Comparsa di costituzione e risposta in appello ai sensi dell'art. 347 c.p.c.: inammissibilità e infondatezza dell'appelloInquadramentoCon la comparsa di costituzione e risposta l'appellato deve proporre le proprie difese e prendere posizione sui fatti posti a fondamento dell'atto di appello, formulando, all'esito, le proprie conclusioni. L'art. 347, comma 1, dispone attualmente (a decorrere dal 26 novembre 2024, data di entrata in vigore del d.lgs. n 164/2024, che ha riscritto la norma) che «l'appellante si costituisce in giudizio secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale. Le altre parti si costituiscono in appello almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione o di quella fissata ai sensi dell'articolo 349-bis, secondo le forme per i procedimenti davanti al tribunale». Sono state in tal modo risolte le incertezze sull'entità dei suddetti termini (se giorni venti o giorni settanta) sorte dopo l'avvento del d.lgs. n. 149/2022. Per maggiori dettagli in proposito – che potrebbero essere utili, potendo essere ancora pendenti questioni relative alla determinazione della suddetta entità – si fa rinvio al Commento in calce alla formula «Atto di citazione in appello avverso sentenza, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., con istanza di sospensione». Con d.m. n. 110/2023 (G.U. n. 187 dell'11 agosto 2023) è stato dettato regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti dimensionali e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'art. 46 disp. att. c.p.c., come modificato dall'art. 4 del d.lgs. n. 149/2022. I criteri di redazione degli atti sono descritti nell'art. 2 d.m. cit., mentre i limiti dimensionali, valevoli per le cause di valore inferiore a euro 500.000, sono fissati nell'art. 3 del medesimo d.m., salve le deroghe di cui ai successivi artt. 4 e 5. Per ciò che attiene agli schemi informatici, l'art. 8 d.m. cit. dispone che gli atti giudiziari devono essere redatti secondo le regole dettate dall'art. 11 del d.m. n. 44/2011, e devono essere corredati dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche di cui all'art. 34 dello stesso d.m. I disposti del d.m. n. 110/2023 si applicano ai procedimenti introdotti «dopo il 1° settembre 2023». Va rammentato che, ai sensi dell'art. 46, comma 6 disp. att. c.p.c., il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo. La presente formula riporta esemplificazione di comparsa di costituzione e risposta in un giudizio di appello instaurato a decorrere dal 26 novembre 2024 ed è stata redatta tenendo nella dovuta considerazione i prescritti del d.m. n. 110/2023. FormulaCORTE DI APPELLO DI ... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA IN APPELLO AI SENSI DELL'ART. 347 C.P.C.[1]: INAMMISSIBILITÀ E INFONDATEZZA DELL'APPELLO R.G. n. ... PER Il Sig./La Sig.ra ..., nato/a a ... il ... (C.F. ... ) [2], residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato/a in ..., via ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. ... [3], C.F. ... [4][5], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura alle liti ... [6]. -appellato/a- CONTRO il Comune di ..., in persona del Sindaco pro tempore, con sede in ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... del Foro di ..., presso cui è elettivamente domiciliato -appellante- PREMESSO IN FATTO i) Con atto di citazione notificato il ..., il Sig./la Sig.ra ... [7] conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di ..., il Comune di ..., in persona del Sindaco pro tempore, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni causati (a persona e cose) da caduta sul fondo stradale mentre, alla guida del proprio ciclomotore, stava percorrendo la via ..., in ragione della presenza, ivi, di alcune profonde buche non segnalate, per di più in situazione di inefficienza della pubblica illuminazione. ii) L'Ente comunale, costituitosi in giudizio, chiedeva la reiezione della domanda sul rilievo che l'occorso dovesse attribuirsi a caso fortuito, rappresentato, nel caso concreto, dalla condotta incauta dell'attore/attrice, cui l'assenza di pubblica illuminazione doveva suggerire massima prudenza ed accortezza nell'incedere. iii) Il Tribunale