Istanza di chiusura anticipata della procedura esecutiva per antieconomicità (art. 164-bis disp. att. c.p.c.)

Rosaria Giordano

Inquadramento

L'art. 164-bis disp. att. c.p.c., stabilisce che, quando non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo. Pertanto, in dette ipotesi, la chiusura anticipata della procedura è disposta d'ufficio dal Giudice dell'esecuzione, senza che sia necessario acquisire il consenso del creditore procedente e dei creditori intervenuti.

Formula

TRIBUNALE DI ...

ISTANZA DI CHIUSURA ANTICIPATA DELLA PROCEDURA ESECUTIVA PER ANTIECONOMICITÀ [1]

Il Sig. ..., debitore esecutato nella procedura esecutiva R.G. ... rappresentato e difeso, giusta procura in calce al presente atto, dall'Avv. ..., presso lo studio del quale in ..., via ..., è elettivamente domiciliato;

PREMESSO CHE

–  ... ha promosso, con atto di pignoramento notificato in data ..., procedimento di espropriazione immobiliare nei confronti dell'esponente avente ad oggetto l'immobile sito in ... via ..., identificato in Catasto ...;

– in data ... sono state delegate le operazioni di vendita al Dott. ...;

– sono stati espletati n. ... tentativi di vendita senza alcun esito ed il prezzo si è ridotto sino all'importo di Euro ...;

– considerato che le spese di pubblicità per ciascun tentativo di vendita sono state pari ad Euro ..., un ulteriore esperimento di vendita non potrebbe soddisfare neppure in misura minima il credito di ...;

tutto ciò premesso

CHIEDE

che la S.V. voglia disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva [2] ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c.[3].

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi con riguardo alla presentazione della presente istanza l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ...

Firma Avv. ...

1. Il Giudice dell'esecuzione può, tuttavia, disporre la chiusura anticipata dell'espropriazione forzata anche in mancanza di un'istanza di parte.

2. Secondo Cass. III, n. 8113/2022 altra forma di chiusura anticipata della procedura esecutiva si realizza se per una condotta addebitabile ai creditori titolati (ad esempio, mancato versamento del fondo spese) non vengono effettuate le forme di pubblicità dell'avviso di vendita disposte dal Giudice dell'esecuzione diverse dalla pubblicità sul portale delle vendite pubbliche (per l'omissione della quale è contemplata la forma di estinzione tipica di cui all'art. 631-bis c.p.c.).

3. Sebbene di regola non sia fissata un'udienza per dichiarare l'estinzione della procedura esecutiva, tuttavia il rispetto dell'art. 172 disp. att. c.p.c. imporrebbe, nell'ipotesi di pignoramento immobiliare, la celebrazione di un'udienza dovendosi appunto provvedere alla cancellazione della trascrizione del pignoramento. Nella recente giurisprudenza di legittimità, si è affermato che quando il Giudice dell'esecuzione, in seguito ad un'opposizione ex art. 615 c.p.c., rileva, anche d'ufficio, i presupposti per la chiusura anticipata del processo esecutivo, deve - sentite le parti - dichiarare improseguibile l'esecuzione forzata e disporre la liberazione dei beni (a meno che non sia già intervenuta l'aggiudicazione o l'assegnazione) e, nell'espropriazione immobiliare, ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento, nonché provvedere, ex art. 632 c.p.c., sulle spese dell'esecuzione in favore del debitore se assistito con difesa tecnica, mentre i costi del processo esecutivo restano automaticamente a carico del creditore ex art. 95 c.p.c. lo stesso Giudice non può, invece, pronunciarsi sull'eventuale istanza di sospensione del processo esecutivo, dato che la sua chiusura rende superflua ogni statuizione a riguardo, ma è comunque tenuto a fissare il termine perentorio per introdurre il giudizio di merito, che non risente della disposta chiusura della procedura (Cass. III, n. 11241/2022).

Commento

L'art. 164-bis disp. att. c.p.c. stabilisce che è disposta la chiusura anticipata della procedura esecutiva quando risulta che «non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo».

La norma ha la finalità di evitare la prosecuzione di dispendiose procedure di esecuzione forzata, specie immobiliare, che, per il succedersi di vendite deserte, rischiano di procrastinarsi ben oltre il termine di ragionevole durata del processo, senza che comunque vi sia la possibilità per il creditore di ottenere una soddisfazione della propria pretesa, con il rischio che aumentino significativamente i costi per l'espletamento della procedura e permanendo, peraltro, a carico del debitore esecutato un vincolo sul bene pignorato che potrebbe perdurare sine die.

Già prima dell'introduzione della norma, ad opera del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, nella prassi di alcuni uffici giudiziari di merito erano state dichiarate improseguibili le procedure esecutive c.d. antieconomiche e, sebbene le stesse non fossero state ritenute legittimi dalla S.C., anche nella giurisprudenza successiva, non erano mancate altre decisioni di merito che avevano ribadito l'assunto per il quale, laddove vi siano elementi concreti che depongano per una prognosi negativa circa la possibilità di vendere il bene e non vi siano alternative praticabili che siano concretamente funzionali allo scopo del processo esecutivo che è quello di realizzare la pretesa dei creditori, la mera conservazione statica del giudizio appare in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo dovendosi, piuttosto, dichiarare l'estinzione del processo esecutivo immobiliare.

