Atto di pignoramento presso terzi su sequestro conservativoinquadramentoUna particolare forma di espropriazione si ha nel caso in cui il creditore abbia ottenuto preventivamente un provvedimento di sequestro conservativo ed abbia quindi provveduto ad eseguirlo. Secondo quanto previsto dall'art. 686 c.p.c., l'espropriazione deriva dalla conversione del sequestro in pignoramento: tale conversione si realizza allorché il creditore ottenga una pronuncia di condanna (anche provvisoriamente) esecutiva a suo favore. È importante chiarire che solo dal momento della conversione del sequestro in pignoramento (atteso che il debitore sarà effettivamente tale, benché con sentenza provvisoria) il G.E. potrà procedere all'assegnazione del pignorato. Sugli adempimenti previsti dall'art. 156 disp. att. c.p.c. si rinvia a quanto notato sub formula Atto di pignoramento su sequestro di bene immobile. Formula
ATTO DI SEQUESTRO PRESSO TERZI EX ART. 678 C.P.C. Il Sig. .... nato a ...., il ...., C.F. ...., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine), al ricorso per sequestro ex art. .... dall'Avv. ...., ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in ...., via .... ESPONE CHE – nel corso del procedimento RG n. ...., il giudice emetteva provvedimento di sequestro conservativo di tutti i beni e crediti dell'obbligato fino a concorrenza della somma di Euro .... [1]; – l'istante è a conoscenza della circostanza che il Sig. .... intrattiene un rapporto di conto corrente presso la filiale di .... della Banca di .... ( ....); – l'istante intende procedere al sequestro delle somme dovute dalla Banca di .... al Sig. .... fino alla concorrenza della predetta somma indicata nel provvedimento di sequestro; Tutto ciò premesso CITA il Sig. .... (debitore) [2] A COMPARIRE innanzi all'intestato Tribunale, Giudice designando, per l'udienza del giorno ...., ore ....; INVITA – il terzo .... a non disporre delle suddette somme senza ordine del giudice [3]; – il terzo .... a comunicare entro dieci giorni dalla notifica del presente atto al creditore procedente Sig. ...., nel domicilio eletto presso il sottoscritto procuratore, a mezzo raccomandata o posta elettronica certificata, la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. AVVERTE – il terzo che, in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e quando il terzo non compare o, sebbene non comparso, non rende la dichiarazione, il credito sequestrato, nell'ammontare sopra indicato, si considererà non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione; PRECISA – che, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 547 c.p.c., la dichiarazione dovrà specificare le somme di cui il terzo è debitore, quando egli ne deve eseguire il pagamento ed indicare, in ordine a tale credito, i pignoramenti o sequestri eventualmente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. Luogo e data, .... Firma Avv. .... Ciò premesso, il sottoscritto Ufficiale Giudiziario addetto al Tribunale di ...., richiesto come in atti dall'Avv. ...., nella sua qualità di procuratore di .... HO SOTTOPOSTO A SEQUESTRO presso il terzo .... i crediti vantati verso lo stesso dal Sig. .... per qualsiasi titolo, ed inoltre le cose tutte di proprietà del Sig. .... in possesso del terzo .... sino alla concorrenza della somma di Euro ....; HO AVVERTITO Il terzo che a far tempo dalla notifica del presente atto egli è soggetto, relativamente alle somme e cose da lui dovute al debitore, e sino all'ammontare sopra indicato, agli obblighi che la legge impone al custode; HO INVITATO Il debitore Sig. .... ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, con avvertimento che, in mancanza, ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice; HO INGIUNTO – al debitore Sig. .... di astenersi da qualsiasi atto che possa sottrarre alla garanzia del credito di cui sopra i beni ed i crediti assoggettati all'espropriazione. HO NOTIFICATO Copia del predetto atto a: .... (debitore). .... (terzo). [1]Un caso statisticamente molto ricorrente è quello del sequestro conservativo ex art. 156 c.c. emesso a seguito dell'inadempimento agli obblighi di mantenimento della prole posti a carico di uno dei coniugi mediante l'ordinanza ex art. 708 c.p.c. [2]Sul difetto di coordinamento tra il