adito, assunte deposizioni testimoniali e compiuta ispezione dei luoghi, riteneva sussistere la responsabilità dell'Ente comunale ai sensi dell'art. 2051 c.c. e, conseguentemente, lo condannava al risarcimento dei danni nella misura attoreamente richiesta, nonché alla rifusione delle spese di lite. iv) Il Comune soccombente ha proposto appello chiedendo riforma della suddetta sentenza, sostanzialmente ribadendo nella forma del gravame gli argomenti di difesa addotti in prima istanza. L'appellante ha, inoltre, chiesto ammettersi mezzo di prova per testi onde far risultare che in corrispondenza della via teatro del sinistro era collocata segnaletica di pericolo generico. PREMESSO IN DIRITTO i) Così come disposto dall'art. 342, comma 1, c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 3, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 164/2024) e così come, in sostanza, sempre affermato dalla giurisprudenza anche nella vigenza di precedenti versioni della norma, l'appello deve essere motivato «in modo chiaro, sintetico e specifico» e, ai fini della sua ammissibilità, deve individuare lo specifico capo o gli specifici capi della decisione impugnato o impugnati e in relazione ad esso o ad essi deve indicare «1) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado; 2) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata». In altri, più semplici, termini, affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non è sufficiente che nel gravame sia manifestata una volontà in tal senso, occorrendo, al contrario, l'esposizione di una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne le fondamenta di fatto e quelle logico-giuridiche. Orbene, nella specie, l'appellante si è limitato a chiedere genericamente la riforma integrale della sentenza impugnata, dando supporto al gravame unicamente mediante il mero rinvio al contenuto degli atti difensivi di prima istanza, senza precisare in alcun modo le ragioni di censura della tesi accolta, con motivazione espressa, nella sentenza medesima. Se è pur vero che ai fini della specificità dei motivi di appello, l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto invocate a sostegno del gravame può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, tutto ciò deve avvenire in guisa da determinare una critica adeguata e specifica della decisione impugnata, onde consentire al Giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo Giudice. È da escludere che ciò sia avvenuto nel caso concreto. In altri termini, l'atto di appello è da giudicare inammissibile, per mancata osservanza dei prescritti contenuti nel citato art. 342 c.p.c. ii) Deve, in ogni caso, annotarsi che piena acquiescenza deve ritenersi essere stata fatta al capo della sentenza relativo al quantum del danno liquidato, giacché doglianze in proposito non risultano essere state esposte neppure in via subordinata. iii) Inammissibile è anche la richiesta di ammissione del mezzo di prova per testi di cui al punto iv) della premessa di fatto, ostandovi il disposto dell'art. 345, comma 3, c.p.c. iv) Nel merito, la posizione dell'esponente non necessita di esplicazioni ulteriori rispetto a quelle motivatamente esposte in prima istanza, puntualmente condivise dal primo Giudice. Ci si limita, pertanto, a ribadire che, secondo l'ormai decisamente prevalente orientamento della giurisprudenza, in tema di sinistro stradale, a carico degli enti proprietari delle strade è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c. Ciò stante, il danneggiato che agisca per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di una caduta avvenuta, mentre circolava sulla pubblica via alla guida del proprio ciclomotore, per la causa denunciata nella specie o per causa ad essa sostanzialmente analoga, è tenuto a dare dimostrazione dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, non anche dell'imprevedibilità e non evitabilità dell'insidia o del trabocchetto, né della condotta omissiva o commissiva del custode, gravando, invece, su quest'ultimo, in ragione dell'inversione dell'onere probatorio che caratterizza la responsabilità ex art. 2051 c.c., la prova di aver adottato tutte le misure (manutenzione, controllo