Ricorso in opposizione agli atti esecutiviinquadramentoL'art. 617, comma 2 c.p.c., disciplina l'opposizione “successiva” agli atti esecutivi, così individuata perché – a differenza di quella “preventiva”, attinente ai vizi formali del titolo esecutivo e del precetto e regolata dal comma 1 – concerne i singoli atti di esecuzione, ossia tutti quelli in cui si dipana il processo esecutivo, in essi compresi gli atti posti in essere dalle parti e i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, purché lesivi della sfera giuridica degli interessati. Essa si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione, nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto, ovvero dalla sua giuridica conoscenza (anche di fatto). Ai sensi dell'art. 618 c.p.c., il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza per la comparizione delle parti e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, adottando nei casi urgenti i provvedimenti opportuni. Nel contraddittorio delle parti, e all'esito dell'udienza, adotta i provvedimenti indilazionabili o, in alternativa, sospende la procedura. In ogni caso, fissa il termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'art. 163-bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della metà. Il giudizio di merito si conclude con sentenza non appellabile, di natura rescindente. FormulaTRIBUNALE ORDINARIO DI .... Sezione Esecuzioni Immobiliari RICORSO IN OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI Il Sig. .... nato a ...., residente in ...., alla via ...., n. .... C.F. ...., rappresentato e difeso per procura in calce al presente atto dall'Avv. .... C.F. .... PEC ...., presso il cui studio in ...., alla via ...., è elettivamente domiciliato. PREMESSO – che in danno dell'esponente Sig. .... è stata promossa dal Sig. .... [ [1] azione esecutiva immobiliare sull'immobile di cui lo stesso è pieno proprietario sito in ...., via .... n. ...., e precisamente: appartamento posto ai piani ...., censito in catasto Fabbricati del Comune di .... al foglio ...., particella ...., subalterno .... categoria ...., classe ...., vani .... rendita ....; – La procedura è stata incardinata con il n. R.G.E. .... ed assegnata al giudice dell'esecuzione Dott. ....; – Nella procedura esecutiva sono intervenuti i seguenti creditori: 1) .... in forza del seguente titolo esecutivo: ....; 2) .... in forza del seguente titolo esecutivo: ....; 3) .... in forza del seguente titolo esecutivo: ....; – Con decreto del ...., il giudice dell'esecuzione ha nominato esperto stimatore ...., fissando per la comparizione delle parti l'udienza del ...., ex art. 569 c.p.c.; – Con istanza del .... [2] , l'esponente ha avanzato istanza di conversione del pignoramento, ex art. 495 c.p.c., al contempo depositando in cancelleria assegno circolare dell'importo di Euro ...., pari ad un sesto dei crediti per cui si procede, comprensivi di interessi e delle presumibili spese di procedura di ciascun creditore; – Con provvedimento del ...., comunicato il ...., il giudice dell'esecuzione ha stabilito le somme da versarsi complessivamente per la conversione del pignoramento, complessivamente determinate in Euro .... compresi interessi a scalare e spese di procedura, suddivise in trentasei rate dell'importo di Euro .... cadauna; (ovvero, generico): L'esponente Sig. .... aveva richiesto al giudice dell'esecuzione il seguente provvedimento .... [3] , in quanto .... [4] RITENUTO – che detta ordinanza si palesi illegittima, in quanto .... [5]; – Sussistono, altresì, i seguenti motivi di urgenza perché il Giudice adito disponga, inaudita altera parte, la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato .... [6] Pertanto, con il presente atto, l'istante intende proporre, come propone, OPPOSIZIONE avverso l'impugnato provvedimento ai sensi dell'art. 617 c.p.c. e chiede che il Giudice dell'Esecuzione voglia: 1) in via preliminare, disporre l'immediata sospensione dell'esecutività del provvedimento impugnato, inaudita altera parte, e l'adozione dei provvedimenti indilazionabili ritenuti necessari (ovvero: disporre l'immediata sospensione del processo esecutivo), in subordine previa comparizione delle parti; 2) nel merito, accertare e dichiarare l'illegittimità dell'atto impugnato, con conseguente revoca e/o modifica di quest'ultimo, nonché adottare tutti i provvedimenti consequenziali; 3) con vittoria di spese e compensi. Si producono i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]Indicare le generalità del creditore procedente. [2]Si rammenta che a norma dell'art. 495 c.p.c., l'istanza di