Domanda di accertamento dell'obbligo del terzoInquadramentoUna particolare forma di espropriazione si ha nel caso in cui il creditore abbia ottenuto preventivamente un provvedimento di sequestro conservativo ed abbia quindi provveduto ad eseguirlo. Secondo quanto previsto dall'art. 686 c.p.c., l'espropriazione deriva dalla conversione del sequestro in pignoramento: tale conversione si realizza allorché il creditore ottenga una pronuncia di condanna (anche provvisoriamente) esecutiva a suo favore. Sugli adempimenti previsti dall'art. 156 disp. att. c.p.c. si rinvia a quanto notato sub formula Esecuzione di sequestro conservativo sugli immobili. Quando il sequestro riguarda beni mobili o crediti trova applicazione il disposto dell'art. 678 c.p.c. L'art. 678, comma 2, ultimo alinea, c.p.c. disciplina il rapporto tra il giudizio di merito relativo all'accertamento del diritto del creditore e quello volto all'accertamento del rapporto tra debitore e terzo. Come è noto, nell'impianto normativo previgente, tale ultimo giudizio era strutturato come un processo ordinario di cognizione la cui introduzione determinava la sospensione necessaria del processo esecutivo. Discussa è stata, a fronte di tale tradizionale connotazione dell'accertamento dell'obbligo del terzo, la questione se la pronuncia che definiva tale giudizio avesse efficacia di giudicato anche fuori dal processo esecutivo. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono orientate nel senso del “doppio oggetto” dell'accertamento in esame ed in specie hanno sostenuto che tale giudizio si conclude «con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, è litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilità del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo debitor debitoris e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege» (Cass. S.U., n. 25037/2008). Con le modifiche intervenute nel 2012, l'accertamento dell'obbligo del terzo è divenuto un “incidente” di cognizione nell'ambito del processo esecutivo: è il G.E., compiuti sommari accertamenti, a stabilire (ove vi sia una domanda in tal senso da parte del creditore) se il terzo sia debitor debitoris e per quale somma e ciò sia nel caso in cui tale soggetto non abbia fornito la dichiarazione di quantità (e non vi siano elementi utili alla invocazione del principio della “non contestazione” di cui all'art. 548 c.p.c., anch'esso riformato) ovvero l'abbia fornita ma la stessa sia contestata dal procedente. L'ordinanza che definisce tale parentesi cognitiva (che deve contenere una espressa statuizione sulle spese, distinta da quella relativa alle spese del processo esecutivo e retta dal principio di soccombenza: Cass. n. 23123/2022) è impugnabile con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi. Ciò posto, è problematico il coordinamento tra il richiamo, contenuto nell'art. 678, comma 2 c.p.c. al “giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo” ed il novellato art. 549 c.p.c.: da taluno si propende per la tesi dell'abrogazione tacita dell'art. 678 c.p.c. in parte qua; talaltro ritiene che, con adattamenti, il meccanismo previsto da tale disposizione trovi applicazione anche con riferimento al “nuovo” accertamento endoesecutivo. Il problema si pone perché, evidentemente, l'accertamento endoesecutivo è pensato in funzione esclusiva della “cristallizzazione” ai soli fini del processo esecutivo del rapporto intercorrente tra debitore e terzo: tale accertamento non ha altra valenza che quella di stabilire, ai soli fini dell'ordinanza di assegnazione, se un debito di quest'ultimo verso il primo vi sia e per quale importo. Dunque, si potrebbe supporre che, di fronte alla riforma dell'accertamento endoesecutivo, intanto abbia senso parlare di un accertamento (funzionale solo all'ulteriore corso del processo esecutivo) in quanto un processo esecutivo sia stata effettivamente avviato. La formula qui proposta muove dalla premessa (come detto non pacifica) che il sequestrante possa promuovere l'accertamento ex art. 549 c.p.c. anche nel caso disciplinato dall'art. 678 c.p.c. FormulaTRIBUNALE DI ... RGE n. ..., G.E. Dott. ... ATTO DI CONTESTAZIONE EX ART. 549 C.P.C.