Istanza di estinzione del processo non riassunto (art. 307, comma 3, c.p.c.)

Antonio Lombardi

Inquadramento

L'interruzione del processo è un fenomeno di arresto dell'iter processuale a causa della verificazione di uno degli eventi, elencati dagli artt. 299 e ss. c.p.c., aventi attitudine alla compromissione del contraddittorio, con conseguente necessità del congelamento del processo, funzionale al ripristino della condizione di uguaglianza delle posizioni difensive, per un periodo non superiore a tre mesi al superamento del quale, in assenza di prosecuzione o riassunzione del processo, va dichiarata l'estinzione del giudizio.

L'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza del collegio.

Formula

TRIBUNALE DI ...

ISTANZA DI ESTINZIONE DEL PROCESSO EX ART. 307 COMMA 3 C.P.C.[1][2]

R.G. n. ... giudice ...

NELLA CAUSA PROMOSSA DA:

Sig. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... del Foro di ...,

-attore-

CONTRO

Sig. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... del Foro di ...,

-convenuto -

PREMESSO CHE

– il Sig. ... con atto di citazione notificato il ... ha citato in giudizio innanzi al Tribunale di ... il Sig. ... per ivi sentirsi accogliere le conclusioni che si riportano ...,

– in data ... si costituiva il Sig. ... il quale, contestando le pretese attoree, chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni: ...

– all'udienza del ... le parti davano atto dell'intervenuto decesso della parte convenuta/dell'apertura di liquidazione giudiziale della società convenuta e il Giudice, con provvedimento del ... dichiarava l'interruzione del processo;

– nessuna delle parti provvedeva alla riassunzione del giudizio nel termine perentorio di tre mesi di cui all'art. 305 c.p.c.;

Tutto ciò premesso, l'attore, come sopra rappresentato e difeso, propone

ISTANZA

Affinché l'On.le Giudice adito voglia dichiarare l'estinzione del processo ai sensi dell'art. 307, comma 3 c.p.c.

Si offre in comunicazione:

1) ...;

2) ....

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

1. Per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'art. 46 disp. att. c.p.c., si rinvia al d.m. n. 110/2023.

2. Ai sensi dell'art. 307 c.p.c., tra le varie cause di estinzione del processo si registra anche l'inattività delle parti. Per effetto del comma 3, il processo si estingue se, a seguito della dichiarazione di interruzione, non venga riassunto nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal Giudice. Il precedente art. 305 c.p.c. stabilisce che il processo interrotto debba essere proseguito o riassunto nel termine perentorio di tre mesi dall'interruzione, a pena di estinzione. L'estinzione, secondo quanto prescritto dal comma 4 dell'art. 307 c.p.c., opera di diritto, ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del Giudice o sentenza del collegio.

COMMENTO

L'interruzione è vicenda anomala del processo di cognizione, che ha luogo al ricorrere di una delle cause disciplinate dal codice e dalle leggi speciali, e determina l'arresto dell'iter processuale al fine di assicurare piena ed effettiva tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, al cospetto di eventi che determinano un pregiudizio o l'alterazione delle facoltà difensive della parte, con conseguente necessità di congelare il processo sino al ripristino della condizione di uguaglianza delle posizioni difensive, per un periodo non superiore a tre mesi. Il superamento di detto termine, in assenza di prosecuzione o riassunzione del processo, dà luogo all'estinzione del giudizio.

La riattivazione del processo interrotto, una volta ripristinate le fisiologiche condizioni di tutela del contraddittorio, funzionali all'esercizio delle prerogative difensive, può avere luogo in virtù di costituzione spontanea dei soggetti legittimati alla prosecuzione del giudizio, ovvero di citazione in riassunzione.

Ai sensi dell'art. 303 c.p.c. se la prosecuzione del processo interrotto non avviene per iniziativa della parte nella cui sfera si è verificato l'evento interruttivo, o dei legittimati in virtù di fenomeni successori o traslativi della legittimazione processuale (ad es., liquidazione giudiziale, eredi della parte defunta etc.) l'altra parte può chiedere la fissazione di udienza, depositando ricorso per riassunzione e, successivamente, notificando lo stesso e il pedissequo decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo.

Per effetto del successivo art. 305 c.p.c. il termine per la prosecuzione del processo interrotto è fissato in tre mesi dall'interruzione.

Tale norma era stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 139/1967) con riferimento a talune ipotesi interruttive automatiche, quali la morte, radiazione o sospensione del procuratore costituito, nella parte in cui il termine per la riassunzione veniva fatto decorrere dalla data di interruzione del processo, coincidente con la verificazione dell'evento, anziché con la data in cui il riassumente avesse avuto conoscenza legale dello stesso, per effetto della dichiarazione o notificazione.

Analogo pronunciamento è seguito con riferimento ad altre ipotesi di interruzione automatica, in particolare quelle degli artt. 299 c.p.c. e 300 c.p.c. (Corte cost. n. 159/1971), con equiparazione, quanto alla decorrenza del termine di prosecuzione o riassunzione, delle fattispecie di interruzione automatica a quelle condizionate alla dichiarazione dell'evento interruttivo, fissando la decorrenza dalla conoscenza legale della stessa. Pertanto, in caso di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio decorre non dalla data dell'evento interruttivo, ma da quella in cui ciascuna parte ha avuto conoscenza legale dell'interruzione e, quindi, dalla sua dichiarazione se pronunciata in udienza o, altrimenti, dalla sua notificazione o comunicazione (Cass. I, n. 15004/2024).

È consolidato il principio secondo cui, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso con la richiesta di fissazione di udienza, deve ritenersi che il rapporto processuale, quiescente, sia ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando a tal fine l'eventuale errore sull'esatta identificazione della controparte, contenuto nell'atto di riassunzione, che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti a individuare il giudizio che si intende far proseguire (Cass. III, n. 2174/2016; App. Palermo III, n. 486/2016), con la conseguenza che gli eventuali vizi di notificazione dello stesso rappresentano vizi sanabili mediante rinnovazione della citazione e integrazione del contraddittorio, e non possono in alcun modo valorizzarsi quali cause estintive per mancata riassunzione.

La mancata prosecuzione o riassunzione nel termine trimestrale è causa di estinzione del processo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 305,307, comma 3, 310 c.p.c. Tale tipologia di estinzione opera di diritto, verificandosi immediatamente, senza necessità della pronuncia di un provvedimento. L'ordinanza del Giudice o la sentenza del collegio, dinanzi al quale l'estinzione viene eccepita, secondo parte della dottrina ( Mandrioli , Diritto processuale civile, 2000, II, 344, in nota 4), rivestono natura di provvedimenti dichiarativi. Il provvedimento di estinzione è assoggettabile a controllo a mezzo degli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. II, n. 31635/2021). L'estinzione del processo non determina estinzione dell'azione, che potrà essere riproposta in altro processo, con ultrattività delle sentenze non definitive su questioni preliminari e delle ordinanze regolatrici della competenza. Le prove raccolte nel processo estinto potranno avere ingresso nel processo incardinato ex novo, avendo l'efficacia limitata di argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c.

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