Istanza di distrazione delle spese da parte del difensoreInquadramentoA norma dell'art. 93 c.p.c. il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato. Fino a che il difensore non abbia conseguito il rimborso la parte può chiedere al giudice, nelle stesse forme stabilite per la correzione delle sentenze, che sia revocato il provvedimento di distrazione delle spese stesse, ove dimostri di avere soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e per le spese. Nella pratica si pongono diversi problemi applicativi. In primo luogo ci si è posti il problema del rapporto tra un difensore con procura che presenti l'istanza in questione e altri difensori che agiscano nello stesso senso. La giurisprudenza di legittimità ha affermato al riguardo che l'art. 93 c.p.c. nel prevedere che il difensore con procura può chiedere che il giudice distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato, contempla un caso di sostituzione processuale, agendo il difensore che chiede la distrazione anche per gli altri difensori dello stesso cliente in nome e per conto proprio, quanto agli onorari e le spese che gli spettano, ed in nome proprio e per conto altrui, per gli onorari e le spese degli altri difensori; tuttavia, la distrazione può essere disposta se sia stata chiesta all'interno del singolo grado, dovendosi escludere che la distrazione delle spese di un determinato grado sia domandata per la prima volta in un grado successivo (Cass. VI, n. 16244/2019). La dichiarazione scritta di avvenuta anticipazione delle spese di lite, effettuata da entrambi i difensori della parte, è di per sé sufficiente per fondare il diritto alla distrazione delle spese ai sensi dell'art. 93 c.p.c. per tutti i dichiaranti, ciascuno per la propria quota (Cass. VI, n. 10236/2022). Si è posto inoltre il problema della compatibilità di questo istituto con la disciplina del patrocinio a spese dello Stato e al riguardo vi sono state pronunce discordanti del Supremo Collegio. In particolare, si è prima detto che il sistema del patrocinio a spese dello stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte non abbiente assistita e la parte soccombente non assistita, è incompatibile con l'istituto della distrazione delle spese, il quale eccezionalmente istituisce un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombente con la conseguenza che il relativo credito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda. Pertanto, l'eventuale richiesta di distrazione, essendo diretta a far valere una situazione nella quale la parte ha già trovato chi anticipa per lei le spese e non pretende l'onorario (avvocato distrattario), costituisce una rinuncia implicita al patrocinio a spese dello stato e preclude la possibilità di fruire di tale assistenza, senza che sia rilevante l'anteriorità o meno del decreto sull'ammissione a siffatto patrocinio (Cass. VI, n. 5232/2018). Successivamente si è detto invece che la richiesta di distrazione delle spese non comporta la rinuncia implicita al patrocinio a spese dello Stato, quale provvidenza posta a garanzia dell'effettività del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., dovendo la rinuncia provenire, in modo certo ed univoco, dal titolare del beneficio e non dal suo difensore, che è privo di qualsiasi potere dispositivo in proposito, tanto che la predetta ammissione è insensibile all'eventuale revoca o rinuncia al mandato e, comunque, non ha ad oggetto solo i compensi al difensore, ma anche altre provvidenze (spese per gli ausiliari del giudice, prenotazione a debito del contributo unificato), considerato, peraltro, che l'art. 136 d.P.R. n. 115/2002 prevede specifiche ipotesi di revoca del beneficio, diverse dalla richiesta (Cass. sez. lav., n. 30418/2019). Le Sezioni Unite hanno recentemente risolto la questione affermando che la presentazione dell'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non costituisce rinuncia implicita al beneficio da parte dell'assistito, attesa la diversa finalità ed il diverso piano di operatività del gratuito patrocinio e della distrazione delle spese – l'uno volto a garantire alla parte non abbiente l'effettività del diritto di difesa e l'altra ad attribuire al difensore un diritto in rem propriam con la conseguenza che il difensore è privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, compreso il diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo, potendo la rinuncia allo stesso provenire solo dal titolare del beneficio, e tenuto conto, peraltro, che