[1] Il Sig. ... nato a ..., il ..., C.F. ..., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine), dall'Avv. ..., ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in ..., via ... RAPPRESENTA 1) di avere ottenuto con provvedimento del ... sequestro conservativo dei beni mobili e dei crediti in titolarità del debitore fino a concorrenza della somma di Euro ...; 2) che pende presso il Tribunale di ..., RG n. ..., il giudizio di merito volto all'accertamento del credito dell'istante verso il debitore per l'ammontare di Euro ... e conseguente condanna al relativo pagamento; 3) che il sequestro fu eseguito nelle forme di cui all'art. 678 c.p.c.; 4) che il terzo ha fornito dichiarazione negativa del suo obbligo rispetto al debitore; 5) che il terzo ha reso la prescritta dichiarazione di quantità rilevando l'avvenuta adozione, in data ..., di una delibera di impignorabilità relativa al trimestre ..., delibera notificata munita di formula esecutiva in data ... e notificata al terzo in data ...; All'udienza del ... l'istante ha fatto istanza ex art. 549 c.p.c. per contestare la suddetta dichiarazione ed il G.E. ha dato termine fino al ... per la notifica di un atto di significazione al debitore ed al terzo, fissando per la comparizione delle parti l'udienza del .... Con il presente atto il Sig. ..., come sopra rappresentato e difeso, intende contestare ex art. 549 c.p.c. la dichiarazione di quantità resa dal terzo e, suo tramite, la delibera di impignorabilità adottata dall'Ente esecutato, per i seguenti motivi: a) ...; b) ...; c) ...; CHIEDE che il G.E. voglia accertare: la sussistenza dell'obbligo del terzo fino all'ammontare di Euro ...; e che conseguentemente il G.E. provveda – a seguito della conversione del sequestro in pignoramento ex art. 686 c.p.c. - all'assegnazione del credito per cui fu ottenuto il sequestro, con condanna alla refusione delle spese di esecuzione. Si allegano i seguenti documenti: 1) ...; 2) .... Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. Secondo Trib. Milano 21 aprile 2016, in conseguenza della modificata disciplina dell'accertamento dell'obbligo del terzo (attuale art. 549 c.p.c.), la diversa natura (cautelare ed esecutiva) degli istituti preclude in radice la possibilità di rinvenire un caso di abrogazione tacita dell'art. 678 c.p.c. per effetto della novella introdotta in materia di pignoramento presso terzi. COMMENTOEsecuzione del sequestro presso terzi e possibili epiloghi della vicenda processuale Una volta notificato a debitore e terzo l'atto di sequestro il bene soggetto alla misura cautelare è definitivamente sottoposto a vincolo di indisponibilità. A questo punto se il terzo rende dichiarazione positiva, il G.E. ne prende atto per poi provvedere all'assegnazione soltanto dopo che vi sia stata la conversione del sequestro in pignoramento. Se il terzo rende dichiarazione negativa: a) il creditore non richiede la istruzione dell'accertamento dell'obbligo del terzo e desiste dall'azione, con conseguente estinzione del sequestro conservativo; b) il creditore chiede l'accertamento dell'obbligo del terzo. In tale ultimo caso, a mente dell'art. 678 c.p.c., il giudizio di accertamento resta sospeso fino alla definizione del giudizio di merito sul diritto a cautela del quale fu concesso il sequestro conservativo, a meno che il terzo (interessato a non rimanere vincolato per un tempo troppo ampio) non chieda procedersi immediatamente alla istruzione del giudizio. Il problematico coordinamento con le norme in materia di accertamento dell'obbligo del terzo Si pone il problema di verificare come l'art. 678 c.p.c. (nella parte in cui concerne l'accertamento dell'obbligo del terzo, a fronte di una dichiarazione negativa contestata in tutto o in parte) si coordini con la nuova fisionomia dell'accertamento dell'obbligo del terzo. Secondo il Tribunale di Milano (nell'unico precedente edito in tema), in conseguenza della modificata disciplina dell'accertamento dell'obbligo del terzo (attuale art. 549 c.p.c.), la diversa natura (cautelare ed esecutiva) degli istituti preclude in radice la possibilità di rinvenire un caso di abrogazione tacita dell'art. 678 c.p.c. per effetto della novella introdotta in materia di pignoramento presso terzi (Trib. Milano 21 aprile 2016). Pertanto, seguendo tale linea argomentativa deve continuare ad applicarsi integralmente l'art. 678 c.p.c. in quanto norma speciale e, per quel che qui interessa: a) la domanda di accertamento dell'obbligo del terzo andrebbe proposta nelle forme ordinarie; b) il procedimento