Atto di citazione per riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio (art. 392 c.p.c.)

Cristina Asprella

Inquadramento

Di regola l'accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, comporta rimessione delle parti al Giudice di rinvio per la decisione di merito, alla luce del principio di diritto fissato nella sentenza della Corte. In particolare, ai sensi dell'art. 392 c.p.c., la riassunzione della causa davanti al Giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione. L'art. 392, comma 2 c.p.c., stabilisce altresì che la riassunzione si fa con atto di citazione che è notificato personalmente a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c.

Il Giudice di rinvio è di norma altro Giudice di pari grado a quello che ha pronunziato la sentenza cassata. Nel caso di ricorso per saltum la causa può essere rinviata al Giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello cui le parti hanno rinunciato. Non si riconducono alla tipologia della Cassazione con o senza rinvio le decisioni sulla giurisdizione e sulla competenza con cui la Corte risolve il problema di riparto tra Giudici di ordini diversi o nell'ambito dei Giudici ordinari.

L'introduzione del giudizio di rinvio, come visto, avviene ai sensi della previsione normativa, con un autonomo atto di citazione che va notificato personalmente alla parte e non al procuratore costituito. La giurisprudenza di legittimità ha al riguardo chiarito che la riassunzione della causa davanti al Giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso nel quale è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande eccezioni, prove (eccetto il giuramento decisorio), nonché conclusioni diverse – salvo che queste, intese nell'ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di Cassazione – ed il Giudice di rinvio ha gli stessi poteri del Giudice di merito che ha pronunziato la sentenza cassata; ne consegue che non possono essere proposti dalle parti e presi in esame dal Giudice di rinvio motivi di impugnazione diversi da quelli proposti nel giudizio d'appello conclusosi con la sentenza cassata e che, in relazione al carattere dispositivo dell'impugnazione, i poteri del Giudice di rinvio vanno determinati con esclusivo riferimento alle iniziative legittimamente assente dalle parti, onde, in assenza di impugnazioni incidentale della parte parzialmente vittoriosa, la decisione del Giudice non può essere meno favorevole, nei confronti dell'impugnante, di quanto non sia stata la sentenza oggetto di gravame (Cass. sez. lav., n. 9843/2002). Nel giudizio di rinvio è necessario che le parti si costituiscano nuovamente, proprio perché esso non è configurato come una continuazione di quello originario, ma come un nuovo giudizio; in caso di mancata costituzione pertanto ne viene dichiarata la contumacia anche se la parte si era costituita nelle fasi precedenti del giudizio. In ogni caso la declaratoria di contumacia dell'originario appellante non comporta l'improcedibilità dell'appello originario né il passaggio in giudicato nei suoi confronti della sentenza di primo grado (Cass. I, n. 16506/2019).

Proprio con riferimento alla forma dell'atto introduttivo, la giurisprudenza di legittimità ha al riguardo chiarito che l'atto di riassunzione dei giudizi di opposizione esecutiva (sia che si tratti di opposizione all'esecuzione, sia che si tratti di opposizione agli atti esecutivi o di opposizione di terzo all'esecuzione, rispettivamente proposte ai sensi degli artt. 615,617 e 619 c.p.c.) davanti al giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 392 c.p.c., deve avvenire nella medesima forma (citazione o ricorso) nella quale deve avvenire l'instaurazione del giudizio di merito della relativa opposizione a cognizione piena, ai sensi degli artt. 616,618 e 618-bis c.p.c., non potendo certamente ritenersi che possa o debba avere nuovamente luogo la fase sommaria del giudizio, per la quale è prevista l'introduzione con ricorso; di conseguenza, se il giudizio di merito dell'opposizione a cognizione piena debba avvenire con atto di citazione, in ragione dell'applicabilità del rito ordinario di cognizione, nella stessa forma dovrà avvenire la sua riassunzione a seguito di cassazione con rinvio della decisione di merito e, se la suddetta riassunzione avvenga erroneamente con ricorso anziché con atto di citazione, essa potrà ritenersi tempestiva, secondo le regole generali, solo nel caso in cui la notificazione del ricorso sia effettuata entro il termine perentorio previsto dall'art. 392, comma 1 c.p.c. (Cass. III, n. 38323/2021).