conversione del pignoramento, esemplificata nella formula, va presentata al più tardi prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione, ai sensi degli artt. 530,552 e 569 c.p.c., quindi (nell'esempio che si riporta) la data di proposizione deve essere necessariamente anteriore a quella fissata per la comparizione delle parti. [3]Indicare il provvedimento richiesto. [4]Indicare le ragioni sottese alla richiesta. [5]Specificare i motivi di opposizione a sostegno della domanda. [6]Specificare i motivi di urgenza per i quali si chiede la sospensione del provvedimento impugnato. commentoMediante l'opposizione agli atti esecutivi possono essere denunciati vizi formali degli atti dell'esecuzione forzata nonché concernenti gli atti preliminari alla stessa. La disposizione in commento, quanto ai vizi deducibili, fa riferimento alla “regolarità” e non al più radicale vizio della nullità degli atti processuali. In realtà il sistema degli artt. 156 e ss. disciplina la sola nullità degli atti processuali rispetto alla quale, come si è osservato in dottrina, l'inesistenza è qualcosa di più e l'irregolarità qualcosa in meno. In particolare, alla nozione di irregolarità possono ricondursi sia difformità dal modello legale che non implicano nullità ma, sotto il profilo disciplinare, sono ad essa assimilate per alcuni profili, sia quella categoria residuale che rimane, in linea di principio, priva di sanzioni o altre conseguenze (Mandrioli, 516). Tuttavia con l'opposizione agli atti esecutivi possono indifferentemente essere fatti valere vizi che comportano una nullità dell'atto che la stessa irregolarità: tale assimilazione fa ritenere che in sede esecutiva venga derogato, attraverso la norma in esame, il principio di tassatività delle nullità processuali enunciato dal comma 1 dell'art. 156 (Verde, Capponi, III, 223). Come precisato in giurisprudenza, resta peraltro fermo che l'opposizione agli atti esecutivi si risolve in una contestazione relativa a singoli atti che la legge considera indipendenti, alla quale, pertanto, è estranea la regola della propagazione delle nullità processuali indicata dall'art. 159, operando tale principio anche per le cd. nullità insanabili – quali quelle attinenti al difetto dello ius postulandi ovvero della rappresentanza o della capacità di agire – che debbono essere fatte valere nel termine di decadenza per l'opposizione, atteso che la finalità del processo esecutivo di giungere ad una sollecita chiusura della fase espropriativa non tollera che esso possa trovarsi in una situazione di perenne incertezza (Cass. n. 14449/2016). In senso diverso si pone altra parte della giurisprudenza della medesima S.C. che riconosce un differente regime ai vizi c.d. insanabili. In tale prospettiva, è stato affermato che la richiesta rivolta dal debitore al giudice dell'esecuzione affinché ne sia dichiarata l'improcedibilità per non essere il difensore del creditore procedente munito di valida procura alle liti non ha natura di opposizione esecutiva, perché non è volta a far rilevare la nullità di un singolo atto del processo, né è necessaria per impedire che la nullità resti sanata; tale istanza, inoltre, non è soggetta ai termini di decadenza previsti per le opposizioni agli atti esecutivi, potendo la perdurante mancanza di un difensore munito di valida procura essere rilevata e dichiarata dal giudice dell'esecuzione in qualsiasi momento del procedimento anche senza l'impulso di parte (Cass. n. 8959/2016). Legittimati alla proposizione dell'opposizione agli atti sono tutte le parti del procedimento esecutivo, quindi il debitore come i creditori, nonché altri soggetti i quali, come l'aggiudicatario, si trovino ad essere destinatari degli effetti giuridici di un provvedimento del giudice dell'esecuzione. Oggetto dell'opposizione Atto di citazione per opposizione agli atti esecutivi (art. 617, comma 1 c.p.c.); Ordinanza del giudice dell'esecuzione in tema di opposizione agli atti esecutivi (art. 617,618 c.p.c.); Ricorso per opposizione agli atti esecutivi (art. 617, comma 2 c.p.c.); Opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento (artt. 586,617 c.p.c.). Atti preliminari all'esecuzione Ai sensi del comma 1 della disposizione in esame possono essere fatti valere con l'opposizione agli atti esecutivi, in primo luogo, i vizi concernenti la regolarità formale del titolo e del precetto. Quanto ai vizi deducibili riguardanti l'atto di precetto, occorre tener presente che ai sensi dell'art. 480, comma 2 l'atto di precetto deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione delle