resterebbe sospeso fino alla definizione del merito (salva la domanda del terzo di procedere immediatamente alla istruzione della causa); c) una volta definito il giudizio di merito quello di accertamento dell'obbligo del terzo dovrebbe svolgersi nelle forme ordinarie ed essere definito con sentenza, nel mentre il processo esecutivo dovrebbe rimanere sospeso. Tuttavia, pare preferibile ritenere che l'art. 678 c.p.c. non sia rimasto insensibile alle modifiche dell'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo. Pertanto, il creditore dovrebbe comunque introdurre la fase di accertamento innanzi al G.E.: a questo punto l'accertamento dovrebbe restare sospeso fin quando non sia definito il giudizio di merito vertente sul diritto a cautela del quale fu concesso il sequestro, salva la domanda del terzo di provvedere immediatamente alla relativa istruzione (e definizione). Non sembra affatto che la natura cautelare del sequestro conservativo osti alla “sommarizzazione” dell'accertamento dell'obbligo del terzo che, comunque, potrebbe rimanere “temporaneamente precluso” se il terzo non manifesta la volontà di una definizione immediata: in particolare non si intravedono ragioni di sistema volte ad escludere che, una volta definito il giudizio di merito (il che implicherà, in caso di accoglimento della domanda del creditore, la conversione del sequestro in pignoramento), l'accertamento possa svolgersi, in prima battuta, sulla base dei “necessari accertamenti” compiuti dal G.E. e possa concludersi con ordinanza impugnabile ex art. 617 c.p.c. Al contrario, le ragioni che militano a sostegno della riforma dell'accertamento dell'obbligo del terzo allignano in principi generali quali quello della effettività e della celerità della tutela esecutiva (salva la possibilità di conseguire un accertamento a cognizione piena in sede di opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento che “definisce” la parentesi endo-esecutiva) e trova corrispondenza in altre (numerose) disposizioni nel medesimo senso introdotte nel recente passato. Pertanto, sembra piuttosto che l'art. 678 c.p.c. sia rimasto invariato a causa di un difetto di coordinamento, rimediabile in via interpretativa nel senso suddetto. La formula sopra proposta tiene conto dell'opzione interpretativa seguita. Va da sé che, laddove dovesse seguirsi la diversa tesi della insensibilità dell'art. 678 c.p.c. alle modifiche dell'accertamento dell'obbligo del terzo, l'atto – fermo restandone di massima il contenuto – andrà redatto nella forma della citazione. L'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo: i poteri cognitori del G.E. ed i mezzi istruttori ammissibili Il dibattito sullo statuto regolatorio applicabile all'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo, a fronte di un dato normativo estremamente scarno, è ad oggi ancora in atto, dovendosi riscontrare, allo stato, una certa penuria di pronunce di legittimità sui vari profili critici emersi. Discussa è anzitutto, come anticipato, la individuazione della disciplina conferente. Taluno ritiene applicabile, tramite il rinvio contenuto nell'art. 185 disp. att. c.p.c., gli artt. 737 e ss., valorizzando pertanto il potere officioso del Giudice (dell'esecuzione) investito dell'incidente di cognizione. Per altri, invece, la formula utilizzata (“compiuti i necessari accertamenti”) evocherebbe, piuttosto, la sommarietà del rito, onde la stessa avrebbe un significato non dissimile dal riferimento agli “atti d'istruzione rilevanti” di cui all'art. 702-bis c.p.c. o agli “atti d'istruzione indispensabili” di cui all'art. 669-sexies c.p.c. Secondo l'opinione preferibile, la individuazione delle attività istruttorie espletabili deve avvenire tenuto conto della finalità di tale “accertamento”, funzionale (soltanto) alla individuazione dell'oggetto dell'azione espropriativa. Sarà quindi sufficiente una mera “probabilità” o – per dirla diversamente – un grado di “certezza” che sia idoneo allo scopo sopra evidenziato. Resta fermo, sebbene con le dette particolarità, il principio dell'onere della prova, sicché il giudizio di “necessità” di un certo approfondimento istruttorio deve pur sempre essere condotto alla stregua delle richieste istruttorie delle parti: al creditore incomberà l'onere di dimostrare i fatti costitutivi dell'obbligo, mentre al terzo quello di provare i fatti modificativi, estintivi o impeditivi. Quanto ai mezzi istruttori ammissibili, tenuto conto dell'anzidetto, deve ritenersi «senz'altro possibile che il giudice ponga alla base del proprio convincimento elementi conoscitivi in sé inidonei a fondare una decisione in sede di ordinaria cognizione» e, quindi, «non soltanto documenti atipici prodotti o esibiti (quali ad esempio scritture provenienti da terzi, certificazioni amministrative di vario genere, atti notori, scritture che non rientrano nelle tipologie legali, etc.), ma anche prove orali assunte con modalità difformi da quelle previste dal codice di rito (si pensi all'assunzione di informazioni senza la previa articolazione dei capitoli e senza necessità del giuramento del terzo, o mediante redazione di un verbale in forma sintetica); e, più in generale, di ogni altro elemento in grado di fornire al giudice conoscenze intorno ai fatti allegati (interrogatorio libero delle parti, prove aliunde formata, etc.)» [T ota, Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso terzi, Napoli, 2014]. Lo schema di riferimento sembra, in altre parole, quello delle “informazioni” nell'ambito di un procedimento estremamente snello e deformalizzato, ove il G.E. ha ampia discrezionalità rispetto alle modalità di formazione ed assunzione della prova. È ammessa la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione ex art. 213 c.p.c. Nulla osta, poi, all'ammissibilità di una CTU. Rispetto agli altri mezzi di prova previsti dal Libro II del Codice di rito va osservato quanto segue. Per le scritture private intercorse tra debitore e terzo – si pensi nel caso specifico del rapporto tra Ente esecutato e tesoriere se venga in discussione il profilo se, alla data del pignoramento, tale rapporto fosse già in essere o per esempio cessato – il creditore soggiace al regime probatorio di cui all'art. 2704 c.c. riguardo alla data certa di tali scritture, essendo pacifico che lo stesso sia estraneo al rapporto tra esecutato e debitor debitoris (T ota, op. cit.). Si discute, invece, riguardo alla confessione. Secondo una prima linea di pensiero, sia il debitore che il terzo, a seguito del pignoramento, perdono la disponibilità del diritto colpito dal vincolo preordinato all'esproprio, mentre il creditore non è affatto titolare di quel diritto, onde andrebbe esclusa in apicibus l'ammissibilità della stessa (S aletti, Le recenti novità in materia di espropriazione presso terzi, relazione per la Scuola Superiore della magistratura, nell'ambito del Corso “Il pignoramento presso terzi e l'esecuzione esattoriale”, 19). Secondo altra linea di pensiero, il creditore potrebbe rendere confessione (così disponendo dell'oggetto dell'azione esecutiva) e potrebbe egli stesso provocare la confessione del terzo, sebbene con la limitata valenza di cui all'art. 2733, comma 3 c.p.c., data la sussistenza di un litisconsorzio necessario, atteso che il debitor debitoris è gravato, in forza del pignoramento, soltanto di obblighi di custodia ex art. 546 c.p.c. (C rivelli, L'accertamento dell'obbligo del terzo, in Riv. esec uz . forz ata, 2016, 177). È generalmente esclusa l'ammissibilità del giuramento, in quanto l'ordinanza con la quale il Giudice “risolve” le contestazioni è priva di decisorietà, essendo – più semplicemente – un atto esecutivo diretto (come tutti gli atti della sequenza ove lo stesso si inscrive) all'attuazione della pretesa esecutiva del procedente. Consegue dai sovrastanti rilievi la conclusione che l'onere probatorio del creditore è senz'altro alleggerito: - egli si avvantaggerà di quanto disposto dagli artt. 2913 e ss. c.c., tenuto anche conto della ritenuta applicabilità dell'art. 2704 c.c. relativamente alla prova della data certa della scrittura resa inter alios; - non opera il maccanismo di cui all'art. 232 c.p.c., ma solo perché la mancanza della dichiarazione (che nell'ambito dell'abrogato giudizio a cognizione piena giustificava l'applicazione della norma) dà luogo, secondo la normativa vigente, al riconoscimento implicito del debito da parte del terzo, laddove, in assenza delle condizioni affinché operi il predetto meccanismo, “non è che il precedente sistema potesse aggiungere qualcosa all'identificazione del bene o del credito”, sicché non v'è ragione per ipotizzare l'applicabilità dell'art. 232 c.p.c. nell'ambito del nuovo rito (Crivelli, op. cit.); - il Giudice potrà desumere argomenti di prova dal contegno delle parti ai sensi degli artt. 116 e 117 c.p.c. I principi espressi da Cass. 23123/2022. Sull'accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 549 c.p.c. è di recente intervenuta la S.C. che, con una perspicua pronuncia, ha chiarito alcuni aspetti problematici emersi nella prassi applicativa e legati, come anticipato, alla lacunosità della disposizione normativa. I principi espressi dalla S.C. sono così sintetizzabili: a) è necessaria l'istanza di parte (la cui forma è quella disciplinata dall'art. 486 c.p.c. ed il cui contenuto, per quanto non normato, va modellato “a somiglianza di quello di una domanda giudiziale, con la imprescindibile allegazione degli elementi conformativi della stessa [...]”, così come affermato dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 172 del 2019), che esclude l'intervento officioso del G.E. e che risponde, invece, alla regola generale dettata dall'art. 99 c.p.c.; b) è necessaria instaurazione del contraddittorio (sebbene secondo un modello deformalizzato) con il debitore ed il terzo (il quale da tale momento vede mutare la propria qualificazione giuridica da “ausiliario del G.E.” a parte del sub-procedimento di accertamento); c) a parentesi lato sensu cognitiva di cui si tratta si conclude con l'emissione di una ordinanza, a sua volta impugnabile con il rimedio di cui all'art. 617 c.p.c.; L'analisi di questi profili conduce la Corte ad affermare che «l'istituto in esame rappresenta una ipotesi “in cui la potestà ordinatoria istituzionalmente conferita al giudice dell'esecuzione involge, in maniera del tutto peculiare, l'esercizio di sommari poteri soltanto lato sensu ed in via di suggestiva approssimazione definibili come cognitivi, cioè a dire di mera delibazione sulle questioni di diritto la cui soluzione è indispensabile per il corretto avvio ovvero per l'ordinato e proficuo sviluppo della procedura espropriativa”. In altri termini, l'accertamento in questione ha, sotto il profilo oggettivo-strutturale, natura contenziosa e, dal punto di vista teleologico, una destinazione esclusivamente servente all'obiettivo di consentire (o meno) l'ulteriore corso dell'espropriazione, in quanto volto alla sola individuazione del bene-credito rilevante ai fini della eventuale assegnazione. Rilevanti sono anche le indicazioni fornite riguardo all'esonero dall'applicabilità delle regole proprie dei giudizi cognitivi in tema di istruttoria (operante sotto svariati profili), mentre resta restando il principio informatore del riparto dell'onus probandi¸in applicazione del quale il creditore istante è tenuto a dimostrare l'esistenza e l'entità del creditore vantato dal debitore verso il terzo mentre il terzo è onerato della prova del fatto estintivo ovvero della sua anteriorità al pignoramento, che determina il “blocco” dei beni staggiti (la cui esistenza ed entità è oggetto, appunto, della cognizione di cui si tratta). In conclusione, pur nella consapevolezza della natura anfibia dell'istituto, la Corte trae dalle suddette premesse qualificatorie il corollario concernente la selezione del parametro secondo cui vanno liquidate le spese e delle relative regole di imputazione del loro carico: deve trovare applicazione, in via analogica, la disciplina recata dalla tabella n. 2 dell'allegato al d.m. n. 55/2014 e, inoltre, va fatta applicazione del principio di causalità e soccombenza di cui all'art. 92 c.p.c. (e non già del criterio diverso, che concerne esclusivamente le spese del processo esecutivo, disciplinato dall'art. 95 c.p.c.). Con riferimento a tale ultimo profilo, più precisamente, la S.C. afferma che, in caso di accoglimento della domanda di accertamento, la parte che deve sostenere il carico delle spese è il debitor debitoris in quanto con un proprio contegno antigiuridico (la mancata fornitura della dichiarazione di quantità ovvero la fornitura di una dichiarazione erronea o non veritiera) ha determinato (cioè dato causa al) la necessità della instaurazione del sub-procedimento in questione. Infine, viene precisato che il capo delle spese integra, nel caso qui trattato, un dictum autonomo, ossia non assorbito o incluso, nell'eventualità di esito positivo per il creditore istante, nella determinazione delle spese a questi liquidate ex art. 95 c.p.c. per la procedura esecutiva. |