novellato art. 543 c.p.c. e l'art. 678 c.p.c. si rinvia al commento. [3]Secondo la giurisprudenza di legittimità, nel caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (Cass. n. 15308/2019). commentoModalità di esecuzione del sequestro conservativo presso terzi e problemi di coordinamento con la disciplina del pignoramento presso terzi Quando il sequestro riguarda beni mobili o crediti trova applicazione il disposto dell'art. 678 c.p.c. Secondo tale disposizione il sequestro conservativo di beni mobili o di crediti si esegue secondo le norme stabilite per l'espropriazione mobiliare presso il debitore o presso terzi. Con specifico riferimento al presso terzi, la norma si limita a prevedere che il sequestrante, con l'atto di sequestro, deve citare il terzo perché renda la dichiarazione di quantità. Pertanto, non è prevista la citazione del debitore. Secondo la dottrina, la ragione della specialità di tali discipline – rispetto all'archetipo del pignoramento disciplinato dall'art. 543 c.p.c. – va individuata in ciò, che il soggetto passivo diventa a tutti gli effetti debitore solo dal momento in cui la misura cautelare si converte in pignoramento. Peraltro, un ulteriore problema di coordinamento consegue alla circostanza che, a seguito della novella disposta con l. n. 52/2006, l'art. 543 c.p.c. prevede che il terzo debba trasmettere la dichiarazione al creditore procedente (difatti, l'atto di pignoramento non contiene la citazione del terzo a comparire in udienza ma solo l'invito a rendere la dichiarazione di quantità). Ci si è chiesti quindi se – a fronte del tenore testuale dell'art. 678, comma 2 c.p.c., che continua a riferirsi alla citazione del terzo – il meccanismo dell'invito a trasmettere la dichiarazione di quantità trovi applicazione anche al caso in esame. Si propende per la soluzione positiva, sul presupposto che la mancata estensione di tale modalità semplificata di fornitura della dichiarazione dipenda da un difetto di coordinamento tra le due norme, piuttosto che dalla consapevole scelta del legislatore in tal senso. La formula appresso riportata, quindi, tiene conto di tale impostazione. L'art. 678, comma 2, ultimo alinea, c.p.c. disciplina il rapporto tra il giudizio di merito relativo all'accertamento del diritto del creditore e quello volto all'accertamento del rapporto tra debitore e terzo. Come è noto, nell'impianto normativo previgente, tale ultimo giudizio era strutturato come un processo ordinario di cognizione la cui introduzione determinava la sospensione necessaria del processo esecutivo. Discussa è stata, a fronte di tale tradizionale connotazione dell'accertamento dell'obbligo del terzo, la questione se la pronuncia che definiva tale giudizio avesse efficacia di giudicato anche fuori dal processo esecutivo. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono orientate nel senso del “doppio oggetto” dell'accertamento in esame ed in specie hanno sostenuto che tale giudizio si conclude «con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, è litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilità del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo debitor debitoris e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege» (Cass. S.U. n. 25037/2008). Con le modifiche intervenute nel 2012, l'accertamento dell'obbligo del terzo è divenuto un “incidente” di cognizione nell'ambito del processo esecutivo: è il G.E., compiuti sommari accertamenti, a stabilire (ove vi sia una domanda in tal senso da parte del creditore) se il terzo sia debitor debitoris e per quale somma e ciò sia nel caso in cui tale soggetto non abbia fornito la dichiarazione di quantità (e non vi siano elementi utili alla invocazione del principio della “non contestazione” di cui all'art. 548 c.p.c., anch'esso riformato) ovvero l'abbia fornita ma la stessa sia contestata dal procedente. L'ordinanza che definisce tale parentesi cognitiva (che deve contenere una espressa statuizione sulle spese, distinta da quella relativa alle spese del processo esecutivo e retta dal principio di soccombenza: Cass. n. 23123/2022) è impugnabile con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi. Ciò posto, è problematico il coordinamento tra il richiamo, contenuto nell'art. 678, comma 2 