parti, la data di notificazione del titolo esecutivo, ove non contestuale a quella del precetto, nonché la trascrizione integrale del titolo nell'atto di precetto nelle ipotesi in cui detta trascrizione è prevista. Nonostante l'art. 480 sanzioni con la nullità del precetto l'omessa indicazione delle parti, la dottrina è incline a ritenere che tale vizio non sussista qualora l'identificazione delle stesse sia comunque possibile attraverso gli altri elementi del precetto o risulti dal titolo esecutivo contestualmente notificato o trascritto nell'atto (Nicoletti, 862; Persico, 563). La giurisprudenza, in sede applicativa, ha ritenuto, quindi, che l'omessa indicazione nell'atto di precetto e nel titolo del nome di battesimo dell'opponente non determina alcuna nullità dell'atto di precetto essendo dagli altri elementi emergenti da tali atti facilmente ed esattamente individuabile il destinatario del titolo e dell'atto opposto (Trib. Roma VII, 11 gennaio 2013, n. 604). Si è inoltre evidenziato che l'omissione del codice fiscale è irrilevante e non determina la nullità dell'atto giudiziario se l'atto è comunque idoneo al raggiungimento dello scopo, e tale da non determinare un'incertezza assoluta in ordine al soggetto contro il quale è stata proposta la domanda (cfr. Trib. Massa, 22 giugno 2015, n. 688, in una fattispecie nella quale l'atto di precetto è stato notificato unitamente alla sentenza di condanna, nella quale tutti i dati delle parti erano correttamente riportati e comunque vi erano elementi di fatto tali non permettere di ingenerare la minima confusione nemmeno sull'individuazione della prestazione intimata). L'indicazione della data di notifica del titolo esecutivo è richiesta, a pena di nullità, qualora la notifica del titolo sia stata effettuata separatamente, ossia precedentemente alla notificazione del precetto (Cass. III, n. 4787/2001). L'opponente a precetto può limitarsi ad eccepire la mancanza di tale requisito, senza incorrere in alcun onere probatorio, gravando sull'autore dell'atto l'onere di fornire la prova dei requisiti di validità e di efficacia dell'atto che compie (Cass. III, n. 14090/2014). Il precetto privo dell'indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, ove avvenuta separatamente, è nullo (Trib. Bari II, 4 novembre 2008, n. 2491, in giurisprudenzabarese.it). Peraltro, si è anche precisato, al contempo, che la mancata o inesatta indicazione, nell'atto di precetto, della data di notifica del titolo esecutivo, non inficia il precetto se consente al debitore di individuare, senza incertezze, quale sia lo specifico titolo esecutivo azionato, in quanto lo scopo dell'atto deve dunque ritenersi raggiunto (Trib. Como 27 luglio 2007). Nell'espropriazione forzata minacciata in virtù di ingiunzione dichiarata esecutiva ai sensi dell'art. 654 la mancata menzione nel precetto del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della formula esecutiva comporta non l'inesistenza giuridica, ma la nullità del precetto medesimo, per effetto del combinato disposto degli artt. 654, 480 e 479, che dev'essere dedotta mediante opposizione agli atti esecutivi (Trib. Tivoli 1° giugno 2007). L'atto di precetto non deve, invece, contenere a pena di nullità la data di apposizione della formula esecutiva (Trib. Roma IV, 29 maggio 2007, in Giur. mer., 2007, n. 10, 2630). I titoli di credito quando sono posti a fondamento dell'esecuzione devono essere integralmente trascritti nell'atto di precetto. È stato peraltro precisato che il precetto deve contenere la trascrizione non necessariamente integrale del titolo di credito bensì la indicazione degli elementi essenziali per la sua individuazione (Cass. n. 3593/1990). La mancata trascrizione del titolo esecutivo nel precetto intimato in base a cambiale o ad assegno, che è prescritta per la sua individuazione, ne determina la nullità, è deducibile con l'opposizione ex art. 617 (Cass. III, n. 5168/2005). La l. n. 263/2005 ha accomunato nella medesima categoria delle cambiali e degli altri titoli di credito anche le scritture private autenticate, limitandone l'efficacia esecutiva alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, ed ha altresì stabilito, come già per le cambiali e per gli altri titoli di credito, l'obbligo ai sensi dell'art. 480, comma 2, di trascrivere integralmente le dette scritture nell'atto di precetto (Castoro, 23). L'art. 12 d.lgs. n. 28/2010, sulla mediazione obbligatoria in materia civile e commerciale, prevede che, qualora tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale qualora gli avvocati attestino e certifichino la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico, dovendo, in difetto di tali presupposti, essere richiesta l'omologa dell'accordo allegato al verbale al Presidente del tribunale che concede l'exequatur con decreto, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico (sulle modalità del controllo operato dal Presidente del Tribunale v. Trib. Modica 9 dicembre 2011). Analogamente, l'art. 5 d.l. n. 132/2014, conv., con modif., nella l. n. 162/2014, prevede che in materia di negoziazione assistita l'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Sia nell'ipotesi di mediazione obbligatoria che di negoziazione assistita l'accordo deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'art. 480, comma 2. Anche in ragione di tale indicazione nonché dell'assenza dell'intervento dell'autorità giudiziaria ai fini della formazione di tali titoli non sussiste alcun dubbio in ordine alla natura di titoli esecutivi stragiudiziali degli stessi di talché in sede di opposizione all'esecuzione potranno essere dedotti in via di eccezione anche fatti anteriori alla formazione del titolo. È stato affermato, quanto alla regolarità formale del titolo posto a fondamento della minacciata esecuzione forzata, che la denuncia dell'erronea apposizione della formula esecutiva configura opposizione agli atti esecutivi allorquando si faccia riferimento solo alla correttezza della spedizione del titolo in forma esecutiva (di cui non si ponga in dubbio l'esistenza), richiesta dall'art. 475 poiché in tal caso l'indebita apposizione della formula può concretarsi in una irregolarità del procedimento esecutivo o risolversi in una contestazione della regolarità del precetto ai sensi del comma 1 dell'art. 617 (Cass. n. 25638/2013). Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere a norma dell'art. 617 ed alla medesima irregolarità, da denunciare negli stessi modi, dà luogo la circostanza che il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso (Cass. n. 24548/2014). Notifica del titolo esecutivo e del precetto I vizi che attengono alla notifica del titolo e/o del precetto possono farsi valere sia nelle forme previste dal comma 1 che dinanzi al giudice dell'esecuzione laddove, proprio per il vizio del procedimento notificatorio, sia stato impossibile dedurle prima. Costituisce invero jus receptum il principio per il quale il processo esecutivo, che sia iniziato senza essere preceduto dalla notificazione o dalla valida notificazione del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto, è viziato da invalidità formale, che può essere fatta valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 24662/2013). La natura stragiudiziale dell'atto di precetto implica che lo stesso debba essere notificato alla parte personalmente ai sensi degli artt. 137 ss. Il vizio di notificazione del precetto rileva solo se è di gravità tale da determinare la inesistenza della notificazione, ovvero l'impossibilità di raggiungere il suo scopo tipico (ad esempio, lasciando a disposizione del debitore un termine per adempiere inferiore a quello minimo di dieci giorni: Cass. III, n. 14209/2014), mentre di regola detto vizio si sana in forza dell'avvenuta proposizione, da parte dell'intimato, dell'opposizione ex art. 617 (Cass. VI, n. 14495/2013). Atti dell'esecuzione forzata L'opposizione ex art. 617 è, poi, lo strumento generale per denunciare l'irregolarità o la nullità, oltre che del pignoramento e della notificazione dello stesso, degli atti compiuti dal giudice dell'esecuzione nel corso della procedura. Su un piano generale, di peculiare interesse è Cass. III, n. 14282/2022, la quale ha sottolineato che possono costituire oggetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. soltanto gli atti esecutivi e, cioè, gli atti di parte di promozione dell'esecuzione forzata oppure i provvedimenti ordinatori del giudice dell'esecuzione volti all'instaurazione, prosecuzione o definizione della procedura – i quali si distinguono dagli atti preparatori che, privi di autonoma rilevanza come momento dell'azione esecutiva e tesi alla mera direzione del processo o all'interlocuzione con le parti o gli ausiliari, sono assunti nella prospettiva della futura adozione di altri e diversi provvedimenti – e a condizione che essi abbiano incidenza dannosa nella sfera degli interessati, tale che sia attualmente configurabile un interesse reale alla rimozione dei loro effetti. Inoltre l'opposizione agli atti esecutivi è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, che è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, sicché, ove