Ad esempio, Trib. Venezia 6 novembre 2009, Giur. mer., 2010, n. 5, 1336, con nota di Cosentino, ha dichiarato estinta la procedura per infruttuosità, con riguardo ad una fattispecie nella quale erano stati esperiti sei tentativi infruttuosi di vendita ed era stata constatata l'impossibilità di dar corso all'amministrazione giudiziaria dell'immobile pignorato. Analogamente, Trib. Belluno 3 giugno 2013, ha ritenuto che, laddove dopo diversi tentativi di vendita con esito negativo risulti evidente l'inutilità della prosecuzione del processo esecutivo, lo stesso potrà essere dichiarato estinto in omaggio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo e di “necessaria utilità” del processo esecutivo, principi che consentono di ammettere una fattispecie seppure atipica di estinzione al fine di evitare che lo scopo prefissato dal legislatore sia palesemente frustrato dalla prosecuzione di un'esecuzione che ha già dato dimostrazione di essere infruttuosa, vanamente costosa e totalmente antieconomica.

Più in particolare, l'art. 164-bis disp. att. stabilisce che quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.

Dalla formulazione letterale della norma si evince che, ricorrendo i presupposti enucleati dalla stessa, la chiusura anticipata del processo esecutivo è disposta d'ufficio dal Giudice dell'esecuzione, senza che sia necessario acquisire il consenso del creditore procedente e dei creditori intervenuti.

In effetti, il problema interpretativo di maggiore rilevanza risiede proprio nell'eccessiva latitudine del potere discrezionale rimesso al Giudice dell'esecuzione nella valutazione delle ipotesi nelle quali non si più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori.

Secondo una prima e più rigorosa prospettazione interpretativa, il Giudice dell'esecuzione dovrebbe effettuare una valutazione ponderata dell'insieme dei previsti parametri e decidere per la chiusura anticipata della procedura stessa anche laddove, autorizzato il nuovo tentativo di vendita, il credito potrebbe essere soddisfatto soltanto in misura estremamente ridotta, ad esempio del 15-20% (Francola, Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo, in La nuova riforma del processo civile, a cura di Santangeli, Roma, 2014, 333).

Questa interpretazione si fonda, come già alcuni precedenti di merito prima della riforma, sull'assunto che deve darsi prevalenza, in buona sostanza, al principio della ragionevole durata del processo esecutivo, onde evitare la responsabilità dello Stato ai sensi della l. n. 89/2001, per la c.d. legge Pinto, e ciò anche ove il rispetto di tale principio comporti un sacrificio dei diritti del creditore.

Altra tesi, per converso, è quella secondo cui il Giudice dell'esecuzione non potrebbe fare applicazione della norma in esame tutte le volte che una parte del credito azionato, anche minima, sarebbe ricavabile, non potendosi il Giudice sostituire alla valutazione del creditore circa la convenienza della procedura esecutiva.

Qualora si acceda a quest'ultima posizione, occorre domandarsi, inoltre, se nell'ipotesi in cui, avendo riguardo ai costi necessari per la prosecuzione della procedura e quindi per l'espletamento di nuovi incanti (ad esempio, costi di pubblicità su periodici e quotidiani e compenso spettante al delegato alle vendite), alla probabilità di liquidazione del bene ed al presumibile valore di realizzo, si accerti che almeno le spese sostenute dal creditore procedente possano essere recuperate se sia legittima la chiusura anticipata della procedura esecutiva.

All'obiezione per la quale aderendo a siffatta tesi si avrebbe una prosecuzione della procedura volta soltanto a ripagarne i costi, è stato replicato che la valutazione demandata al Giudice dalla norma in esame è ampiamente discrezionale ma ha ad oggetto la considerazione delle complessive ragioni di credito, comprese le spese processuali sostenute e maturate, ed il probabile valore di realizzo del bene e, quindi, la ragionevolezza sotto il profilo economico del soddisfacimento della pretesa tenuto conto del complesso di siffatti elementi.

In giurisprudenza cfr. Trib. Como, ord. 16 febbraio 2015, la quale ha ritenuto, osservato che costituisce serio indizio di infruttuosità dell'espropriazione forzata la circostanza per la quale, anche a seguito di molteplici esperimenti di vendita, il bene non ha suscitato interesse sul mercato, e ciò nonostante l'ampia pubblicità attuata ed il fatto che sia stato posto in vendita ad un prezzo estremamente esiguo in valori assoluti, la sussistenza di elementi per disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva in quanto il bene era stato posto inizialmente in vendita al prezzo di Euro 63.000,00 e vi erano stati sei tentativi di vendita, con successivi ribassi ciascuno di un quarto di talché un ulteriore tentativo di vendita non avrebbe consentito neppure in minima parte il soddisfacimento della pretesa esecutiva.

