Trattenimenti nei Cpr: nuovo rito in Cassazione e dubbi di incostituzionalità sul contraddittorio

05 Febbraio 2025

Le proroghe esigono una motivazione puntuale, a pena di violazione di legge, ricorribile per cassazione secondo il rito “MAE” consensuale.

Massima

In tema di trattenimento amministrativo delle persone straniere ai sensi della legge 9 dicembre 2024, n. 187, di conversione, con modificazioni, del d.l. 11 ottobre 2024, n. 145, ai fini del giudizio di convalida del provvedimento del Questore di proroga del trattenimento nei Cpr, la motivazione deve contenere uno specifico riferimento alla sussistenza delle condizioni di cui all'art. 14, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e, in particolare, deve esplicitare in base a quali dati il trattenimento stesso, già ritenuto necessario, sia ancora tale e quali prospettive possono offrire, rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio, i fatti intervenuti dopo il decorso del primo termine, tenendo altresì conto delle condizioni legislativamente imposte in relazione ai rigidi limiti temporali entro cui le proroghe possono essere concesse e, conseguentemente, i rimpatri, se legittimamente disposti, dovrebbero essere eseguiti, con la conseguenza che, ove manchi tale motivazione, sussiste il vizio di “violazione di legge” di cui all'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., nella cui nozione va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, intesa come del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice, riveniente quando il decreto impugnato omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio.

Il caso

Il Questore di Nuovo, con provvedimento emesso in data 15/1/2025, disponeva la proroga del trattenimento presso il Cpr di Nuoro, per ulteriori 60 giorni, a carico di un cittadino del Marocco, Paese rientrante nell'elenco di quelli “sicuri”, ora fissato ex lege (v. art. 12-bis d.l. n. 145/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 187/2024).

La Corte d'appello di Cagliari, in composizione monocratica, chiamata a trattare il ricorso giurisdizionale interposto della persona trattenuta ai sensi del novello art. 5-bis d.l. n. 13/2017, come introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 187/2024), disponeva la convalida del provvedimento questurile.

Avverso il decreto di convalida della Corte d'appello sarda proponeva ricorso per cassazione il difensore del cittadino extracomunitario, affidato a cinque motivi, ove lamentava, chiedendo l'annullamento del provvedimento, tra l'altro:

- la riduzione del termine per proporre ricorso per cassazione (nelle forme del codice di rito penale e non più civile ex art. 360 c.p.c.) a cinque giorni e la limitazione alle sole ipotesi previste dalle lett. a), b) e c) dell'art. 606 c.p.p.,

- la conseguente sottrazione della competenza a decidere alle Sezioni civili della Corte di cassazione, da considerarsi giudice naturale in queste materie relativa ai diritti della persona e alla protezione internazionale,

ciò in base alla nuova formulazione dell'art. 14, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 187/2024, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 145/2024.

Con successiva memoria il difensore chiedeva in via preliminare e pregiudiziale di rimettere gli atti e le parti davanti alla Corte costituzionale o davanti alla Corte di giustizia UE, con ogni conseguenza di legge, ivi compresa la liberazione del ricorrente in attesa della loro decisione.

La Corte di cassazione, Prima Sezione penale, in (parziale) accoglimento del ricorso (con riguardo alla ragione più “liquida”) ha annullato, con rinvio, il provvedimento impugnato, affinché il giudizio di convalida venga completato con la verifica – nella specie risultata mancante in relazione al caso concreto – delle condizioni per la proroga del trattenimento previste dall'art. 6 d.lgs. n. 142/2015.

La questione

La questione giuridica esaminata dalla sentenza annotata riguarda per l'appunto il mutato regime di ricorribilità per cassazione avverso i provvedimenti di convalida (o di proroga) delle Corti di appello, da proporsi - a far data dal 10 gennaio 2025 (data di entrata in vigore delle disposizioni processuali del Capo IV della legge n. 187/2024) - esclusivamente nelle forme dell'art. 606, lett. a), b), c), c.p.p. (in luogo della previgente ricorribilità “piena” ex art. 360 c.p.c.) e con applicazione dell'art. 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, legge n. 69/2005, relativo al rito “consensuale” in materia di mandato di arresto europeo.

Ai sensi del novellato art. 14, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 infatti:

«6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 606 c.p.p. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69».