tecnico dell'efficienza delle strade, apposizione della segnaletica prescritta) idonee a prevenire che il bene demaniale presentasse, per l'utente, una situazione di pericolo occulto. Dalla responsabilità presunta l'Ente può liberarsi solo dando la prova liberatoria del caso fortuito, dando cioè dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente dovuto. Orbene, mentre l'esponente ha compiutamente assolto ai propri oneri probatori, come riconosciuto dal primo Giudice, altrettanto non ha fatto l'originario convenuto/odierno appellante. Tutto questo premesso, il Sig./la Sig.ra ..., come sopra rappresentato/a, difeso/a e domiciliato/a rassegna le seguenti CONCLUSIONI Voglia la Corte di appello adita, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, 1) in via preliminare e in rito, dichiarare inammissibile l'appello proposto dal Comune di ..., in ragione della mancata osservanza dei prescritti di cui all'art. 342, comma 1, c.p.c.; dichiarare, comunque, inammissibile il mezzo di prova per testi dedotto per le ragioni precedentemente (nella premessa di diritto) esplicate; 2) nel merito, respingere l'appello proposto dal Comune di ..., perché infondato in fatto e in diritto, di conseguenza confermando integralmente la sentenza gravata. 3) condannare l'appellante alla rifusione delle spese di lite del grado (compenso ai sensi del d.m. n. 55/2014, come modificato con i d.m. n. 37/2018 e n. 147/2022, oltre spese e oneri accessori). Si depositano con modalità telematiche [8] i seguenti documenti: 1) atto di citazione in appello notificato il ...; 2) fascicolo del primo grado di giudizio; 3) ... [9] PROCURA Io sottoscritto/a ..., nato/a a ... il ..., residente in ..., via/piazza ... n. ..., delego a rappresentarmi, assistermi e difendermi nella presente procedura e in ogni sua fase e grado, compresa la fase esecutiva, l'Avv. ... del Foro di ..., conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, compreso il potere di conciliare, transigere, rinunciare agli atti ed accettare la rinuncia, incassare somme dalla controparte, quietanzare, chiamare in causa terzi, nominare sostituti in udienza. Eleggo domicilio presso lo Studio dello stesso Avv. in ..., via ..., n. .... Dichiaro, inoltre, di aver ricevuto le informative di cui agli artt. 7 e 13 del d.lgs. n. 196/2003 e presto consenso al trattamento dei dati personali, nei limiti e nelle forme di cui a tale d.lgs., per l'espletamento del mandato conferito. Il/La delegante ... Data e luogo ... Visto per autentica ... Firma Avv. ... 1. Con la comparsa di costituzione e risposta l'appellato deve proporre le proprie difese e prendere posizione sui fatti posti a fondamento dell'atto di appello, formulando, all'esito, le proprie conclusioni. Ai sensi dell'art. 347 c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 164/2024, la costituzione in appello delle parti diverse dall'appellante principale deve avvenire «almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione o di quella fissata ai sensi dell'articolo 349-bis, secondo le forme per i procedimenti davanti al tribunale». Il deposito dell'atto di costituzione deve obbligatoriamente avvenire con modalità telematica (art. 196-quater disp. att. c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 149/2022). 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50 d.l. n. 98/2011 conv., con mod. nella l. n. 111/2011). Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis d.P.R. 11n. 5/2002, « ... qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà». 3. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis, d.l. n. 90/2014 conv., con modif. nella l. n. 114/2014. 4. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50 d.l. 98/2011 conv., con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1 c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8 d.l. n. 193/2009 conv., con modif. nella l. n. 24/2010. 5. A seguito dell'introduzione del domicilio digitale, non sussiste alcun obbligo, per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC «comunicato al proprio ordine», trattandosi di dato già risultante dal ReGindE. L'obbligo dell'Avvocato di indicare il proprio numero di fax, già previsto dall'art. 125, comma 1 c.p.c., è venuto meno, con effetto dal 26 novembre 2024, in forza del disposto dell'art. 3, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 164/2024. 