Istanza per la prosecuzione del processo interrotto (art. 302 c.p.c.)

Antonio Lombardi

Inquadramento

L'interruzione del processo è un fenomeno di arresto dell'iter processuale a causa della verificazione di uno degli eventi, elencati dagli artt. 299 e ss. c.p.c., aventi attitudine alla compromissione del contraddittorio, con conseguente necessità del congelamento del processo, funzionale al ripristino della condizione di uguaglianza delle posizioni difensive, per un periodo non superiore a tre mesi al superamento del quale, in assenza di prosecuzione o riassunzione del processo, va dichiarata l'estinzione del giudizio. La prosecuzione del processo interrotto può avere luogo mediante costituzione spontanea o citazione in riassunzione. La prima ipotesi è disciplinata dall'art. 302 c.p.c. che dispone che la costituzione può avere luogo all'udienza già fissata, o disposta a seguito di ricorso, ovvero a norma dell'art. 166 c.p.c.

Formula

TRIBUNALE DI ...

VERBALE D'UDIENZA

Dott. ... R.G. n. ...

All'udienza del ... sono comparsi i procuratori delle parti, l'Avv. ... per l'attore e l'Avv. ... per il Sig. ..., il quale dà atto di essersi costituito in data ... quale erede del de cuius Sig. ..., convenuto nel presente giudizio.

Atteso, difatti, che in data ... è avvenuto il decesso del predetto convenuto e che in data ... è stata dichiarata l'interruzione del processo, l'Avv. ... quale difensore rappresentante del Sig. ... chiede formalmente la prosecuzione del processo ai sensi dell'art. 302 c.p.c. e l'accoglimento delle conclusioni formulate nella propria comparsa di costituzione e risposta.

IL GIUDICE

dato atto di quanto sopra, dispone la prosecuzione del giudizio tra l'attore ... ed i Sigg. ..., ..., ..., in qualità di successori a titolo universale del convenuto ..., e rinvia per ulteriore trattazione all'udienza del ...

Il Giudice ...

COMMENTO

L'interruzione è vicenda anomala del processo di cognizione, che ha luogo al ricorrere di una delle cause disciplinate dal codice e dalle leggi speciali, e determina l'arresto dell'iter processuale al fine di assicurare piena ed effettiva tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, al cospetto di eventi che determinano un pregiudizio o l'alterazione delle facoltà difensive della parte, con conseguente necessità di congelare il processo sino al ripristino della condizione di uguaglianza delle posizioni difensive, per un periodo non superiore a tre mesi. Il superamento di detto termine, in assenza di prosecuzione o riassunzione del processo, dà luogo all'estinzione del giudizio.

La riattivazione del processo interrotto, una volta ripristinate le fisiologiche condizioni di tutela del contraddittorio, funzionali all'esercizio delle prerogative difensive, può avere luogo in virtù di costituzione spontanea dei soggetti legittimati alla prosecuzione del giudizio, ovvero di citazione in riassunzione.

La prima ipotesi, disciplinata dall'art. 302 c.p.c., è quella della costituzione spontanea ad opera dei soggetti legittimati, che ha luogo all'udienza fissata, ovvero a norma dell'art. 166 c.p.c. Se non risulta fissata alcuna udienza, se ne può chiedere la fissazione al Giudice istruttore o, in mancanza, al Presidente, con ricorso, cui seguirà l'emissione di un decreto di fissazione di udienza, contenente il termine per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti costituite.

Il riferimento all'art. 166 c.p.c. deve ritenersi limitato alla forma dell'atto di costituzione per la prosecuzione, e non alle preclusioni processuali sottese. La costituzione, pertanto, potrà avere luogo fuori udienza, mediante il deposito di comparsa, procura alle liti, e documenti offerti in comunicazione, tra cui quelli che conferiscano evidenza alla legittimazione alla prosecuzione del giudizio (ad esempio, qualifica di erede universale, con conseguente trapasso della legittimazione processuale).

I nuovi legittimati attivi, come gli eredi della parte costituita, deceduta in corso di causa, o come la liquidazione giudiziale, in persona del commissario liquidatore, ricevuta notizia dell'interruzione del processo, potrebbero determinarsi a costituirsi spontaneamente in giudizio senza attendere la notificazione del ricorso in riassunzione da parte dei soggetti processuali, estranei all'evento interruttivo, interessati alla continuazione del processo. In linea di principio ciò potrebbe avvenire anche prima della formale dichiarazione di interruzione del processo, comparendo all'udienza fissata di trattazione, dando notizia dell'intervento di evento interruttivo e contestualmente costituendosi in giudizio (Cass. sez. lav., n. 8197/2000).

Per effetto del successivo art. 305 c.p.c., il termine per la prosecuzione del processo interrotto è fissato in tre mesi dall'interruzione.

Tale norma era stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 139/1967) con riferimento a talune ipotesi interruttive automatiche, quali la morte, radiazione o sospensione del procuratore costituito, nella parte in cui il termine per la riassunzione veniva fatto decorrere dalla data di interruzione del processo, coincidente con la verificazione dell'evento, anziché con la data in cui il riassumente avesse avuto conoscenza legale dello stesso, per effetto della dichiarazione o notificazione.

Analogo pronunciamento è seguito con riferimento ad altre ipotesi di interruzione automatica, in particolare quelle degli artt. 299 c.p.c. e 300 c.p.c. (Corte cost. n. 159/1971), con equiparazione, quanto alla decorrenza del termine di prosecuzione o riassunzione, delle fattispecie di interruzione automatica a quelle condizionate alla dichiarazione dell'evento interruttivo, fissando la decorrenza dalla conoscenza legale della stessa. Pertanto, in caso di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio decorre non dalla data dell'evento interruttivo, ma da quella in cui ciascuna parte ha avuto conoscenza legale dell'interruzione e, quindi, dalla sua dichiarazione se pronunciata in udienza o, altrimenti, dalla sua notificazione o comunicazione (Cass. I, n. 15004/2024).

La mancata prosecuzione o riassunzione nel termine trimestrale è causa di estinzione del processo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 305,307, comma 3, 310 c.p.c. Tale tipologia di estinzione opera di diritto, verificandosi immediatamente, senza necessità della pronuncia di un provvedimento. L'ordinanza del Giudice o la sentenza del collegio, dinanzi al quale l'estinzione viene eccepita, secondo parte della dottrina ( Mandrioli , Diritto processuale civile, 2000, II, 344, in nota 4), rivestono natura di provvedimenti dichiarativi. Il provvedimento di estinzione è assoggettabile a controllo a mezzo degli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. II, n. 31635/2021). L'estinzione del processo non determina estinzione dell'azione, che potrà essere riproposta in altro processo, con ultrattività delle sentenze non definitive su questioni preliminari e delle ordinanze regolatrici della competenza. Le prove raccolte nel processo estinto potranno avere ingresso nel processo incardinato ex novo, avendo l'efficacia limitata di argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c.

Occorre peraltro considerare che, in base all'orientamento consolidato della S.C., la morte dell'attore, intervenuta prima della notificazione dell'atto di citazione, determina la nullità della vocatio in ius, che presuppone l'attuale esistenza delle parti, e dell'intero eventuale giudizio che ne è seguito, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, risultando irrilevante la volontaria costituzione in giudizio dei successori della parte deceduta che intendano proseguire il processo, perché, in assenza della valida instaurazione del rapporto processuale e del contraddittorio tra le parti, non può trovare applicazione né l'istituto della successione nel diritto controverso, né quello della interruzione del processo (v., da ultimo, Cass. VI, n. 11506/2022).

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