Richiesta di costituzione di collegio di conciliazione e arbitrato (art. 412-quater c.p.c.)

Antonio Lombardi

Inquadramento

L'arbitrato nelle controversie di lavoro, quale strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione è rimedio di natura facoltativa, alternativo rispetto al ricorso giurisdizionale. Presupposto indispensabile per la deferibilità in arbitri di una controversia ricompresa nel novero dell'art. 409 c.p.c. è la natura disponibile dei diritti.

L'art. 412-quater c.p.c. congegna una fattispecie arbitrale irrituale ad hoc, dinanzi al collegio di conciliazione e arbitrato, la cui composizione è delineata dalla norma, che provvede altresì a enuclearne le cadenze procedimentali. Trattasi di fattispecie di fonte legale, che non richiede la previa pattuizione di una clausola compromissoria, né la stipula di un compromesso arbitrale, ma esige unicamente l'esistenza di una controversia di lavoro e la determinazione di una delle parti, che assuma l'iniziativa di adire il collegio in alternativa all'autorità giurisdizionale del lavoro.

Formula

Oggetto: Richiesta di costituzione di collegio di conciliazione e arbitrato ex art. 412-quater c.p.c.

Il sottoscritto ..., nato a ..., il ..., residente in ..., via ... n. ..., domiciliato nel Comune di ..., C.A.P. ..., C.F. ..., per il tramite dell'Avv. ... cui ha conferito mandato, che si allega al presente ricorso, elettivamente domiciliato presso il suo studio in ...;

PREMESSO CHE

Tra le parti è in essere un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sottoscritto in data ... con inquadramento del lavoratore al .... livello CCNL ...;

Tra le stesse è insorta controversia in ordine al pagamento delle seguenti voci retributive ... per le mensilità di ... per un importo totale dovuto pari a Euro ...;

È intenzione del lavoratore risolvere la controversia insorta conferendo mandato al collegio di conciliazione e arbitrato ex art. 412-quater c.p.c.

TANTO PREMESSO

Il sottoscritto ... come sopra rappresentato e difeso,

Nomina quale proprio arbitro il Dott. ... domiciliato presso lo studio ... in via ...

Evidenzia il proprio diritto al pagamento delle seguenti voci retributive ... per le mensilità di ... per un importo totale dovuto pari a Euro ... in forza del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sottoscritto in data ... con inquadramento al ... livello CCNL, e dell'inadempimento contrattuale del datore al pagamento delle buste paga prodotte in atti sub doc ..., certificato dall'atto di messa in mora inviato con lettera raccomandata a.r. del ...;

dichiara che la controversia ha valore complessivo di ...

Si producono:

Procura

Contratto di lavoro subordinato

Buste paga

Lettera di messa in mora

Il Lavoratore ...

Firma Avv. ...

COMMENTO

L'arbitrato nelle controversie di lavoro, quale strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione, originariamente contemplato nel corpo normativo codicistico dall'art. 412 c.p.c., è stato oggetto di profonda revisione, ad opera della legislazione speciale successiva, in particolare della l. n. 183/2010, che ha dato luogo ad un sistema profondamente disorganico, caratterizzato da una pletora di fattispecie arbitrali di concorrente applicazione, minandone di fatto l'efficacia.

La legge ha, innanzitutto, innovato l'art. 412 c.p.c., provvedendo altresì alla sostituzione degli artt. 412-ter e quater, introdotti dal d.lgs. n. 80/1998, disciplinanti altre modalità di arbitrato e conciliazione. Ha poi esteso l'istituto della certificazione delle clausole arbitrali ad opera degli organi di certificazione di cui all'art. 76 d.lgs. n. 276/2003, prevedendo la possibilità per tali organi di istituire camere arbitrali per la definizione delle controversie di lavoro. Ha, infine, operato l'unificazione dell'istituto arbitrale per le controversie di lavoro pubblico, che risultano ora assoggettate alla disciplina dettate per le controversie di lavoro privato.

Restano, inoltre, tutt'ora vigenti specifiche procedure arbitrali contemplate in altre leggi speciali, quale quella relativa all'impugnativa di sanzioni disciplinari contemplata dall'art. 7, commi 6 e 7 della l. n. 300/1970, nonché la possibilità di adire la procedura arbitrale prevista nella disciplina codicistica generale dell'istituto, nei limiti di cui agli artt. 806 e 829 c.p.c., che non sono stati toccati dalla l. n. 183/2010, né dalla recente riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022, che ha significativamente modificato l'istituto arbitrale.