c.p.c. al “giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo” ed il novellato art. 549 c.p.c.: da taluno si propende per la tesi dell'abrogazione tacita dell'art. 678 c.p.c.in parte qua; talaltro ritiene che, con adattamenti, il meccanismo previsto da tale disposizione trovi applicazione anche con riferimento al “nuovo” accertamento endoesecutivo. Il problema si pone perché, evidentemente, l'accertamento endoesecutivo è pensato in funzione esclusiva della “cristallizzazione” ai soli fini del processo esecutivo del rapporto intercorrente tra debitore e terzo: tale accertamento non ha altra valenza che quella di stabilire, ai soli fini dell'ordinanza di assegnazione, se un debito di quest'ultimo verso il primo vi sia e per quale importo. Dunque, si potrebbe supporre che, di fronte alla riforma dell'accertamento endoesecutivo, intanto abbia senso parlare di un accertamento (funzionale solo all'ulteriore corso del processo esecutivo) in quanto un processo esecutivo sia stata effettivamente avviato. Infine, il difficile coordinamento tra l'art. 678 c.p.c. e le norme in materia di espropriazione presso terzi emerge anche con riferimento alla questione della determinazione del foro competente. La giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 30 giugno 2022) ha ritenuto che la competenza per territorio sulla domanda di esecuzione del sequestro conservativo di crediti debba essere individuata non più sulla scorta del “foro del terzo” ma sulla scorta del “foro del debitore” o meglio del soggetto destinatario della domanda di sequestro. In questo senso militano molteplici argomenti: a) la regola che ancorava la competenza del “presso terzi” al “foro del terzo” era collegata alla circostanza che questi fosse “citato” a comparire in udienza; la modifica secondo cui a questi va rivolto il mero invito a rendere la dichiarazione di quantità (con conseguente eliminazione di partecipare all'udienza) determina la sostanziale venuta meno della ratio di fondo che giustificava il criterio di competenza sopra richiamato; b) laddove si ipotizzasse una perdurante applicazione del foro del terzo al sequestro conservativo di crediti – sulla scorta dell'immutato tenore letterale dell'art. 678 c.p.c. – sarebbe più che legittimo dubitare della compatibilità della disposizione con il principio di uguaglianza. Si evidenzia, inoltre, che nel caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito “ex lege” custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (Cass. n. 15308/2019). Forme di tutela e riparto della competenza tra giudice del cautelare (o del merito) e giudice dell'esecuzione La giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 11 dicembre 2017) ha chiarito: 1) la ontologica diversità del sequestro conservativo (che è misura cautelare di carattere patrimoniale) rispetto alle misure adottate in sede di procedura esecutiva, che a loro volta appaiono subordinate all'eventuale sopravvenienza di una sentenza di merito che consenta la conversione del sequestro in pignoramento, giusta il disposto di cui all'art. 686 c.p.c.; 2) che laddove il legislatore ex art. 678 c.p.c. rinvia, per il sequestro conservativo, alle forme del pignoramento presso il debitore e presso i terzi, intenda il richiamo alle sole sue modalità esecutive; 3) che competente a decidere sull'attuazione del sequestro sia prima il giudice della cautela, poi quello del processo di merito cui il mezzo è strumentale e che da esso è originato, ai sensi dell'interpretazione consolidata dell'art. 669-duodecies c.p.c. Tuttavia, riguardo a tale ultimo punto, va evidenziato il recente orientamento di legittimità che, muovendo dal presupposto per cui il sequestro conservativo sui crediti si esegue secondo le norme stabilite per il pignoramento, ed è quindi operante il sistema proprio del processo esecutivo, ha chiarito che anche nella fase di attuazione del sequestro conservativo la validità formale di un singolo atto può essere contestata solo con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 5582/2013). In motivazione, la S.C. ha evidenziato che: non contrasta con quanto sopra il precedente giurisprudenziale (Cass. n. 19101/2003), secondo cui «anche alla luce della nuova disciplina del procedimento cautelare uniforme, le