Richiesta di pubblicità commerciale “aggiuntiva”InquadramentoUna procedura esecutiva che voglia davvero definirsi efficiente non può non contare su un efficiente sistema di pubblicità dell'immobile staggìto e posto in vendita. Non è un caso, infatti, che le note “prassi virtuose” di alcuni tribunali italiani (le quali negli anni successivi sarebbero state recepite dal legislatore e tradotte in provvedimenti normativi modificativi del codice di procedura civile) contemplassero anche una rinnovata attenzione per la pubblicità della vendita, rispetto alla quale si avvertiva una profonda esigenza di svecchiamento. È questo il brodo di pascenza nel quale sono maturate le continue modifiche dell'art. 490 c.p.c., che hanno avuto inizio nel 2001 (con la l. n. 448/2001, il cui art. 52, comma 76, introduceva l'obbligo di inserire l'avviso sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata), e sono terminate nel nuovo conio della citata disposizione codicistica ad opera del d.l. n. 83/2015, convertito con l. n. 132/2015. FormulaRICHIESTA DI PUBBLICITÀ COMMERCIALE AGGIUNTIVA (ART. 490, COMMA 3, C.P.C.) Spett.le ... (Quotidiano) ... via ... città ... OGGETTO: Richiesta di pubblicità commerciale aggiuntiva P.E.I. n. ... / ... R.G.Es. TRIBUNALE DI ... Il sottoscritto Avv. ..., C.F. ..., fax n. ... PEC ..., procuratore e difensore del Sig. ..., C.F. ..., elettivamente domiciliato presso il proprio studio sito in ..., alla via ..., n. ..., (oppure professionista delegato) nella procedura esecutiva n. ... R.G.E. pendente presso il Tribunale di ...; PREMESSO Che con ordinanza del ... Il giudice dell'esecuzione ha disposto la vendita dei beni immobili meglio descritti nell'allegato avviso di vendita [1]; che nella citata ordinanza il giudice dell'esecuzione ha individuato le forme attraverso le quali procedere agli adempimenti pubblicitari di cui all'art. 490 c.p.c., delegando lo scrivente alla loro esecuzione, prescrivendo tra l'altro che l'avviso di vendita fosse pubblicato all'interno della vostra testata almeno ... giorni prima la data fissata per la presentazione delle offerte di acquisto; che l'esecuzione degli adempimenti pubblicitari è stata delegata allo scrivente; CHIEDE Che si provveda alla pubblicazione, ex art. 490 c.p.c., sul Vostro quotidiano, dell'allegato avviso di vendita [2] senza incanto relativo alla suindicata procedura esecutiva immobiliare. Si specifica va vendita è fissata per il giorno ..., che il termine per la presentazione delle offerte di acquisto scade il giorno ..., e che pertanto, in ossequio alle disposizioni impartite dal Sig. giudice dell'esecuzione, la pubblicazione dell'avviso di vendita dovrà avvenire entro il giorno ... . La fattura relativa al costo della pubblicazione dovrà essere intestata a [3] : ... con sede in ... alla via ..., C.F./P.I. ... . In attesa di conferma porge distinti saluti. Si allega avviso di vendita. Firma ... Firma Avv. ... 1. Il cui contenuto è descritto dall'art. 570 c.p.c. 2. Si ricorda che a norma dell'art. 490, ultimo comma c.p.c., nell'avviso di vendita deve essere omessa l'indicazione del debitore. 3. In ordine alla individuazione del soggetto nei confronti del quale deve essere emessa la fattura, la prassi registra orientamenti difformi. Riteniamo che se il professionista delegato sostiene le spese di pubblicità prelevando il relativo importo dall'acconto ricevuto, la fattura dovrà essere emessa in suo favore; se invece il pagamento avviene, da parte del professionista ma con utilizzo di un fondo spese costituito dal creditore, la fattura dovrà essere emessa nei confronti del creditore, anche se a ben vedere costui non è il cessionario della prestazione ai sensi dell'art. 21, comma 2, lett. e) del d.P.R. n. 633/1972, né colui che esegue il pagamento del corrispettivo, limitandosi ad anticiparne temporaneamente i costi; invero, l'attività per la quale i costi sono sostenuti è svolta in favore della procedura, ed è sempre sul conto della procedura che il creditore versa le somme necessarie ad eseguirli. L'alternativa dovrebbe essere di intestare la fattura al debitore esecutato sul quale gravano i costi della procedura ex art. 95 c.p.c., con specificazione in essa che la provvista necessaria al pagamento viene fornita dal creditore. COMMENTOIn generale L'esecuzione degli adempimenti pubblicitari compete al professionista delegato, a meno che il giudice dell'esecuzione con l'ordinanza di vendita non abbia previsto che debba provvedervi il custode. Il dato normativo di riferimento è rappresentato dall'art. 591-bis, comma 3, n. 2, c.p.c., a mente del quale il professionista delegato provvede «agli adempimenti previsti dall'articolo 570», il quale a sua volta dispone che «Dell'ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell'articolo 490, pubblico avviso». Il sistema della pubblicità delle vendite è stato oggetto di significativa rivisitazione ad opera del d.l. n. 83/2015, convertito con l. n. 132/2015. L'originaria formulazione dell'art. 490 c.p.c. prevedeva che, almeno quarantacinque giorni prima del termine fissato per la presentazione delle offerte ai sensi dell'art. 571 c.p.c. oppure della data fissata per l'incanto dovevano essere eseguite le seguenti formalità pubblicitarie: - affissione dell'avviso di vendita per tre giorni continui nell'albo del Tribunale; - pubblicazione dell'avviso di vendita su quotidiani d'informazione locali a maggiore diffusione nella zona interessata; - pubblicazione dell'avviso di vendita, unitamente a copia della ordinanza e della relazione di stima redatta dall'esperto ai sensi dell'art. 173-bis disp. att. c.p.c. (non è superfluo sottolineare che oggetto di pubblicazione deve essere “tutta” la relazione dell'esperto, e dunque anche gli allegati ad essa relativi, i quali costituiscono parte integrante dell'elaborato peritale.), su un sito internet specializzato. Questa disciplina è stata fortemente innovata dall'intervento normativo appena citato. Com'è noto, l'art. 13, comma 1, lett. b) n. 1 del d.l. n. 83/2015 ha riscritto il comma 1 dell'art. 490 c.p.c., sostituendo alla ormai inutile (ammesso che lo sia mai stata) pubblicazione dell'avviso di vendita all'albo del Tribunale quella sul sito internet del Ministero della giustizia, in un'area denominata “Portale delle vendite pubbliche”. Altra novità riguarda la pubblicazione dell'avviso di vendita sulla stampa cartacea. Com'è noto, nella originaria formulazione dell'art. 490, comma 3, la pubblicità sui quotidiani era obbligatoria, potendo ad essa aggiungersi la pubblicità commerciale. Con l'art. 13, comma 1, lett. b), n. 2 del d.l. n. 83/2015, nel testo risultante dalla legge di conversione, è stato invece disposto che l'effettuazione della pubblicità sui quotidiani sia rimessa alla valutazione del Giudice, il quale decide “anche” (la congiunzione è stata inserita in sede di conversione, superandosi l'originaria previsione del decreto legge, che lasciava al creditore procedente la possibilità di decidere se procedere o meno alla pubblicità sui quotidiani) su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti, e che la pubblicità commerciale non sia più complementare, ma alternativa a quella sui quotidiani. È invece rimasta invariata la disciplina di cui all'art. 490 comma 2, c.p.c., e dunque, nel caso di vendite che abbiano ad oggetto beni immobili e beni mobili di valore superiore ad € 25.000,00, continua ad essere prevista la pubblicazione dell'avviso di vendita, nonché di copia dell'ordinanza del giudice e della relazione di stima dell'esperto, in appositi siti Internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte (a norma dell'art. 173-ter disp. att. c.p.c. compete al Ministro della Giustizia individuare, con proprio decreto, i siti Internet destinati all'inserimento degli avvisi di vendita, cosa che è avvenuta con d.m. 31 ottobre 2006). Adempimenti pubblicitari e privacy del debitore e dei soggetti estranei alla procedura L'esecuzione degli adempimenti pubblicitari pone un evidente ed intuibile problema di tutela della riservatezza, che deve confrontarsi con la opposta esigenza di completezza informativa funzionale alla migliore collocazione del cespite pignorato sul mercato. Si tratta di antitetici interessi che il codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003), entrato in vigore il primo gennaio 2004, ha tentato di comporre con l'art. 174, recante “Notifiche di atti e vendite giudiziarie”, il quale ai nn. 9 e 10 ha modificato gli artt. 490, comma 3, e 570, comma 1, disponendo che l'avviso di vendita non debba contenere indicazioni relative al debitore, ma che comunque le informazioni relative anche alle generalità del debitore possono essere fornite dal cancelliere (o dal professionista delegato) agli interessati. La materia è stata poi ulteriormente incisa dal provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 7 febbraio 2008, recante «Pubblicazione in appositi siti Internet degli atti attraverso cui viene data notizia delle vendite giudiziarie», la cui preoccupazione è stata quella di armonizzare la portata delle modifiche apportate al codice di rito dal d.lgs. n. 196/2003 alle successive novità normative del 2005, che in materia di pubblicità avevano previsto, con la riscrittura dell'art. 490, comma 2, che vi fosse assoggettata sia l'ordinanza di vendita che la perizia di stima. In questo provvedimento il Garante ha osservato che l'oscuramento dei dati del debitore deve riguardare anche questi due atti, poiché altrimenti la tutela apprestata dall'art. 490, comma 3 c.p.c. (entrato in vigore prima delle riforme del 2005) sarebbe stata vanificata. Con il medesimo provvedimento si è altresì prescritto che gli atti oggetto di pubblicità non possono contenere i dati personali di soggetti estranei alla procedura esecutiva, trattandosi di informazioni eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità cui è preordinato il procedimento espropriativo. Resta da verificare se queste indicazioni valgano anche quando il dato personale riguardi una persona giuridica. A questo proposito va detto che sino a quando il codice della privacy non è stato modificato dal c.d. “decreto salva Italia” (d.l. n. 201/2001), le informazioni aziendali trovavano protezione nel nostro ordinamento sotto un duplice profilo: da un lato erano protette dalle norme di diritto industriale in tema di informazioni segrete (d.lgs. n. 30/2005); dall'altro venivano in rilevo le norme del Codice della Privacy. Dunque, le informazioni non segrete a norma del diritto industriale potevano essere trattate da un altro imprenditore ed eventualmente comunicate a terzi soltanto in ossequio alla normativa privacy. Il decreto salva Italia ha inteso “liberalizzare” la circolazione delle informazioni aziendali non segrete ai sensi del Codice della proprietà industriale. Sino a questa riforma l'ordinamento privacy considerava dati di natura personale anche le informazioni relative alle società. Lo si ricavava agevolmente dall'art. 4 del codice privacy, che definiva “dato personale” «qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale»; “soggetto interessato al trattamento” «la persona fisica, la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si riferiscono i dati personali». Si trattava di una scelta di particolare rigore, poiché la Direttiva n. 95/46/CE – oggetto di implementazione in Italia tramite la l. n. 675/1996, poi confluita nel codice privacy- ricomprendeva nella definizione di soggetto interessato al trattamento solamente la persona fisica. Il decreto salva Italia è intervenuto sulla disciplina nazionale, modificando l'art. 4 mediante l'abrogazione del riferimento alle persone giuridiche, sicché il dato personale è oggi solo quello relativo alle persone fisiche. Va aggiunto che recentemente il codice della privacy ha subito importati modifiche ad opera del d.lgs. n. 101/2018, recante «Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati» e che abroga la Direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), ma queste non hanno inciso sulla scelta già compiuta dal decreto salva Italia, ma anzi l'hanno confermata. Il dato si coglie non solo dal titolo del decreto legislativo, riferito alle sole persone fisiche, ma anche nell'art. 1, che nel modificare il titolo del codice della privacy ha previsto che dopo le parole “dati personali” fossero aggiunte le seguenti: «recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE». Insomma, pare potersi dire che attualmente la disciplina della privacy non tocchi le persone giuridiche. Tuttavia, ancora oggi, (forse per un difetto di coordinamento) gli artt. 490 