Istanza per soluzione di conflitto familiare, ex art. 145 c.c.InquadramentoLa formula ha ad oggetto la richiesta di intervento del giudice per c.d. mediazione giudiziale. Le norme di riferimento sono state modificate dal Legislatore con la riforma del 2022: le nuove disposizioni hanno effetto dalla data del 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti (art. 35 del d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, della l. n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023). Il contributo unificato è esente. Formula(procedimento in camera di consiglio) I sottoscritti, Padre Cognome/Nome ... Nato/a il ... Cittadino/a ... C.F. ... Residente in ... Professione ... Reddito mensile ... con l'Avv. ... Giusta procura alle liti ... Madre Cognome/nome ... Nato/a il ... Cittadino/a ... C.F. ... Residente in ... Professione ... Reddito mensile ... con l'Avv. ... Giusta procura alle liti ... GENITORI DEL FIGLIO MINORE: Nome ... Cognome ... Nato/a il ... a ... Residente in ... alla via ... fanno presente di essere in disaccordo circa una scelta da assumere per il proprio figlio, in relazione a: a) fissazione della residenza; b) affari essenziali; c) interesse importante del minore. Per questi motivi, CHIEDONO al Giudice di intervenire in ordine al conflitto sorto tra loro tentando di farli pervenire ad una soluzione concordata. In difetto, sin da ora, richiedono espressamente e congiuntamente al giudice di adottare, con suo provvedimento non impugnabile, la soluzione ritenuta più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia. Allegati: Certificati anagrafici Certificato di residenza Stato di famiglia Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. È competente il Tribunale del circondario del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o, se questa manchi, del tribunale del luogo del domicilio di uno dei coniugi. Il tribunale provvede in composizione monocratica. 2. Per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'art. 46 disp. att. c.p.c., si rinvia al d.m. n. 110/2023. COMMENTOL‘art. 145 c.c. è stato emendato dal d.lgs. n. 149/2012. In sede di revisione non è, però, rimasto “attratto” dalle nuove norme in tema di famiglia, previste dagli artt. 473-bis e ss. che, infatti, si applicano «salvo la legge non disponga diversamente (art. 473-bis, comma 1). Le nuove disposizioni hanno effetto dalla data del 28 febbraio 2023 alla luce dell'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, della l. n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023). AI sensi dell'art. 152-ter disp. att. c.p.c., i provvedimenti previsti negli artt. 145 e 316 del codice sono di competenza del tribunale del circondario del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o, se questa manchi, del tribunale del luogo del domicilio di uno dei coniugi. Il tribunale provvede in camera di consiglio in composizione monocratica con decreto immediatamente esecutivo». In caso di disaccordo, è predicabile un intervento del giudice il quale tenta di raggiungere una soluzione concordata. Nella pregressa versione dell'art. 145 c.c. (anteriore alle modifiche apportate con il d.lgs. n. 149/2022), per legittimare l'intervento del giudice era necessaria la richiesta espressa e congiunta di entrambi coniugi: la nuova versione, al contrario, lo ammette su richiesta espressa di “uno o entrambi i coniugi”. Prima di assumere la sua decisione, il giudice deve sentire i coniugi e i figli conviventi che abbiano compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore ove capaci di discernimento. In questa ipotesi, quindi, i genitori si rivolgono al giudice quale «mediatore» che, per la decisione, adotta, quali criteri risolutivi, le esigenze dell'unità familiare e le esigenze della vita della famiglia, sul binario della “adeguatezza”. Pur discorrendo l'art. 145 c.c. di “coniugi”, secondo la dottrina, il rimedio è esperibile anche dai conviventi. Il giudice decide secondo equità, quasi quale arbitrum boni viri, ma pur sempre nell'ambito di un procedimento giurisdizionale (di volontaria giurisdizione). La disposizione di cui all'art. 145 c.c. prevede due distinte procedure compositive del conflitto: la prima, meramente consultiva; la seconda, risolutiva. La prima procedura, può definirsi di mediazione facilitativa; la seconda, di mediazione aggiudicativa (cfr. sia consentito citare, Buffone, Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012). Nel primo caso, il giudice si limita a suggerire ai partner la soluzione che giudica equa e, però, saranno poi gli stessi a doverla attuale (c.d. soluzione concordata). Nel secondo caso, invece, statuisce con effetti vincolanti per le parti, stabilendo la soluzione in via giudiziale. Lo sbocco in questa decisione è limitata esclusivamente ai conflitti concernenti la fissazione della residenza o gli altri affari essenziali. Secondo taluni, la norma escluderebbe le questioni concernenti l'affido e il mantenimento: è una impronta interpretativa corretta. L'art. 145 c.c., infatti, presuppone che la famiglia sia unita e non disgregata e, pertanto, non può includere nel suo alveo anche i genitori nella fase della separazione, già in corso o in fase di emersione (v. Trib. Macerata 26 novembre 2008, in Foro It., 2009, 3, 1, 837). La norma non consta di molti precedenti e, invero, l'unico rilevante della Suprema Corte è risalente (Cass. n. 5415/1992). Ciò perché, nei fatti, trattasi di istituto con scarsa applicazione. Per la Cassazione «si tratta di un procedimento particolare avente carattere non contenzioso, che può chiudersi, nel primo caso, con una conciliazione o con una pronuncia di non luogo a provvedere e, nel secondo, con un provvedimento che, non avendo natura giurisdizionale (come sostiene la prevalente dottrina), deve equipararsi al pronunciato di un arbitratore è di per sé insuscettibile di coercizione, in quanto privo di efficacia esecutiva». Quindi, in entrambi i casi previsti dall'art. 145 c.c., la legge ha escluso che il giudice possa pronunciare provvedimenti giurisdizionali volti ad imporre una data condotta ad uno dei coniugi che si trovi in conflitto con l'altro sull'interpretazione o sull'attuazione delle direttive concordemente assunte. Ciò persino quando il contrasto riguardi la fissazione della residenza, che è questione certamente molto più incisiva sulla vita familiare che non quella di specie, la quale si traduce in un mero contrasto sulla scelta della casa di abitazione”. La riforma del 2022, effettivamente, sembra volgere lo sguardo alle opinioni della dottrina non condivise a suo tempo dalla Suprema Corte perché il nuovo art. 152-ter disp. att. c.p.c. “procedimentalizza” a tutti gli effetti questo modulo giudiziale così aprendo le porte, anche, al regime dell'impugnazione. La pregressa norma sulla competenza, infatti – ossia l'art. 41 disp. att. c.p.c. – non prevedeva regole sul rito che sono ora presenti nella nuova disposizione. Valga ricordare, al riguardo, l'art. 45 disp. att. c.c.: «la competenza a decidere dei reclami avverso i decreti del giudice tutelare spetta al tribunale ordinario quando si tratta dei provvedimenti indicati negli artt. 320,321,372,373,374,376,386,394 e 395 c.c. La competenza spetta al tribunale per i minorenni in tutti gli altri casi». Il reclamo nel procedimento in camera di consiglio è espressamente previsto dall'art. 739 c.p.c. |