Istanza al G.E. a seguito di violazione dell'art. 14, comma 1-bis d.l. n. 669/1996InquadramentoL'art. 14, comma 1-bis, d.l. n. 669/1996 prevede, tra l'altro, che il pignoramento di crediti di cui all'art. 543 c.p.c. promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d'ufficio, esclusivamente innanzi al giudice dell'esecuzione della sede principale del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura esecutiva è promossa. La disposizione, che ha la funzione di concentrare presso la stessa sede giudiziaria il processo di cognizione ed il processo esecutivo e per tale via di consentire che sia la stessa articolazione territoriale dell'Ente di cui si tratta a “gestire” le varie fasi del contenzioso, va letta in combinato disposto con quella di carattere generale di cui all'art. 26-bis c.p.c. La disposizione, inoltre, prevede un termine introduce un termine di decadenza annuale per mettere in esecuzione l'ordinanza di assegnazione nei confronti delle p.a. ed enti equiparati, applicabile dall'entrata in vigore della norma, ossia il 25 novembre 2003 (Cass. n. 9063/2020). FormulaTRIBUNALE DI ... [1] RGE n. ..., G.E. Dott. ... ISTANZA AL G.E. INPS – Sezione di ... rappresentata e difesa dall'Avv. ..., giusta procura generale ... RAPPRESENTA 1) che il Sig. ..., ha intrapreso sulla base del titolo costituito da ... emesso dal Trib. ... in data ... e notificato in data ... azione esecutiva “presso terzi” contro lo scrivente Ente; 2) il procedimento veniva incardinato presso l'intestato Tribunale ed iscritto a RGE n. ... Sennonché l'esecuzione è improcedibile, in quanto posta in essere in violazione del criterio di cui all'art. 14, comma 1-bis, d.l. n. 669/1996, dacché, come sopra evidenziato, il titolo posto a fondamento dell'azione esecutiva è stato pronunciato dal Tribunale di ...; Pertanto, tutto ciò premesso e considerato, l'istante CHIEDE che il G.E. voglia, nell'esercizio del proprio potere officioso: - dichiarare improcedibile l'esecuzione, con sopportazione delle spese dalla parte che le ha anticipate [2]; - disporre lo svincolo delle somme pignorate. Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. Indicare il Tribunale ove pende l'esecuzione. 2. Le spese del processo esecutivo vanno regolate secondo i seguenti principi: a) l'art. 95 c.p.c., nel porre le spese a carico del debitore (nel senso che le stesse vengono dedotto, con il privilegio di cui all'art. 2770 c.c., dal ricavato della vendita: principio c.d. della tara del ricavato), presuppone che l'esecuzione si sia utilmente conclusa; b) l'art. 632 c.p.c., anche considerata la relatio operata all'art. 310 c.p.c., prevede invece che laddove il processo esecutivo si estingua per una vicenda c.d. anomala le spese restano a carico della parte che le ha anticipate; c)la disposizione contenuta nel prima comma dell'art. 632 c.p.c., apparentemente distonica rispetto al principio sopra indicato, è stata interpretata nel senso che la stessa si riferisce all'ipotesi in cui l'estinzione venga richiesta di comune accordo tra il creditore ed il debitore, con l'espressa previsione del relativo accollo in capo al debitore: in tal caso, quindi, il G.E., se richiesto, deve liquidare le spese sostenute dal creditore nonché l'eventuale compenso di custode e professionista delegato in deroga agli artt. 95 e 310, ult. comma, c.p.c. (Cass. n. 5325/2003; Cass. n. 12701/2010; Cass. n. 15734/2011; Cass. n. 19540/2013); d) all'inverso le spese della fase cautelare vanno regolate secondo il principio della soccombenza (Cass. n. 22033/2011). COMMENTOCriteri di competenza per l'espropriazione forzata di crediti della pubblica amministrazione Prima della recente riforma (l. n. 206/2021), l'art. 26-bis c.p.c. (inserito dal d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014) prevede che «quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5 per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo ove il terzo ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». In base a tale disposizione, ove il debitore fosse una pubblica amministrazione la competenza, ai sensi dell'art. 26-bis, comma 1 c.p.c., spetta, come detto, al Giudice del luogo ove il terzo abbia la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. A seguito della modifica, invece, si prevede che “quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, comma 5, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”. La dottrina e la giurisprudenza sono allo stato divise sul se la disposizione trovi applicazione solo con riferimento alle amministrazioni difese dall'Avvocatura dello Stato o a tutte le amministrazioni di cui all'art. 413, comma 5 c.p.c. (in quest'ultimo senso v. Trib. Napoli Nord 10 maggio 2023). La salvezza delle disposizioni speciali L'art. 26-bis, comma 1 c.p.c. fa comunque salvo quanto disposto dalle “leggi speciali”. Ad esempio, relativamente al rapporto con l'art. 1-bis l. n. 720/1984 (relativo al regime della c.d. tesoreria unica), la Corte di Cassazione ha di recente precisato che «dovendo tra le disposizioni di leggi speciali cui allude il suddetto comma 1 comprendersi quella dell'art. 1-bis della l. n. 720/1984, il significato del rinvio a tale norma deve intendersi nel senso che con esso si sia voluto far riferimento a detta previsione, sia in quanto individuatrice nel cassiere o tesoriere del soggetto (“debitor debitoris”) che deve pagare per conto delle PA, cui detta norma si applica, sia in quanto individuatrice del luogo del pagamento in quello di espletamento del servizio secondo gli accordi fra PA ed il cassiere o tesoriere; sicché tale luogo si deve considerare in via esclusiva come il foro dell'espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilità di procedere all'esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede» (Cass. n. 8272/2018). L'art. 14, comma 1-bis d.l. n. 669/1996, per la parte che qui interessa, sembrerebbe rispondere ad una funzione similare. Tuttavia, in un recente pronunciamento (di cui si parlerà appresso) la Corte di Cassazione ha ritenuto che la disposizione in esame si collochi tra quelle norme sulla competenza “fatte salve” dal primo comma dell'art. 26-bis c.p.c.; norme disciplinanti fattispecie peculiari in cui il criterio di collegamento rilevante ai fini della competenza viene individuato in deroga alla disposizione appena citata. Effetti della riscrittura dell'art. 26- bis Come è noto, il novellato primo comma della disposizione stabilisce che «[q]uando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». In precedenza, il criterio determinativo della competenza era quello del «luogo ove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». Con riferimento alla pregressa formulazione della disposizione la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8172/2018) aveva chiarito: a) che il riferimento alle «pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma» andasse inteso come diretto a ricomprendere nell'ambito di applicazione dell'art. 26-bis, comma 1, c.p.c. le pubbliche amministrazioni menzionate nell'ampio catalogo di cui all'art. 1, comma 2 d.lgs. n. 165/2002; b) che il rinvio alle disposizioni di legge speciali «consenta ed anzi imponga l'operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la P.A. secondo l'accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l'esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui alla l. n. 720/1984, art. 1-bis», in definitiva precludendo al creditore procedente la possibilità di scegliere il foro a seconda della (ipoteticamente differente) ubicazione della sede legale od operativa (secondo gli accordi presi con tra l'amministrazione debitrice ed il suo cassiere), dovendosi necessariamente propendere per quest'ultima. A fronte della novella si pone anzitutto il problema di stabilire se il nuovo comma 1 riguardi (come avveniva per il precedente) tutte le pubbliche amministrazioni – ed in specie quelle locali – o meno; dipoi, quello più specifico se nella clausola di salvezza recata dal comma 1 rientri anche la disposizione in esame. Secondo una parte della giurisprudenza, la competenza sarebbe del Tribunale distrettuale ove ha domicilio o sede il creditore in tutti i casi in cui debitore sia una p.a.: depone in questo senso, da un lato, la circostanza che il primo alinea del primo comma è rimasto immutato e, dall'altro, lato la circostanza che il secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. così come formulato non sembra ricomprendere (proprio per la presenza di una disposizione specifica in tema) i casi in cui ad essere esecutata sia un'amministrazione pubblica. V. in questo senso: Trib. Napoli Nord 6 giugno 2023. Per altra parte della giurisprudenza, l'applicazione del criterio letterale dà luogo ad esiti irragionevoli, e quindi è stata praticata una interpretazione “costituzionalmente orientata” secondo cui: a) il primo comma si applica solo alle amministrazioni difese ex lege dall'Avvocatura dello Stato; b) per le altre amministrazioni pubbliche (tra cui quelle locali), trova applicazione il criterio generale posto dal secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. In questo senso v. Trib. Napoli 5 febbraio 2024. Per replicare a tale (pur ragionevole argomentazione) si evidenzia: a) che l'interpretazione letterale è criterio ermeneutico “autosufficiente” ove il tenore della disposizione sia chiaro (Cass. n. 24565/2018); b) che l'esecuzione contro la p.a. è stata intesa dalla giurisprudenza di legittimità come un “mini-sistema” per cui appare incongruo stabilire due diverse regole di competenza a seconda di quale sia l'amministrazione esecutata; c) che (proprio considerando quanto appena detto) l'interpretazione delle regole processuali deve essere ispirata a criteri di certezza ed univocità anche sulla base della giurisprudenza CEDU (v. sul punto Cass. n. 13533/2021), sicché sembra preferibile praticare una lettura che sia luogo a risultati univoci. Ciò nondimeno, va dato atto di una recente presa di posizione della Corte di Cassazione in senso contrario alla tesi sopra esposta. Cass. n. 30434/2024 ha affermato che “la esegesi più aderente alla ratio della disciplina sia nel senso di ricondurre sotto l'egida del primo comma dell'art. 26-bis soltanto ed esclusivamente le procedure di espropriazione di crediti intraprese in danno di pubbliche amministrazioni ex lege patrocinate e difese istituzionalmente ed obbligatoriamente dall'Avvocatura dello Stato”. Ciò sulla base di indici testuali (valorizzazione del riferimento al ruolo svolto dall'Avvocatura dello Stato nelle sue articolazioni territoriali), sistematici (sovrapponibilità con la disposizione istitutiva del c.d. foro erariale) e logici (contrarietà della tesi opposta ai principi di ragionevolezza ed alla prioritaria esigenza di una ordinata distribuzione delle controversie sul territorio”). Nella citata occasione, la S.C. ha anche avuto modo di affermare che la clausola di salvezza contenuta nel primo comma “si riferisce alle norme che dettino regole processuali sulla competenza, individuando un ufficio giudiziario cui devolvere le procedure di espropriazione forzata di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni sulla base di elementi di collegamento diversi da quelli previsti dall'art. 26-bis c.p.c. (norme tra le quali non è compreso l'art. 1-bis della legge 29ottobre 1984, n. 720)”; mentre, come detto sopra, vi rientrerebbe l'art. 14, comma 1-bis, in esame. Resta dubbio, pur dopo il ricordato recente arresto della Corte, se “la salvezza” contenuta nell'art. 26-bis c.p.c., anche nella versione novellata, trovi applicazione con riferimento al comma 1-bis dell'art. 14, cit., e ciò specie ove si ritenga che la disposizione in questione preveda una mera ipotesi di improcedibilità e non un criterio di competenza; così argomentando, comunque, l'improcedibilità dovrebbe essere dichiarata dal Giudice individuato come competente alla stregua del nuovo art. 26-bis. |