Nel rito del lavoro il termine annuale previsto dall'art. 392 c.p.c. per la riassunzione della causa in sede di rinvio risulta rispettato col deposito del ricorso nella cancelleria del Giudice designato; dopo il deposito, tuttavia, grava sul ricorrente in riassunzione l'onere dell'instaurazione del contraddittorio attraverso la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, con la conseguenza che, ove la notificazione sia stata irrituale (nella specie, perché effettuata presso il domicilio eletto nel pregresso giudizio di merito anziché alla parte personalmente ex art. 137 e ss. c.p.c.) e la parte intimata non si sia costituita sanando il vizio di notifica, il giudice di rinvio deve assegnare al ricorrente, previa fissazione di altra udienza, un termine perentorio perché provveda alla valida notifica del ricorso e del decreto (Cass. sez. lav., n. 932/1998). In questo rito qualora la notifica dell'atto di riassunzione, tempestivamente depositato, innanzi al Giudice di rinvio sia nulla (nella specie perché eseguita presso il domiciliatario del difensore costituito nella precedente fase e non alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c., deve ritenersi applicabile il sistema sanante di cui all'art. 291 c.p.c., che resta precluso solo nell'ipotesi di inesistenza, di fatto o giuridica, della detta notifica stessa, riscontrabile in caso di omessa notifica ovvero allorché non sia rinvenibile alcun collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica e il destinatario della stessa (Cass. sez. lav., n. 17656/2009). Anche nei procedimenti cui si applica il rito camerale va effettuata la riassunzione con ricorso (Cass. I, n. 19020/2017) e così anche in tema di separazione e divorzio (Cass. I, n. 13422/2004).

Formula

CORTE D'APPELLO DI ... [OVVERO TRIBUNALE DI ... ] [1]

ATTO DI CITAZIONE [2] PER RIASSUNZIONE DELLA CAUSA EX ART.392 C.P.C.[3]

Il Sig. ..., nato a ..., residente in ... alla via ... n ..., C.F. ..., (oppure) [la società ..., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ..., con sede in ... ( ... ), via/p.zza ... n. ..., C.F. ... P.I. ... ) [4] elettivamente domiciliato in ... via ... n ... presso lo studio dell'Avv. ..., C.F. ..., che lo rappresenta e difende giusta procura alle liti ... allegata tramite strumenti informatici [5] e apposta in calce al presente atto ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c., Per le comunicazioni e notificazioni riguardanti il presente giudizio l'Avv. ... Indica il seguente indirizzo PEC ... [6] ..., [fax ... ] [7] presso il quale è eletto domicilio c.d. digitale

SI ESPONE:

– la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. ..., depositata in data ..., ha accolto il ricorso per Cassazione proposto dal Sig. ... notificato in data ... depositato in data ..., n. R.G. ..., cassando conseguentemente la sentenza impugnata ... pronunciata il ... pubblicata il ... n. ... con cui la Corte d'Appello di ... (ovvero il Tribunale di ... );

– nella propria pronuncia la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, affermava essere stata violata la seguente norma di diritto ... e, conseguentemente, ha enunciato il seguente principio di diritto: ....

Tanto premesso, il Sig. ..., come in epigrafe difeso e rappresentato

CITA

[inserire la parte di formula relativa all'atto di citazione nel giudizio ordinario di cognizione, subart. 163 c.p.c.[8], escluso il riferimento alle decadenze di cui al n. 7]

Per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni [9]:

Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, rigettata ogni contraria domanda o deduzione, in accoglimento della domanda proposta dal Sig. ..., condannare il Sig. ... al pagamento della somma di Euro ....

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Si producono i seguenti documenti [10]:

– copia della sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. ... del ... [11];

–  ... [12]

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

[Ove non apposta a margine, segue la procura] [13]

RELATA DI NOTIFICA

(la notificazione deve essere effettuata alla parte personalmente e non al domiciliatario) [14]

1. Ai sensi dell'art. 383, comma 1 c.p.c. la Corte di Cassazione qualora annulli con rinvio la sentenza impugnata, deve rinviare ad un Giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza così annullata. La competenza del Giudice indicato dalla Suprema Corte è una competenza inderogabile e funzionale: v. Cass. S.U., n. 5087/2008. Anche se normalmente il Giudice di rinvio è la Corte d'Appello, bisogna considerare che ove vi sia stato ricorso per saltum la causa può essere rinviata al Giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello cui le parti hanno rinunciato.