Ciò che certamente accomuna tutte le fattispecie arbitrali di diritto del lavoro è la facoltatività del rimedio, ovvero la sua natura alternativa rispetto al ricorso giurisdizionale ex art. 414 c.p.c., del quale non costituisce condizione di procedibilità, in linea con la generale impronta della l. n. 183/2010, che ha generalizzato la facoltatività degli alternative dispute resolutions, residuando sporadiche fattispecie obbligatorie.

Presupposto indispensabile per l'esperimento di procedura arbitrale è la natura disponibile dei diritti. L'art. 147 disp. att. c.p.c., esclude espressamente l'arbitrabilità rituale o irrituale delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, che saranno prive di efficacia vincolante, sostanziale e processuale.

L'individuazione della categoria dei diritti indisponibili è frutto dell'articolata elaborazione giurisprudenziale in merito all'art. 2113 c.c.

Sinteticamente, sui diritti di natura patrimoniale va operata la distinzione tra diritti già acquisiti al patrimonio del lavoratore, da considerarsi pienamente disponibili, e diritti non ancora entrati nel suo patrimonio, facenti parte della categoria di diritti indisponibili (Cass. sez. lav., n. 12346/1993. V., in punto di indisponibilità del diritto del lavoratore all'irriducibilità della retribuzione Cass. sez. lav., n. 9591/2023). Non risultano, invece, disponibili e, per traslato, arbitrabili, i diritti di natura retributiva o risarcitoria correlati alla lesione di diritti fondamentali della persona (Cass. sez. lav., n. 24078/2021), quali il diritto alla retribuzione minima ex art. 36 cost. o il diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost., o ancora alla parità di trattamento, ai sensi dell'art. 3 Cost., rilevante nelle controversie nelle quali si deducano profili di discriminazione.

Quanto alle controversie nelle quali di discute della risoluzione del contratto di lavoro, devono ritenersi pacificamente indisponibili quelle aventi ad oggetto la durata del contratto a termine, stabilita dalla legge (Cass. sez. lav., n. 6664/2022). Per la rilevante categoria delle impugnative dei licenziamenti, e per le altre cause risolutive (ad es. dimissioni del lavoratore), merita menzione l'art. 31, comma 10 l. n. 183/2010, che prevede, in materia di pattuizioni di clausole compromissorie, l'esclusione delle controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. L'enunciato va, tuttavia, limitato alla fattispecie arbitrale di riferimento registrandosi, ad esempio, la possibilità di devolvere in arbitri, ai sensi dell'art. 7, commi 6 e 7, l. n. 300/1970, le controversie in tema di sanzioni disciplinari nelle quali, come si vedrà, rientrano pacificamente quelle di natura espulsiva, come i licenziamenti soggettivi.

Laddove le parti abbiano devoluto in arbitri la controversia di lavoro tra essi pendente, nell'eventuale giudizio incardinato potrà essere sollevata l'eccezione di compromesso o di convenzione arbitrale, rituale o irrituale, avente natura di eccezione di merito (e non di competenza) in senso stretto e proprio, soggetta alle preclusioni e decadenze proprie del rito del lavoro (Cass. sez. lav., n. 4542/2006).

Il ricorso al collegio di conciliazione e arbitrato ex art. 412- quater c.p.c.

L'art. 412-quater c.p.c. congegna una fattispecie arbitrale irrituale ad hoc, dinanzi al collegio di conciliazione e arbitrato, la cui composizione è delineata dalla norma, che provvede altresì a enuclearne le cadenze procedimentali. Trattasi di fattispecie di fonte legale, che non richiede la previa pattuizione di una clausola compromissoria, né la stipula di un compromesso arbitrale, ma esige unicamente l'esistenza di una controversia di lavoro e la determinazione di una delle parti, che assuma l'iniziativa di adire il collegio in alternativa all'autorità giurisdizionale del lavoro.

