Ricorso nell'interesse dell'interdetto per autorizzazione a promuovere giudizio di separazione o divorzioInquadramentoLa formula ha ad oggetto richiesta in materia di interdizione. FormulaTRIBUNALE DI ... UFFICIO DEL GIUDICE TUTELARE [1] Il sottoscritto nome e cognome (C.F. ...), nato/a a ... il ..., residente in ... alla via ..., tel. ..., fax ..., e-mail ..., nella sua qualità di TUTORE DI interdetto nome e cognome ... (C.F. ...), nato/a a ... il ..., residente in ... alla via ..., CHIEDE al Giudice Tutelare, di essere autorizzato, nell'interesse della persona interdetta, a proporre domanda giudiziale per: 1) Separazione 2) divorzio PER I SEGUENTI MOTIVI ... ; ... ; ... OSSERVA Come noto, anche la persona interdetta può accedere al procedimento separativo o divorzile, purché conforme al suo interesse: in questi casi, in linea di principio, la procedura può essere attivata mediante designazione di un curatore speciale (come stabilisce: Cass. I, n. 9582/2000), salvo che il G.T. non ritenga di autorizzare direttamente il tutore a procedere là dove, ad esempio, questi non sia in conflitto di interessi poiché Avvocato designato fuori dal nucleo familiare. Specifica che il protutore è stato sentito come da allegato (v. all. n. ...) e ha espresso parere favorevole all'atto. La persona interdetta è in grado/non è in grado di esprimere il suo parere. In caso affermativo: ha espresso consenso/dissenso. Si chiede che il decreto venga munito della clausola della immediata esecutività. Allega: ... Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. Per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'art. 46 disp. att. c.p.c., si rinvia al d.m. n. 110/2023. COMMENTOGiova ricordare che la giurisprudenza più recente, a partire dall'arresto Cass. I, n. 21099/2007, ha collocato il «diritto alla separazione» nell'ambito delle situazioni giuridiche soggettive che realizzano la personalità dell'individuo (Cass. I, n. 2183/2013) e, dunque, si tratta di una posizione di vantaggio che risponde all'esercizio di un diritto personalissimo: ciò vale anche per la pronuncia divorzile. In regime di protezione giuridica dell'incapace (tutela, amministrazione di sostegno, etc.) è comune alla dottrina e alla giurisprudenza l'idea che il soggetto protetto, attraverso il suo amministratore, possa compiere anche atti personalissimi poiché “se non vi è esercizio non vi è neppure titolarità”. Come gli Autori hanno ben messo in evidenza, se si sostenesse che l'incapace non può farsi sostituire dal rappresentante nel porre in essere gli atti personalissimi allora si dovrebbe accettare, di fatto, che i soggetti vulnerabili perdono, in concreto, quei diritti, in quanto non ne hanno più l'esercizio. Ecco perché la Suprema Corte di Cassazione ha ammesso l'incapace anche alla promozione del giudizio di divorzio, in veste di parte attrice e non solo convenuta (Cass. I, n. 9582/2000); pronuncia che ha trovato applicazione anche per il giudizio di separazione, per evidente omogeneità di situazioni su cui innestare il medesimo principio di diritto. La pronuncia citata ha giudicato necessaria, per la instaurazione del giudizio di divorzio/separazione, la nomina di un curatore speciale. Si tratta, tuttavia, di pronuncia resa prima dell'entrata in vigore della l. n. 6/2004. In seguito è stato detto che sussiste la legittimazione attiva dell'interdetto infermo di mente, tramite il proprio rappresentante legale, a promuovere il giudizio di separazione personale, in applicazione analogica di quanto stabilito dal legislatore – con riferimento al divorzio – dall'art. 4, comma 5, l. n. 898/1970, che espressamente disciplina la sola ipotesi in cui l'incapace abbia il ruolo di convenuto. Trattasi di opzione ermeneutica costituzionalmente orientata, volta ad evitare che l'interdetto sia privato in fatto di un diritto personalissimo di particolare rilievo, che la legge attribuisce ad entrambi i coniugi senza disparità di trattamento, nei casi previsti, ed il cui esercizio può rendersi necessario per assicurare l'adeguata protezione del soggetto incapace. E si è più in generale aggiunto che il tutore può compiere in nome e per conto dell'interdetto anche un atto personalissimo (sempre che ne sia accertata la conformità alle esigenze di protezione), sicchè la designazione di un curatore speciale è necessaria solo nel caso di conflitto di interessi tra il tutore ed il rappresentato, non evincendosi dal sistema una generale e tassativa preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del rappresentante legale dell'incapace (Cass. I, n. 14669/2018). Nel vigore del regime di amministrazione di sostegno, la giurisprudenza tutelare si è orientata nel senso di ritenere doverosa la designazione di un curatore speciale solo nel caso di conflitto di interessi (anche solo potenziale) tra rappresentante e incapace: come nel caso in cui l'amministratore di sostegno sia un parente del beneficiario. In tal senso, la citata giurisprudenza tutelare (v. Trib. Roma I-bis, decreto 10 marzo 2009) ha affermato che la esigenza della nomina di un “curatore speciale” dell'incapace, legittimato ad agire per la proposizione del ricorso per separazione personale/divorzio dei coniugi, non può essere «fondata sull'assiomatica prospettazione di un potenziale conflitto di interessi tra Tutore/Amministratore ed incapace