, 15 novembre 2006, n. 24299). Per il Tribunale, sulla base della documentazione prodotta dalla convenuta, non riscontrando alcun inadempimento della stessa, a cui nemmeno possono ascriversi i tempi dell'amministrazione pubblica per il rilascio della concessione – stabilisce che non ricorrono i presupposti applicativi della penale. E inoltre «la risoluzione del negozio è da porsi, allora, in correlazione con la condizione; l'attore non ha, dal proprio canto, conservato alcun interesse al mantenimento del vincolo negoziale sorto col preliminare, come palesato anche nella premessa della scrittura privata (“presumibilmente possa venire meno l'interesse della promissaria parte acquirente di procedere con l'acquisto”) e come desumibile dalla previsione in contratto di condizioni risolutive temporalmente stringenti e dalla circostanza che, a breve distanza di tempo dal decorso del termine fissato nella condizione, l'attore ha invocato l'inefficacia del contratto e ha richiesto il pagamento della penale». Il Tribunale essendo la domanda risarcitoria genericamente formulata e non supportata da riscontri documentali necessari ai fini della quantificazione del pregiudizio, respinge le domande di parte attrice. |