Del collegio fanno parte un rappresentante di ciascuna delle parti e un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione. Laddove i due arbitri di designazione di parte non concordino nella scelta del presidente del collegio, la parte che ha presentato ricorso potrà rivolgersi, per la designazione, al presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato (comma 5), ovvero individuato secondo i criteri di cui all'art. 413 c.p.c.

Il ricorso che dà il via alla procedura deve essere sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, dal ricorrente personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Deve contenere la nomina dell'arbitro di parte, l'indicazione dell'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda, nonché il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa. Può, inoltre, contenere la richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

Non appare perfettamente speculare il contenuto della memoria difensiva che la controparte potrà depositare successivamente alla scelta del presidente che, da un lato, dovrà essere sottoscritta da un avvocato (diversamente dal ricorso, che può essere sottoscritto personalmente dal ricorrente) cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio e, dall'altro, dovrà contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova.

Il potere di allegazione e deduzione difensiva in capo alle parti potrà ulteriormente dispiegarsi nelle memorie di replica e controreplica, che le stesse potranno depositare, senza tuttavia modificare il contenuto degli atti introduttivi, essendogli precluso l'ampliamento del thema decidendum originariamente introdotto. Nel caso di proposizione di nuove domande a mezzo delle memorie, il collegio potrà rilevare la tardività, decretandone l'inammissibilità, a meno che l'ampliamento non sia giustificato dalla proposizione di domanda riconvenzionale da parte del convenuto.

Il collegio fissa l'udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima. L'udienza dinanzi al collegio è modellata sulla falsariga dell'udienza di discussione dinanzi al giudice del lavoro ai sensi dell'art. 420 c.p.c. Il collegio sarà preliminarmente tenuto ad esperire tentativo di conciliazione, il cui esito positivo darà luogo all'applicazione dell'art. 411, commi 1 e 3 c.p.c., in tema di conciliazione stragiudiziale in sede amministrativa.

In caso contrario, il collegio potrà provvedere a sentire le parti e, se del caso assumere prove, all'uopo rinviando ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza dall'udienza rinviata. La facoltà di procedere ad istruzione della controversia rimanda alla disposizione di cui all'art. 816-ter c.p.c., che prevede la facoltà di assumere testi, richiedere documenti ed informazioni alla pubblica amministrazione ed eventualmente disporre consulenza tecnica d'ufficio, laddove emergano temi di natura tecnica da esplorare (così, ad esempio, l'elaborazione contabile delle differenze retributive rivendicate dal lavoratore).

All'esito degli adempimenti preliminari o dell'istruzione della causa, il collegio inviterà le parti alla discussione orale deliberando, al termine della stessa, il lodo arbitrale che, analogamente a quanto previsto dall'art. 412 c.p.c., dovrà essere sottoscritto dagli arbitri ed autenticato dal presidente, ed avrà gli effetti contrattuali di cui all'art. 1372 c.c., soggiacendo al regime di stabilità previsto dall'art. 2113, comma 4 c.c.

Anche il regime delle impugnazioni è modellato sulla falsariga della fattispecie di arbitrato di cui all'art. 412 c.p.c. L'impugnazione sarà a critica vincolata sulla base dei motivi di censura elencati dall'art. 808-ter cpv. c.p.c. (ma v., come già detto, la possibilità di impugnare il lodo per vizi del consenso ex art. 1427 c.c., Cass. sez. lav., n. 14431/2015; in senso conforme Trib. Novara sez. lav., n. 245/2018). Il relativo ricorso andrà depositato entro trenta giorni dalla notificazione del lodo (ovvero dal giorno in cui è stata effettuata la notificazione a istanza di parte – in quanto atto idoneo a esprimere la volontà della parte di porre fine alla fase arbitrale e di fare decorrere i termini per l'impugnazione sia verso il notificando che il notificante – e non dal giorno della comunicazione integrale del lodo a cura della cancelleria, Cass. sez. lav., n. 21259/2017).

Il tribunale deciderà con sentenza, avverso la quale sarà proponibile ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., non limitandosi al giudizio rescindente ma procedendo al giudizio rescissorio (Cass. II, n. 6648/1994), ovvero definendo il merito della controversia, una volta decisa la caducazione del lodo, in quanto affetto da uno dei vizi di cui all'art. 808-ter c.p.c.

Decorso il termine per l'impugnativa, se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato ed il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiarerà esecutivo con decreto.

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