2. Nel caso in cui il processo da riassumere sia soggetto al rito del lavoro l'atto di riassunzione deve essere un “ricorso” e non un atto di citazione, secondo le regole del procedimento lavoristico. Il ricorso dovrà quindi essere depositato nella cancelleria del Giudice di rinvio e, successivamente, notificato alla parte personalmente. Uguale forma dovrà avere l'atto di riassunzione nel caso si verta in tema di procedimento di separazione o divorzio. Si veda anche quanto esposto in Inquadramento.

3. La riassunzione della causa deve avvenire nel termine di tre mesi, su istanza di parte, e il termine decorre dalla data della pubblicazione della sentenza della Suprema Corte e non dalla comunicazione della stessa effettuata dalla cancelleria. La mancata tempestiva riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le attività espletate, salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, senza che, come da ultimo precisato in sede di legittimità, assuma rilievo che l'eventuale sentenza d'appello, cassata, si sia limitata a definire in rito l'impugnazione della decisione di primo grado ovvero abbia rimesso la causa al primo Giudice e, dunque, manchi un effetto sostitutivo rispetto a quest'ultima pronuncia, poiché tale disciplina risponde ad una valutazione negativa del legislatore in ordine al disinteresse delle parti alla prosecuzione del procedimento (Cass. III, n. 8891/2020).

4. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50 d.l. n. 98/2011 conv., con modif. nella l. n. 111/2011).

5. A decorrere dal 1° gennaio 2023, il deposito della procura deve obbligatoriamente avvenire con modalità telematica (art. 196-quater disp. att. c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 149/2022).

6. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore a seguito dell'introduzione del c.d. domicilio digitale: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif. nella l. n. 114/2014. In giur. ad es. vedasi Cass. sez. lav., n. 33806/2021.

7. Il d.lgs. n. 164/2024, recante disposizioni correttive al d.lgs. n. 149/2022, nell'apportare modifiche all'art. 125 c.p.c., ha eliminato il riferimento alla necessità per il difensore di indicare il proprio numero di fax negli atti di parte, trattandosi di tecnologia ormai obsoleta.

8. Si veda la Formula relativa all'atto di citazione; ricordo che il d.lgs. n. 164/2024, recante disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 149/2022, ha previsto che nell'art. 163, comma 3, n. 2, dopo venga inserito, tra gli elementi della vocatio in ius, anche l'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono.

9. La riassunzione della causa dinanzi al Giudice di rinvio, ai sensi dell'art. 392 c.p.c., ha la funzione di riattivare il giudizio, configurandosi come meramente ripetitiva delle richieste avanzate negli atti processuali precedenti, a mezzo dei quali, pertanto, il suo contenuto può essere integrato, sicché non deve ritenersi imposta, per la validità dell'atto di riassunzione, l'adozione della medesima precisione espositiva richiesta per l'atto introduttivo del giudizio di primo grado o per l'atto di appello (Cass. III, n. 7243/2006; Cass. sez. lav., n. 617/1999).

10. Il carattere “chiuso” del giudizio di rinvio non osta a che in esso le parti possano depositare documenti formatisi successivamente al deposito del ricorso in riassunzione ex art. 392 c.p.c. o che non sia stato possibile produrre prima per causa di forza maggiore (Cass. sez. lav., n. 12633/2014; Cass. sez. lav., n. 3186/2012; Cass. II, n. 21587/2009).

11. Ai sensi dell'art. 394 c.p.c. all'atto di riassunzione del procedimento innanzi al Giudice di rinvio deve essere allegata la copia autentica della sentenza della Suprema Corte. L'onere di produrre la sentenza di Cassazione nel giudizio di rinvio non grava a pena di decadenza sulla parte che ha riassunto la causa, con la conseguenza che il suo mancato rispetto ad opera di quest'ultima non determina l'improcedibilità del giudizio, ma impone al Giudice l'assegnazione alle parti, pena l'estinzione del procedimento, di un termine per procedere al suddetto incombente (Cass. I, n. 11180/2001).