in ordine all'esercizio dei diritti c.d. personalissimi» ma deve muovere da un accertamento in concreto condotto dal G.T. all'esito del quale ben può il Giudice tutelare autorizzare lo stesso amministratore alla promozione del giudizio di separazione/divorzio. In particolare, la giurisprudenza tutelare maggioritaria (Trib. Cagliari, decreto 15 giugno 2010; Trib. Modena 26 ottobre 2007) reputa che l'Amministratore di sostegno – per la struttura morfologica assegnatagli dalla l. n. 6/2004 – dove non sia coniuge dell'incapace, ben possa svolgere il ruolo di rappresentante del beneficiario nella separazione e «ben può svolgere in parte qua la medesima funzione del curatore speciale che l'art. 4, comma 5 l. n. 898/1970 prevede sia nominato nel giudizio di divorzio all'interdetto». Quanto alle modalità secondo cui l'amministratore di sostegno può svolgere detta funzione nell'attuazione del suo compito con particolare riferimento alla “cura degli interessi non patrimoniali”, sempre la giurisprudenza tutelare afferma la necessità di una imprescindibile valutazione del giudice tutelare che: 1) deve verificare la rispondenza dell'azione di separazione/divorzio all'effettiva volontà del beneficiario; 2) deve verificare l'interesse e la realizzazione del best interest del soggetto fragile nell'attuazione (o non) di detta scelta. Particolare importanza, assume la verifica giudiziale circa la rispondenza dell'iniziativa assunta dall'amministratore di sostegno alla volontà del beneficiario: valutazione che compete, naturalmente e fisiologicamente, al Giudice Tutelare. L'impianto di protezione del soggetto incapace, così risultante per effetto della applicazione delle norme di cui agli artt. 404 c.c. e ss., risulta gravemente vulnerato ove, invece, si applichi tout court il modulo procedimentale di cui all'art. 78 c.p.c. che rimette al Collegio di designare, su istanza, il curatore speciale, sottraendo al G.T. quella valutazione imprescindibile che si è messa in evidenza. Questa interpretazione – che demanda al G.T. di accertare caso per caso l'esigenza della designazione del curatore – sembra più coerente con i principi enucleati nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della l. n. 18/2009. Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l'importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei “principi generali”, v. art. 3 della convenzione). La Convenzione, all'art. 12 (uguale riconoscimento dinanzi alla legge), comma 4, chiaramente statuisce, poi: «Gli Stati devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona». Vi è di più. Non è affatto vero che si rende sempre necessaria la intermediazione del rappresentante: il beneficiario ben potrebbe porre in essere da sé le attività di promozione del giudizio di separazione, ove il G.T. non ritenesse necessaria alcuna assistenza o rappresentanza (409 c.c.). Quanto è probabile (e non solo possibile), posto che la misura di protezione ex art. 404 c.c. può germinare anche solo da un impedimento fisico e non mentale. Alla luce delle considerazioni sin qui espresse, deve ritenersi che la competenza funzionale ed esclusiva per la decisione in ordine alla designazione o non di un curatore speciale al beneficiario che intende proporre domanda di separazione, competa al Giudice Tutelare, anche attraverso il modulo decisionale di cui all'art. 410 c.c. Le argomentazioni sin qui svolte vanno riportate per la tutela. A breve, la materia delle misure di protezione giuridica degli adulti vulnerabili sarà arricchita da norme europee di cooperazione giudiziaria civile. Si fa riferimento al pacchetto di proposte presentato dalla Commissione europea in data 31 maggio 2023. Il pacchetto di si compone di una proposta di Regolamento (Proposta di Regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle misure e alla cooperazione in materia di protezione degli adulti) e di una proposta di decisione. La proposta di Regolametno introduce norme che si applicheranno all'interno dell'UE, in particolare per stabilire quale organo giurisdizionale è competente, quale legge è applicabile, a quali condizioni una misura di protezione o poteri di rappresentanza possono avere effetto in altri Stati e come le autorità possono cooperare. Propone inoltre il certificato UE di rappresentanza. La proposta di decisione prevede un quadro giuridico uniforme per la protezione degli adulti che coinvolgono paesi terzi. Impone a tutti gli Stati membri di diventare o rimanere parte della Convenzione sulla protezione degli adulti del 2000. Più nel dettaglio, la proposta di Regolamento introduce una serie semplificata di norme che si applicheranno all'interno dell'UE, in particolare per stabilire quale organo giurisdizionale è competente, quale legge è applicabile, a quali condizioni una misura straniera o poteri stranieri di rappresentanza dovrebbero avere effetto e come le autorità possono cooperare. Propone inoltre una serie di strumenti pratici, quali: facilitare la comunicazione digitale; l'introduzione di un certificato europeo di rappresentanza, che renderà più facile per i rappresentanti dimostrare le loro competenze in un altro Stato membro; istituire registri interconnessi che forniscano informazioni sull'esistenza di una protezione in un altro Stato membro; promuovere una più stretta cooperazione tra le autorità. |