In dottrina si è osservato che il giudice dell'esecuzione è chiamato ad effettuare una specifica valutazione evitando che proseguano, con probabili pregiudizi erariali a seguito di azioni risarcitorie fondate sulla legge c.d. Pinto, procedure di esecuzione forzata pregiudizievoli per il debitore ma inidonei a soddisfare i creditori perché generatori di costi processuali più elevati rispetto al concreto valore di realizzo dei beni pignorati (De Stefano, Gli interventi in materia di esecuzione forzata, in Riv. esecuz. Forzata, 2014, n. 4, 794).

L'art. 164-bis disp. att. resta silente sul procedimento che dovrà seguire il giudice dell'esecuzione per disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva.

Sotto il primo profilo, se le forme processuali possono essere quelle duttili e destrutturate proprie della procedura esecutiva, nondimeno il Giudice dovrà sentire le parti e, in particolare, il creditore procedente che ha verosimilmente sostenuto i maggiori costi della procedura svoltasi sino a quel momento.

Questo orientamento è stato seguito da alcune decisioni che hanno avuto occasione di applicare la nuova disciplina: in genere è stata fissata l'udienza per sentire le parti onde procedere altresì alla cancellazione della trascrizione del pignoramento prevista dall'art. 172 disp. att. c.p.c. (Trib. Como, ord. 16 febbraio 2015).

Anche in dottrina, si è osservato che la fissazione dell'udienza in questione è peraltro necessaria nelle procedure di esecuzione forzata immobiliare poiché, come si è evidenziato, il provvedimento di chiusura anticipata della procedura esecutiva dovrà contenere i conseguenti ordini di cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare, la liquidazione delle spese dei creditori, se richiesta, nonché il compenso del custode e del delegato alla vendita, avendo riguardo al disposto dell'art. 632 (cfr. Tedoldi, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Corr. giur. 2015, n. 3, 390, § 10). Quanto alle spese Cass. n. 40072/2021 ha chiarito che la chiusura anticipata del processo esecutivo a seguito di vendite andate deserte comporta che la liquidazione delle spese sia posta a carico del creditore procedente, posto che l'infruttuosità della procedura rende evidentemente impossibile la loro imputazione sulla somma ricavata, ai sensi dell'art. 510 c.p.c.

La questione della riconducibilità della chiusura anticipata dell'espropriazione forzata per infruttuosità ad una ipotesi di estinzione del processo esecutivo è suscettibile di spiegare non secondari effetti anche sul problema della prescrizione.

Invero, sebbene il provvedimento di chiusura anticipata di per sé considerato, non preclude una nuova azione esecutiva Nondimeno, specie nelle ipotesi nelle quali il procedimento attraverso ripetute aste deserte si sia protratto per lunghi anni, potrebbe esservi il rischio dell'operare dei c.d. stabilizzatori di diritto sostanziale, ossia in particolare la prescrizione del credito fatto valere.

Ciò potrebbe avvenire ove trovasse applicazione l'orientamento, consolidato per l'estinzione tipica della procedura esecutiva, in forza del quale opera in detta ipotesi l'art. 2945, comma 2, e quindi la proposizione dell'azione esecutiva comporta il solo effetto interruttivo istantaneo della prescrizione e non anche quello sospensivo lungo tutto il corso della procedura.

È pacifico, invero, che il pignoramento o l'intervento nel giudizio di esecuzione, qualora il processo si estingua, abbiano efficacia interruttiva istantanea e non permanente della prescrizione, il cui termine ricomincia perciò a decorrere dalla data del pignoramento o dell'intervento in giudizio (cfr. Cass. n. 10770/1998, la quale ha ritenuto a tal fine irrilevante che l'interveniente, dopo la proposizione della domanda, l'avesse diligentemente coltivata sino al momento della declaratoria di estinzione del giudizio).

L'affermazione di questa tesi, per alcuni, sarebbe iniqua per i creditori in fattispecie come quella in considerazione nelle quali la “chiusura” dell'esecuzione non dipende da alcuna forma di inattività processuale o mancanza di diligenza degli stessi (Saletti, Processo esecutivo e prescrizione, Milano, 1992, 247 ss.).

Invero, la richiamata posizione della S.C. si giustifica poiché l'estinzione tipica della procedura esecutiva segue di regola ad una condotta inerte dei creditori rispetto allo svolgimento di una determinata attività processuale. Nella fattispecie in esame, invece, la chiusura anticipata del processo esecutivo si correla a questioni inerenti la difficoltà di collocare il bene pignorato sul mercato e ad una conseguente valutazione discrezionale del Giudice sui costi/benefici della procedura.

Il creditore è un soggetto “incolpevole”, in sostanza, della chiusura in rito della procedura sicché sarebbe paradossale che debba rischiare, senza aver assunto una condotta inerte nel corso della stessa, di perdere la possibilità di azionare il titolo esecutivo in altra e magari più efficace procedura nei confronti del medesimo debitore: di qui potrebbe ritenersi operante, sino alla chiusura anticipata della procedura esecutiva, anche il c.d. effetto sospensivo, della prescrizione.

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