12. Prevede l'art. 126 disp. att. c.p.c. che «Il cancelliere del Giudice davanti al quale la causa è riassunta deve immediatamente richiedere il fascicolo d'ufficio al cancelliere del Giudice che ha precedentemente conosciuto della causa». Tuttavia in un precedente la S.C. ha affermato che terminato il giudizio di Cassazione è onere del difensore della parte ritirare i propri atti e produrli in occasione della costituzione innanzi al Giudice di rinvio, e non di quest'ultimo adoperarsi per l'acquisizione dei fascicoli dei precedenti gradi delle parti (Cass. III, n. 9697/2008). Su questo aspetto va però ricordato il disposto del novellato art. 196-quater disp. att. c.p.c. che prevede che il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, avvenga esclusivamente con modalità telematiche. Si veda quanto esposto nel commento della presente formula.

13. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che poiché il giudizio di rinvio costituisce la prosecuzione del giudizio di primo o di secondo grado conclusosi con la pronuncia della sentenza cassata, la parte che riassume la causa davanti al Giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito (Cass. III, n. 7983/2010). È tuttavia necessaria una nuova procura se la riassunzione avviene per il tramite di un difensore diverso; in particolare si è precisato che ai fini della riassunzione del giudizio in sede di rinvio è necessario il conferimento di una nuova procura alle liti in favore del difensore che abbia già assistito la parte nel solo giudizio di legittimità, atteso che, per un verso, il giudizio di rinvio si configura quale prosecuzione non del giudizio di Cassazione, ma di quello di primo o di secondo grado culminato nella sentenza cassata, e, per un altro, il mandato conferito per il giudizio di legittimità, in quanto speciale, non può estendere i propri effetti anche alla successiva fase di rinvio (Cass. V, n. 11430/2019).

14. La riassunzione del giudizio davanti al giudice del rinvio, con notificazione eseguita presso il domiciliatario o al difensore costituito nelle fasi di merito, anziché alla parte personalmente, è nulla ma non inesistente, stante la possibilità di ricollegare tali soggetti a precedenti designazioni della stessa parte. Pertanto, in applicazione dell'art. 291 c.p.c., il giudice del rinvio non potrà dichiarare, in tale ipotesi, l'estinzione del processo, ma dovrà ordinare la rinnovazione della notificazione, salvo che la parte intimata si sia costituita, così sanando la nullità (Cass. VI, n. 605/2022). Si tenga conto che l'art. 330 c.p.c. è stato integralmente sostituito dal d.lgs. n. 164/2024 e, pertanto, adesso la norma prevede che, se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata o ha indicato un indirizzo di PEC risultante dai pubblici elenchi o eletto un domicilio digitale speciale, l'impugnazione deve essere notificata nel luogo o all'indirizzo indicato; altrimenti si notifica, ai sensi dell'art. 170 c.p.c., presso il procuratore costituito o all'indirizzo di PEC risultante dai pubblici elenchi o al domicilio digitale speciale indicato per il giudizio oppure, in mancanza, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio.

L'impugnazione può essere notificata collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal defunto nell'atto di notificazione della sentenza ai sensi del primo comma, o, in mancanza della dichiarazione di residenza o elezione di domicilio, l'impugnazione può essere notificata, ai sensi dell'art. 170 c.p.c., agli eredi collettivamente e impersonalmente presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal defunto per il giudizio.

Se mancano la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio e le indicazioni previste dal primo comma dell'art. 330 c.p.c. e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l'impugnazione, se è ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente ex artt. 137 e ss. c.p.c.

COMMENTO

L'atto di citazione in riassunzione, ai sensi dell'art. 125 disp. att. c.p.c. deve contenere il nome delle parti, il nome dei loro difensori mentre non è necessario un nuovo mandato né una specifica riproposizione dei motivi di impugnazione; in particolare la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la riassunzione della causa dinanzi al Giudice di rinvio ai sensi dell'art. 392 c.p.c. ha la funzione di riattivare il giudizio, configurandosi come meramente ripetitiva delle richieste avanzate negli atti processuali precedenti, a mezzo dei quali, pertanto, il suo contenuto può essere integrato; ne consegue che non deve ritenersi richiesta per la validità dell'atto di riassunzione la medesima precisione espositiva richiesta per l'atto introduttivo del giudizio di primo grado o per l'atto d'appello (Cass. sez. lav., n. 617/1999). Esso deve contenere pertanto gli elementi dell'atto di citazione previsti dagli artt. 163 e 163-bis c.p.c. e può essere dichiarata nulla per le stesse ipotesi previste per la nullità dell'atto di citazione (ad es. nel caso di contenzioso tributario le sue nullità possono essere colmate con i meccanismi di sanatoria ivi previsti, sia pure con effetto ex nunc: Cass. civ. V, n. 20166/2016).

