Ricorso al giudice dell'esecuzione ex art. 610 c.p.c. per attuazione del sequestroinquadramentoSe nel corso dell'attuazione del sequestro sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, le parti, anche su sollecitazione dell'ufficiale giudiziario, possono ricorrere al giudice dell'esecuzione per l'emissione dei provvedimenti “temporanei” ai sensi dell'art. 610 c.p.c. FormulaTRIBUNALE DI .... RICORSO AL GIUDICE DELL'ESECUZIONE EX ART. 610 C.P.C. Ad istanza del Sig. ...., C.F. ...., nato a .... il .... e residente in .... alla via .... rappresentato e difeso dall'Avv. .... C.F. .... con studio in .... alla via ...., PEC ...., ove elettivamente domicilia come da procura in calce (o a margine) dell'atto di precetto; PREMESSO – che con provvedimento del .... emesso nell'ambito del procedimento rubricato con RG n. .... il Tribunale di .... nella persona del dott. .... ha ordinato il sequestro conservativo su (DESCRIZIONE BENI) ....; – che nel corso delle operazioni sono sorte difficoltà che richiedono l'intervento del Giudice dell'esecuzione; – che in particolare (descrizione della difficoltà insorta) ....; tanto premesso, CHIEDE che l'Ill.mo Giudice dell'esecuzione emetta i provvedimenti più opportuni. Con osservanza. Luogo e data .... Firma Avv. .... commentoL'attuazione dei sequestri conservativi sui beni mobili (exartt. 669-duodecies e 678 c.p.c.) avviene secondo le norme stabilite dagli artt. 513 e ss. c.p.c. Se nel corso dell'attuazione del sequestro sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, le parti possono ricorrere al giudice dell'esecuzione per l'emissione dei provvedimenti volti a dare all'ufficiale giudiziario istruzioni per far fronte a tali difficoltà. Con l'istanza in commento le parti del processo, e in via interpretativa, anche l'ufficiale giudiziario (Cass. n. 10865/2012) mirano a sollecitare l'esplicazione del potere del giudice dell'esecuzione per rilascio di dirigere il processo esecutivo de quo (analogamente al disposto dell'art. 484, comma 1 c.p.c. nell'espropriazione forzata) e di risolvere questioni sia di fatto, sia di diritto come l'interpretazione del titolo, purché non riguardanti la potestà del creditore di agire in executivis, ma soltanto al fine dell'attuazione della pretesa esecutiva (Cass. n. 18257/2014, Cass. n. 10865/2012; Cass. n. 20648/2006). Le “difficoltà” contemplate dalla disposizione in esame possono essere difficoltà materiali piuttosto che dubbi o divergenze di opinioni in relazione allo svolgimento del processo. In tal caso, le parti e l'ufficiale giudiziario possono sollecitare al giudice l'emissione di provvedimenti in vista dell'attuazione della tutela esecutiva (in questo senso Cass. n. 10865/2012). La controversia, infatti, non deve involgere un vero e proprio conflitto di pretese, perché in tal caso, considerata la connessione strumentale tra la fase di attuazione-esecuzione del sequestro giudiziario e la realizzazione della cautela, spetta alla competenza dello stesso giudice che ha emesso la misura cautelare individuare e determinare le modalità concrete che consentono la realizzazione coattiva dell'ordine cautelare. Nel caso in commento, l'intervento del giudice è solo eventuale ed è limitato alla soluzione di problemi pratici relativi al modus procedendi delle operazioni volte ad ottenere il trasferimento (dall'esecutato al procedente) del potere di fatto sul bene indicato nel titolo esecutivo. Invero, i provvedimenti non richiedono alcuna statuizione capace di provocare un giudizio di cognizione, non devono essere emessi previa audizione dell'altra parte (Cass. n. 8079/1994; Cass. n. 8776/1991; Cass. n. 11346/1992) ed esauriscono la loro efficacia quando le difficoltà (che sono rivolti a risolvere) sono superate. Poiché si limitano a risolvere difficoltà di ordine materiale, sorte nel corso dell'esecuzione, tali provvedimenti rivestono carattere meramente ordinatorio e, dunque, non vincolano il giudice che li ha emessi, che può sempre modificarli per adattarli alla concreta situazione di fatto, e non possono essere impugnati né con il ricorso in Cassazione di cui all'art. 111 Cost. né con gli ordinari mezzi di impugnazione (in questo senso Cass. n. 8874/1992, Cass. n. 4925/1998; Cass. n. 20648/2000, secondo le quali tuttavia è suscettibile di appello quel provvedimento che incide sulla portata del titolo esecutivo ovvero sia interpretativo del medesimo). Secondo una parte della giurisprudenza, qualora il giudice dell'esecuzione risolva contestazioni che non attengono alla determinazione delle modalità esecutive, bensì alla portata sostanziale del titolo esecutivo, il provvedimento ex articolo 610 acquista natura di sentenza sul diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata e diviene, perciò, impugnabile con i mezzi ordinari, anziché con lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi, esperibili solo nei confronti dei singoli atti di esecuzione che, in quanto meramente ordinatori, sono privi di contenuto decisorio (Cass. n. 18257/2014; Cass. n. 20648/2006; Cass. n. 4925/1998; Cass. n. 8874/1992). L'orientamento sopra menzionato è stato poi definitivamente abbandonato con Cass. 8640/2016 e Cass. 15015/2016, secondo cui «l'ordinanza resa ai sensi dell'articolo 612 che illegittimamente abbia risolto una contesa tra le parti, così esorbitando dal profilo funzionale proprio dell'istituto, non è mai considerabile come una sentenza in senso sostanziale, decisiva di un'opposizione exarticolo 615 c.p.c., ma dà luogo, anche qualora contenga la liquidazione delle spese giudiziali, ad una decisione soltanto sommaria, tanto basta dirsi conclusiva della fase sommaria di un'opposizione all'esecuzione, rispetto alla quale la parte interessata può tutelarsi introducendo un giudizio di merito exarticolo 616 c.p.c.»; principio questo confermato da Cass. n. 7402/2017; Cass. n. 16880/2017; Cass. n. 25847/2017; Cass. n. 5642/2018; Cass. n. 17440/2019; Cass. n. 13530/2023. |