Reclamo al collegio avverso l'ordinanza di chiusura anticipata della procedura esecutiva mobiliare (artt. 532,630 c.p.c.)

Rosaria Giordano

Inquadramento

Il comma 2 dell'art. 532 c.p.c. stabilisce che qualora, a seguito della delega al commissionario delle operazioni di vendita, le stesse non abbiano esito positivo nel termine indicato nell'ordinanza di autorizzazione alla vendita (e, comunque, esperiti al massimo tre tentativi di vendita nell'arco di sei mesi), il creditore procedente o un creditore intervenuto titolato non richiedano l'integrazione del pignoramento ex art. 540-bis c.p.c. su altri beni del medesimo debitore, verrà disposta la chiusura anticipata della procedura esecutiva, anche in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c.

Formula

TRIBUNALE DI ...

RECLAMO AL COLLEGIO AVVERSO L'ORDINANZA DI CHIUSURA ANTICIPATA DELLA PROCEDURA ESECUTIVA MOBILIARE

Il sottoscritto Avv. ..., in qualità di procuratore del creditore procedente (oppure, del creditore intervenuto) il Sig. [1] ..., nella procedura esecutiva R.G. ..., giusta delega in atti

PREMESSO CHE

– nella procedura esecutiva sopra indicata sono stati esperiti tre tentativi di vendita a mezzo commissionario che non hanno avuto esito positivo;

– il commissionario ha rimesso il fascicolo al Giudice dell'Esecuzione;

– il giudice dell'esecuzione, con ordinanza in data ..., comunicata in data ... [2] , ha dichiarato la chiusura anticipata della procedura esecutiva, riscontrando che il Sig. ... non aveva provveduto all'integrazione del pignoramento;

– tale provvedimento è stato emesso sul presupposto che ...

– peraltro, come risulta da ...

TUTTO CIÒ PREMESSO

CHIEDE

l'annullamento della predetta ordinanza di chiusura anticipata della procedura esecutiva.

Si deposita:

1 ...;

2 ...;

3 ....

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

1. Invero, il potere di impulso processuale, mediante la richiesta di integrazione del pignoramento, sussiste sia in capo al creditore procedente che a qualsivoglia creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. I creditori non titolati, per converso, non possono contestare il provvedimento di conclusione anticipata della procedura esecutiva.

2. Tale indicazione è opportuna, considerato che il reclamo al collegio, di cui all'art. 630 c.p.c., deve essere proposto entro il termine di 20 giorni decorrente dalla pronuncia dell'ordinanza, ove avvenuta in udienza, ovvero dalla comunicazione della stessa, se emessa con provvedimento riservato.

Commento

Il secondo comma dell'art. 532 c.p.c., nella formulazione risultante a seguito del d.l. n. 83/2015, prevede che, ove all'esito della delega al commissionario delle operazioni di vendita, secondo le indicazioni contenute nell'ordinanza del giudice dell'esecuzione (e, comunque, esperiti al massimo tre tentativi di vendita nell'arco di sei mesi), il creditore procedente o un creditore intervenuto titolato non richiedano l'integrazione del pignoramento ex art. 540-bis c.p.c. su altri beni del medesimo debitore, verrà disposta la chiusura anticipata della procedura esecutiva, pure in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c.

Occorre ricordare che quest'ultima disposizione normativa è stata introdotta dal d.l. n. 132/2014 ed ha attribuito al giudice dell'esecuzione il potere di disporre d'ufficio la chiusura anticipata della procedura esecutiva laddove risulti che non sia più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, tenuto conto di una serie di circostanze, ovvero i costi necessari per la prosecuzione della procedura, le probabilità di liquidazione del bene ed il presumibile valore di realizzo.

L'ultimo comma dell'art. 532 stabilisce, quindi, che qualora all'esito infruttuoso degli esperimenti di vendita delegati al commissionario non segua la richiesta di integrazione del pignoramento su altri beni del debitore da parte del creditore, il giudice dovrà disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva mobiliare, anche in difetto dei presupposti enucleati dall'art. 164-bis disp. att.

La disposizione ha un'evidente finalità acceleratoria sebbene rimetta, di fatto, a differenza dell'art. 164-bis disp. att., ad una scelta del creditore – sebbene condizionata dall'esistenza di altri beni o crediti pignorabili del proprio debitore – la possibile continuazione della procedura, previa integrazione del pignoramento.

Tale finalità di accelerazione processuale è stata accentuata dal d.l. n. 59/2016 che ha stabilito che il giudice dell'esecuzione può disporre esclusivamente tre tentativi di vendita che dovranno espletarsi entro un termine massimo di sei mesi.

È inoltre problematico il regime impugnatorio del provvedimento che si correla, a monte, alla qualificazione dello stesso.

Potrebbe in primo luogo ritenersi che siffatto provvedimento costituisca una forma di estinzione, peraltro ormai tipizzata, della procedura esecutiva, con conseguente reclamabilità del medesimo ai sensi dell'art. 630 c.p.c.

Tale tesi è stata affermata anche da una parte della giurisprudenza di legittimità la quale, sull'assunto del carattere unitario delle forme di estinzione, anche atipiche, del processo esecutivo, in quanto connotate dalla comune circostanza che lo stesso non può proseguire verso il proprio scopo, ha ritenuto che avverso tale provvedimento debba essere in ogni caso esperito il rimedio, altrettanto generale del reclamo, nell'ambito di un sistema organico volto a soddisfare evidenti ragioni di economia processuale, consentendo cioè di verificare, con uno strumento agile e rapido, la sussistenza o meno delle condizioni di estinzione, ferma restando la più ampia tutela degli interessati attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione contro la sentenza emessa a seguito del reclamo (Cass III, n. 7762/2003).

Questa soluzione non appare persuasiva, secondo parte della dottrina, con riguardo alla disciplina generale dettata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c. poiché l'estinzione tipica della procedura esecutiva segue, analogamente a quanto avviene del resto nel processo ordinario di cognizione exartt. 306 e 307 c.p.c., ad una condotta volontaria della parte, ossia alla rinuncia al processo esecutivo ovvero a determinate forme di inattività processuale. Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c., infatti, è il giudice dell'esecuzione a valutare che la procedura non può proseguire in quanto la stessa non potrà conseguire alcun risultato utile per la soddisfazione dei creditori, sicché ciò che viene piuttosto in rilievo, come in altre fattispecie di improcedibilità dell'azione esecutiva, è l'impossibilità per il processo esecutivo di conseguire il proprio scopo. Il rimedio esperibile dovrebbe pertanto essere quello generale dell'opposizione agli atti esecutivi.

Più problematica, tuttavia, appare la soluzione della questione con riguardo alla chiusura anticipata della procedura esecutiva, anche in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c., oggi prevista dall'ultimo comma dell'art. 532 c.p.c. poiché la stessa si fonda, se non sull'inerzia del creditore titolato, quanto meno sulla mancanza di un ulteriore atto di impulso processuale, ossia l'omessa richiesta di integrazione del pignoramento ai sensi dell'art. 540-bis c.p.c., di talché in questo caso il rimedio dovrebbe essere costituito dal reclamo ex art. 630 c.p.c. (cfr. Cass. III, n. 14449/2016).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario