Segnalazione da parte del professionista delegato circa l'omesso versamento del contributoinquadramentoUna procedura esecutiva che voglia davvero definirsi efficiente non può non contare su un efficiente sistema di pubblicità dell'immobile staggìto e posto in vendita. Non è un caso, infatti, che le note “prassi virtuose” di alcuni tribunali italiani (le quali negli anni successivi sarebbero state recepite dal legislatore e tradotte in provvedimenti normativi modificativi del codice di procedura civile) contemplassero anche una rinnovata attenzione per la pubblicità della vendita, rispetto alla quale si avvertiva una profonda esigenza di svecchiamento. È questo il brodo di pascenza nel quale sono maturate le continue modifiche dell'art. 490 c.p.c., che hanno avuto inizio nel 2001 (con la l. n. 448/2001, il cui art. 52, comma 76, introduceva l'obbligo di inserire l'avviso sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata), e sono terminate nel nuovo conio della citata disposizione codicistica ad opera del d.l. n. 83/2015, convertito con l. n. 132/2015. FormulaTRIBUNALE DI .... Procedura Esecutiva Immobiliare n. .... R.G.E. SEGNALAZIONE CIRCA L'OMESSO VERSAMENTO DEL CONTRIBUTO PER IL PVP Ill.mo Sig. Giudice dell'esecuzione, Il sottoscritto Avv. ...., C.F. ...., fax n. .... PEC ...., professionista delegato nella procedura esecutiva in epigrafe emarginata, promossa da ...., contro ...., con l'intervento di ....; PREMESSO – che con l'ordinanza di vendita la s.v. disponesse che il creditore procedente provvedesse al pagamento del contributo di pubblicazione di cui all'art. 18-bis d.P.R. n. 115/2002 secondo le modalità di seguito indicate [1]: ....; – che, in esecuzione delle disposizioni impartite, il sottoscritto, con PEC del ...., invitava il creditore procedente ad effettuare il versamento di € .... (ovvero a consegnare la ricevuta dell'avvenuto pagamento del contributo) al fine di procedere alla pubblicazione dell'avviso di vendita sul Portale delle vendite pubbliche [2]; – che in mancanza della prova dell'avvenuto pagamento del contributo previsto dall'art. 18-bis del d.P.R. n. 115/2002, la pubblicazione non può essere eseguita; – che nonostante i ripetuti solleciti ad oggi il creditore procedente (o il creditore intervenuto munito di titolo esecutivo) non ha ancora provveduto al versamento di quanto richiesto; Ciò premesso, il sottoscritto nella sua qualità, CHIEDE che la S.V. Ill.ma, Voglia adottare i provvedimenti più opportuni. Con osservanza Luogo e data .... Il professionista delegato .... [1]In alcuni uffici giudiziari si prevede che il creditore provveda direttamente al pagamento del contributo di pubblicazione, inviando al professionista delegato il file XML generato dal sistema di pagamento; in altri si dispone che il creditore si limiti a corrispondere il corrispettivo necessario per il pagamento al professionista delegato, il quale provvede materialmente ad eseguirlo; in altri ancora si dispone che a provvedere sia il soggetto cui è affidata la pubblicità sui siti internet di cui all'art. 490, comma 2 c.p.c. [2]Invero, la procedura di pubblicazione dell'avviso di vendita sul PVP richiede che sia caricato sul partale il file xml generato dal sistema di pagamento, in difetto della quale, l'inserzione non è completabile. commentoIn generale È noto che ai sensi dell'art. 18-bis del d.P.R. n. 115/2002 la pubblicazione dell'avviso di vendita sul Portale, quando ha ad oggetto beni mobili registrati e beni immobili sconta il pagamento del contributo di pubblicazione. A proposito del contributo, è bene precisare che lo stesso: da un lato, non è dovuto per i beni mobili non registrati, indipendentemente dal loro valore; dall'altro, è obbligatorio per i beni mobili registrati, indipendentemente dal loro valore. Ciò in quanto la disciplina del Portale delle vendite Pubbliche non risente della previsione di cui all'art. 490, comma 2 c.p.c., il quale regola esclusivamente il regime pubblicitario sui siti internet dei beni immobili e dei beni mobili registrati di valore superiore ad €. 25.000,00 e dei beni immobili. Non sconta il pagamento del contributo di pubblicazione la vendita di beni mobili “registrabili” cioè quei beni mobili non iscritti nei pubblici registri ma suscettibili di iscrizione. Qui il dato normativo di riferimento deve essere ricercato nell'art. 815 c.c., il quale a proposito dei beni mobili “iscritti in pubblici registri” prevede che essi sono soggetti alle disposizioni che li riguardano, ed in mancanza alle disposizioni relative ai beni mobili. Se così è, riteniamo che il bene mobile non (ancora) iscritto nei pubblici registi (o non più iscritto) non sconti il pagamento del contributo di pubblicazione poiché non si è verificato ancora il presupposto in forza del quale il legislatore prescrive, per esso, un particolare regime giuridico. È dubbio se il pagamento del contributo di pubblicazione sia dovuto per le vendite che abbiano ad oggetto le partecipazioni societarie. La risposta a questa domanda costituisce il precipitato di un tema più ampio, che attiene alla natura della partecipazione ed alla conseguente forma del relativo pignoramento, noto essendo che per oltre un ventennio intorno ad esso si è sviluppato un acceso dibattito che vedeva sostanzialmente schierati due fronti contrapposti: il primo riteneva che la quota societaria si atteggiasse quale diritto di credito del titolare nei confronti della società medesima, e da questo ricavava il corollario per cui il pignoramento della quota dovesse dipanarsi nelle forme del pignoramento presso terzi; il secondo considerava invece la quota societaria come bene mobile immateriale, che dunque poteva essere sottoposto ad esecuzione secondo le regole processuali di cui all'art. 513 e ss. c.p.c. (non sono mancate le posizioni più sfumate di coloro i quali, preso atto dell'assenza di previsioni normative ad hoc, hanno proceduto per esclusione, ricercando il modello che, nella sostanza, fosse meno incompatibile con l'oggetto del pignoramento e desse luogo ai minori inconvenienti pratici) L'art. 2471, comma 2 c.c., nel testo elaborato dal d.lgs. n. 6/2003 dispone che il pignoramento della partecipazione si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese, dal che la prevalente dottrina ha tratto spunto per affermare che il nuovo modello di pignoramento diretto della quota vale a connotarla quale bene mobile immateriale (iscritto nei pubblici registri). Anche la giurisprudenza riconosce che la quota di partecipazione in una s.r.l. esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come un bene immateriale equiparato al bene mobile immateriale. La quota, quindi, se non può considerarsi come un bene materiale al pari dell'azione, tuttavia ha un valore patrimoniale oggettivo, che è dato dalla frazione del patrimonio che rappresenta; ed è trattata dalla legge come oggetto unitario di diritti, oltre che di obblighi Conferma dell'equiparazione della quota al bene mobile non registrato si ricava anche dall'art. 2482 c.c., comma 2 e art. 2483 c.c., dai quali risulta che la quota di s.r.l. è oggetto del diritto di proprietà e può essere acquistata, con trasferimento dello stesso diritto da un soggetto all'altro (Cass. n. 22361/2009; nello stesso senso, Cass. n. 13903/2014) sebbene (per la verità con riferimento ad una fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. n. 6/2003) vada registrato un contrario arresto della Corte di cassazione, a giudizio della quale è problematica, ed è utilizzabile e utilizzata solo in senso improprio, la stessa qualificazione della quota come un bene mobile (Cass. n. 10826/2014). Quindi, se si considera il pignoramento di quote come un pignoramento avene ad oggetto beni mobili registrati, il pagamento del contributo è dovuto. Minori dubbi si pongono a proposito delle cessioni d'azienda. Il dato letterale dell'art. 18-bis citato condurrebbe ad escludere l'obbligo di pagamento, poiché l'azienda è qualcosa di ontologicamente diverso dai beni mobili ed immobili. E tuttavia, margini di incertezze residuano quante volte tra i cespiti aziendali figurino anche beni immobili o mobili registrati, poiché in tal caso si potrebbe dire che il contributo sia dovuto. Questa conclusione pare doversi condividere in ragione del fatto che il legislatore richiede il pagamento del contributo quando la vendita “riguarda beni mobili o mobili registrati”, espressione che sembra attenzionare l'oggetto materiale della vendita, piuttosto che l'oggetto giuridico della medesima. Del resto, diversamente opinando si avrebbe che sconterebbe il pagamento del contributo di pubblicazione la vendita di beni immobili, mentre ne sarebbe esente la vendita che avesse ad oggetto anche beni immobili. Il pagamento del contributo di pubblicazione nei casi di ammissione del creditore al gratuito patrocinio e nei casi di tutela esecutiva di crediti esenti dal pagamento del contributo unificato In relazione al contributo di pubblicazione, va poi detto che il citato art. 18-bis consente di non procedere al relativo pagamento nelle ipotesi di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato, nel quale caso la relativa spesa si considera prenotata a debito. A tal fine, tuttavia, il sistema richiede l'autorizzazione rilasciata dal Giudice, con un evidente riferimento alla procedura fallimentare (laddove il fallimento si considera ammesso al gratuito patrocinio per effetto di un apposito decreto del Giudice delegato ai sensi dell'art. 144 TU spese di giustizia). Poiché nelle procedure esecutive non è previsto alcun provvedimento giurisdizionale di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, derivando detta ammissione dalla deliberazione del consiglio dell'ordine ai sensi dell'art. 126 TU spese di giustizia, è da ritenersi che sia sufficiente caricare sul Portale siffatta delibera. Occorre poi domandarsi quali rapporti intercorrono tra l'art. 18-bis e l'art. 10 del medesimo d.P.R. n. 115/2002, che individua una serie di ipotesi in cui non è dovuto il pagamento del contributo unificato. Ci si deve chiedere, cioè, se la vendita che si svolge in uno dei casi contemplati dall'art. 10 sia esente dal contributo di pubblicazione, essendo esente dal pagamento del contributo unificato. All'interrogativo pare debba essere fornita risposta negativa. Invero, le fattispecie di esenzione dal pagamento del contributo unificato non coincidono con le ipotesi (più ampie) di esenzione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 115/2002. Il legislatore del 2015 con l'art. 18-bis si è espressamente riferito alla parte ammessa al gratuito patrocinio, con un evidente riferimento agli artt. 74 e ss. del citato d.P.R., laddove invece l'art. 10 racchiude una serie eterogenea di casi di esenzione dal pagamento del contributo unificato, che costituiscono il risultato di una scelta legislativa legata più alla particolare natura del petitum, che alla condizione reddituale di chi agisce in giudizio. Quindi, l'applicazione dell'esonero dal pagamento del contributo di pubblicazione ai casi previsti dall'art. 10, diversi da quelli indicati dall'art. 18-bis, si sostanzierebbe in una inammissibile applicazione analogica dell'esenzione (art. 14 prel.) attesa la natura eccezionale delle norme che prevedono esenzioni o agevolazioni tributarie. Dunque, anche nelle ipotesi di cui all'art. 10, il contributo di pubblicazione è dovuto, a meno che la parte non sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Contributo di pubblicazione e vendite concorsuali Infine, va chiarito se anche le vendite fallimentari siano assoggettate al pagamento del contributo di pubblicazione. All'interrogativo, che si pone in ragione del fatto che l'art. 18-bis citato richiede il pagamento per la pubblicazione di ciascun “atto esecutivo”, affermando poi che esso non è dovuto quando la “parte” è stata ammessa al patrocinio a spese dello stato, così sembrando alludere alla procedura esecutiva strictu sensu intesa, deve essere fornita risposta affermativa. In primo luogo anche le vendite fallimentari, a prescindere dalle modalità attraverso le quali esse si svolgono (e cioè tramite procedure competitive o secondo le disposizioni del codice di procedura civile, ai sensi, rispettivamente, del primo o del secondo comma dell'art. 107 l. fall., oggi art. 216 c.c.i.i.) si atteggiano quali vendite “esecutive”, attesa la loro natura coattiva. Va inoltre osservato che anche il fallimento può genericamente essere considerato parte, ed essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del citato art. 144 TU spese di giustizia. Infine, depone in questa direzione la voluntas legis che si ricava dal complessivo contesto normativo di riferimento, nel senso che con il medesimo d.l. n. 83/2015 il legislatore ha, contestualmente: riscritto l'art. 490, comma 1 c.p.c. introducendo il Portale delle vendite pubbliche; modificato l'art. 107, comma 1 l. fall. prevedendo anche per le vendite fallimentari la pubblicità sul Portale; introdotto l'art. 18-bis del d.P.R. n. 115/2002. Le modalità di pagamento Le modalità di pagamento costituiscono certamente, allo stato, un elemento di criticità. Esso, infatti, può essere eseguito esclusivamente attraverso uno dei circuiti bancari proposti dal sistema (banche aderenti all'infrastruttura “PagoPA” e disponibili al link Elenco Prestatori di Servizio) – utilizzando gli strumenti di pagamento indicati per ogni operatore finanziario. Nel caso di utilizzo dell'addebito su conto corrente, il pagatore deve essere titolare di un conto corrente aperto presso il Prestatore di Servizio selezionato. A fronte di una operazione di pagamento, il sistema genera una ricevuta di avvenuto versamento (ricevuta telematica, RT), nella forma di documento informatico, formato xml, firmato digitalmente dal soggetto scelto come erogatore del servizio di pagamento (prestatore di servizio di pagamento). La RT così ottenuta può essere utilizzata, previo salvataggio in locale, caricandola nel sistema del Portale delle Vendite. Ogni ricevuta può essere utilizzata una sola volta. Purtroppo non è prevista la possibilità di procedere al pagamento di un importo pari alla somma dei lotti da pubblicare, con la conseguenza che l'importo di €. 