Nel giudizio di rinvio le parti conservano la stessa posizione processuale assunta nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata, ed ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse, nonché, in genere, alle difese svolte, ha l'effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese già spiegate nel giudizio originario, sicché, per la validità dell'atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato – senza necessità di integrale e testuale riproduzione – l'atto introduttivo in base al quale sia determinabile per relationem il contenuto dell'atto di riassunzione, nonché il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima. Ne consegue, inoltre, che il Giudice innanzi al quale sia stato riassunto il processo non incorre nel vizio di ultrapetizione quando abbia pronunciato su tutta la domanda proposta nel giudizio in cui fu emessa la sentenza annullata, e non sulle sole diverse conclusioni formulate con l'atto di riassunzione, atteso che, a seguito della riassunzione, prosegue il processo originario (Cass. I, n. 23073/2014).

L'atto di riassunzione della causa davanti al Giudice di rinvio deve essere notificato personalmente a norma degli artt. 137 e ss. secondo quanto dispone l'art. 392, comma 2 c.p.c. La riassunzione davanti al Giudice di rinvio è di conseguenza nulla ove eseguita con notificazione effettuata presso il domiciliatario oppure presso il difensore costituito nelle pregresse fasi di merito (Cass. VI, n. 29032/2017); è nulla ma non inesistente (Cass. VI, n. 27094/2013). Di recente la Corte di Cassazione ha precisato che l'atto di riassunzione dinanzi al Giudice del rinvio deve essere notificato personalmente al fallito tornato in bonis, poiché la chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilità del suo patrimonio, fa venir meno la legittimazione processuale del curatore. Tuttavia, la notifica eventualmente eseguita al curatore deve ritenersi nulla e non già inesistente, attesa la possibilità di ricollegare il predetto soggetto con le precedenti designazioni della parte, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il Giudice del rinvio non può dichiarare l'estinzione del giudizio ma, giusta la previsione di cui all'art. 291 c.p.c., deve ordinare la rinnovazione della notificazione, salvo che la parte intimata si sia costituita in giudizio sanando la nullità (Cass. II, n. 17149/2019).

A norma dell'art. 196-quater c.p.c. (come modificato dal d.lgs. n. 164/2024), il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Quando è necessario ai fini della decisione il giudice può ordinare il deposito di singoli atti e documenti su supporto cartaceo, indicandone specificamente la ragione. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando sussiste una situazione di urgenza e il direttore generale per i servizi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti. La certificazione del direttore generale è pubblicata sul portale dei servizi telematici.

Inoltre va segnalato che l'art. 46 disp. att. c.p.c., dedicato alla forma degli atti giudiziari e quindi applicabile sia agli atti del giudice che a quelli delle parti stabilisce che i processi verbali e gli altri atti giudiziari devono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile; che quando sono redatti in forma di documento informatico tali atti rispettano la normativa anche regolamentare relativa alla redazione, sottoscrizione e ricezione dei documenti informatici. Il comma 3 della disposizione riguarda le modalità di redazione dei documenti non informatici e ripete l'originario comma 2, prevedendo che gli atti non redatti in forma di documento informatico devono essere scritti in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni e abrasioni; le aggiunte soppressioni o modificazioni eventuali devono essere fatte in calce all'atto con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata. Per quanto concerne lo schema informatico degli atti giudiziari va fatto riferimento al d.m. n. 110/2023, pubblicato in G.U. n. 187 dell'11 agosto 2023, che reca il “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari” applicabile ai procedimenti introdotti dopo il 1° settembre 2023. Questo decreto pone i criteri di redazione e regola gli schemi informatici degli atti del processo civile con la struttura dei campi necessari per inserire le informazioni nei registri del processo. Fissa anche i limiti dimensionali degli atti del processo civile per le cause di valore inferiore a 500 mila euro. Con riferimento al d.m. 110/2023 e, in particolare l'art. 2 del decreto stabilisce che, al fine di assicurare la chiarezza e sinteticità degli atti processuali (art. 121 c.p.c.) gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento sono redatti secondo il seguente schema:

