Istanza per l'esperimento del tentativo di conciliazione di cui all'art. 6 d.lgs. n. 23/2015 (Jobs Act)InquadramentoLa conciliazione in ambito giuslavoristico può essere giudiziale o stragiudiziale. Il d.lgs. n. 23/2015 (c.d. Jobs Act) ha introdotto una nuova forma di conciliazione stragiudiziale, non alternativa rispetto alle altre forme di conciliazione previste dalla legge, che prevede un'offerta da parte del datore di lavoro al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in sede amministrativa, sindacale o arbitrale, di un ammontare pari a una mensilità della retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità, che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale che comporta, in caso di accettazione, l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all'impugnazione, anche quando il lavoratore l'abbia già proposta. FormulaA ... (nome lavoratore) [1] Il/La sottoscritto/a datore di lavoro (o la società) ... nato/a il ... a ... e residente nel Comune di ... C.A.P. ... via ... n. ... C.F. ... tel. ... e-mail: ... Per il tramite dello Studio Legale ... con sede a ... in via ... n. ... e-mail: ... fax ... PREMESSO CHE In data ... provvedeva ad intimare licenziamento per giusta causa/giustificato motivo soggettivo/giustificato motivo oggettivo del lavoratore ...; che con atto stragiudiziale del ... il lavoratore provvedeva all'impugnativa del licenziamento; che il rapporto lavorativo in questione è soggetto all'applicazione della normativa di cui al d.lgs. n. 23/2015, risultando il lavoratore assunto in data ... e, pertanto, successivamente all'entrata in vigore della legge; TANTO PREMESSO Offre al sig. ..., a tacitazione delle pretese dallo stesso azionabili, una somma pari a ... mensilità della retribuzione globale di fatto mensile, pari ad Euro ... lordi [2] , a saldo e stralcio, invitando lo stesso a far pervenire eventuale accettazione con rinuncia alla impugnativa del licenziamento, comminato in data ..., facendo presente che ciò determinerà l'estinzione del rapporto alla data del comminato licenziamento. Le comunicazioni inerenti alla presente procedura di conciliazione dovranno essere effettuate presso: ... CAP ... via ... n. ... e-mail: ... fax ... Luogo e data ... (firma) ... 1. Il tentativo di conciliazione facoltativo di cui all'art. 6 d.lgs. n. 23/2015 origina da un'iniziativa del datore di lavoro, che propone al lavoratore di conciliare la controversia insorta o insorgenda, avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento soggetto al regime di tale normativa (per lavoratori assunti successivamente al 7 marzo 2015, data di entrata in vigore della stessa), offrendo una somma predeterminata, sulla base del parametro dell'anzianità di servizio del lavoratore licenziato. 2. Il vantaggio dell'accettazione della proposta conciliativa ante giudiziale per il lavoratore è rappresentato dalla circostanza che le somme offerte in tale sede godono di un regime di defiscalizzazione, diversamente dalle somme che lo stesso lavoratore potrebbe ottenere in sede di conciliazione giudiziale o nel caso di esito favorevole del giudizio di impugnazione del licenziamento che, viceversa, sono soggette a tassazione sulla base degli artt. 19, comma 4 e 51 TUIR. COMMENTOLa fattispecie di conciliazione antegiudiziale introdotta dall'art. 6, comma 1 d.lgs. n. 23/2015, attuativo del cd Jobs Act, è applicabile ai contenziosi relativi ai lavoratori assunti, convertiti a tempo indeterminato, o qualificati da rapporti di apprendistato a partire dal 7 marzo 2015 il cui rilievo risulta fortemente ridimensionato. La disposizione prevede che, in caso di licenziamento dei lavoratori rientranti nella sfera di applicazione della norma, il datore di lavoro abbia facoltà di offrire al lavoratore, in sede protetta, nei due mesi per l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento, un importo esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità. Il testo antecedente alle modifiche apportate dall'art. 3, comma 1-bis del d.l. n. 87/2018 prevedeva, quali estremi minimo e massimo dell'offerta conciliativa, rispettivamente due e diciotto mensilità della retribuzione utile. L'accettazione dell'assegno circolare, previsto come modalità di pagamento, determina l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all'impugnazione, benché già proposta. Il vasto campo di applicazione, delimitato dalla norma in commento, è quello di cui all'art. 1 d.lgs. n. 23/2015, id est i licenziamenti comminati ai lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati e quadri, assunti con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato successivamente all'entrata in vigore della riforma (7 marzo 2015) ovvero assunti con contratto a tempo determinato o di apprendistato anteriormente a tale data, nei casi di conversione a tempo indeterminato in data successiva, quantunque i datori rientrino