6. La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. A far tempo dal 1° gennaio 2023, il deposito della procura deve obbligatoriamente avvenire con modalità telematica (art. 196-quater disp. att. c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 149/2022). 7. Il riferimento è al/alla comparente, che va identificato/a. 8. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 196-quater disp. att. c.p.c. (norma introdotta dal d.lgs. n. 149/2022), a decorrere dal 1° gennaio 2023, il deposito degli atti processuali nei procedimenti innanzi ai Tribunali, alle Corti di appello ed alla Corte di cassazione deve avere luogo esclusivamente con modalità telematiche. Va, altresì, rammentato che, in forza dei disposti del d.lgs. n. 164/2024, sono state espunte, con effetto dal 26 novembre 2024, le previsioni del deposito di atti presso la Cancelleria da tutte le norme che recavano indicazione di tale adempimento. 9. Eventuali altri documenti utili al bisogno. COMMENTOi) Tutte le disposizioni del c.p.c. verranno citate con la sola indicazione numerica. ii) L'art. 347, comma 1, dispone attualmente (a decorrere dal 26 novembre 2024, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2024, che ha riscritto la norma) che «l'appellante si costituisce in giudizio secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale. Le altre parti si costituiscono in appello almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione o di quella fissata ai sensi dell'articolo 349-bis, secondo le forme per i procedimenti davanti al tribunale». Sono state in tal modo risolte le incertezze sull'entità dei suddetti termini (se giorni venti o giorni settanta) sorte dopo l'avvento del d.lgs. n. 149/2022. Per maggiori dettagli in proposito – che potrebbero essere utili, potendo essere ancora pendenti questioni relative alla determinazione della suddetta entità – si fa rinvio al Commento in calce alla formula «Atto di citazione in appello avverso sentenza, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., con istanza di sospensione». iii) I suddetti termini, in difetto di espressa qualificazione normativa come «liberi», vanno calcolati, in quanto termini a ritroso, con esclusione del giorno iniziale, cioè del giorno dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di citazione (o della data dell'udienza differita di ufficio) e con computo, invece, di quello finale, cioè del ventesimo giorno precedente l'udienza stessa (Cass. VI, ord., n. 6386/2020; Cass. III, n. 8496/2023). iv) Per ciò che attiene alla forma ed ai contenuti della comparsa di risposta, valgono i disposti dell'art. 167 (come modificato dall'art. 3, comma 12 d.lgs. n. 149/2022), cui si fa rinvio. v) Con riguardo ai contenuti della comparsa di risposta rappresentata nella formula, debbono compiersi le annotazioni seguenti: L'art. 342 è stato fatto oggetto di modifica dapprima ad opera del d.lgs. n. 149/2022 e successivamente ad opera del d.lgs. n. 164/2024. Dopo l'avvento del d.lgs. n. 149/2022, per gli appelli proposti successivamente al 28 febbraio 2023 le regole di “forma” dettate dall'art. 342, comma 1, erano le seguenti: l'appello doveva proporsi con citazione (o, laddove previsto, con ricorso – n.d.r.) contenente le indicazioni prescritte nell'art. 163, come modificato dal citato d.lgs. L'appello doveva essere motivato e per ciascuno dei motivi era richiesta, a pena di inammissibilità, l'indicazione «in modo chiaro, sintetico e specifico» (giusta la regola, anch'essa codificata – art. 121 – dal d.lgs. n. 149/2022), 1) del «capo» della decisione di primo grado che veniva impugnato; 2) delle censure proposte «alla ricostruzione dei fatti» compiuta dal giudice di primo grado; 3) delle «violazioni di legge» denunciate e la «loro rilevanza ai fini della decisione impugnata» (v. – interessanti, pur se pronunciate nella vigenza del testo dell'art. 342 ante d.lgs. n. 149/2022 – Cass. S.U., n. 27199/2017; Cass. III, n. 23781/2020; Cass. S.U., ord., n. 36481/2022; Cass. II, n. 