l'istituto del gratuito patrocinio è revocabile solo nelle tre ipotesi tipizzate nell'art. 136 d.P.R. n. 115/2002, norma eccezionale, come tale non applicabile analogicamente (Cass. S.U., n. 8561/2021). La giurisprudenza di legittimità ha, altresì, escluso che l'avvocato distrattario non ha diritto all'indennizzo per l'irragionevole durata del processo nel quale ha prestato la propria opera professionale, in quanto l'istanza di distrazione, proprio per il suo carattere accessorio non può di per sé governare i tempi del processo, ma soltanto pedissequamente adeguarsi a quelli dettati per il giudizio sulla pretesa di merito (Cass. II, n. 16070/2024). FormulaILL.MO TRIBUNALE DI ... SEZ. ... ISTANZA DI DISTRAZIONE SPESE DI LITE (ART. 93, COMMA 1, C.P.C.) GIUDICE DOTT. ... /N. R.G ... PREMESSO CHE – ll sottoscritto Avv. ... ha proposto nell'interesse del Sig. ... (C.F. ... ), nato a ... il ..., residente in ... alla via ... n. ..., giusta procura alle liti allegata all'atto introduttivo, il presente giudizio; – il sottoscritto Avv. ... ha svolto tutte le attività difensive senza alcun esborso da parte del proprio assistito né per le spese né per gli onorari; Tutto quanto esposto il sottoscritto Avv. ... CHIEDE all'Ill.mo Tribunale adito che, Voglia disporre, ex art. 93, comma 1, c.p.c., la distrazione delle spese di lite liquidate in favore del sottoscritto difensore [1] che ha anticipato le spese e non ha riscosso diritti ed onorari del giudizio [2]. Luogo e data ... Avv. ... 1. L'avvocato distrattario può richiedere alla parte soccombente solamente l'importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche l'importo dell'Iva che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla. Invero, in materia fiscale costituisce principio informatore l'addebitabilità di una spesa al debitore solo se sussista il costo corrispondente e non anche qualora quest'ultimo venga normalmente recuperato, poiché non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto altrimenti legittimato a conseguire due volte la medesima somma di denaro (Cass. II, n. 2474/2012). 2. Di recente le Sezioni Unite hanno precisato che in caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali. La procedura di correzione, infatti, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2 c.p.c. che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese, consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è un rimedio applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c. anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 32200/2021; da ultimo, Cass. III, 5082/2024). COMMENTOL'istanza di distrazione non è soggetta ad alcun termine particolare né ad alcuna formalità potendo essere contenuta in qualsiasi atto del processo ed anche effettuata oralmente all'udienza. La recente giurisprudenza di legittimità ha puntualizzato che, ai fini della distrazione delle spese, è sufficiente per un difensore qualificarsi come antistatario, in quanto la domanda ex art. 93 c.p.c. può essere validamente avanzata anche in assenza di esplicita dichiarazione riguardante l'anticipazione delle spese e la mancata riscossione dei compensi (Cass. III, n. 3409/2024). È stato precisato, che poiché l'art. 93 c.p.c. legittima alla richiesta di distrazione delle spese solo il difensore con procura, tale domanda non può essere avanzata dal difensore dopo l'estinzione del mandato per rinuncia o revoca, ancorché la parte non abbia ancora provveduto alla sua sostituzione, in quanto l'art. 85 c.p.c., prevedendo l'inefficacia della revoca o della rinuncia alla procura sino alla sostituzione del difensore “nei confronti della controparte”, non concerne il rapporto interno di mandato, dove la rinuncia e la revoca hanno effetto, come qualsiasi dichiarazione ricettizia, sin dal momento in cui siano state comunicate alla controparte negoziale (Cass. n. 31687/2019). In Cassazione la stessa può essere formulata nella memoria ex art. 378 c.p.c. (Cass. sez. lav., n. 12111/2014). Corrispondente alla mancanza di formalità e termini è la carenza, in capo al giudice, di qualsiasi potere discrezionale di sindacare l'effettiva veridicità della dichiarazione del difensore (Cass. III, n. 21070/2009). La parte non è legittimata ad impugnare nei modi ordinari la sentenza per il capo relativo alla distrazione delle spese a favore del proprio difensore, potendosi avvalere unicamente della speciale azione di revoca prevista dal comma 2 dell'art. 93 c.p.c. (Cass. sez. lav., n. 3045/1986). Invece, dal