Siccome la suddetta disposizione non precisa quale Sezione della Cassazione – civile o penale – è chiamata a decidere sui ricorsi da proposi secondo il rito “MAE consensuale”, si è posta la questione interpretativa, avente ricadute tabellari, se tale riformulazione implichi un implicito richiamo alla giurisdizione penale e quindi un mutamento sull'attribuzione degli affari interni della Suprema corte in relazione a quegli stessi procedimenti di convalida (o di proroga) dei trattenimenti amministrativi che, in prime cure, sono stati contestualmente attribuiti – in luogo delle Sezioni specializzate in materia di immigrazione dei Tribunali [civili] – alle Corti d'appello «di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69», chiamate peraltro a deciderli in inedita composizione monocratica in forza della coeva modifica apportata dalla stessa legge n. 187/2024.

Le soluzioni giuridiche

La Prima Sezione penale della Cassazione – cui frattanto, in esito alla legge n. 187/2024, la Prima Presidenza ha affidata la competenza “interna” a decidere questi procedimenti in forza dell'apposita variazione tabellare interna (v. decreto n. 5/2025) – con la sentenza in commento è intervenuta, per la prima volta, sul nuovo regime di ricorribilità per cassazione dei decreti di convalida (e di proroga) dei trattenimenti emessi dalle Corti di appello (quest'ultime, a loro volta, competenti in luogo delle Sezioni immigrazione dei Tribunali ai sensi del novello art. 5-bis d.l. n. 13/2017, pure introdotto dalla stessa legge n. 187/2024).

A fronte delle deduzioni difensive che prospettavano un vulnus di costituzionalità, la Cassazione ha proceduto ad una preliminare verifica interpretativa di tipo letterale, integrata da una lettura sistematica, del nuovo ordito normativo, a partire dal criterio attributivo la competenza, in prime cure, alle Corti d'appello, per le quali il legislatore, attraverso il rinvio all'art. 5, comma 2, legge n. 69/2005, ha fatto chiaro riferimento ad un istituto – il MAE – disciplinato da disposizioni processual-penalistiche e che richiede l'intervento del giudice penale.

Secondo i giudici di legittimità, la materia del trattenimento amministrativo nei Cpr del richiedente protezione internazionale è accomunata a quella del MAE dai profili di tutela giurisdizionale della libertà personale, come dimostra l'ulteriore – ancora più esplicito – richiamo alla giurisdizione penale ricavabile:

  • dalla previsione dei motivi per i quali d'ora in poi può essere proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di convalida (o di proroga) nelle forme dell'art. 606 c.p.p.;
  • dal rinvio all'art. 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge n. 69/2005.

   

Si tratta di una «scelta netta» del legislatore - cadenza significativamente la Suprema Corte – che attiene alla materia processuale, non sindacabile perché non arbitraria né manifestamente irragionevole e che «sospinge maggiormente nell'area penale la materia del trattenimento amministrativo», il che trova coerenza «in una più elevata attenzione alla necessità di un pronto controllo giurisdizionale sulle limitazioni della libertà personale» (sull'incidenza sulla libertà personale dei provvedimenti che determinano la coazione a rimanere in un Cpr, v. da ultimo C. cost. n. 203/2024), rispetto alle quali, così come accade per la materia cautelare penale, per un verso «si giustificano termini assai brevi per la proposizione di istanze e ricorsi e per l'adozione delle decisioni nei procedimenti giudiziari» (nella specie da adottarsi entro 7 giorni dalla trasmissione degli atti da parte della Corte d'appello) e, per altro verso, «si impongono scelte organizzative e modalità esecutive che garantiscano pronta attuazione dei provvedimenti delle autorità amministrative nelle modalità più rispettose della dignità e di ogni altra esigenza coinvolta».

Ciò premesso, la Corte regolatrice ha deciso il ricorso sulla base della questione più liquida: quella della mancanza di motivazione, che ha ricondotto alla lett. c) dell'art. 606 c.p.p. affermando i principi sopra massimati, tratti dalla pertinente giurisprudenza di legittimità elaborata (finora) dalla Prima sezione civile (cfr. ad es. Cass. civ., sez. I, n. 6064/2019, Rv. 653101).