e 570 si riferiscono al debitore generalmente inteso, sicché è forse opportuno mantenere l'oscuramento dei dati di costui, anche se persona giuridica, in via prudenziale. Le conseguenze della irregolare pubblicità L'insufficiente o irregolare pubblicità costituisce motivo di opposizione agli atti esecutivi idoneo ad incidere anche sull'atto di aggiudicazione, con evidenti effetti anche per l'acquirente, e deve essere fatta valere mediante lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., a pena di inammissibilità, nel termine di decadenza che decorre dall'atto di aggiudicazione. Infatti, trattandosi di nullità che riguarda gli atti della vendita e non gli atti che “hanno preceduto la vendita”, non opera in favore dell'aggiudicatario la previsione di cui all'art. 2929 c.c. Il principio costituisce ormai ius receptum nella giurisprudenza della Cassazione. In questi termini si sono pronunciate, ad esempio, Cass. III, n. 8006/2005; Cass. III, n. 12653/1995. Andando a ritroso nel tempo si risale a Cass. III, n. 3340/1962, secondo cui «Il precetto, risultante dagli artt. 490 e 534 c.p.c., secondo il quale il provvedimento che ordina la vendita mobiliare all'incanto dev'essere pubblicato mediante avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico, da affiggersi nell'albo pretorio per tre giorni consecutivi, dev'essere osservato a pena di nullità della vendita stessa anche quando il giudice dell'esecuzione, con ordinanza successiva, abbia modificato la precedente in elementi essenziali quali la fissazione del luogo e dell'ora degli incanti. In tal caso la pubblicità va estesa al nuovo provvedimento e la nullità derivante dalla omissione può essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi entro il breve termine di cinque giorni stabilito dall'art. 617 c.p.c., decorrente dalla vendita, con l'effetto di rendere inoperante la preclusione posta dall'art. 2929 c.c.». Ancora, con riferimento all'applicabilità della regola di cui all'art. 2929 c.c.Cass. III, n. 13824/2010 ha affermato che «La regola contenuta nell'art. 2929 c.c., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l'assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici. (Nella specie, la nullità dell'aggiudicazione e del conseguente decreto di trasferimento sono state dichiarate, in sede di cassazione con rinvio della sentenza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi, perché l'udienza di vendita, rifissata dopo un rinvio disposto d'ufficio, non era stata preceduta dalle formalità obbligatorie di pubblicità)». La nullità della vendita per omissione degli adempimenti pubblicitari prescritti vale sia per l'omessa pubblicità obbligatoria, sia per l'omessa pubblicità integrativa disposta dal Giudice dell'esecuzione con l'ordinanza di vendita. Così si espressa, anche recentemente, Cass. VI-III, n. 9255/2015, secondo la quale «in tema d'espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all'art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore». Affinché tale nullità operi, è tuttavia necessario che le prescrizioni in tema di pubblicità siano ordinate dal Giudice con l'ordinanza di cui all'art. 591-bis c.p.c., e siano rivolte al professionista delegato e non al custode. In questo senso si è pronunciata Cass. III, n. 4542/2016, affermando che non inficia la vendita l'omessa esecuzione di prescrizioni pubblicitarie che il Giudice dell'esecuzione aveva impartito nel provvedimento (diverso dall'ordinanza di vendita e di delega delle relative operazioni) di nomina di un professionista delegato e che allo stesso erano state impartite nella qualità di custode. Recentemente, in argomento è altresì intervenuta Cass. III, n. 18344/2019, la quale ha osservato che pur essendo possibile, da parte del giudice dell'esecuzione, rimettere al professionista delegato il potere di scelta in ordine ai siti internet sui quali eseguire la pubblicità di cui all'art. 490, comma 2 c.p.c., essa deve comunque essere effettuata utilizzando un sito internet compreso tra quelli indicati dal decreto ministeriale di cui all'art. 173-ter disp. att. c.p.c., attuativo della previsione di cui all'art. 490 c.p.c.; in difetto, essa deve quindi ritenersi omessa. |