a. Intestazione, recante l'ufficio giudiziario innanzi al quale la domanda è proposta e il tipo di atto;

b. Le parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge;

c. Le parole chiave, in numero massimo di 20, che individuano l'oggetto del giudizio;

d. Nelle impugnazioni gli estremi del provvedimento che si impugna con indicazione dell'autorità che lo ha emesso, della data di pubblicazione e della data dell'eventuale notificazione;

e. L'esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, rispetto alle impugnazioni, l'individuazione dei capi della decisione che si impugnano e l'esposizione dei motivi;

f. Nella parte in fatto, il riferimento puntuale ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati corrispondentemente al loro contenuto, consultabili “preferibilmente” con apposito collegamento ipertestuale;

g. Rispetto ai motivi di diritto, l'esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono come rilevanti;

h. Le conclusioni, con la distinta indicazione di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate;

i. L'indicazione specifica dei mezzi di prova e l'indice dei documenti consultabili con il collegamento ipertestuale;

j. Il valore della controversia;

k. La richiesta di distrazione delle spese;

l. L'indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Ai sensi dell'art. 2, comma 2, del decreto, le disposizioni in questione si applicano, in quanto compatibili, anche agli altri atti del processo; e gli atti processuali successivi alla costituzione in giudizio indicano il numero di ruolo del processo cui si riferiscono.

Per quanto riguarda i limiti dimensionali degli atti processuali, l'art. 3 del decreto stabilisce che salvo le deroghe e le esclusioni previste dal decreto (artt. 4 e 5), l'esposizione deve essere contenuta nel numero massimo di:

a. 80.000 caratteri che corrispondono circa a 40 pagine nel formato previsto dall'art. 6 del decreto, rispetto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione;

b. 50.000 caratteri, che corrispondono circa a 26 pagine nello stesso formato, rispetto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio;

c. 10.000 caratteri, che corrispondono circa a 5 pagine nello stesso formato, rispetto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'art. 127-ter c.p.c., quando non è necessario svolgere attività difensive possibili solo all'udienza.

Nel conteggio del numero massimo di caratteri non sono compresi gli spazi.

Da questi limiti sono però esclusi gli elementi previsti dall'art. 2, comma 2, lett. a), b), c), d), h), i), l), m), n); l'indice e la sintesi dell'atto; le indicazioni, le dichiarazioni e gli avvertimenti previsti dalla legge; la data e il luogo e le sottoscrizioni di parti e difensori; le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni; i riferimenti giurisprudenziali riportati nelle note.

Sono altresì previste delle deroghe; si possono superare i limiti di cui all'art. 3 del decreto se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche a causa della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi. In questo caso il difensore deve esporre in modo sintetico le ragioni per cui si è reso necessario superare i limiti dimensionali. Vi sono delle ipotesi di deroga “automatica”, cioè la proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di una impugnazione incidentale giustifica il ragionevole superamento dei limiti previsti dall'art. 3.

Per quanto riguarda il formato, gli atti sono redatti mediante caratteri di uso corrente, preferibilmente con l'uso di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5; con margini orizzontali e verticali di 2,5 cm. Non sono consentite note salvo che per indicare i precedenti giurisprudenziali e i riferimenti dottrinali.

L'art. 8 infine prevede che gli atti giudiziari sono redatti secondo le regole previste dall'art. 11 del d.m. n. 44/2011 e sono corredati dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche dell'art. 34 del decreto in questione. Le specifiche tecniche di cui al primo comma, definiscono le informazioni strutturate e i dati necessari per elaborare gli schemi dell'atto da parte del sistema informatico ricevente. Rispetto agli atti del giudizio di cassazione, le specifiche tecniche tengono anche conto dei criteri stabiliti con decreto del Primo Presidente della Corte, sentiti il Procuratore generale presso la Corte, il CNF e l'Avvocatura generale dello Stato.

In ogni caso, a norma del comma 6 dell'art. 46 disp.att. c.p.c. il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e dei limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità dello stesso, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese processuali.

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