Decreto di fissazione di nuova udienza a seguito di proposizione di domanda riconvenzionale (art. 418 c.p.c.)InquadramentoL'ammissibilità della domanda riconvenzionale nel processo del lavoro presuppone l'assolvimento, in capo al resistente, dell'onere di tempestiva costituzione, nel termine di cui all'art. 416, comma 1 c.p.c. e di richiesta del differimento dell'udienza di discussione, ai sensi dell'art. 418, comma 1 c.p.c. La riconvenzionale deve essere dipendente dal titolo già dedotto in giudizio dal ricorrente, o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, e non può esorbitare la competenza per materia del Giudice del lavoro, ai sensi dell'art. 409 c.p.c. FormulaTRIBUNALE DI ... Sez. lavoro R.G. ... il Giudice Dott. ... Letta la memoria depositata dalla parte resistente ... contenente domanda riconvenzionale; letta l'istanza di spostamento dell'udienza già fissata; Visto l'art. 418 c.p.c. FISSA per nuova discussione del merito della causa l'udienza del ..., a cui le parti sono tenute a comparire personalmente, revocando la precedente udienza del ... e mandando la cancelleria per la notifica della memoria e del presente decreto all'attore. Luogo e data ... Il Giudice ... Dott. ... COMMENTOA mente dell'art. 416 c.p.c., il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 415 c.p.c., mediante deposito di una memoria difensiva, unitamente al fascicolo processuale di parte corredato da documenti. In sede di tempestiva costituzione egli avrà l'onere, a pena di decadenza, di proporre domanda riconvenzionale. Non diversamente che nel processo ordinario di cognizione, condizione di ammissibilità della domanda riconvenzionale nel processo del lavoro è la discendenza dal titolo già dedotto in giudizio dal ricorrente, o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione (art. 36 c.p.c.). La stessa non deve, inoltre, esorbitare la competenza per materia del Giudice del lavoro, trovando fondamento in uno dei rapporti allo stesso funzionalmente devoluti ai sensi dell'art. 409 c.p.c. Caratteristica della domanda riconvenzionale è quella di oltrepassare le mere difese (come la richiesta di accertamento negativo del diritto affermato dal ricorrente, Cass. III, n. 26916/2023), o l'allegazione di fatti estintivi, modificativi e impeditivi, tipici dell'eccezione, mirando a conseguire un'utilità in capo al soggetto che la propone, e non soltanto a paralizzare la domanda formulata dalla controparte. Così, ad esempio, la compensazione può assumere il carattere di eccezione riconvenzionale, qualora la deduzione del controcredito abbia il solo scopo di paralizzare l'avversa pretesa, ovvero quella di domanda riconvenzionale, allorché miri ad ottenere una pronuncia di condanna della controparte (Cass. III, n. 13345/2024). Tipico è il caso del datore di lavoro, convenuto per il pagamento di retribuzioni e competenze di fine rapporto, che frapponga un controcredito risarcitorio nei confronti del lavoratore, ad esempio per danneggiamento colposo dei beni aziendali. Sotto il profilo procedurale, l'art. 418, comma 1 c.p.c. impone al resistente, che agisca in via riconvenzionale ai sensi dell'art. 416 c.p.c., a pena di decadenza dalla domanda medesima, di chiedere al Giudice, con apposita istanza contenuta nella memoria di costituzione in giudizio, di emettere ulteriore decreto di differimento dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 420 c.p.c., con fissazione di nuova udienza. Trattandosi di adempimento posto a pena di decadenza, appare evidente che l'inosservanza del precetto comporta l'inammissibilità della riconvenzionale e non è suscettibile di sanatoria (neanche per accettazione del contraddittorio da parte della controparte). Né tale decadenza può essere sanata dall'emissione da parte del Giudice – in difetto della specifica istanza – del decreto di fissazione della nuova udienza, ed è rilevabile, attenendo alla regolarità dell'instaurazione del contraddittorio, anche d'ufficio e in sede di legittimità (Cass. III, 15359/2017). L'intervenuta decadenza, ai sensi dell'art. 418 c.p.c., per omessa proposizione di istanza di differimento, non esclude che la domanda, dichiarata inammissibile, possa essere proposta in altro giudizio, in considerazione della natura eminentemente processuale della disposizione violata (Cass. sez. lav., n. 18125/2016) né può escludersi che, una volta proposta la domanda in via autonoma, si addivenga alla riunione dei procedimenti per connessione, sortendo gli stessi effetti sostanziali della rituale proposizione della domanda, nel rispetto del precetto di cui all'art. 418 c.p.c. L'inammissibilità della domanda riconvenzionale per omessa formulazione della istanza di spostamento della udienza – comunque – non esclude che il fatto posto a fondamento della stessa possa essere apprezzato come eccezione, cioè a dire ai soli fini di paralizzare l'accoglimento della domanda attrice, qualora rispetto a essa assuma il carattere di fatto estintivo, impeditivo o modificativo del diritto fatto valere dalla parte attrice (Cass. III, n. 15359/2017). Laddove la domanda riconvenzionale risulti ammissibile, e le formalità di cui all'art. 418, comma 1 c.p.c. rispettate, il Giudice, ricevuto il fascicolo, sarà tenuto al differimento dell'udienza già fissata, ai sensi dell'art. 420 c.p.c., fissando altra udienza di discussione a non oltre cinquanta giorni di distanza dal deposito della memoria di costituzione con riconvenzionale. Il decreto che fissa l'udienza dovrà essere notificato a cura del resistente, unitamente alla memoria difensiva, al ricorrente, entro dieci giorni dalla pronuncia del decreto. Tra la notificazione di tali atti e la data della nuova discussione non dovranno intercorrere meno di venticinque giorni. Alla stregua di quanto affermato con la sentenza Corte cost. n. 13/1977 e con le successive ordinanze nn. 36 e 64 del 1978, nel rito del lavoro, l'attore convenuto in via riconvenzionale ha gli stessi poteri e correlativamente incorre nelle stesse preclusioni che l'art. 416 c.p.c. prevede per il convenuto in via principale, con la differenza che il termine di riferimento per l'attore convenuto in riconvenzione non è l'udienza di discussione fissata ex art. 415 c.p.c., bensì la nuova udienza da fissarsi in base al meccanismo previsto dall'art. 418 dello stesso codice. L'attore potrà, dunque, depositare memoria nel termine di dieci giorni prima dell'udienza differita, nel quale potrà prendere posizione sulla domanda riconvenzionale e, eventualmente, articolare mezzi di prova necessari a contrastare la domanda riconvenzionale (Cass. III, n. 2289/2009). Dalla riconvenzionale, in senso stretto e proprio, va distinta la domanda trasversale (anche detta riconvenzionale impropria), che è quella diretta da un convenuto nei confronti di altro convenuto (c.d. co-convenuto) anziché nei confronti del ricorrente. Tale domanda, stante la maggiore affinità strutturale all'istituto della chiamata di terzo che a quello della riconvenzionale propria, comporta l'applicazione del sistema complesso riferibile agli artt. 106,167 comma 3 e 269 c.p.c., sintetizzabile nella necessaria ricorrenza della comunanza di cause o del rapporto di garanzia, nel rispetto delle preclusioni processuali, quanto al luogo e tempo di proposizione (Cass. I, n. 12662/2021), non essendo viceversa applicabile il precetto di cui all'art. 418 c.p.c., riferibile alla riconvenzionale in senso stretto e proprio. |