nei requisiti occupazionali di cui all'art. 18, commi 8 e 9 l. n. 300/1970 ed indipendentemente dalla causale del licenziamento, fatte salve le diverse fattispecie di conciliazione prevista da norme ad hoc (es. art. 1, comma 40 della l. n. 92/2012). L'iniziativa compete al datore di lavoro, il quale potrà notificare al lavoratore l'offerta conciliativa, sulla base dei parametri rigidamente predeterminati dalla norma, nel termine di impugnativa stragiudiziale del licenziamento, vale a dire nei sessanta giorni contemplati dall'art. 32 l. n. 183/2010, decorrenti dalla comunicazione al lavoratore del recesso datoriale. Al fine di ritenere soddisfatta la condizione della norma, è richiesto che l'offerta conciliativa pervenga entro il termine indicato, benché a ridosso della sua scadenza, ben potendo l'Ente adito in sede conciliativa convocare le parti e concludere la procedura successivamente alla scadenza del termine. La formalizzazione dell'offerta deve avvenire in una delle sedi di cui all'articolo 2113, comma 4, del codice civile, e all'articolo 76 del d.lgs. n. 276/2003. Il art. 2113, comma 4 c.c., in materia di inimpugnabilità delle conciliazioni, richiama gli artt. 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater. Esclusa la sede giudiziale evocata dall'art. 185 c.p.c., essendo l'ipotesi conciliativa in commento finalizzata ad evitare l'iniziativa giudiziale, l'offerta conciliativa potrà avere luogo dinanzi alle commissioni di conciliazione, istituite presso la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, in sede sindacale, presso le sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (412-ter c.p.c.), nonché dinanzi al collegio di conciliazione e arbitrato ex art. 412-quater. Del pari, la formalizzazione potrà avere luogo dinanzi agli organi e commissioni di certificazione di cui all'art. 76 d.lgs. n. 276/2003. L'iniziativa, facoltativa e non rilevante quale condizione di procedibilità del successivo ricorso giurisdizionale, si concreta nell'offerta di una somma netta, poiché non costituente reddito imponibile né imponibile previdenziale, parametrata all'anzianità di servizio del lavoratore, ricompresa tra un minimo di tre ed un massimo di ventisette mensilità della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR. La norma prevede che l'offerta abbia luogo mediante predisposizione e consegna al lavoratore di un assegno circolare, contenente l'importo calcolato sulla base dei parametri di legge, da consegnare in caso di accettazione da parte del lavoratore dinanzi all'organo investito. Non sembrano esserci, tuttavia, preclusioni nei confronti di diverse modalità di pagamento (ad es. in contanti, per somme contenute, o con bonifico bancario), laddove vi sia il consenso di ambedue le parti. L'accettazione dell'assegno da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento – recte: il consolidamento di una situazione giuridica già in essere a seguito del recesso, attese le conseguenze di fatto preclusive nei confronti dell'impugnativa del licenziamento – e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Laddove le parti diano atto dell'intervento di conciliazione, in assenza di rinuncia espressa a domanda ed azione, con le conseguenze di cui all'art. 306 c.p.c., il giudice dovrà pronunciare sentenza di cessazione della materia del contendere, per intervenuta conciliazione stragiudiziale (Trib. Foggia sez. lav., n. 563/2019, che evidenzia come il giudice dovrà pronunciarsi in ogni caso sulle spese). Come precisato dal Ministero del lavoro (cfr. nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 132/2015), l'adesione del lavoratore alla procedura di conciliazione agevolata di cui alla norma in commento non precluderà il riconoscimento, in favore dello stesso, del trattamento indennitario della NASpI, non mutandosi, con l'accettazione dell'offerta, il titolo di risoluzione del rapporto di lavoro. L'indiscutibile originaria appetibilità dell'offerta conciliativa del datore di lavoro, derivante dall'analogia del meccanismo di quantificazione dell'offerta conciliativa e dell'indennità risarcitoria eventualmente determinata dal giudice in caso di accertamento dell'illegittimità del licenziamento e della natura netta della somma corrisposta in fase antegiudiziale (diversamente da quella, lorda, determinata a titolo di indennità risarcitoria) è venuta meno per effetto dell'intervento della sentenza della Corte cost. n. 194/2018 che, pronunciando l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1 d.lgs. n. 23/2015, ha eliminato il meccanismo di quantificazione automatica dell'indennità risarcitoria sulla sola base degli anni di anzianità di servizio o frazioni di esso, ripristinando ampi margini di discrezionalità in capo al giudice e rendendo maggiormente appetibile per il lavoratore la prospettiva giudiziaria, nonostante l'alea che inevitabilmente la caratterizza. |