Istanza del lavoratore per l'esperimento del tentativo facoltativo di conciliazione presso la Commissione Provinciale di conciliazione (art. 410 c.p.c.)

Antonio Lombardi

Inquadramento

La conciliazione in ambito giuslavoristico può essere giudiziale o stragiudiziale. Nell'ambito delle conciliazioni stragiudiziali si distinguono quelle in sede amministrativa, dinanzi alle Direzioni Territoriali del Lavoro, disciplinate dall'art. 410 c.p.c. che, a seguito dell'entrata in vigore del cd Collegato lavoro (l. n. 183/2010), non assurge più a condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale, trattandosi di procedura facoltativa, fatta eccezione per talune materie, tassativamente indicate, nelle quali permane l'obbligatorietà della procedura. Laddove, all'esito della stessa, si addivenga alla conciliazione della controversia, si redigerà separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dai componenti della Commissione di conciliazione, che acquisterà efficacia esecutiva con decreto del giudice, apposto su richiesta di parte. Nel caso di esito negativo, la proposta formulata dalla Commissione e le valutazioni delle parti saranno riassunte nel verbale, e tali risultanze potranno essere valorizzate nell'eventuale successivo procedimento giurisdizionale ai sensi dell'art. 92 c.p.c.

Formula

Istanza per l'esperimento del tentativo facoltativo di conciliazione presso la Commissione Provinciale di Conciliazione.

A ... (nome datore di lavoro) [1]

Alla Direzione Territoriale del Lavoro

Commissione Provinciale di Conciliazione

Il/La sottoscritto/a ... nato/a il ... a ... e residente nel Comune di ... CAP ... via ... n. ... C.F. ... tel. ... e-mail: ...

Per il tramite dell'Associazione Sindacale/Studio Legale ...

con sede a ... in via ... n. ... e-mail: ... fax ...

CHIEDE

la convocazione della Commissione di Conciliazione per la discussione del tentativo di conciliazione, che con la presente istanza si intende attivare, ai sensi dell'art. 410 c.p.c., così come modificato dalla l. 183/2010[2] , in relazione alla controversia insorta con il datore di lavoro: ...

con sede a ... C.A.P ... via ... n ... tel ... fax ...

CCNL del comparto ...

alle cui dipendenze è stato/è occupato dal [ ... / ... / ... ] al [ ... / ... / ... ]

con le mansioni di ... e con la qualifica di ...

PREMETTE

Di essere stato impiegato presso ... con mansioni di ...;

(ovvero) che il rapporto è cessato alla data del ... in virtù di ...

(esposizione dei fatti e delle ragioni in fatto ed in diritto posti a fondamento della pretesa);

Le comunicazioni inerenti alla presente procedura dovranno essere effettuate presso:

... CAP ... via ... n. ...

PEC, e-mail: ... fax ...

Il/La sottoscritto/a si impegna a trasmettere alla DTL copia della ricevuta di ritorno della raccomandata inviata a controparte dando così prova di avvenuta notifica della presente istanza.

Il sottoscritto dichiara di essere informato/a, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 196/2003, che i dati personali, di cui alla presente istanza, sono richiesti obbligatoriamente ai fini del procedimento. Gli stessi, trattati anche con strumenti informatici, non saranno diffusi ma potranno essere comunicati soltanto a soggetti pubblici per l'eventuale seguito di competenza. L'interessato potrà esercitare i diritti di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 196/2003.

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

1. La richiesta di convocazione dinanzi alla Commissione di Conciliazione ad opera del lavoratore non è atto a forma vincolata, ben potendo avvenire tramite invio di raccomandata al datore di lavoro, contenente atto stragiudiziale, ad esempio l'impugnativa del licenziamento, e per conoscenza alla Direzione Provinciale del Lavoro, con invito a dare corso urgente alla procedura di conciliazione facoltativa, prevista dall'art. 410 c.p.c.

2. Il tentativo di conciliazione in sede amministrativa, per effetto della modifica dell'art. 410 c.p.c., operata dalla l. n. 183/2010 non è più condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale, essendo divenuto facoltativo.

COMMENTO

Secondo il novellato art. 410 c.p.c., chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'art. 409 c.p.c. può promuovere, anche tramite l'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione dinanzi alla Commissione di conciliazione, istituita presso la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente sulla base dei criteri di cui all'art. 413 c.p.c. e composta, ai sensi del comma 3, dal direttore dell'ufficio (o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo), in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.

L'individuazione della commissione competente all'espletamento del tentativo di conciliazione ha luogo sulla base degli ordinari criteri di competenza territoriale delle controversie di lavoro, dettati dall'art. 413 c.p.c.

La richiesta del tentativo, con il contenuto di cui all'art. 410, comma 6, è consegnata o spedita mediante raccomandata a.r., fax o PEC. Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la Commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale, così da delimitare compiutamente le questioni controverse.