Osservazioni

La Prima Sezione penale della Cassazione nella decisione qui annotata non ha accolto le deduzioni con cui la difesa della persona trattenuta – in via pregiudiziale – aveva lamentato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 187/2024, per ritenuto contrasto con gli artt. 3,13,25,111 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3, 13 e 14 CEDU: secondo la Suprema corte, la riduzione a cinque giorni del termine per proporre, dinanzi alle Sezioni penali della Corte (come individuate con apposita variazione tabellare), ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di convalida o di proroga dei trattenimenti e la limitazione dei motivi proponibili a quelli di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b), e c), c.p.p., sono espressione di una scelta che attiene alla materia processuale di esclusiva spettanza del legislatore che si caratterizza per la più ampia discrezionalità, non ravvisandosi profili di manifesta irragionevolezza e arbitrarietà (in tal senso, a sostegno sono richiamate: C. cost. n. 252/2000; C. cost. n. 200/2024).

Tuttavia, con la successiva ordinanza n. 4308/2025, depositata il 31 gennaio scorso, la stessa Prima Sezione penale della Cassazione, investita – per la seconda volta ai sensi del nuovo rito ex legge n. 187/2024 – di un altro ricorso per cassazione avverso la convalida del provvedimento di trattenimento pronunciata, anche in questo caso, dalla Corte d'appello di Cagliari, ha sollevato ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 187/2024 e come richiamato dall'articolo 5-bis d.lgs. n. 142/2015, nella parte in cui, rinviando alle disposizioni di cui all'art. 22, comma 5-bis, quarto periodo, della legge n. 69/2005, prevede che la Corte di cassazione giudichi avverso i provvedimenti di convalida (o di proroga) dei trattenimenti adottati dalle Corti d'appello in conformità al modello procedimentale previsto per il MAE “consensuale” - ossia in camera di consiglio senza intervento dei difensori - in tal modo affidando alla creazione dell'autorità giudiziaria l'individuazione delle scansioni processuali idonee a realizzare il contraddittorio nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti previsto per la decisione, per ritenuto contrasto con gli artt. 3,24,111, commi 1 e 2, 117 Cost., quest'ultimo con riferimento all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Edu. In quest'ultima pronuncia la Corte regolatrice, nel rimettere gli atti alla Consulta previa sospensione del giudizio a quo, ha rilevato che la nuova disciplina processuale prescelta dal legislatore del 2024 in relazione al giudizio di legittimità presenta profili di indeterminatezza delle scansioni nelle quali ospitare il necessario contraddittorio delle parti, che appaiono legate alle regole dettate sul MAE “consensuale” dall'art. 22, comma 5-bis, legge n. 69/2005 le quali però non sono confacenti alla subiecta materia, non caratterizzata da profili di “consensualità”. Difatti, dovendo la Cassazione assumere una decisione nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti – termine che, spiega, va assolutamente rispettato, ciò rende inapplicabile il modello processuale ordinario di cui all'art. 611 c.p.p., che presuppone una diversa articolazione temporale. La trasmissione di una memoria ad opera di una delle parti, poche ore prima della camera di consiglio destinata all'esame del ricorso, senza che siano disciplinati i modi, i tempi e i protagonisti di idonee attività comunicative e senza che siano individuati i termini nei quali il contraddittorio è destinato ad articolarsi in modo congruo, rende non manifestamente infondato il dubbio che venga rimesso al giudice il potere - invece di competenza del legislatore - di determinare, attraverso un ragionevole bilanciamento delle esigenze di celerità e quelle di compiuto dispiegarsi del diritto di difesa delle parti, pubbliche e private, interessate, le cadenze del processo. Tutto ciò viola le regole del corretto svolgimento del contradditorio il quale postula, invece, un'ordinata scansione dei momenti processuali all'interno della quale le parti possano svolgere le loro difese, consentendo al giudice di apprezzarle e di esprimersi su di esse in termini argomentati: ciò soprattutto quando - come nel caso di specie - vengano in rilievo giudizi nei quali non si registrino forme di consenso o di rinuncia ritualmente espresse dai protagonisti della vicenda che razionalmente giustificano semplificazioni processuali fondate sulle autonome scelte degli stessi, come appunto accade nella disciplina dettata, in tema di esecuzione dei MAE, dall'art. 22 della legge n. 69/2005.

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