canto suo, il difensore munito di procura, che abbia chiesto ed ottenuto il provvedimento di distrazione, è titolare di un diritto autonomo nei confronti della parte a cui carico sono state poste le spese del giudizio. Egli è, pertanto, personalmente obbligato alla restituzione di quanto ha ricevuto in esecuzione – volontaria o coattiva – della sentenza successivamente annullata ed è, perciò stesso, passivamente legittimato nel giudizio di rinvio per la domanda di ripetizione d'indebito oggettivo proposta dalla parte che ha eseguito il pagamento, trovando tale azione il suo immediato fondamento nella pronuncia di cassazione, che rende priva di causa giuridica l'attribuzione patrimoniale conseguita dal difensore (Cass. sez. lav., n. 1580/1986). In ogni caso il procuratore antistatario, in cui favore siano state distratte le spese di lite, non assume, nel successivo giudizio di impugnazione, la qualità di parte, salvo che si controverta proprio sulla concessione della distrazione (Cass. II, n. 8428/2016). Nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi, l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l'attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo (Cass. III, 14474/2019). Infine bisogna evidenziare come in virtù del provvedimento di distrazione delle spese processuali in favore del difensore con procura della parte vittoriosa, ex art. 93 c.p.c., si instaura, fra costui e la parte soccombente, un rapporto autonomo rispetto a quello fra i contendenti che, nei limiti della somma liquidata dal giudice, si affianca a quello di prestazione d'opera professionale fra il cliente vittorioso ed il suo procuratore, sicché rimane integra la facoltà di quest'ultimo di rivolgersi al cliente, oltre che per la parte del credito professionale che ecceda la somma liquidata dal giudice che gli sia stata corrisposta dalla parte soccombente, anche per l'intera somma dovutagli, per competenze professionali e spese, nonostante la distrazione disposta (Cass. II, 17061/2024). A norma dell'art. 196-quater c.p.c. (come modificato dal d.lgs. n. 164/2024), il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Quando è necessario ai fini della decisione il giudice può ordinare il deposito di singoli atti e documenti su supporto cartaceo, indicandone specificamente la ragione. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando sussiste una situazione di urgenza e il direttore generale per i servizi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti. La certificazione del direttore generale è pubblicata sul portale dei servizi telematici. Inoltre va segnalato che l'art. 46 disp. att. c.p.c., dedicato alla forma degli atti giudiziari e quindi applicabile sia agli atti del giudice che a quelli delle parti stabilisce che i processi verbali e gli altri atti giudiziari devono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile; che quando sono redatti in forma di documento informatico tali atti rispettano la normativa anche regolamentare relativa alla redazione, sottoscrizione e ricezione dei documenti informatici. Il comma 3 della disposizione riguarda le modalità di redazione dei documenti non informatici e ripete l'originario comma 2, prevedendo che gli atti non redatti in forma di documento informatico devono essere scritti in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni e abrasioni; le aggiunte soppressioni o modificazioni eventuali devono essere fatte in calce all'atto con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata. Per quanto concerne lo schema informatico degli atti giudiziari va fatto riferimento al d.m. n. 110/2023, pubblicato in G.U. n. 187 dell'11 agosto 2023, che reca il “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari” applicabile ai procedimenti introdotti dopo il 1° settembre 2023. Questo decreto pone i criteri di redazione e regola gli schemi informatici degli atti del processo civile con la struttura dei campi necessari per inserire le informazioni nei registri del processo. Fissa anche i limiti dimensionali degli atti del processo civile per le cause di valore inferiore a 500 mila euro. In ogni caso, a norma del comma 6 della disposizione il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e dei limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità dello stesso, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese processuali. Con riferimento al d.m. n. 110/2023 in particolare l'art. 2 del decreto stabilisce che, al fine di assicurare la chiarezza e sinteticità