In caso di mancato deposito della memoria, la norma prevede che ciascuna delle parti sia libera di adire l'autorità giudiziaria. Ad analoghe conclusioni, in assenza di espressa previsione che condizioni la proponibilità dell'azione giudiziaria al completamento della procedura conciliativa, deve addivenirsi circa la possibilità di adire la sede giudiziaria, in via cautelare o ordinaria, nel caso di accettazione della proposta, in pendenza del procedimento.

La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. Attesa la natura ricettizia degli atti interruttivi della prescrizione, deve ritenersi che la comunicazione che interrompe la prescrizione e sospende il decorso dei termini decadenziali sia quella fatta alla controparte, all'atto della conoscenza legale e non effettiva (Cass. sez. lav., n. 3346/2020).

In merito alla questione dell'applicabilità del termine di decadenza di 60 giorni di cui all'art. 32 l. n. 183/2010 per l'impugnativa giudiziale dei licenziamenti, decorrenti dall'impugnativa stragiudiziale, nei casi in cui il ricorrente abbia comunicato richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione ed il resistente non vi abbia aderito, si ritiene che la mancata accettazione del tentativo di conciliazione - momento a partire dal quale decorre il termine di 60 giorni per la proposizione dell'impugnativa – si configuri una volta trascorsi venti giorni dal ricevimento della richiesta di cui al comma 5, con la conseguenza che è da tale momento che riprenderà a decorrere il termine decadenziale per la proposizione di ricorso giurisdizionale (Cass. sez. lav., n. 14057/2019). Ai sensi dell'art. 6, comma 2 l. n. 604/1966, come modificato dalla l. n. 183/2010, in caso di immediato rifiuto della controparte di intraprendere la procedura conciliativa, decorrerà il termine di decadenza di 60 giorni per il deposito del ricorso giudiziale, senza che sia necessaria alcuna comunicazione al lavoratore della chiusura della procedura ex art. 410 c.p.c.

Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato, così come da un legale di propria fiducia. L'ultimo comma dell'art. 410 prevede una fattispecie di esenzione da responsabilità in capo al funzionario delegato a rappresentare la pubblica amministrazione dinanzi alle commissioni di conciliazione, salvi i casi di dolo e colpa grave.

In caso di buon esito della conciliazione, anche limitatamente ad una parte delle questioni controverse, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione, ai sensi dell'art. 411, comma 1 c.p.c.

L'acquisizione di efficacia esecutiva del verbale di conciliazione è subordinata al rilascio del decreto di esecutività da parte del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, su istanza della parte interessata. Il controllo operato dal giudice avrà certamente ad oggetto la regolarità formale del decreto, ed in particolare la presenza delle sottoscrizioni delle parti e dei componenti della commissione di conciliazione.

La conciliazione intervenuta dinanzi alle Commissioni di conciliazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c. deroga alla regola ex art. 2113, comma 1 c.c., secondo cui le rinunzie e transazioni che hanno ad oggetto diritti del prestatore di lavoro, derivanti da disposizioni inderogabili di legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 c.p.c. non sono valide. Ciò in ragione dell'espressa previsione del comma 4 dell'art. 2113 c.c., che esclude l'applicazione delle norme contenute nell'articolo alle conciliazioni intervenute ai sensi degli articoli 185,410,411,412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.

Laddove, all'esito dell'esperimento del tentativo di conciliazione, non si addivenga ad un accordo, la Commissione di conciliazione formulerà una proposta per la bonaria definizione della controversia. Qualora la proposta non venga accettata dalle parti, i termini della stessa andranno riassunti in seno al verbale, con l'indicazione delle valutazioni espresse dalle stesse. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata dalle parti senza adeguata motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 411 cpv. c.p.c., il giudice tiene conto in sede di giudizio.

Pur non disponendo la norma in ordine alle conseguenze in sede giudiziale del comportamento di colui che rifiuta la proposta senza giustificato motivo, deve ritenersi che le stesse vadano naturalmente confinate alla regolamentazione delle spese di lite, in particolare laddove la decisione, resa all'esito del giudizio, non si discosti significativamente dalla proposta della commissione denotando, con valutazione ex post, l'ingiustificatezza, sotto il profilo dell'economia processuale, dell'iniziativa giudiziaria. Nessuna ulteriore conseguenza potrà essere tratta dal giudice, eventualmente in termini di argomento di prova ex art. 116 cpv. c.p.c. Ciò va, a fortiori, affermato in quanto egli sarà tenuto eventualmente a valorizzare un comportamento serbato dalle parti in ambito stragiudiziale, rispetto ad una proposta conciliativa formulata da altro soggetto (id est la commissione), sulla base di una cognizione necessariamente parziale delle questioni controverse.

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