l'atto che si assume contrario a diritto sia riferibile solo ad un ausiliario del giudice, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, esso è sottoponibile al controllo del giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 60 o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato, e solamente dopo che questi si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato diviene possibile impugnare il relativo provvedimento giudiziale con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. n. 5175/2018, in una fattispecie nella quale l'ufficiale giudiziario aveva erroneamente dato preavviso, ad un soggetto diverso dal debitore identificato dal procedente, di un successivo accesso forzoso in adempimento di una richiesta di pignoramento mobiliare). Ora, la giurisprudenza di questa Corte, fin da prima della proposizione della domanda definita con la qui gravata sentenza e con principio ribadito costantemente anche in tempi successivi, ha escluso in radice una autonoma impugnabilità, con azione ordinaria di cognizione, degli atti compiuti da qualunque ausiliario del giudice e, tra questi, di quelli dell'Ufficiale giudiziario. Tali atti vanno, invero, sottoposti esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 – o nelle eventualmente diverse, come nel caso dell'art. 591-ter (Cass. ord., n. 1335/2011), forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato – e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all'art. 617 (sul principio generale: Cass. n. 7674/2008; in precedenza, v. già Cass. n. 3030/1992; successivamente: Cass. n. 19573/2015; Cass. ord., n. 25317/2016). Di conseguenza, poiché il processo esecutivo comporta un sistema chiuso di rimedi e non è ammessa quindi azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative specificamente previste da detto sistema processuale (tra le ultime: Cass. n. 6521/2014; Cass. n. 7708/2014; Cass. n. 23182/2014; Cass. n. 11172/2015; Cass. ord., n. 12242/2016), non può che rilevarsi come, qualunque ne fosse stata la qualificazione prospettata o poiché il processo esecutivo è articolato su di un sistema chiuso di rimedi e non è consentita azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative cognitive specificamente previste da detto sistema processuale, non è ammessa la contestazione di un atto. dell'Ufficiale giudiziario (nella specie: avviso di prosecuzione di operazioni di pignoramento mobiliare rivolto anche a chi non era debitrice esecutata) nelle forme di un'ordinaria azione di cognizione o di un'opposizione esecutiva, essendo anche tale atto assoggettato esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 rimessa al giudice, l'azione di cognizione, anziché il reclamo al giudice dell'esecuzione, non potesse essere in alcun modo o caso intrapresa: ciò che impone di cassare senza rinvio la sentenza che la ha definita. Né a conclusione più favorevole per l'odierna ricorrente potrebbe oggi giungersi ove si potesse, per un solo momento e pensando di poter superare la chiara ed univoca qualificazione da lei stessa data alla sua iniziativa giudiziale come azione di cognizione e lo sviluppo processuale ad essa seguito e ripresa dal giudice nella qui gravata sentenza di definizione quale opposizione agli atti esecutivi, riqualificarla come reclamo al giudice, con conseguente riqualificazione del provvedimento, pure univocamente reso come sentenza su quella domanda, quale ordinanza ai sensi dell'art. 60, perché allora essa avrebbe potuto costituire oggetto di un'opposizione ai sensi dell'art. 617 e giammai di ricorso per cassazione. Deve trovare applicazione alla fattispecie il seguente principio di diritto: «poiché il processo esecutivo è articolato su di un sistema chiuso di rimedi e non è consentita azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative cognitive specificamente previste da detto sistema processuale, non è ammessa la contestazione di un atto dell'Ufficiale giudiziario (nella specie: avviso di prosecuzione di operazioni di pignoramento mobiliare rivolto anche a chi non era debitrice esecutata) nelle forme di un'ordinaria azione di cognizione o di un'opposizione esecutiva, essendo anche tale atto assoggettato esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 o nelle eventualmente diverse forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato; sicché solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato è possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. Di regola, poiché ciò potrebbe determinare un'elusione del rispetto del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione in esame, non può essere oggetto della stessa l'atto con il quale il giudice dell'esecuzione si sia limitato a correggere un errore materiale o di calcolo di una propria ordinanza. Nondimeno, l'opposizione agli atti potrà essere proposta qualora l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto dell'ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile (Cass. n. 1891/2015). Per eadem ratio, di regola non potranno essere impugnati con opposizione ex art. 617 gli atti con i quali il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di revoca o modifica di un proprio provvedimento, salva l'ipotesi nella quale il pregiudizio derivi dalle ragioni poste a fondamento del diniego (Cass. n. 3723/2012). Inoltre, non possono essere impugnati, mediante opposizione ex art. 617, che atti emanati dal giudice dell'esecuzione e non anche dagli ausiliari dello stesso (v., tra le più recenti, Cass. n. 5175/2018). È consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio per il quale il provvedimento del giudice dell'esecuzione di declaratoria di estinzione atipica o di improseguibilità dell'esecuzione non soggiace al rimedio del reclamo al collegio di cui all'art. 630, bensì all'opposizione agli atti esecutivi che è lo strumento generale previsto dall'ordinamento per denunciare i vizi del processo esecutivo (Cass. n. 24775/2014). Tale provvedimento è impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi anche con riferimento alla sola statuizione sulle spese (Cass. n. 9837/2015). La S.C. ha per altro verso chiarito, con riferimento al processo di esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare, che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva non è appellabile ma reclamabile ex art. 624 ove tale decisione sia stata presa solo in vista di una mera sospensione della procedura (che resta pendente) in attesa dell'esito del giudizio di merito da instaurare, mentre è opponibile ai sensi dell'art. 617 ove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo, mentre in nessun caso è possibile la proposizione dell'appello. Ha invero evidenziato la Corte di legittimità che, pur dovendosi aderire all'orientamento più recente per il quale in tema di esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare, l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 612, che abbia assunto contenuto decisorio in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva, non può considerarsi, neppure quando abbia provveduto sulle spese giudiziali, come una sentenza decisiva di un'opposizione all'esecuzione (e quindi impugnabile con i rimedi all'uopo previsti), consistendo essa nel provvedimento definitivo della fase sommaria di tale opposizione, sicché la parte interessata può tutelarsi introducendo il relativo giudizio di merito ex art. 616, lo stesso deve essere coordinato con quello per cui «nei casi in cui il giudice dell'esecuzione, esercitando il proprio potere officioso, dichiari l'improcedibilità (o l'estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con reclamo ai sensi dell'art. 624 (Cass. n. 15605/2017). Il necessario coordinamento tra tali principi porta ad affermare che – ferma restando la possibilità di instaurare il giudizio di merito, laddove sia stata proposta una opposizione – l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che nell'ambito di un processo di esecuzione per obblighi di fare o non fare decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva deve ritenersi reclamabile, laddove lo abbia fatto solo in vista di una mera sospensione della procedura (che resta pendente) in attesa dell'esito del giudizio di merito da instaurare, mentre è opponibile ai sensi dell'art. 617, laddove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo. (Cass. n. 10946/2018). Costituisce invero jus receptum il principio per il quale il provvedimento che, sul presupposto dell'ineseguibilità del giudicato, ponga fine al processo esecutivo, è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617, essendo questo il rimedio contro i provvedimenti con i quali il giudice dell'esecuzione, a ragione o a torto, addivenga a una chiusura anticipata del processo esecutivo sul presupposto che non sussistesse ab origine o sia venuta meno una condizione dell'azione esecutiva (Cass. n. 10869/2012). l termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi è di venti giorni e decorre dal compimento dell'atto esecutivo oggetto della stessa ovvero dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto o, sempre ove riguardi siffatti atti, dal primo atto di esecuzione. |