23100/2023). Il d.lgs. n. 164/2024 ha parzialmente modificato le regole di “forma” dettate dal comma 1 dell'art. 342. Nella norma, fermo restando che l'atto introduttivo dell'appello deve proporsi con citazione (o, laddove previsto, con ricorso – n.d.r.), con le indicazioni previste dall'art. 163 (come ulteriormente modificato dal d.lgs. n. 164/2024), viene disposto che l'appello «deve essere motivato in modo chiaro, sintetico e specifico e che, «per ciascuno dei motivi, a pena di inammissibilità, l'appello deve individuare lo specifico capo della decisione impugnato e in relazione a questo deve indicare: 1) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado; 2) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata». iv) Il testo del 1 comma dell'art. 342 introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 aveva sollevato dubbi interpretativi con riferimento alle conseguenze della violazione dei principi di chiarezza, sinteticità e specificità. A ben leggerla, la norma «minacciava» la sanzione dell'inammissibilità dell'appello laddove fosse mancante uno dei requisiti descritti nei nn. 1, 2 e 3 della seconda parte del comma 1, cioè la mancata indicazione del capo della decisione di primo grado che fosse stato impugnato e delle censure in fatto e in diritto. In ordine alla presenza dei requisiti della chiarezza, della sinteticità e della specificità potevano farsi due letture: 1) I caratteri della chiarezza, della sinteticità e della specificità dovevano ritenersi costituire parte «integrante» delle suddette indicazioni, nel senso che queste potevano essere ritenute effettive soltanto se provviste dei suddetti caratteri, che assumevano, pertanto, valenza sostanziale. 2) Posto che un'impugnazione non poteva essere dichiarata inammissibile solo per carenze formali, se l'atto conteneva i requisiti di cui ai nn. 1, 2 e 3 dell'art. 342 ma la loro esposizione non fosse stata chiara o sintetica o specifica, il giudice dell'appello poteva regolare il fenomeno sotto il profilo delle spese, così come «suggerito» dall'art. 46 disp. att. c.p.c., ma non già dichiarare inammissibile l'impugnazione. L'intento propostosi dal legislatore del 2024 nel modificare il testo del comma 1 dell'art. 342 è stato quello di chiarire, nella miglior guisa possibile, in quali casi l'appello possa/debba essere dichiarato inammissibile, evitando che di una norma di assoluta importanza si possano fare due diverse letture. Tale fine deve ritenersi raggiunto, risultando esclusa la possibilità della prima delle letture di cui sopra. Nell'attualità, l'appello può/deve essere dichiarato inammissibile unicamente qualora per ciascuno dei motivi posti a fondarlo non si provveda ad individuare lo specifico capo della decisione impugnato e, in relazione a questo, non si provveda a specificare le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal primo giudice e/o le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata (si vedano in tal senso, pur se riferite a precedenti versioni della norma in esame, Cass. II, n. 20496/2015; Cass. II, n. 6932/2016; Cass. III, n. 12280/2016; Cass. S.U., n. 27199/2017Cass. III, n. 13535/2018; Cass. sez. lav., n. 3194/2019; Cass. S.U., n. 36481/2022). v) Ai sensi dell'art. 345, comma 3, nel giudizio di appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile, ad es. per il fatto della controparte o per averne incolpevolmente ignorato l'esistenza. vi) Per ciò che attiene gli aspetti sostanziali, in tema di sinistro stradale, secondo il decisamente prevalente orientamento della giurisprudenza, a carico degli enti proprietari delle strade è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c. (v., fra le pronunce più recenti, relative a varie fattispecie, Cass. III, n. 10916/2017; Cass. III, n. 2481/2018; Cass. VI, n. 1725/2019; Cass. VI, n. 9315/2019; Cass. III, n. 16295/2019; Cass. III, n. 6651/2020; Cass. III, n. 8811/2020; Cass. III, ord., n. 37059/2022; Cass. III, n. 8496/2023; Cass. III, n. 11152/2023; Cass. III, ord., n. 11140/2024; Cass. III, ord., n. 11950/2024). Le Sezioni Unite hanno chiarito che la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode (Cass. S.U., ord., n. 20943/2022). |