degli atti processuali (art. 121 c.p.c.) gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento sono redatti secondo il seguente schema: a. Intestazione, recante l'ufficio giudiziario innanzi al quale la domanda è proposta e il tipo di atto; b. Le parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c. Le parole chiave, in numero massimo di 20, che individuano l'oggetto del giudizio; d. Nelle impugnazioni gli estremi del provvedimento che si impugna con indicazione dell'autorità che lo ha emesso, della data di pubblicazione e della data dell'eventuale notificazione; e. L'esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, rispetto alle impugnazioni, l'individuazione dei capi della decisione che si impugnano e l'esposizione dei motivi; f. Nella parte in fatto, il riferimento puntuale ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati corrispondentemente al loro contenuto, consultabili “preferibilmente” con apposito collegamento ipertestuale; g. Rispetto ai motivi di diritto, l'esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono come rilevanti; h. Le conclusioni, con la distinta indicazione di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i. L'indicazione specifica dei mezzi di prova e l'indice dei documenti consultabili con il collegamento ipertestuale; j. Il valore della controversia; k. La richiesta di distrazione delle spese; l. L'indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, del decreto, le disposizioni in questione si applicano, in quanto compatibili, anche agli altri atti del processo; e gli atti processuali successivi alla costituzione in giudizio indicano il numero di ruolo del processo cui si riferiscono. Per quanto riguarda i limiti dimensionali degli atti processuali, l'art. 3 del decreto stabilisce che salvo le deroghe e le esclusioni previste dal decreto (artt. 4 e 5), l'esposizione deve essere contenuta nel numero massimo di: a. 80.000 caratteri che corrispondono circa a 40 pagine nel formato previsto dall'art. 6 del decreto, rispetto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; b. 50.000 caratteri, che corrispondono circa a 26 pagine nello stesso formato, rispetto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; c. 10.000 caratteri, che corrispondono circa a 5 pagine nello stesso formato, rispetto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'art. 127-ter c.p.c., quando non è necessario svolgere attività difensive possibili solo all'udienza. Nel conteggio del numero massimo di caratteri non sono compresi gli spazi. Da questi limiti sono però esclusi gli elementi previsti dall'art. 2, comma 2, lett. a), b), c), d), h), i), l), m), n); l'indice e la sintesi dell'atto; le indicazioni, le dichiarazioni e gli avvertimenti previsti dalla legge; la data e il luogo e le sottoscrizioni di parti e difensori; le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni; i riferimenti giurisprudenziali riportati nelle note. Sono altresì previste delle deroghe; si possono superare i limiti di cui all'art. 3 del decreto se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche a causa della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi. In questo caso il difensore deve esporre in modo sintetico le ragioni per cui si è reso necessario superare i limiti dimensionali. Vi sono delle ipotesi di deroga “automatica”, cioè la proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di una impugnazione incidentale giustifica il ragionevole superamento dei limiti previsti dall'art. 3. Per quanto riguarda il formato, gli atti sono redatti mediante caratteri di uso corrente, preferibilmente con l'uso di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5; con margini orizzontali e verticali di 2,5 cm. Non sono consentite note salvo che per indicare i precedenti giurisprudenziali e i riferimenti dottrinali. L'art. 8 infine prevede che gli atti giudiziari sono redatti secondo le regole previste dall'art. 11 del d.m. n. 44/2011 e sono corredati dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche dell'art. 34 del decreto in questione. Le specifiche tecniche di cui al primo comma, definiscono le informazioni strutturate e i dati necessari per elaborare gli schemi dell'atto da parte del sistema informatico ricevente. Rispetto agli atti del giudizio di cassazione, le specifiche tecniche tengono anche conto dei criteri stabiliti con decreto del Primo Presidente della Corte, sentiti il Procuratore generale presso la Corte, il CNF e l'Avvocatura generale dello Stato. |