100,00 dovrà essere versato di volta involta, e così pure, di volta in volta, dovrà essere caricata la ricevuta di pagamento. L'estinzione della procedura per omesso versamento del contributo di pubblicazione L'importanza che il legislatore ha annesso alla pubblicazione dell'avviso di vendita sul portale si disvela in tutta la sua dirompenza nell'art. 13, comma 1, lett. ee) del citato d.l. n. 83/2015, che introducendo l'art. 631-bis all'interno del codice di rito, dispone che l'omessa pubblicazione (cui deve essere equiparata, per coerenza sistematica, la ritardata pubblicazione) dell'avviso di vendita sul Portale per causa imputabile al creditore procedente o al creditore intervenuto munito di titolo esecutivo (probabilmente la limitazione dell'ipotesi di estinzione alla sola omissione imputabile al creditore procedente ed ai creditori titolati poteva ricavarsi anche dall'applicazione dei principi generali, primo fra tutti quello di cui all'art. 153 c.p.c., ma la esplicitazione è comunque opportuna poiché stronca sul nascere possibili incertezze interpretative), comporta l'estinzione della procedura, a meno che la pubblicità sul Portale non sia stata effettuata perché i sistemi informatici del dominio giustizia non erano funzionanti, “a condizione che” (così la lettera delle disposizione) tale circostanza sia attestata dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (In dottrina sul punto non si è mancato di osservare come in assenza della predetta attestazione il malfunzionamento dei sistemi informativi può essere dato con altri mezzi (così Saletti, in Saletti, Vanz, Vincre, Le nuove riforme dell'esecuzione forzata, Torino, 2016, 360). Prima dell'intervento normativo in parola, sebbene non fossero mancate pronunce di segno contrario (Trib. Caltagirone 25 marzo 2008, in Cor. G, 2008, 1309), si riteneva generalmente che l'omessa esecuzione degli adempimenti pubblicitari non potesse determinare di per sé, anche in ragione dell'assenza di una specifica previsione sul punto, l'estinzione della procedura, osservandosi che all'inerzia del creditore cui l'onere fosse stato imposto si poteva reagire affidando il relativo compito ad un custode diverso dal debitore (in questo senso Trib. Potenza 4 maggio 2011; Corte cost. n. 481/1993). L'art. 631-bis c.p.c. si inserisce in questo dibattito introducendo una evidente ipotesi di estinzione tipica della procedura, come si ricava dalla sua collocazione sistematica e dal richiamo ai commi secondo e terzo dell'art. 630 c.p.c. (rilievo officioso, operatività di diritto della causa di estinzione, reclamabilità dinanzi al collegio del provvedimento che dichiara l'estinzione ovvero rigetta la relativa eccezione). Si tratta, del resto, di soluzione coerente rispetto all'idea per cui sono da ricondurre all'estinzione tipica le ipotesi in cui il processo si estingue per l'inerzia della parte onerata dal darvi impulso, mentre sono atipiche le estinzioni che siano conseguenza di una oggettiva impossibilità di prosecuzione del processo. Da più parti è stato obiettato che la norma reca seco elementi di eccessiva rigidità, oltre che di contraddittorietà ed irragionevolezza, osservandosi come essa imponga che il processo, la cui celebrazione ha magari ha impegnato tempo e spese, anche significative, venga “cestinato” per una singola “disavventura processuale”, che di per sé non ne travolge il “ritmo” ma si limita a rallentarlo, con modesto aggravio per il lavoro del G.E (così si esprime, assai efficacemente, Iannicelli, Pubblicità sul Portale delle vendite pubbliche ed estinzione del processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 2016, 6, 1599), e che la sua contraddittorietà ed irragionevolezza risiederebbe nel costringere il Giudice ad una declaratoria di estinzione della procedura anche ove l'avviso di vendita risultasse regolarmente pubblicato, unitamente all'ordinanza di vendita ed alla perizia di stima, sui siti internet e sulla stampa cartacea individuata dal Giudice dell'esecuzione, e financo per il caso in cui fossero state presentate offerte di acquisto o istanze di assegnazione (Iannicelli, 1600). Infine, non si è mancato di rilevare la possibile rilevanza costituzionale dell'ingiustificata differenziazione degli effetti processuali che conseguono alla omessa pubblicazione ed alla omessa partecipazione all'udienza, per la quale l'art. 631 c.p.c. prevede un mero rinvio (Iannicelli, 1600). Poiché il presupposto della declaratoria di estinzione riposa nella mancata pubblicazione per causa imputabile ai creditori titolati, e poiché la pubblicazione, a mente dell'art. 161-quater disp. att. c.p.c. avviene normalmente ad opera del professionista delegato (come tra un attimo si vedrà), secondo la dottrina (Lodolini, 256). le ipotesi di mancata pubblicazione imputabile al creditore sono essenzialmente due: 1. quella in cui la vendita non sia stata delegata; 2. quella in cui il creditore titolato ometta di fornire al delegato le somme necessarie al pagamento del contributo per la pubblicazione di cui all'art. 18-bis d.P.R. n. 115/2002. Con riferimento a questa seconda ipotesi, è evidente che essa costituisca, sul versante concreto, la più rilevante causa di operatività dell'art. 631-bis, ed è facilmente intuibile il fatto che quando il legislatore ha coniato la norma il suo pensiero era rivolto proprio all'omesso pagamento del contributo di pubblicazione. Che tuttavia il mancato versamento di quanto necessario al versamento del contributo di pubblicazione assurga a causa di estinzione (tipica) della procedura ai sensi del citato art. 631-bis c.p.c. è dubitabile, viste le modalità attraverso cui l'intendimento legislativo si è tradotto in lettera normativa. Invero, la stessa dottrina che giunge a siffatta conclusione opportunamente sottolinea che il mancato versamento del contributo spese non comporta in sé l'estinzione, ma costituisce elemento di valutazione della imputabilità al creditore della omessa pubblicazione nel termine fissato, sicché ad esempio non potrebbe dichiararsi l'estinzione della procedura laddove, pur a fronte del mancato versamento del fondo spese, la pubblicazione venisse comunque eseguita (ad esempio perché il pagamento del contributo è stato anticipato dal delegato che abbia inteso far fronte al ritardo del creditore, incorso in un disguido). Se così è, allora, l'omesso versamento del contributo di pubblicazione non concretizza in sé la mancata pubblicazione dell'avviso sul Portale, e quindi la fattispecie contemplata nell'art. 631-bis c.p.c. Invero, quella è una conseguenza futura, ulteriore ed eventuale, che potrebbe non ancora sussistere nel momento dello spirare del termine per il versamento fissato dal Giudice in quanto, ad esempio, il termine dei 45 giorni prima per la vendita non è ancora giunto (Montanaro, L'estinzione della procedura esecutiva ai sensi dell'art. 631-bis c.p.c., in Riv. es. for., 2018, 4, 712, e, si vis, D 'Alonzo, Manuale del professionista delegato nelle esecuzioni immobiliari, Molfetta, 2019, 111. Da ciò consegue che se di estinzione vorrà discorrersi, si dovrà parlare di estinzione (atipica) per improseguibilità della procedura (con tutti i precipitati processuali che ne conseguono) poiché la mancanza di provvista economica impedisce l'esecuzione degli adempimenti necessari a consentire lo svolgimento del procedimento di liquidazione. La situazione, a ben vedere, è identica a quella, di stallo e di conseguente estinzione per improseguibilità, che viene a crearsi quante volte il creditore procedente ometta di versare il fondo spese disposto dal Giudice per il pagamento degli oneri necessari alla pubblicità (Trib. Reggio Emilia 22 febbraio 2010), oppure le spese “per gli atti necessari al processo”, suscettibili, ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. n. 115/2002, di essere poste in via di anticipazione a carico del creditore procedente (in questi termini, Cass. III, n. 12877/2016). Che l'omesso versamento del contributo di pubblicazione non dia luogo alla estinzione della procedura ex art. 631-bis c.p.c. è stato affermato da Cass., III, n. 8113/2022, secondo la quale «Il mancato rispetto del termine perentorio per la pubblicazione dell'avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche determina l'estinzione (tipica) dell'esecuzione forzata ex art. 631-bis c.p.c., mentre il mancato rispetto di quello ordinatorio per l'anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche prescritto dall'art. 18-bis del d.P.R. n. 115/2002) comporta l'impossibilità per la parte di compiere l'atto indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo, e la conseguente pronuncia di improseguibilità dello stesso». |