contestazioni mosse in ordine all'attuazione del sequestro conservativo non assumono natura di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi; tali contestazioni conservano la natura di eccezioni del soggetto che ha subito la misura cautelare, idonee soltanto a sollecitare l'esercizio, da parte del giudice della causa di merito, dei poteri di modifica, integrazione, precisazione o revoca del provvedimento, con la conseguenza che la competenza a decidere ogni questione in ordine all'attuazione di tale misura cautelare appartiene al giudice della causa di merito e non al giudice dell'esecuzione): ciò in quanto la decisione richiamata non appare pertinente al caso specifico, riguardando un'istanza di regolamento di competenza avverso un provvedimento del G.E. che – a seguito di ricorso ex art. 615 c.p.c., con cui si contestava la mancanza o l'inefficacia del titolo azionato e l'improcedibilità del sequestro per mancata autorizzazione – si era dichiarato incompetente a decidere sull'opposizione, rimettendo le parti innanzi al giudice del merito cautelare». Secondo la più recente pronuncia però «mentre non può sottacersi che le considerazioni svolte nella cit. sentenza in ordine alla potestas decidendi assegnata all'organo giudiziario da cui promanava l'ordinanza impugnata (con conseguente ritenuta ammissibilità del regolamento) devono oggi confrontarsi con la nuova struttura bifasica delle cause oppositive secondo il sistema introdotto dalla l. n. 52/2006 – ciò che occorre verificare in questa sede è non già se la ‘competenza' ad emettere il provvedimento spettasse o meno al G.E., ma se il provvedimento emesso dal G.E. sia impugnabile o meno con il ricorso straordinario». Piuttosto, è stata considerata dirimente la circostanza che la questione, agitata da parte ricorrente in ordine alla incompetenza del G.E. sulla “gestione” del provvedimento cautelare, risolvendosi in una contestazione della regolarità formale del provvedimento dello stesso G.E., è materia propria dell'opposizione agli atti. Quando invece la misura cautelare riguarda una partecipazione sociale, secondo la giurisprudenza, il sequestro conservativo, a norma dell'art. 678 c.p.c., a sua volta richiamato dall'art. 669-duodecies, c.p.c., si esegue secondo le norme stabilite per il pignoramento dei beni che ne sono oggetto. Ne consegue che, nel caso di quote di società a responsabilità limitata, l'art. 2471, comma 1 c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6/2003, prevede che il pignoramento si esegue non già nelle forme del pignoramento presso terzi, ma a mezzo dell'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese, senza che sia assolutamente necessaria la notifica al debitore o alla società, quando quest'ultima sia stata parte del procedimento cautelare (Cass. n. 13903/2019; Trib. Firenze 26 maggio 2015; Trib. Nola 15 maggio 2013). Per altro verso, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione, a definitiva chiusura della procedura di attuazione di un sequestro conservativo presso terzi, assegni i crediti dichiarati dal terzo, nei limiti della relativa pignorabilità, è impugnabile esclusivamente con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., anche in relazione alla corretta liquidazione delle spese dello stesso procedimento di attuazione; diversamente, ove il giudice abbia inteso sospendere il procedimento di attuazione, a seguito di un'opposizione all'esecuzione formalmente proposta dal debitore ai sensi dell'art. 615 c.p.c., l'ordinanza sarà impugnabile con il reclamo di cui all'art. 624 c.p.c., restando comunque esclusa la possibilità di proporre l'appello. In entrambi i casi, solo a seguito della proposizione di un'opposizione all'esecuzione il giudice, previa liquidazione delle spese della fase sommaria, è tenuto (sempre che l'opponente non vi rinunci) a fissare il termine per l'instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, potendo, in mancanza, la parte interessata, chiedere l'integrazione del provvedimento ai sensi dell'art. 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio, in tale sede proponendo anche tutte le contestazioni relative all'eventuale liquidazione delle spese relative alla fase sommaria del giudizio di opposizione (Cass. n. 27073/2021). |